Federico, comodamente sdraiato sull’amaca, sprofondato nella lettura del suo fumetto preferito era ansioso di vedere come andava a finire l’ennesima malefica avventura di Demon, il perfido personaggio che affascinava milioni di ragazzini attratti dal brivido dell’horror. “Ecco, sta per colpire…” e il cuore di Federico batteva un po’ più forte, Demon, con il viso coperto da una maschera, era chino sul corpo di una giovane donna pronto ad affondare la lama…Nella sequenza successiva aveva già compiuto il delitto…nel petto della vittima era conficcato un pugnale con l’impugnatura raffigurante un diavolo che era la firma dei suoi delitti …una scarica di adrenalina scatenò un brivido nella schiena del ragazzino.
Demon
era la creatura di David Roman, disegnatore di fumetti, che aveva fatto la sua
fortuna con quel personaggio diventato il protagonista di omicidi sempre più
atroci, e proprio per questo sempre più richiesti dal pubblico di adolescenti
e… dall’editore che aveva scoperto una miniera d’oro.
David
subissato dalla domanda incessante dei disegni, aveva lavorato talmente tanto
che la testa gli scoppiava…era molto stanco, e sentiva che se non avesse fatto
una pausa i nervi sarebbero saltati… da un po’ di tempo si sentiva esaurito,
aveva strani malesseri , ormai era talmente immedesimato nelle storie di Demon
che era diventato il suo incubo: a volte si sorprendeva a pensare cosa avrebbe
fatto al posto suo.
Dopo
una notte passata a disegnare, l’uomo aveva deciso di staccare, il suo fisico
reclamava un break, aveva uno chalet in montagna e sognava di andarsene lassù
per riposare, respirare aria pura e pensare soltanto a godersi quei pochi
giorni di vacanza.
David non aveva mai avuto una famiglia, era
cresciuto in un orfanotrofio che era stata la sua casa fino al diciottesimo
anno quando aveva iniziato a vivere da solo e ad arrangiarsi per sbarcare il
lunario. La mancanza di affetto aveva segnato il suo carattere che era
diventato cupo, solitario, sempre in lotta con il genere umano.
La sua passione era il disegno e aveva un
talento naturale che lo portava a creare senza nessuna fatica, con grandi
sacrifici si era concesso una scuola dove imparò a disegnare fumetti e da lì
era nato Demon, un personaggio che per certi versi rispecchiava la sua rabbia
verso l’umanità che non gli aveva dato nulla….ogni delitto commesso era una
vendetta contro il mondo…ed era stato subito un successo insperato: il
benessere era arrivato con facilità, ma non aveva alleggerito il rancore che
teneva dentro..
Arrivò
alla casetta verso sera dopo un pessimo viaggio per il traffico e per
l’incessante martellamento dentro il cervello che da qualche tempo lo
tormentava…si era accorto che per un attimo perdeva il contatto con la realtà e
il cerchio alle tempie si faceva sempre più stretto. Si rilassò soltanto quando
entrò nel silenzio dello chalet, come sempre spalancò le finestre: il sole
stava calando e il tramonto tingeva di rosso le cime ancora innevate, quello
spettacolo lo riconciliò con se stesso e con il mondo, la morsa interiore si
allentò.
“Non ce la facevo più”; mormorò fra sé, “meno
male che sono venuto via….”. Preparò qualcosa da mangiare poi si buttò sul
letto dove aspettò inutilmente il sonno, gli occhi sbarrati fissavano il
soffitto di travi, inseguendo le evoluzioni di un ragnetto che intesseva la sua
ragnatela…
“Ho capito, nemmeno qui, riesco a dormire…”,
si alzò e cercò nella borsa il flacone
del sonnifero…trangugiò due pillole con un grosso bicchiere d’acqua e si rimise
a letto sperando di addormentarsi.
Nella
casa accanto, anche Federico era sveglio, ma per lui era diverso…non aveva
ancora finito di leggere il giornalino e non poteva smettere finché non aveva
visto come andava a finire…la notte passò e arrivò un altro giorno: tormentato
per David e sereno per il ragazzo…
Il
cielo era azzurro e si preannunciava una giornata bellissima: Federico doveva
incontrarsi con Matteo per andare alla Grotta del Lupo a raccogliere funghi.
Si mise d’accordo con l’amico e salutò la
mamma:
«Non
sono molto tranquilla, voi due ragazzini andate nel bosco da soli, preferirei
che aspettaste papà, tornerà fra poco», disse la donna.
«Non
ti preoccupare, ha detto il padre di Matteo che ci accompagna lui», rispose
pronto Federico cercando di dare alla voce un tono rassicurante (sapeva
benissimo che Matteo non aveva detto niente in famiglia e che suo padre non
sarebbe andato con loro). Tranquillizzata, la signora Laura mise a tracolla del
figlio una borsa:
«Qui c’è qualcosa da mangiare, ho messo anche
il cellulare, per ogni evenienza, divertitevi».
Il
ragazzo si allontanò sentendosi grande: stava andando a fare una passeggiata
soltanto con un amico … fantastico … potevano fare quello che volevano, senza
sentire le raccomandazioni dei grandi!
Intanto
David Roman si era alzato con la bocca
amara e la testa pesante: non si sentiva molto bene, nonostante l’aria pura e
il tempo splendido…
Il
cellulare squillò: era l’editore che reclamava l’ultima puntata…..«Aspetterà»,
borbottò fra sé David senza rispondere. Cancellò con un rapido gesto il numero dal display e uscì per andare nella
boscaglia, fra i rami frondosi degli alberi, dove il sole non riusciva a
penetrare e dove si sentiva a suo agio.
Non era mai stato un amante della luce…nella
penombra trovava la sua anima…buia e triste. Arrivò fino alla Grotta del Lupo
camminando a fatica…gli sembrò di udire dei rumori e si affacciò alla spelonca,
non era raro trovare dentro qualcuno poiché la grotta era una delle mete
preferite dai turisti. Le voci infantili di Federico e Matteo gli giunsero
smorzate dalla profondità, gli sembrò di udire un grido:
«C’è
qualcuno?», urlò a sua volta.
«Aiuto!»,
la voce spaventata lo indusse ad inoltrarsi…poco dopo raggiunse i ragazzi che
erano in difficoltà: uno dei due si era arrampicato sulla parete impervia e non
ce la faceva più a tornare indietro, più che altro si era spaventato e, come
paralizzato dal terrore, non riusciva a muoversi.
David
lo raggiunse facilmente e l’aiutò a scendere:
«Siete
soli?», chiese, «come vi siete cacciati in questo guaio?…non dovreste andarvene
in giro senza essere accompagnati.».
Matteo e Federico si guardarono in viso e
confessarono di aver detto una bugia alle mamme, volevano esplorare la
grotta inoltrandosi oltre il proibito
per provare l’emozione dell’avventura.
«Andate
a casa…adesso, ormai si sta facendo tardi,», disse ancora David.
I
due amici si prepararono ad uscire…dallo zainetto di Federico spuntava il
giornalino con le avventure di Demon…l’uomo sorrise :
«Ti
piace leggere i fumetti?», chiese rivolgendosi al ragazzo.
«Tantissimo…questo
è il mio preferito», disse indicando il sinistro personaggio con il mantello
rosso e la maschera nera.
«Sai
chi sono io?», continuò David .
Federico
lo guardò con l’aria imbambolata:
«No»,
rispose poi .
David, prima di parlare l’osservò a lungo:
nella sua mente ormai malata cominciò a delinearsi un desiderio malsano…
«Sono
il creatore di Demon cioè, quello che l’ha inventato e lo disegna per te ogni
settimana», affermò divertendosi a osservare l’effetto delle sue parole negli
occhi dei due ragazzi che lo guardarono con stupore e ammirazione:
«Davvero sei tu?», chiese infine Federico.
«Certo, venite a casa mia e vi dimostrerò che
sto dicendo la verità», propose e…alle tempie ricominciò a stringere la
tenaglia che si era allentata.
I
ragazzini lo seguirono incuriositi, non si sarebbero mai persi un’occasione
simile da raccontare ai compagni .
Attraversarono
il bosco e arrivarono allo chalet di David, poco lontano dalla casa di
Federico. L’uomo li invitò ad entrare e chiuse a chiave la porta alle loro
spalle. I due non vi fecero caso intenti ad ammirare i disegni sparsi un po’ dovunque
che raffiguravano Demon, l’eroe negativo che li affascinava con le sue
incredibili storie.
David
sentiva dentro di sé qualcosa che non
aveva mai provato, mentre spiegava ai ragazzi come scaturivano le idee per
disegnare le strisce, gli venivano alla mente strani pensieri.
Osservava
attentamente come erano vestiti i bambini: indossavano indumenti di buona
qualità, ricordava che alla loro età aveva dovuto penare per avere un paio di
scarpe nuove…e rammentava anche quando la suora lo costringeva a mettere le
magliette rammendate scartate da chi ne aveva troppe.
Improvvisamente
esplose dentro di lui un odio che non riuscì a reprimere:
«Venite, vi mostro altri disegni, sono i primi
che ho fatto. Li tengo qui dentro», disse ai ragazzini spingendoli in uno
sgabuzzino.
Federico
e l’amico entrarono ignari di ciò che li aspettava, ma appena entrati la porta
si chiuse con un tonfo sordo e la chiave
girò più volte nella toppa.
Al buio si cercarono: «Cosa sta succedendo?»; disse spaventato
Matteo.
Federico
cercò di scrollare l’uscio e si mise a urlare con tutto il fiato che aveva:
«Lasciaci uscire…cosa vuoi da noi…non abbiamo fatto niente!!».
Dall’altra
parte la voce alterata dell’uomo li fece tremare:
«Adesso
siete miei prigionieri e Demon vi ucciderà!».
Terrorizzati
i due bambini si abbracciarono:
«Cosa
succederà ora?…quell’uomo ci vuole ammazzare», singhiozzò Matteo che era il più
fragile dei due.
Federico
lo prese per le spalle:
«Non
piangere…sono sicuro che ce la caveremo», disse cercando di calmarlo.
In quell’istante la porta si spalancò, David balzò in avanti e cercò di legarli con una
corda.
I
due ragazzi scapparono, ma l’altro, in preda alla follia fu più svelto e riuscì
a catturarli, senza curarsi dei loro pianti li legò stretti ad una sedia:
«Ora non riuscirete più a fuggire…», una
risata isterica uscì dalla sua bocca…, «anche Demon sarà felice di sapere che
siete nelle mie mani….vado a chiamarlo», disse uscendo dalla stanza.
Erano
passate parecchie ore, le famiglie dei ragazzi cominciavano a stare in
apprensione: era ormai sera e non erano ancora tornati. Le madri si telefonarono
e scoprirono che erano andati alla Grotta del Lupo da soli…cominciarono momenti
di angoscia, l’attesa si faceva sempre più spasmodica…ogni voce li faceva
sperare, ma il tempo implacabile passava senza notizie… quando si resero conto
che stava diventando buio, piombarono nella disperazione.
«Vado
a cercarli», decise il padre di Federico che non riusciva più a stare fermo.
Si
recò nel bosco e passò davanti allo chalet di David Roman senza sospettare che suo figlio
era là dentro, nelle mani di un pazzo furioso che stava architettando di
ucciderlo,
Intanto
a casa la madre chiamava la polizia.
Nello
chalet i due ragazzi stavano vivendo momenti di terrore, da quando li aveva
minacciati quell’uomo non si era fatto più vedere…si udivano le sue frasi
deliranti…le urla folli…questo li gettava ancor più nel panico, aspettavano da un
momento all’altro che mettesse in atto la sua minaccia.
Si guardavano intorno sperando di trovare una
via d’uscita, le sedie dove erano legati
erano poco lontane dagli zainetti.
«Non
riesci ad arrivare allo zaino?», chiese Federico a Matteo che era il più
vicino.
Facendo
uno sforzo disperato e dopo parecchi tentativi il ragazzo riuscì a raggiungere
la borsa con i piedi, allungandosi disperatamente l’accostò alla sedia… dalla
tasca esterna spuntava il cellulare…
Intanto
Federico si era accorto che la corda che gli legava le mani si stava allentando: dimenò i polsi fino farsi
uscire il sangue, con uno strappo finale, con
la forza della disperazione, riuscì a liberarsi.
«Stai
calmo, vedrai che ci troveranno», rassicurò l’amico
Sempre
tenendo sotto osservazione la porta da dove era uscito David, il ragazzino
afferrò il cellulare e compose il numero di casa. La voce della mamma gli diede
la forza di resistere.
Il
disegnatore nella sua follia stava preparando gli strumenti per uccidere i due
ragazzi…ormai agiva come il suo eroe di
carta:
“Demon avrebbe fatto così”, si diceva cercando
dei coltelli appuntiti per attuare la sua vendetta… “Ecco, questo va bene”, mormorò fissando con occhi sbarrati la
lama lucente…
Entrò
nella stanza dove c’erano i ragazzi brandendo una mannaia…le urla dei bambini
sovrastarono il suo grido mentre una camionetta della polizia stava frenando in quel momento sullo spiazzo davanti
allo chalet.
Gli
agenti sfondarono la porta e quando entrarono si trovarono davanti ad una scena
terribile : una nuvola di fumo rosso invadeva l’aria e, sul pavimento giaceva
il corpo di David Roman con un pugnale conficcato nel petto…i ragazzi
terrorizzati erano legati alle sedie…immobili.
Un
poliziotto si avvicinò con cautela, sull’impugnatura dell’arma era scolpito un
diavolo e…il disegnatore, ormai senza vita
era in un lago di sangue.
«Cosa
è successo?», chiese ai bambini atterriti. «Si è suicidato?», continuò.
Federico
si fece forza e, con le lacrime agli
occhi rispose:
«So
che non mi crederete mai…ma l’ha ucciso Demon…io l’ho visto». Anche Matteo
assentì in silenzio.
Nessuno
credette alle parole dei ragazzi…ma loro sapevano che avevano detto la
verità…l’ombra rossa era entrata e aveva colpito David nell’istante in cui
stava per ammazzarli.
Il loro eroe moriva con il suo creatore, ma li
aveva salvati…non lo dimenticarono mai.
FINE