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venerdì 31 agosto 2012

L'ASSASSINO E' DIETRO LA PORTA

Le ragazze sfilavano sulla passerella con passo elastico e deciso, le lunghe gambe s’incrociavano , ondeggiando sui tacchi a spillo, i visi statici non esprimevano emozioni in una specie di cerimoniale che si ripete nelle presentazioni dell’alta moda.  Tom Mariano, dietro il pesante tendaggio rosso seguiva le modelle con lo sguardo attento, trepidante come un padre che segue i rampolli al debutto, osservava con occhio critico l’effetto sul pubblico dei suoi abiti. L’ultima indossatrice presentava, come sempre, il vestito da sposa: avvolta da una nuvola di tulle bianco Giada  incedeva come una regina, il viso senza sorriso dalla pelle ambrata risaltava in tutto quel candore.«E’ stupenda!», mormorò emozionato, seguì con lo sguardo la sua pupilla per tutta al passerella,
Ricordò quando la vide per la prima volta: era con altre nel cast delle indossatrici che dovevano  presentare la sua collezione nelle sfilate della settimana dell’alta moda, di solito le ragazze le sceglieva personalmente e quando se la vide davanti era rimasto attonito: «Sonia!»,aveva esclamato sussultando. Il nome gli era sfuggito dalle labbra suo malgrado, era rimasto colpito dalla somiglianza con una donna che aveva amato e che l’aveva fatto soffrire.
Lei l’aveva guardato sorpresa:
«Sono Giada…forse mi confonde con un’altra».
«E’ probabile, sono passati tanti anni…»
La ragazza era in leggero disagio
  «Comunque non mi chiamo Sonia, mia madre si chiama così».
Tom aveva avuto un sussulto:
«Sei sua figlia! Stessi occhi, stesso sorriso... come lei», disse con la voce che gli tremava.
Non ci potevano essere dubbi, nella ragazza che aveva davanti rivedeva la top model della quale si era perdutamente innamorato vent’anni prima  e che l’aveva lasciato improvvisamente, quasi con crudeltà, per seguire un fotografo americano.
 Dopo aver avuto  la conferma che Sonia era la madre di Giada,  non esitò a assumere la giovane donna  che da quel giorno divenne la sua modella preferita.  Non chiese mai notizie di Sonia, non volle sapere niente di lei, per lui non esisteva più.
Mentre Tom stava ancora ammirando Giada che ripercorreva la passerella, Kristel, la donna che aveva sposato qualche anno dopo la fine della sua storia d’amore , gli batté una mano sulla spalla:
«Abbiamo finito», disse, «devi uscire, il pubblico ti vuole». Lui si scosse, ritornò alla realtà e si unì alle sue modelle per ringraziare il pubblico che continuava ad applaudire:  ancora una volta Tom Mariano aveva fatto centro e si era dimostrato uno dei più grandi artefici della moda.
Rientrò nei camerini stringendo il braccio di Giada: «Brava, senza di te non saprei come fare», sussurrò. La moglie li stava osservando in silenzio, il suo sguardo era carico di tensione.
«Ti devo parlare, ho bisogno del tuo consiglio», disse la ragazza appoggiandosi a lui che considerava come un padre:  la sua famiglia era in California, viveva sola, in un monolocale nel centro storico, non aveva nessuno con cui confidarsi.
«Quando vuoi, sono sempre felice di vederti», Tom l’accompagnò nel camerino e poi ritornò dalla moglie: «Grande successo!», esclamò soddisfatto. Lei gli lanciò uno sguardo di sfida:
«Scommetto che lo attribuisci principalmente a Giada, senza di lei sarebbe stato diverso?»
Colto di sorpresa lo stilista non replicò, ma si vedeva che avrebbe voluto dare la risposta che Kristel si aspettava, sì era vero, quella giovane donna era la sua musa ispiratrice, quando disegnava   gli abiti li creava immaginandoli indossati da lei.
 Quando rivide Giada aveva ancora nelle orecchie la voce stridula della moglie.
Lei si avvicinò titubante:
«Ieri sera Federico, mi ha fatto una  tremenda scenata di gelosia, non vuole che la sua donna si mostri in pubblico, poi abbiamo fatto la pace e…mi ha chiesto di sposarlo. Tu che ne pensi?»
«Sono contento per te ma, stai attenta, mi sembra che abbia un brutto carattere….ti ho visto piangere molte volte per lui, ma se lo ami sposalo, è bello e ricco… ti auguro una vita felice.» Giada spontaneamente l’abbracciò :
«Sapevo che mi avresti capita, anche se…», e s’interruppe
«Continua», disse lui leggermente ansioso.
«Mi ha messo davanti a un bivio: o lui o la moda….e non so cosa fare».
Tom la guardò intensamente negli occhi, stava per risponderle quando sua moglie si avvicinò:
«Segreti?», attaccò scostante, «cercate di concludere, perché c’è ancora tutto da sistemare»
Quando Kristel si trovò sola col marito diede sfogo a tutto il suo rancore verso Giada:
«Da quando è arrivata quella lì, non sei più tu…sei sempre nervoso, ansioso, e non hai occhi che per lei. Dopo tanti anni per colpa sua il nostro matrimonio è in crisi…ma ricordati, farò di tutto per non perderti». Tom non l’aveva mai vista così, sembrava aver perso il controllo, preferì non rispondere e si allontanò per rompere la tensione che si era creata. Ma quella sera fece fatica ad addormentarsi, pensieri, angosce, amarezza gli giravano nella mente come in un frullatore, fu una notte tormentata dai fantasmi dei ricordi. Il sonno arrivò poco prima che suonasse la sveglia.
Si annunciava un’altra giornata frenetica: finita una sfilata se ne stava preparando un’altra…
Anche per Giada fu un giorno pesante, nel suo lavoro era difficile sedersi, doveva spesso stare in piedi per permettere alla sarta di aggiustare su di lei l’abito che avrebbe indossato.
«Finalmente a casa», esclamò la ragazza entrando nel monolocale, si tolse le scarpe, si massaggiò i piedi doloranti, si preparò un bagno caldo…ne aveva bisogno per rilassarsi dopo la faticosa giornata. Si immerse nella vasca e si lasciò coccolare dalla schiuma del sapone profumato. Era talmente stanca che quasi non aveva la forza di uscire dall’acqua, ma il campanello della porta cominciò a suonare…«Uffa! Proprio adesso…».
Uscì dalla vasca e indossò l’accappatoio,  guardò dalla spia della porta e, rassicurata aprì:
 «Ciao! Come mai a quest’ora? ».

 Per fortuna al posto di polizia  era un periodo di calma, i soliti furti negli appartamenti, le risse fra extracomunitari, ma niente di sensazionale; in commissariato Alex Parisi stava leggendo il giornale e non aveva nemmeno il vago sentore di ciò che stava per succedere. L’agente speciale Loredana Caputo aprì la porta dell’ufficio: «Commissario hanno trovato il corpo di una ragazza immerso nella vasca da bagno nel suo appartamento».
Parisi posò il quotidiano sulla scrivania, con calma, poi chiese:
«Si sa chi l’ha trovato?»
«Il custode dello stabile, la porta era accostata, ha aperto e, nella vasca c’era il cadavere dell’inquilina del monolocale, una modella».
«Non ci resta che andare a vedere, aspettami in macchina», il commissario si mise la giacca, si accese una sigaretta e uscì.
Quello che vide nel minuscolo appartamento lo ferì al cuore, come sempre succedeva quando il suo mestiere lo portava dove un assassino aveva colpito.
I lunghi capelli neri fluttuavano nell’acqua, il corpo era riverso come se fosse stato spinto con forza.
«Chiama la scientifica, bisogna sapere l’ora della morte», mormorò stancamente alla sua aiutante.
Parisi si rivolse al portinaio: «Mi sa dire come si chiamava e che lavoro faceva?», chiese all’uomo che si teneva in disparte, quasi spaventato .
«Era una modella d’alta moda, di solito sfilava per Tom Mariano».
«Come custode avrà visto se frequentava uomini, ragazze, amici in generale».
«Era fidanzata con Federico Bassi, il figlio del proprietario del Grand Hotel Splendor», rispose ancora il poveretto stremato dalla serie di domande di Parisi che voleva rendersi conto dell’ambiente in cui era maturato il delitto.  
(continua)


   










martedì 7 agosto 2012

FINALE FESTA DI COMPLEANNO

 Le innumerevoli portate di quell’interminabile cena si susseguivano una dopo l’altra, i tre giovani assaggiavano il cibo sperando che la commedia avesse fine, don Calogero parlava e parlava…finché arrivò il momento del dolce finale. Dopo il brindisi con relativi auguri lo zio improvvisamente si rivolse all’uomo in livrea che stava impalato davanti alla porta del salone:  «Salvo, fai entrare i miei nuovi amici Oliver e Betty, voglio presentarli ai miei nipoti».
Le teste si alzarono dai piatti e gli sguardi allarmati dei commensali si diressero verso il punto dov’era scomparso il maggiordomo. Poco dopo Salvo si presentò con due bulldog al guinzaglio.
«Questi sono i miei tesori…venite dal padrone, anche per voi è festa! Vi meritate proprio una bella fetta di torta», mise per terra un piatto colmo di dolce e gli animali vi si precipitarono sopra leccando la panna con ingordigia.
«Chiara, ti dispiace venire qui con il tuo piatto? Portane ancora un po’, stanno mangiando così volentieri!»
La giovane donna rimase un istante ferma credendo di avere capito male…ma lo zio con voce stridula esclamò: «Sbrigati, stanno diventando impazienti!»
Chiara fece il giro del lungo tavolo con la porzione di torta che stava mangiando e arrivò vicino ai cani, i loro musi sporchi si avventarono su di lei lasciando tracce di unto sul raso del vestito.
Don Calogero allungò il collo: «Poco male», affermò con un risolino soddisfatto, «sono tre anni che porti sempre lo stesso abito, questa sarà la scusa per cambiarlo». Negli occhi c’era un lampo di perfidia e nel cuore di Chiara si scatenò un odio profondo per quel vecchio pazzo. “Questa volta hai finito!» pensò e ritornò al suo posto senza battere ciglio.
La mezzanotte era vicina, stava per concludersi l’assurdo cerimoniale che ogni anno si celebrava. Don Calogero,visibilmente stanco si alzò per porre fine alla serata:
«Al prossimo compleanno, mi raccomando non mancate, io ci sarò!», voltò le spalle agli ospiti e se ne andò appoggiandosi al bastone col pomo d’argento.
«Fammi portare in camera i sigari», comandò al fedele Salvo. Prima di scomparire si girò e disse stringendo gli occhi per mettere a fuoco le figure dei nipoti: «Ne fumerò uno, così mi concilia il sonno…buonanotte»,
Quando uscirono dalla villa i tre giovani respirarono a pieni polmoni l’aria della notte, ne avevano bisogno. Durante quelle ore da incubo la loro mente era stata occupata dalla scatola di sigari avana.
«Siete sicuri che non se ne accorga nessuno?», chiese Chiara.
«State tranquilli, il veleno non lascia traccia, il vecchio fumerà e morirà nel sonno, solo il primo sigaro è avvelenato, e ho fatto in modo che la scatola si apra solo da un lato, in modo che il primo  sia proprio quello che lui prenderà. Il medico dovrà per forza certificare che c’è stato un arresto cardiaco, non ci sono altre alternative…del resto a novant’anni è del tutto normale. Fidatevi di me, sono un chimico e di queste cose me ne intendo», affermò Giacomo imperturbabile.
Guardò in faccia ai suoi fratelli: «Calmatevi e abbiate fiducia…farà una buona morte e finalmente diventeremo ricchi! cercate di dormire stanotte, ci sentiamo domani mattina»
Senza aggiungere altro montò in macchina e mise in moto sparendo dietro la curva. Agli altri due non restava altro che fare la stessa cosa, ma durante lungo il tragitto non scambiarono una parola.
La telefonata che li raggiunse il mattino dopo nelle loro case non lasciava dubbi, il fedele Salvo annunciava che don Calogero era morto nella notte.
«Come è successo?», s’informò Chiara per essere sicura che tutto si fosse svolto secondo i piani.
« Sul certificato di morte del medico c’era scritto “arresto cardiaco”. Forse aveva mangiato troppo, alla sua età non avrebbe dovuto fare una cena così, ma don Calogero non accettava consigli», rispose il maggiordomo, «mi dispiace molto gli ero affezionato anche se aveva un brutto carattere. Ora ho bisogno di voi, siete gli unici parenti, vi pregherei di venire alla villa per aiutarmi a eseguire le formalità necessarie».
I tre fratelli entrarono compunti nella camera dove era adagiato lo zio, in ciascuno di loro non c’era il minimo segno di pentimento, avevano odiato troppo quel vecchio tiranno, e vederlo lì, immobile dava loro un senso di potenza e di rivincita. Il pensiero che avrebbero ereditato milioni di euro cancellava i rimorsi, la loro coscienza era tranquilla.
Nella stanza aleggiava ancora lo spirito di don Calogero, il libro sul comodino, la scatola di sigari dalla quale mancava il primo, quello che gli aveva dato il sonno eterno. Gli sguardi dei nipoti s’incrociarono e sulle labbra di Gigi spuntò un sorrisino come volesse dire: “Avete visto? Io non sbaglio mai».
Ai funerali del “Padrino” molti notarono il sincero dolore dei nipoti che, in gramaglie, seguivano il feretro con le lacrime agli occhi.
Lo studio del notaio era severo, arredato con mobili antichi e massicci, i nipoti di don Calogero aspettavano seduti su uno scomodo divano marrone, i tre erano nervosi e impazienti in attesa dell’ l’apertura del testamento. Ognuno di loro aveva già fatto progetti su come investire la sua parte di eredità in immobili e titoli, stavano in silenzio e  non si parlavano fra di loro. Dopo il funerale non si erano più visti anche per non destare sospetti sul delitto perfetto compiuto insieme. Preferivano tacere. La segretaria comparve sull’uscio, «Accomodatevi, il notaio vi aspetta».
Entrarono e si sedettero visibilmente tesi davanti alla scrivania del vecchio notaio che, dopo le formalità di rito iniziò la lettura del testamento:
“Io Calogero Santospirito in pieno possesso delle mie facoltà ecc… ecc…lascio tutti i miei averi mobili e immobili …”, qui il notaio si fermò e guardò in faccia i tre seduti davanti a lui.
«Continui!», esclamarono in coro.
“ ..ai miei adorati cani Oliver e Betty affinché vengano custoditi nel migliore dei modi….”.
«Noo!» dalle tre bocche uscì un solo grido.
«Non ho finito», proseguì severo il notaio,« c’è anche qualcosa per voi».
Ammutoliti e costernati i tre fratelli ascoltarono in silenzio la fine di quel testamento-beffa, degno del carattere e della perfidia di chi l’aveva scritto.
«Ai miei nipoti Luigi, Chiara e Giacomo, lascio il denaro necessario per comprarsi vestiti nuovi. Voglio che ogni anno si vestano con eleganza alla cena del mio compleanno che sarà servita puntualmente in mio ricordo, come se fossi ancora presente..».
I tre si alzarono di scatto contemporaneamente e uscirono dallo studio sbattendo la porta.

FINE