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domenica 2 ottobre 2016

LA FIAMMA CHE NON SI SPEGNE- prima puntata


 

   Il treno correva attraverso la campagna lombarda e, subito dopo aver attraversato il confine si stava inoltrando nel territorio svizzero.
 Giulio Andreani, giovane e brillante dottore in chimica era su quel treno diretto a Zurigo per affari. Trentacinque anni, scapolo e di bella presenza,   molto sensibile al fascino femminile, stava osservando la ragazza seduta davanti a lui:  una bella rossa appariscente con  un viso dai lineamenti marcati. La pelle chiara punteggiata da graziose efelidi contrastava con la bocca rossa  e gli occhi smeraldo contornati da folte ciglia. La camicetta scollata metteva in evidenza l’attaccatura del seno prosperoso.

Giulio non la perdeva d’occhio aspettando un pretesto per attaccare discorso ,  quando uno scossone fece cadere il giornale che la ragazza aveva sulle ginocchia si affrettò a raccoglierlo e approfittò per dare un’occhiata alle belle gambe accavallate, quasi in mostra, fasciate da calze velate.

“Grazie”, disse lei sorridendo gentilmente.

“ Anche lei va a Zurigo?”, chiese Giulio acchiappando al volo l’occasione.

“Sì”, abbiamo ancora parecchia strada da fare…”, rispose la ragazza guardando fuori.

“Non importa…cercheremo di far  passare il tempo nel migliore dei modi”, aggiunse subito lui dando un’occhiata al paesaggio che, in pochi chilometri, era decisamente cambiato: “ Certo che questi svizzeri sono straordinari…hanno delle casette che sembrano quelle dei sette nani e, dei prati verdi proprio come si vedono in cartolina”, disse.
 Ogni occasione era buona per fare conversazione: anche quello che si vedeva dal finestrino; avrebbe parlato di tutto pur di stabilire un contatto con la bella sconosciuta.

La suorina che sedeva accanto a loro alzava di tanto in tanto la testa dal libro di preghiere, qualche volta sulla sua bocca appariva un sorrisino dal quale si intuiva che stava ascoltando i loro discorsi.  La religiosa se ne stava in disparte, rincantucciata nel suo angolino; aveva il viso pallido e smunto sul quale spiccavano gli occhi neri leggermente a mandorla, belli e alquanto singolari: era arrivata sul treno quando loro erano già seduti, aveva tirato fuori dal suo borsone nero un libretto e si era immersa nella lettura.

Giulio e la ragazza stavano conversando quando il dlin dlon dello speaker li interruppe: “Si avvertono i signori viaggiatori che nella carrozza ristorante è servito il pranzo….”.

La giovane donna si alzò decisa dalla poltrona:
“Ho un po’ d’appetito”, disse infilandosi la giacca, “viene anche lei?”, proseguì rivolta a Giulio.

“Certo ma…”, lo sguardo dell’uomo si rivolse alla ventiquattrore appoggiata sulla reticella.

“Se volete andate pure, io rimango qui”, sussurrò in quel momento la flebile voce della suora.

La rossa non se lo fece dire due volte: “Grazie sorella, sarà questione di mezz’ora, se lei resta sono certa che i nostri bagagli sono al sicuro”, disse e subito s’inoltrò nel corridoio. Giulio esitò e la religiosa, cogliendo al volo la sua indecisione lo rassicurò: “Vada, non si preoccupi”.
 Lui si voltò e vide la chioma fulva della ragazza già in fondo al vagone, non gli restò che seguirla dopo aver dato un’ultima occhiata alla borsa. Attraversò quasi di corsa la vettura e la raggiunse  mentre già  stava attraversando le porte automatiche. “Scusi ma…siamo sicuri che quella suora?…”, borbottò.

“Pensa alla sua borsa?”, chiese lei con un sorriso a fior di labbra. “Stia tranquillo, l’abbiamo affidata nelle mai del buon Dio”, concluse.

Arrivati al vagone ristorante si sedettero uno di fronte all’altra.

“Mi chiamo Fiamma”, disse lei allungando una mano bianca e sottile solcata da leggere vene azzurre, “e tu?”, chiese insinuante.

“Non potevi avere un nome più adatto”, rispose l’uomo affascinato dalla sua grazia,  “io sono Giulio e…mi fa molto piacere conoscerti”, concluse fissandola negli occhi. Lei abbassò lo sguardo sul menù, leggermente a disagio.

Fra i ravioli di magro, il pollo allo spiedo e la meringata, Giulio seppe che Fiamma era un’estetista e che andava a Zurigo a un convegno del settore; al caffè si erano scambiati i relativi numeri di cellulare .

 Quando tornarono nello scompartimento la suorina era ancora in preghiera, alzò la testa: “Tutto bene”, disse con la voce mielata e continuò le sue giaculatorie.

Arrivarono nel pomeriggio e, come si fa di solito, si augurarono di rivedersi presto. Specialmente da parte di Giulio c’era un interesse particolare, quella ragazza gli piaceva veramente, una donna così era difficile da dimenticare.

Giulio aveva appuntamento  con il dottor Kreuzer, direttore di uno stabilimento chimico; guardò l’ora : era in perfetto orario!   Da quel colloquio poteva dipendere il suo futuro professionale: aveva preso parte, insieme ad altri colleghi, a un progetto di ricerca in campo cosmetico che avrebbe dovuto rivoluzionare il settore delle creme di bellezza, la crema contro il tempo aveva già un nome ‘Jeunesse’. Il nuovo prodotto agiva all’interno delle cellule dell’epidermide impedendone l’invecchiamento ed era frutto di studi approfonditi, la formula era stata messa a punto dopo parecchi mesi di lavoro in équipe ed era toccato a lui il compito di portarla in Svizzera, secondo accordi già presi, per la realizzazione pratica.

 Arrivato a destinazione entrò nel severo palazzo barocco, salì su uno di quegli ascensori in ferro battuto che c’erano già al principio del secolo e si trovò davanti alla porta di legno scuro sul quale spiccava una lucida targa in ottone con inciso il nome della ditta con cui doveva prendere contatto. Entrò in un grande atrio tappezzato di moquette verde, una signora grassoccia e sorridente lo introdusse nell’ufficio del dottor Kreuzer. L’uomo che stava dietro una grande scrivania ottocentesca era un tipo con una incipiente calvizie e pesanti occhiali da miope.
“Benvenuto dottor Andreani, ha fatto buon viaggio?”, chiese alzandosi dalla sedia e porgendogli la mano.

“Ottimo”, rispose Giulio ripensando a Fiamma. In quel momento gli sembrò di buon auspicio ricordarsi di lei.

“Mi hanno parlato molto bene del suo lavoro”, proseguì il suo interlocutore, “vediamo allora questa formula strabiliante, spero che sia come mi è stata descritta…”.

Giulio appoggiò la borsa sulla scrivania  “Ecco, qui c’è tutto…”, disse frugando nella ventiquattrore, ma del dossier  nessuna traccia. Il sudore gli imperlava la fronte mentre cercava affannosamente la busta gialla che doveva consegnare. L’altro lo guardava stupito:
“Qualcosa non va?”, domandò.

“No, no…la prego di avere un attimo di pazienza, dev’essere qui:”, e intanto le sue mani frugavano affannosamente in ogni angolo, in ogni tasca della valigetta.

 Il dottor Kreuzer si era lasciato andare sulla poltrona:
“Faccia con calma”; disse serafico, dietro le spesse lenti nei suoi occhi brillava un lampo d’ironia.

 Giulio era sempre più affannato e, dopo aver passato in rassegna tutto il contenuto della borsa dovette arrendersi.

“Sono costernato”, sussurrò rosso in viso, “non trovo la busta con la documentazione”:
“E’ sicuro di averla messa in valigia?”, chiese ancora Kreuzer che cominciava a spazientirsi.

“Ne sono certo…l’ho fatto personalmente prima di partire….a questo punto credo che me l’abbiano rubata”, disse sillabando quasi le parole.

“Dove?”, incalzò lo svizzero.

“ Forse in treno”, rispose Giulio allargando le braccia, “non so come giustificarmi, la prego di scusarmi….dovremo rimandare il nostro appuntamento”

 “Come vuole, mi metterò in contatto con la sua sede…e vedremo cosa si può fare”, concluse l’uomo con freddezza.

Giulio uscì da quell’edificio confuso e preoccupato: se la formula andava nelle mani della concorrenza, la sua ditta poteva dare addio alla realizzazione del progetto. Ripensò a tutti gesti fatti durante la giornata, si diede dello stupido e dell'imprudente per non aver preso con sé la preziosa borsa per andare al vagone ristorante. Quella non era una suora…era una ladra, forse aveva creduto che nella busta ci fosse del denaro… “è pazzesco, sono nei pasticci”, pensava costernato.

Arrivato in hotel gli venne in mente di telefonare a Fiamma per sapere se anche a lei era mancato qualcosa. Se la ladra aveva aperto la sua borsa forse anche Fiamma non era stata risparmiata. Il segnale di libero era insistente, ma dall’altro telefono non rispondeva nessuno; stava già togliendo la comunicazione quando una voce di donna disse: “Pronto?”

“Sono Giulio…Fiamma sei tu?”, chiese affannato.

“Sì, non credevo di sentirti così presto”, rispose lei meravigliata.

“Mi è successa una cosa terribile: dalla mia borsa sono spariti dei documenti importanti che avrei dovuto consegnare oggi…non riesco proprio a capire, o meglio ho dei sospetti”.

Dalla parte opposta ci fu un attimo d’esitazione:
“Lo sai che anche a me hanno rubato la macchina fotografica?”, rispose lei; “…è stata la suora!”, esclamò concitata.

Giulio rimase a guardare nel vuoto: “L’ho pensato anch’io, solo lei poteva farlo; non dovevamo fidarci…., ma chi andava a pensare che quella santarellina fosse una spudorata ladra!…credimi, sono nelle grane fino al collo”, disse mesto.

“Anche per me è una rovina, pensa che domani mattina mi aspettano almeno una decina di persone, devo portare nello studio dove lavoro  le foto della dimostrazione che faremo domani!  Dovrò procurarmi una macchina fotografica a qualunque costo…sono venuta a Zurigo solo per questo....ma, per adesso cerchiamo di non pensarci …vuoi che ci vediamo stasera?”, rispose Fiamma.

Quell’inaspettata proposta placò subito le ansie di Giulio, sarebbe stato un sollievo rivedere quella ragazza tanto speciale, forse stare in sua compagnia avrebbe

 attenuato il peso che aveva dentro.

                                                                                                                 (continua)

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