Il treno correva attraverso la campagna lombarda
e, subito dopo aver attraversato il confine si stava
inoltrando nel territorio svizzero.
Giulio Andreani, giovane e brillante
dottore in chimica era su quel treno diretto a Zurigo per affari. Trentacinque
anni, scapolo e di bella presenza, molto sensibile al fascino femminile, stava
osservando la ragazza seduta davanti a lui:
una bella rossa appariscente con un viso dai lineamenti marcati. La pelle chiara
punteggiata da graziose efelidi contrastava con la bocca rossa e gli occhi smeraldo contornati da folte
ciglia. La camicetta scollata metteva in evidenza l’attaccatura del seno
prosperoso.
Giulio non la
perdeva d’occhio aspettando un pretesto per attaccare discorso , quando uno scossone fece cadere il giornale
che la ragazza aveva sulle ginocchia si affrettò a raccoglierlo e approfittò
per dare un’occhiata alle belle gambe accavallate, quasi in mostra, fasciate da
calze velate.
“Grazie”, disse
lei sorridendo gentilmente.
“ Anche lei va a
Zurigo?”, chiese Giulio acchiappando al volo l’occasione.
“Sì”, abbiamo
ancora parecchia strada da fare…”, rispose la ragazza guardando fuori.
“Non
importa…cercheremo di far passare il
tempo nel migliore dei modi”, aggiunse subito lui dando un’occhiata al
paesaggio che, in pochi chilometri, era decisamente cambiato: “ Certo che questi svizzeri sono
straordinari…hanno delle casette che sembrano quelle dei sette nani e, dei
prati verdi proprio come si vedono in cartolina”, disse.
Ogni occasione era
buona per fare conversazione: anche quello che si vedeva dal finestrino;
avrebbe parlato di tutto pur di stabilire un contatto con la bella sconosciuta.
La suorina che
sedeva accanto a loro alzava di tanto in tanto la testa dal libro di preghiere,
qualche volta sulla sua bocca appariva un sorrisino dal quale si intuiva che
stava ascoltando i loro discorsi. La
religiosa se ne stava in disparte, rincantucciata nel suo angolino; aveva il
viso pallido e smunto sul quale spiccavano gli occhi neri leggermente a
mandorla, belli e alquanto singolari: era arrivata sul treno quando loro erano
già seduti, aveva tirato fuori dal suo borsone nero un libretto e si era
immersa nella lettura.
Giulio e la
ragazza stavano conversando quando il dlin dlon dello speaker li interruppe: “Si avvertono i signori viaggiatori che nella carrozza ristorante è
servito il pranzo….”.
La giovane donna
si alzò decisa dalla poltrona:
“Ho un po’ d’appetito”, disse infilandosi la giacca, “viene anche lei?”, proseguì rivolta a Giulio.
“Ho un po’ d’appetito”, disse infilandosi la giacca, “viene anche lei?”, proseguì rivolta a Giulio.
“Certo ma…”, lo
sguardo dell’uomo si rivolse alla ventiquattrore appoggiata sulla reticella.
“Se volete andate
pure, io rimango qui”, sussurrò in quel momento la flebile voce della
suora.
La rossa non se lo
fece dire due volte: “Grazie sorella, sarà questione di mezz’ora, se lei resta
sono certa che i nostri bagagli sono al sicuro”, disse e subito s’inoltrò nel
corridoio. Giulio esitò e la religiosa, cogliendo al volo la sua indecisione lo
rassicurò: “Vada, non si preoccupi”.
Lui si voltò e vide la chioma fulva della
ragazza già in fondo al vagone, non gli restò che seguirla dopo aver dato
un’ultima occhiata alla borsa. Attraversò quasi di corsa la vettura e la
raggiunse mentre già stava attraversando le porte automatiche.
“Scusi ma…siamo sicuri che quella suora?…”, borbottò.
“Pensa alla sua borsa?”,
chiese lei con un sorriso a fior di labbra. “Stia tranquillo, l’abbiamo
affidata nelle mai del buon Dio”, concluse.
Arrivati al vagone
ristorante si sedettero uno di fronte all’altra.
“Mi chiamo
Fiamma”, disse lei allungando una mano bianca e sottile solcata da leggere vene
azzurre, “e tu?”, chiese insinuante.
“Non potevi avere
un nome più adatto”, rispose l’uomo affascinato dalla sua grazia, “io sono Giulio e…mi fa molto piacere
conoscerti”, concluse fissandola negli occhi. Lei abbassò lo sguardo sul menù,
leggermente a disagio.
Fra i ravioli di
magro, il pollo allo spiedo e la meringata, Giulio seppe che Fiamma era un’estetista
e che andava a Zurigo a un convegno del settore; al caffè si erano scambiati i
relativi numeri di cellulare .
Quando tornarono nello scompartimento la
suorina era ancora in preghiera, alzò la testa: “Tutto bene”, disse con la voce
mielata e continuò le sue giaculatorie.
Arrivarono nel
pomeriggio e, come si fa di solito, si augurarono di rivedersi presto.
Specialmente da parte di Giulio c’era un interesse particolare, quella ragazza
gli piaceva veramente, una donna così era difficile da dimenticare.
Giulio aveva
appuntamento con il dottor Kreuzer,
direttore di uno stabilimento chimico; guardò l’ora : era in perfetto
orario! Da quel colloquio poteva dipendere il suo
futuro professionale: aveva preso parte, insieme ad altri colleghi, a un
progetto di ricerca in campo cosmetico che avrebbe dovuto rivoluzionare il
settore delle creme di bellezza, la crema contro il tempo aveva già un nome
‘Jeunesse’. Il nuovo prodotto agiva all’interno delle cellule dell’epidermide
impedendone l’invecchiamento ed era frutto di studi approfonditi, la formula
era stata messa a punto dopo parecchi mesi di lavoro in équipe ed era toccato a
lui il compito di portarla in Svizzera, secondo accordi già presi, per la
realizzazione pratica.
Arrivato a destinazione entrò nel severo
palazzo barocco, salì su uno di quegli ascensori in ferro battuto che c’erano
già al principio del secolo e si trovò davanti alla porta di legno scuro sul
quale spiccava una lucida targa in ottone con inciso il nome della ditta con
cui doveva prendere contatto. Entrò in un grande atrio tappezzato di moquette
verde, una signora grassoccia e sorridente lo introdusse nell’ufficio del
dottor Kreuzer. L’uomo che stava dietro una grande scrivania ottocentesca era
un tipo con una incipiente calvizie e pesanti occhiali da miope.
“Benvenuto dottor Andreani, ha fatto buon viaggio?”, chiese alzandosi dalla sedia e porgendogli la mano.
“Benvenuto dottor Andreani, ha fatto buon viaggio?”, chiese alzandosi dalla sedia e porgendogli la mano.
“Ottimo”, rispose
Giulio ripensando a Fiamma. In quel momento gli sembrò di buon auspicio
ricordarsi di lei.
“Mi hanno parlato
molto bene del suo lavoro”, proseguì il suo interlocutore, “vediamo allora
questa formula strabiliante, spero che sia come mi è stata descritta…”.
Giulio appoggiò la
borsa sulla scrivania “Ecco, qui c’è
tutto…”, disse frugando nella ventiquattrore, ma del dossier nessuna traccia. Il sudore gli imperlava la
fronte mentre cercava affannosamente la busta gialla che doveva consegnare.
L’altro lo guardava stupito:
“Qualcosa non va?”, domandò.
“Qualcosa non va?”, domandò.
“No, no…la prego
di avere un attimo di pazienza, dev’essere qui:”, e intanto le sue mani
frugavano affannosamente in ogni angolo, in ogni tasca della valigetta.
Il dottor Kreuzer si era lasciato andare sulla
poltrona:
“Faccia con calma”; disse serafico, dietro le spesse lenti nei suoi occhi brillava un lampo d’ironia.
“Faccia con calma”; disse serafico, dietro le spesse lenti nei suoi occhi brillava un lampo d’ironia.
Giulio era sempre più affannato e, dopo aver
passato in rassegna tutto il contenuto della borsa dovette arrendersi.
“Sono costernato”,
sussurrò rosso in viso, “non trovo la busta con la documentazione”:
“E’ sicuro di averla messa in valigia?”, chiese ancora Kreuzer che cominciava a spazientirsi.
“E’ sicuro di averla messa in valigia?”, chiese ancora Kreuzer che cominciava a spazientirsi.
“Ne sono
certo…l’ho fatto personalmente prima di partire….a questo punto credo che me
l’abbiano rubata”, disse sillabando quasi le parole.
“Dove?”, incalzò
lo svizzero.
“ Forse in treno”,
rispose Giulio allargando le braccia, “non so come giustificarmi, la prego di
scusarmi….dovremo rimandare il nostro appuntamento”
“Come vuole, mi metterò in contatto con la sua
sede…e vedremo cosa si può fare”, concluse l’uomo con freddezza.
Giulio uscì da
quell’edificio confuso e preoccupato: se la formula andava nelle mani della
concorrenza, la sua ditta poteva dare addio alla realizzazione del progetto.
Ripensò a tutti gesti fatti durante la giornata, si diede dello stupido e dell'imprudente per non aver preso con sé la preziosa borsa
per andare al vagone ristorante.
Quella non era una suora…era una ladra, forse aveva creduto che nella busta ci
fosse del denaro… “è pazzesco, sono nei pasticci”, pensava costernato.
Arrivato in hotel
gli venne in mente di telefonare a Fiamma per sapere se anche a lei era mancato
qualcosa. Se la ladra aveva aperto la sua borsa forse anche Fiamma non era
stata risparmiata. Il segnale di libero era insistente, ma dall’altro telefono
non rispondeva nessuno; stava già togliendo la comunicazione quando una voce di
donna disse: “Pronto?”
“Sono
Giulio…Fiamma sei tu?”, chiese affannato.
“Sì, non credevo
di sentirti così presto”, rispose lei meravigliata.
“Mi è successa una
cosa terribile: dalla mia borsa sono spariti dei documenti importanti che avrei
dovuto consegnare oggi…non riesco proprio a capire, o meglio ho dei sospetti”.
Dalla parte
opposta ci fu un attimo d’esitazione:
“Lo sai che anche a me hanno rubato la macchina fotografica?”, rispose lei; “…è stata la suora!”, esclamò concitata.
“Lo sai che anche a me hanno rubato la macchina fotografica?”, rispose lei; “…è stata la suora!”, esclamò concitata.
Giulio rimase a
guardare nel vuoto: “L’ho pensato anch’io, solo lei poteva farlo; non dovevamo
fidarci…., ma chi andava a pensare che quella santarellina fosse una spudorata
ladra!…credimi, sono nelle grane fino al collo”, disse mesto.
“Anche per me è
una rovina, pensa che domani mattina mi aspettano almeno una decina di persone,
devo portare nello studio dove lavoro le foto della dimostrazione che faremo domani! Dovrò procurarmi una macchina fotografica a
qualunque costo…sono venuta a Zurigo solo per questo....ma, per adesso cerchiamo di non pensarci …vuoi che ci vediamo
stasera?”, rispose Fiamma.
Quell’inaspettata
proposta placò subito le ansie di Giulio, sarebbe stato un sollievo rivedere
quella ragazza tanto speciale, forse stare in sua compagnia avrebbe
attenuato il peso che aveva dentro.
(continua)
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