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domenica 26 gennaio 2014

LA GOCCIOLINA VAGABONDA




 


Una giornata così grigia non si vedeva da un pezzo: il cielo era tutto coperto da nuvoloni neri e minacciosi e la pioggia veniva giù a catinelle. Gocciolina Plic-Ploc scendeva a rotta di collo insieme a miliardi di altre sue sorelle e  aveva una fifa terribile: era la prima volta che faceva un viaggio simile e non avrebbe mai creduto di dover precipitare a quella velocità paurosa sulla terra. Il suo pensiero fisso era : "Dove andrò a finire?" mi sfracellerò certamente su un marciapiede fangoso e sarò calpestata dai passanti...mamma mia che paura!" ...e intanto veniva giù sempre più velocemente e si avvicinava alla terra. Sperava ardentemente che succedesse qualcosa che la togliesse da quella terribile situazione: un miracolo forse, ma i miracoli accadono così raramente...


Invece come per incanto sentì un leggero ploc e si accorse di essere arrivata: era accaduto veramente il miracolo poiché Gocciolina si era immersa con un bel tuffo in un meraviglioso laghetto alpino.


Tutta contenta si guardò intorno e vide alte montagne coperte di neve che riflettevano le loro bianche cime nelle acque del lago, anche i pini (molto vanitosi) si specchiavano compiaciuti. Era un paesaggio incantevole e Gocciolina Plic-Ploc, felice di essere arrivata fin lì senza farsi male, cominciò a esplorare il laghetto tuffandosi sempre più in fondo.


Uh! Meraviglia...tante trote d'argento nuotavano in cerca di cibo, alcune di loro giocavano a mosca cieca nascondendosi tra le alghe; altri pesciolini se ne andavano in branchi correndo, forse cercavano  qualche piccolo verme per fare colazione.


La nostra Gocciolina era instancabile, andava su e giù divertendosi un mondo; intanto continuava a piovere e milioni di altre sue sorelle cadevano nel lago  increspando la superficie dell'acqua. Plic-Ploc come impazzita dalla gioia andava a chiamarle: "Venite a vedere come sono belle le ninfee, hanno dei colori stupendi!"


Ma le altre gocce non l'ascoltavano: se ne restavano dove erano cadute adagiandosi pigramente. Erano abituate a questi viaggi e non si meravigliavano più di niente, per Gocciolina invece il laghetto alpino era una novità e così se ne andava tutta sola a correre dietro ai pesci. Però, dopo un po’ quel movimento l'aveva stancata e aveva anche freddo. Nel cielo splendeva un bel sole caldo decise così di riposarsi  sulla superficie del lago e di scaldarsi. Si lasciò cullare dolcemente dalle onde mentre guardava in su riposandosi felice e beata. "Che bel caldino!", pensava ad occhi chiusi. "Mi sento leggera come una piuma...il sole mi fa proprio bene!" Veramente si sentiva leggera leggera e aveva la sensazione di volare...aprì gli occhi e vide che stava volando veramente, non era più una goccia del lago ma un piccolo sbuffo di vapore che si sollevava sempre più verso il cielo, come attirata dai raggi del sole in compagnia di tante altre gocce anche loro trasformate in vapore leggerissimo.


"Cosa succede?!", gridava Gocciolina e intanto andava sempre più su, ma era una sensazione bellissima: era così leggera che non faceva nessuna fatica a salire...


"Non ti preoccupare", le rispondevano le sorelline, "vedrai che ti troverai benissimo, veniamo con te!”


Infatti arrivavano a frotte e si univano tutte formando così una nuvola color panna montata che andò a posarsi dietro la vetta di una montagna.


Non era poi tanto brutto stare là, si poteva rimirare tutto il panorama della vallata, ogni tanto qualche piccolo colpo di vento spostava la nuvoletta e così il paesaggio cambiava. Plic-Ploc si stava abituando alla  nuova condizione e invece di guardare i pesci osservava le rondini che sfrecciavano nell’aria... ma anche stavolta accadde qualcosa di strano.


"Guardate laggiù, un nuvolone nero sta avanzando !", sentì gridare e, nel medesimo istante si levò un forte vento e la nuvoletta di Plic-Ploc fu trasportata, insieme con altre nuvole, verso il nuvolone nero e intorno diventò tutto grigio...Il vento gelido spinse  le nuvole verso la valle dove se n’erano radunate tante altre; Plic-Ploc sentiva un gran freddo e si raccolse  in se stessa rabbrividendo... si accorse che stava precipitando di nuovo sulla terra: era diventata ancora una gocciolina! Ma ormai ci aveva fatto l'abitudine e non aveva più paura, anzi era curiosa di sapere dove sarebbe andata a finire. Quella volta andò a bagnare un campo di grano:il frumento si era seccato e quella pioggia fu davvero benedetta. Un'altra volta precipitò nel mare e si divertì molto perché era talmente grande che ci vollero giorni e giorni per riuscire a scoprirne una piccola parte. Lì sotto incontrò pesci di ogni sorta, alcuni avevano colori meravigliosi, altri emanavano una luce fosforescente che dava loro un aspetto fantastico...


Ma quando divenne una stellina di neve fu il momento più bello della sua avventura: faceva molto freddo quel giorno, era talmente intirizzita che si solidificò e si accorse di essere diventata bianca e leggera. Cadendo lentamente dal cielo andò a posarsi dolcemente sulla terra. Tutto intorno era candido ed era bello stare sulla cima di una montagna abitata solo da camosci e stambecchi. Il grande silenzio che regnava tra quelle alte cime permise a Gocciolina di riposarsi dei numerosi viaggi che aveva fatto negli ultimi tempi: rimase là finché il sole non fu abbastanza caldo da attirarla a sé e questo avvenne d'estate quando le nevi che formano il cappuccio bianco dei monti incominciano a sciogliersi, allora Plic-Ploc ridivenne una nuvola e ricominciò il suo vagabondaggio su e giù dalla terra al cielo e viceversa...che bella vita!


 


 


 


 


 


 


 


 

lunedì 13 gennaio 2014

FINE "CAPODANNO IN CROCIERA"


« E adesso a cosa brindiamo?», chiese lui.

«A noi due…però devi attendere ancora un attimo…torno subito», disse lei invitante alzandosi col bicchiere in mano, barcollando raggiunse la porta del bagno e si chiuse dentro.

Il professore raccolse il gioiello da terra, lo soppesò in una mano e valutò più o meno una cifra da capogiro…

 Stava ancora così quando Elena tornò avvolta in una vestaglia trasparente che non lasciava nulla all’immaginazione: dietro quel velo rosa si intravedeva un corpo invitante…

«Dove metto questo?», chiese lui sobbalzando come se fosse stato colto in flagrante.

«Mettiamolo qui», disse lei gettando con noncuranza il collier nel cassetto del comodino, «adesso non mi serve più».

«Non facciamo il nostro brindisi?», chiese ancora l’uomo, «dove hai messo lo champagne?».

«Hai ragione…l’ho dimenticato di là…vado a prenderlo subito…», affermò la donna tornando poco dopo col calice in mano..

Allacciarono le braccia nel brindisi che avrebbe dovuto essere il preludio dell’amore. Si baciarono ancora e l’uomo sentì che, forse per la prima volta da quando si era dedicato alla professione di ladro di gioielli, era attratto in modo particolare dalla sua vittima…e quando Elena gli confessò di sentirsi poco bene e di avere un gran sonno che l’obbligava a chiudere gli occhi, si pentì di averle messo il sonnifero nel bicchiere.

Ma ormai non c’era più nulla da fare, la droga stava facendo il suo effetto e doveva rassegnarsi a concludere come al solito il rituale che eseguiva ogni volta che derubava le donne ricche e sole che riusciva a conquistare: l’adagiò sul letto e intascò il prezioso collier di rubini che era nel cassetto. Rovistò nella valigia e prese tutto ciò che aveva valore…si guardò intorno, vide le mani di Elena cariche di anelli, glieli sfilò con delicatezza e li aggiunse al bottino.

A differenza delle altre volte rimase ancora un po’ a guardare il bel viso della donna che dormiva, quel sonno lo intenerì, si avvicinò, le rimboccò le coperte e le diede un bacio sulla guancia, aprì la porta e uscì.

Il professore era un abilissimo ladro internazionale, ricercato invano dall’Interpol da qualche anno; nessuno sapeva il suo vero nome, tutti lo chiamavano così. Operava di preferenza sulle grandi navi da crociera, individuava le donne facoltose che viaggiavano senza compagnia, riusciva quasi sempre a fare breccia nei loro cuori e, prima che la nave facesse scalo in qualche porto, metteva in opera le doti di conquistatore, le ubriacava, e al momento buono somministrava loro un sonnifero che le addormentava per tutto il tempo che gli serviva per sbarcare e dileguarsi indisturbato.

 Anche quella volta aveva approfittato della festa di Capodanno per stringere il rapporto con Elena e derubarla, ma dentro di sé sentiva una grande amarezza…quel furto gli pesava sulla coscienza perché quella donna gli era rimasta nel cuore…

I rimorchiatori erano già arrivati a condurre la nave in porto, i passeggeri si stavano preparando a sbarcare; due uomini in divisa erano saliti a bordo e si erano fermati al principio della passerella per osservare i crocieristi che disciplinatamente stavano scendendo; quando venne il turno del professore si avvicinarono:

 «Sono il commissario Parisi, lei è in arresto», disse uno dei due e, con un gesto rapido fece scattare le manette ai polsi dell’uomo annichilito.

«Ma…vi state sbagliando! … c’è un errore», tentò di ribattere l'altro cercando di mantenere un dignitoso contegno.

«Nessun errore, professore», esclamò dietro di lui una voce di donna.

L’uomo si voltò e sbarrò gli occhi: Elena, che in quel momento sarebbe dovuta essere in cabina ancora addormentata, era lì davanti a lui fresca e arzilla come non mai.

«Tu…tu non stavi dormendo?», chiese confuso.

«No, ho buttato il sonnifero nel bagno quando sono andata a cambiarmi per farmi ammirare da te con  quella meravigliosa vestaglia rosa…ricordi?  ed ora finalmente mi posso presentare: agente speciale Loredana Caputo, mi dispiace ma tutto era una commedia al fine di arrestarti. Ho visto quando hai rubato i gioielli che, ovviamente non sono miei ma che devo restituire al più presto…», affermò guardandolo per vedere la reazione alle sue parole.

Il professore aveva un'espressione attonita, era rimasto di sasso, la sua carriera di ladro di preziosi era finita per colpa di una donna:  troppo coinvolto da lei per accorgersi che mentiva… però in fondo l’ammirava, era riuscita a metterlo nel sacco elegantemente.

«Il bacio sotto il vischio non mi ha portato fortuna», mormorò amaramente.

L’agente Loredana l’osservò in silenzio per qualche secondo: rammentò quel momento piacevole e sorrise, poi ritornò ad essere una poliziotta nello svolgimento del dovere.

Alex Parisi stava ascoltando attentamente, sul suo viso c'era un misto di ammirazione e compiacimento davanti alla sua fedele assistente che aveva dimostrato di essere una brava agente di polizia ma, soprattutto  anche una donna affascinante che era riuscita catturare un famoso e imprendibile ladro internazionale.

«Portatelo via», disse ai colleghi che stavano aspettando il suo ordine, «brava Caputo! Non avevo nessun dubbio che ce l’avresti fatta…», concluse poi battendo una mano sulla spalla di Loredana.

«Già, ho sfoderato tutte le mie doti di donna fatale e adesso il professore se ne va dietro le sbarre», rispose lei con un pizzico di rammarico..

 Mentre il professore andava via ammanettato  si voltò a salutarla:

 «Ciao, non me l’aspettavo! comunque ti auguro un buon anno!», disse amareggiato, poi si allontanò con le spalle curve…

Lei lo guardò  pensando che il suo mestiere qualche volta era crudele… se non fosse stato un  ladro forse sarebbe finita diversamente.

«Adesso possiamo andare… ti proporrò per una vacanza premio», esclamò il commissario dirigendosi verso la vettura della polizia.

«Grazie…però non in crociera!», ribatté lei e salì accanto a Parisi ritornando a essere l’agente speciale Loredana Caputo.

FINE

sabato 4 gennaio 2014

CAPODANNO IN CROCIERA


 

La nave filava veloce nel mare buio e calmo, la notte serena e il cielo stellato creavano un’atmosfera fiabesca. Il professore era appoggiato al parapetto e fissava affascinato le onde spumeggianti che s’infrangevano contro la chiglia. Era un bell’uomo sulla cinquantina, bruno, sempre abbronzato, molto curato nella persona e nell’abito: sapeva portare i vestiti con quella scioltezza che contraddistingue l’uomo elegante. In quel momento indossava uno smoking amaranto, con lo sparato della camicia a pieghe sottili e il papillon di raso. Era la notte di Capodanno e il transatlantico era in festa, nel salone grande si ballava, le signore in abito da sera sfoggiavano le loro migliori toilettes e i gioielli più belli. Mancavano ancora due ore alla mezzanotte e il professore si era appartato per pensare: aveva negli occhi la bella bionda con la quale si era intrattenuto molte volte durante la crociera… anzi se proprio voleva essere onesto con se stesso, pensava con intensità alla collana di diamanti che indossava l’affascinante signora.

Da quando si erano imbarcati aveva notato subito quella donna di classe che esibiva vestiti firmati, bagaglio di lusso, gioielli di valore: soltanto nelle dita aveva tre anelli con brillanti che ad ogni movimento della mano mandavano bagliori, senza contare i braccialetti e gli orecchini…. e non erano bigiotteria, di questo il professore ne era sicuro, dopo tanti anni di attività aveva imparato a capire il falso dal vero con un solo colpo d’occhio. La cosa determinante che l’aveva spinto a fare la sua conoscenza era il fatto che viaggiasse da sola, perciò con la parlantina sciolta e il fascino dell’uomo di mondo gli era stato facile avvicinarla e iniziare a farle una discreta corte… senza strafare, con molto tatto era riuscito a farsi accettare come cavaliere fisso durante il viaggio. Era stato in sua compagnia nelle escursioni a terra, quando si erano divertiti a girare per i mercatini a comperare oggetti etnici di ogni tipo, l’aveva aiutata anche nel deserto a salire sui cammelli, avevano riso insieme durante gli spettacoli a bordo, insomma ormai poteva dire di averla in parte conquistata senza mai essere arrivato a rubarle nemmeno un bacio. Lei si chiamava Elena,  era una donna colta, vivace, in tutto il suo essere sprizzava energia, aveva gli occhi verde acqua che illuminavano un viso dai lineamenti forti che la rendevano ancor più interessante. In quella serata particolare, con lo sguardo perduto nel vuoto, mentre la brezza marina gli scompigliava i capelli, il professore pensava a lei e… al modo migliore di portare a termine il suo intento com’era solito fare quando aveva messo gli occhi su ciò che gli interessava. Da quell’ultima notte dell’anno aveva deciso di ritirarsi, ormai poteva permettersi di vivere di rendita, nel suo futuro vedeva un’esistenza sotto le palme di Miami Beach, fra belle donne e fiumi di champagne…

 Rientrò nel salone e si diresse verso il tavolo dove l’aspettava Elena. L’osservò con occhio critico e dovette convenire che era proprio  bella : indossava un abito lungo rosso, scintillante, con una scollatura vertiginosa sul seno prosperoso, il décolleté era ornato da un collier di rubini e diamanti che splendevano sotto la luce del grande lampadario di cristallo. Il professore era abbagliato da tutto ciò che aveva davanti: dall’avvenenza femminile e dal valore di quel fantastico gioiello.
«Perché mi sta guardando in quel modo, professore?», chiese lei
«Sto ammirando la sua bellezza», disse l’uomo mentre il suo sguardo la percorreva tutta.
«Questa è l’ultima notte dell’anno e la prima di quello che deve venire…dovevo essere all’altezza della situazione », rispose Elena accarezzandosi la collana che brillava attorno al suo collo.
«Vogliamo ballare?», chiese lui alzandosi galantemente.
Allacciati, in mezzo alle altre coppie si lasciarono portare dalla musica dolce di una canzone d’amore, ognuno di loro cercava di non oltrepassare i limiti anche se erano tentati di farlo.
 Tornati al tavolo Elena chiese cauta:
«Non so nulla di lei, professore, nemmeno come si chiama».
«Ha ragione… non ne abbiamo mai avuto l’occasione…. comunque il mio nome è Alessandro Monti», rispose l’uomo leggermente imbarazzato.
«Professore in che cosa?», insistette lei.
«In musica», affermò l’uomo dopo qualche attimo di incertezza, «suono il violino in un’orchestra sinfonica…però ora mi sono preso una vacanza», concluse.
«Potremmo darci del tu?», propose Elena, «sarai il primo uomo che avrò accanto nel nuovo anno, e non ti dimenticherò facilmente».
Intanto i camerieri stavano portando ai tavoli lo champagne per brindare al nuovo anno, fra qualche minuto sarebbe scoccata la mezzanotte… Il professore afferrò una mano della sua compagna e la trascinò in pista, l’orchestra aveva accelerato la musica e tutti saltellavano fra coriandoli e stelle filanti…I due si scatenarono ancora fino a che il direttore di sala cominciò il conto alla rovescia; tornarono al tavolo e alle ventiquattro in punto stapparono la bottiglia fra il chiasso di altre centinaia di tappi che saltavano in aria.
Si trovarono sotto il vischio a brindare, le loro labbra si sfiorarono in un lieve bacio. «Auguri! Buon anno…», si dissero mentre i loro sguardi si incontravano leggermente turbati. Dopo molti calici lo champagne fece il suo effetto, le bollicine li resero euforici, fra una samba e un rock ballarono fino all’alba, finché sfiniti decisero di lasciare il salone.
«Andiamo a bere nella mia cabina», propose Elena alquanto alticcia, «saremo più comodi».
 Al professore non sembrava vero e accettò al volo, tutto andava secondo le sue previsioni.
Intanto la nave stava dirigendosi verso il porto di Genova dove si sarebbe conclusa la crociera di una settimana sul Mediterraneo. Il cielo si stava schiarendo, era l’alba di un nuovo anno e i crocieristi stravolti dalla notte insonne se ne stavano andando nelle rispettive cabine a riposare, erano ancora in alto mare e avevano tutto il tempo per dormire e arrivare in forma alla fine della vacanza.
Elena, appena oltrepassata la porta della cabina buttò in aria le scarpe d’argento … era su di giri e il professore l’osservava attentamente. La donna si lasciò andare  su una poltrona, allungò i piedi nudi, con le unghie laccate di rosso sul tavolino, si slacciò il collier e lo buttò per terra.
«Vieni Alessandro», l’invitò, «portami ancora da bere…c’è una bottiglia nel secchiello».

Lui si avvicinò. «Aspetta…prima devo ripetere una cosa che mi è tanto piaciuta», rispose l’uomo stringendola a sé, fissò la sua bocca e la baciò appassionatamente. Elena lasciò fare ma sembrava non essere molto presente…
 «Ho sete…», bofonchiò con la voce impastata.
Lui si alzò, stappò la bottiglia, versò il vino in due calici, voltò le spalle e, senza farsi accorgere, estrasse una pastiglia dal taschino e la sciolse nel bicchiere che portò alla donna che l’aspettava impaziente..
                                                                                                                                            (Continua)