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sabato 9 agosto 2014

UNA STORIA A FUMETTI


Federico, comodamente sdraiato sull’amaca, sprofondato nella lettura del suo fumetto preferito era ansioso di vedere come andava a finire l’ennesima malefica avventura di Demon, il perfido personaggio che affascinava milioni di ragazzini attratti dal brivido dell’horror. “Ecco, sta per colpire…” e il cuore di Federico batteva un po’ più forte,  Demon, con il viso coperto da una maschera, era chino sul corpo di una giovane donna pronto ad affondare la lama…Nella sequenza successiva aveva già compiuto il delitto…nel petto della vittima era conficcato un pugnale con l’impugnatura raffigurante un diavolo che era la firma dei suoi delitti …una scarica di adrenalina scatenò un  brivido nella schiena del ragazzino.


 

Demon era la creatura di David Roman, disegnatore di fumetti, che aveva fatto la sua fortuna con quel personaggio diventato il protagonista di omicidi sempre più atroci, e proprio per questo sempre più richiesti dal pubblico di adolescenti e… dall’editore che aveva scoperto una miniera d’oro.

David subissato dalla domanda incessante dei disegni, aveva lavorato talmente tanto che la testa gli scoppiava…era molto stanco, e sentiva che se non avesse fatto una pausa i nervi sarebbero saltati… da un po’ di tempo si sentiva esaurito, aveva strani malesseri , ormai era talmente immedesimato nelle storie di Demon che era diventato il suo incubo: a volte si sorprendeva a pensare cosa avrebbe fatto al posto suo.

Dopo una notte passata a disegnare, l’uomo aveva deciso di staccare, il suo fisico reclamava un break, aveva uno chalet in montagna e sognava di andarsene lassù per riposare, respirare aria pura e pensare soltanto a godersi quei pochi giorni di vacanza.

 David non aveva mai avuto una famiglia, era cresciuto in un orfanotrofio che era stata la sua casa fino al diciottesimo anno quando aveva iniziato a vivere da solo e ad arrangiarsi per sbarcare il lunario. La mancanza di affetto aveva segnato il suo carattere che era diventato cupo, solitario, sempre in lotta con il genere umano.

 La sua passione era il disegno e aveva un talento naturale che lo portava a creare senza nessuna fatica, con grandi sacrifici si era concesso una scuola dove imparò a disegnare fumetti e da lì era nato Demon, un personaggio che per certi versi rispecchiava la sua rabbia verso l’umanità che non gli aveva dato nulla….ogni delitto commesso era una vendetta contro il mondo…ed era stato subito un successo insperato: il benessere era arrivato con facilità, ma non aveva alleggerito il rancore che teneva dentro..

Arrivò alla casetta verso sera dopo un pessimo viaggio per il traffico e per l’incessante martellamento dentro il cervello che da qualche tempo lo tormentava…si era accorto che per un attimo perdeva il contatto con la realtà e il cerchio alle tempie si faceva sempre più stretto. Si rilassò soltanto quando entrò nel silenzio dello chalet, come sempre spalancò le finestre: il sole stava calando e il tramonto tingeva di rosso le cime ancora innevate, quello spettacolo lo riconciliò con se stesso e con il mondo, la morsa interiore si allentò.

 “Non ce la facevo più”; mormorò fra sé, “meno male che sono venuto via….”. Preparò qualcosa da mangiare poi si buttò sul letto dove aspettò inutilmente il sonno, gli occhi sbarrati fissavano il soffitto di travi, inseguendo le evoluzioni di un ragnetto che intesseva la sua ragnatela…

 “Ho capito, nemmeno qui, riesco a dormire…”, si alzò e cercò nella  borsa il flacone del sonnifero…trangugiò due pillole con un grosso bicchiere d’acqua e si rimise a letto sperando di addormentarsi.

 

Nella casa accanto, anche Federico era sveglio, ma per lui era diverso…non aveva ancora finito di leggere il giornalino e non poteva smettere finché non aveva visto come andava a finire…la notte passò e arrivò un altro giorno: tormentato per David e sereno per il ragazzo…

Il cielo era azzurro e si preannunciava una giornata bellissima: Federico doveva incontrarsi con Matteo per andare alla Grotta del Lupo a raccogliere funghi.

 Si mise d’accordo con l’amico e salutò la mamma:

«Non sono molto tranquilla, voi due ragazzini andate nel bosco da soli, preferirei che aspettaste papà, tornerà fra poco», disse la donna.

«Non ti preoccupare, ha detto il padre di Matteo che ci accompagna lui», rispose pronto Federico cercando di dare alla voce un tono rassicurante (sapeva benissimo che Matteo non aveva detto niente in famiglia e che suo padre non sarebbe andato con loro). Tranquillizzata, la signora Laura mise a tracolla del figlio una borsa:

 «Qui c’è qualcosa da mangiare, ho messo anche il cellulare, per ogni evenienza, divertitevi».

Il ragazzo si allontanò sentendosi grande: stava andando a fare una passeggiata soltanto con un amico … fantastico … potevano fare quello che volevano, senza sentire le raccomandazioni dei grandi!

 

Intanto David Roman si era alzato con  la bocca amara e la testa pesante: non si sentiva molto bene, nonostante l’aria pura e il tempo splendido…

Il cellulare squillò: era l’editore che reclamava l’ultima puntata…..«Aspetterà», borbottò fra sé David senza rispondere. Cancellò con un rapido gesto il  numero dal display e uscì per andare nella boscaglia, fra i rami frondosi degli alberi, dove il sole non riusciva a penetrare e dove si sentiva a suo agio.

 Non era mai stato un amante della luce…nella penombra trovava la sua anima…buia e triste. Arrivò fino alla Grotta del Lupo camminando a fatica…gli sembrò di udire dei rumori e si affacciò alla spelonca, non era raro trovare dentro qualcuno poiché la grotta era una delle mete preferite dai turisti. Le voci infantili di Federico e Matteo gli giunsero smorzate dalla profondità, gli sembrò di udire un grido:

«C’è qualcuno?», urlò a sua volta.

«Aiuto!», la voce spaventata lo indusse ad inoltrarsi…poco dopo raggiunse i ragazzi che erano in difficoltà: uno dei due si era arrampicato sulla parete impervia e non ce la faceva più a tornare indietro, più che altro si era spaventato e, come paralizzato dal terrore, non riusciva a muoversi.

David lo raggiunse facilmente e l’aiutò a scendere:

«Siete soli?», chiese, «come vi siete cacciati in questo guaio?…non dovreste andarvene in giro senza essere accompagnati.».

 Matteo e Federico si guardarono in viso e confessarono di aver detto una bugia alle mamme, volevano esplorare la grotta  inoltrandosi oltre il proibito per provare l’emozione dell’avventura.

«Andate a casa…adesso, ormai si sta facendo tardi,», disse ancora David.

I due amici si prepararono ad uscire…dallo zainetto di Federico spuntava il giornalino con le avventure di Demon…l’uomo sorrise :

«Ti piace leggere i fumetti?», chiese rivolgendosi al ragazzo.

«Tantissimo…questo è il mio preferito», disse indicando il sinistro personaggio con il mantello rosso e la maschera nera.

«Sai chi sono io?», continuò David .

Federico lo guardò con l’aria imbambolata:

«No», rispose poi .

 David, prima di parlare l’osservò a lungo: nella sua mente ormai malata cominciò a delinearsi un desiderio malsano…

«Sono il creatore di Demon cioè, quello che l’ha inventato e lo disegna per te ogni settimana», affermò divertendosi a osservare l’effetto delle sue parole negli occhi dei due ragazzi che lo guardarono con stupore e ammirazione:

    «Davvero sei tu?», chiese infine Federico.

 «Certo, venite a casa mia e vi dimostrerò che sto dicendo la verità», propose e…alle tempie ricominciò a stringere la tenaglia che si era allentata.

I ragazzini lo seguirono incuriositi, non si sarebbero mai persi un’occasione simile da raccontare ai compagni .

Attraversarono il bosco e arrivarono allo chalet di David, poco lontano dalla casa di Federico. L’uomo li invitò ad entrare e chiuse a chiave la porta alle loro spalle. I due non vi fecero caso intenti ad ammirare i disegni sparsi un po’ dovunque che raffiguravano Demon, l’eroe negativo che li affascinava con le sue incredibili storie.

David  sentiva dentro di sé qualcosa che non aveva mai provato, mentre spiegava ai ragazzi come scaturivano le idee per disegnare le strisce, gli venivano alla mente strani pensieri.

Osservava attentamente come erano vestiti i bambini: indossavano indumenti di buona qualità, ricordava che alla loro età aveva dovuto penare per avere un paio di scarpe nuove…e rammentava anche quando la suora lo costringeva a mettere le magliette rammendate scartate da chi ne aveva troppe.

Improvvisamente esplose dentro di lui un odio che non riuscì a reprimere:

 «Venite, vi mostro altri disegni, sono i primi che ho fatto. Li tengo qui dentro», disse ai ragazzini spingendoli in uno sgabuzzino.

Federico e l’amico entrarono ignari di ciò che li aspettava, ma appena entrati la porta si chiuse con un  tonfo sordo e la chiave girò più volte nella toppa.

 Al buio si cercarono:  «Cosa sta succedendo?»; disse spaventato Matteo.

Federico cercò di scrollare l’uscio e si mise a urlare con tutto il fiato che aveva: «Lasciaci uscire…cosa vuoi da noi…non abbiamo fatto niente!!».

Dall’altra parte la voce alterata dell’uomo li fece tremare:

«Adesso siete miei prigionieri e Demon vi ucciderà!».

Terrorizzati i due bambini si abbracciarono:

«Cosa succederà ora?…quell’uomo ci vuole ammazzare», singhiozzò Matteo che era il più fragile dei due.

Federico lo prese per le spalle:

«Non piangere…sono sicuro che ce la caveremo», disse cercando di calmarlo.

 In quell’istante la porta si spalancò, David  balzò in avanti e cercò di legarli con una corda.

I due ragazzi scapparono, ma l’altro, in preda alla follia fu più svelto e riuscì a catturarli, senza curarsi dei loro pianti li legò stretti ad una sedia:

 «Ora non riuscirete più a fuggire…», una risata isterica uscì dalla sua bocca…, «anche Demon sarà felice di sapere che siete nelle mie mani….vado a chiamarlo», disse uscendo dalla stanza.

 

Erano passate parecchie ore, le famiglie dei ragazzi cominciavano a stare in apprensione: era ormai sera e non erano ancora tornati. Le madri si telefonarono e scoprirono che erano andati alla Grotta del Lupo da soli…cominciarono momenti di angoscia, l’attesa si faceva sempre più spasmodica…ogni voce li faceva sperare, ma il tempo implacabile passava senza notizie… quando si resero conto che stava diventando buio, piombarono nella disperazione.

«Vado a cercarli», decise il padre di Federico che non riusciva più a stare fermo.

Si recò nel bosco e passò davanti allo chalet di  David Roman senza sospettare che suo figlio era là dentro, nelle mani di un pazzo furioso che stava architettando di ucciderlo,

Intanto a casa la madre chiamava la polizia.

 

Nello chalet i due ragazzi stavano vivendo momenti di terrore, da quando li aveva minacciati quell’uomo non si era fatto più vedere…si udivano le sue frasi deliranti…le urla folli…questo li gettava  ancor più nel panico, aspettavano da un momento all’altro che mettesse in atto la sua minaccia.

 Si guardavano intorno sperando di trovare una via d’uscita, le sedie dove  erano legati erano poco lontane dagli zainetti.

«Non riesci ad arrivare allo zaino?», chiese Federico a Matteo che era il più vicino.

Facendo uno sforzo disperato e dopo parecchi tentativi il ragazzo riuscì a raggiungere la borsa con i piedi, allungandosi disperatamente l’accostò alla sedia… dalla tasca esterna spuntava il cellulare…

Intanto Federico si era accorto che la corda che gli legava le mani si  stava allentando: dimenò i polsi fino farsi uscire il sangue, con uno strappo finale, con  la forza della disperazione, riuscì a liberarsi.

«Stai calmo, vedrai che ci troveranno», rassicurò l’amico

Sempre tenendo sotto osservazione la porta da dove era uscito David, il ragazzino afferrò il cellulare e compose il numero di casa. La voce della mamma gli diede la forza di resistere.

Il disegnatore nella sua follia stava preparando gli strumenti per uccidere i due ragazzi…ormai agiva come il suo eroe di  carta:

 “Demon avrebbe fatto così”, si diceva cercando dei coltelli appuntiti per attuare la sua vendetta… “Ecco, questo va  bene”, mormorò fissando con occhi sbarrati la lama lucente…

Entrò nella stanza dove c’erano i ragazzi brandendo una mannaia…le urla dei bambini sovrastarono il suo grido mentre una camionetta della polizia stava  frenando in quel momento sullo spiazzo davanti allo chalet.

Gli agenti sfondarono la porta e quando entrarono si trovarono davanti ad una scena terribile : una nuvola di fumo rosso invadeva l’aria e, sul pavimento giaceva il corpo di David Roman con un pugnale conficcato nel petto…i ragazzi terrorizzati erano legati alle sedie…immobili.

Un poliziotto si avvicinò con cautela, sull’impugnatura dell’arma era scolpito un diavolo e…il disegnatore, ormai senza vita  era in un lago di sangue.

«Cosa è successo?», chiese ai bambini atterriti. «Si è suicidato?», continuò.

Federico si fece forza e, con  le lacrime agli occhi rispose:

«So che non mi crederete mai…ma l’ha ucciso Demon…io l’ho visto». Anche Matteo assentì in silenzio.

Nessuno credette alle parole dei ragazzi…ma loro sapevano che avevano detto la verità…l’ombra rossa era entrata e aveva colpito David nell’istante in cui stava per ammazzarli.

 Il loro eroe moriva con il suo creatore, ma li aveva salvati…non lo dimenticarono mai.
                                                                                                              FINE