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venerdì 17 giugno 2016

Storie per tutti.: FORSE TI RIVEDRO'

Storie per tutti.: FORSE TI RIVEDRO':       I ricordi delle scene di guerra gli tormentavano la mente, la tragedia di morti, feriti, bambini e donne straziati l’aveva im...

giovedì 16 giugno 2016

FORSE TI RIVEDRO'


 


 

 I ricordi delle scene di guerra gli tormentavano la mente, la tragedia di morti, feriti, bambini e donne straziati l’aveva immortalata nel servizio fotografico che aveva fatto nella zona di guerra in Siria, scattare quelle foto gli era costato parecchio: emozione, paura e fatica, ma Alex Giuliani, reporter free-lance, innamorato del suo lavoro non aveva badato a niente. Era stanco,  aveva trovato un posto all’ultimo minuto sul volo per l’Italia, si era seduto e aveva chiuso gli occhi cercando di rilassarsi, non si era accorto che, accanto a lui, una giovane donna era in difficoltà.
 La ragazza aveva le mani abbarbicate ai braccioli del sedile, il viso terreo, si vedeva che cercava in tutti i modi di dominarsi. Il volo procedeva bene, ma ciò che si vedeva fuori poteva aumentare l’ansia per chi aveva paura di volare: nuvole nere si stavano addensando e c’era in arrivo un temporale. I vetri dei finestrini si appannarono, un colpo di vento fece sbandare l’aereo, di poco, ma sufficiente a mettere addosso il terrore all’agitata passeggera. Alex fu costretto ad uscire dal torpore da un lamento proveniente dalla sua destra, si girò e quasi si spaventò: la giovane era irrigidita, con gli occhi sbarrati, in preda ad un attacco di panico.
«Si sente male?», chiese preoccupato, pronto a chiedere aiuto al personale di volo.
Lei si scosse, lo guardò con occhi spaventati:
«Non si preoccupi, sto bene. Ma, le chiedo un favore: posso prenderle una mano? mi farebbe stare meglio», affermò arrossendo.
Alex sorrise: «Se questo l’aiuta, non è un problema», rispose cercando la mano della sua vicina e stringendola con la sua. Le dita sottili si serrarono come una morsa:
«Si calmi, non possiamo arrivare a destinazione così, mi blocca la circolazione», disse ancora lui pazientemente. La ragazza allentò la presa:
«Scusi, ha ragione; mi rendo conto d’essere ridicola, ma non ci posso fare niente, ho sempre avuto paura di volare e ogni volta per me è una tragedia, ho bisogno di un contatto umano per superare la crisi».
«Se dobbiamo stare uniti, almeno presentiamoci: sono Alex, giornalista, abituato ad ogni sorta di pericolo», affermò il giovanotto.
Sul viso di lei spuntò un sorriso: «Sono lieta di conoscerti, mi chiamo Miriam, archeologa e reduce da una spedizione di tre mesi nella necropoli di Dedan, nel deserto arabico, dovrei anch’io essere abituata a tutto, però il mio tallone d’Achille è proprio l’aereo, so di essere ridicola, ma capita anche a chi  è più  forte di me, perciò mi consolo», rispose; la tensione si era allentata e il momento difficile stava passando.
Lui notò che aveva un sorriso particolare, luminoso e che gli occhi erano nocciola, dolci e sereni. I due giovani trascorsero le ore del viaggio piacevolmente, lui raccontò che  i servizi fotografici che proponeva ai più noti settimanali erano spesso in zone di guerra dove il coraggio non basta a superare la paura vera delle bombe che esplodono vicine e preghi che non ne cada un’altra più appresso. Lei invece, disse che aveva lasciato i colleghi per tornare in patria a sposare l’uomo che conosceva da tre anni e che finalmente si era deciso a regolarizzare il loro rapporto chiedendole di diventare sua moglie. L’aereo atterrò felicemente:
«Sei più calma adesso, posso lasciarti? Il pericolo è passato…scusami ma devo correre, in redazione aspettano le mie foto, la prossima volta che ci incontreremo non fare complimenti, una mano te la dò sempre», scherzò Alex afferrando la borsa, se ne andò in fretta facendosi largo fra i passeggeri che scendevano. Miriam raccolse le proprie cose con calma, si accorse però che Alex, nella fretta di andarsene, aveva dimenticato la macchina fotografica sul sedile. 
 Si affacciò sulla scaletta sperando di vedere Alex, ma guardò dappertutto, di lui non c’era traccia, era stato così svelto che aveva preso il pulmino precedente. Resosi conto dell’importanza, Miriam cominciò ad agitarsi, sapeva che perdere il materiale fotografico sarebbe stata una tragedia per il giornalista: giorni e giorni sotto le bombe; aveva rischiato la vita  per niente.
La ragazza uscì dall’aeroporto guardandosi intorno, con la speranza che lui si fosse accorto della dimenticanza e tornasse indietro a cercare. Purtroppo non lo vide più, e con angoscia ripensando alla loro conversazione in aereo, si rese conto che non si erano scambiati né il numero di telefono, né le generalità, ognuno di loro sapeva dell’altro soltanto il nome.
Intanto Alex arrivò di corsa in redazione:
«Sono ancora in tempo?», chiese trafelato alla segretaria.
«Sì, vai…il direttore ti aspetta», rispose Renata.
Senza neppure togliersi il giaccone entrò in direzione:
«Finalmente, aspettiamo solo te, devo consegnare il materiale entro oggi, altrimenti salta il servizio
«Non ti preoccupare, è tutto qui, ti avviso che sono foto shoccanti, ma è ciò che ci vuole in questo momento per scuotere l’opinione pubblica.», rispose Alex aprendo la cerniera del trolley.
 Il giornalista cominciò a frugare dentro il bagaglio, in un primo momento tranquillo poi, sempre più nervoso mentre un leggero sudore gli imperlava la fronte.
«Scusami, ma devi avere un attimo di pazienza, adesso salta fuori questa benedetta macchina fotografica…sono certo di averla messa qui», disse sempre più agitato .
Ma la ricerca affannosa non stava dando nessun frutto, il direttore l’osservava con occhio scettico:
«Allora?….L’hai dimenticata, se non è lì vuol dire che l’hai lasciata da qualche parte», disse infine.
A quelle parole un lampo attraversò la mente di Alex, rivide il suo gesto quando aveva appoggiato l’apparecchio fotografico sul sedile dell’aereo per cercare qualcosa in valigia: ormai era certo, l’aveva dimenticata lì.
Costernato si scusò: «Telefono subito in aeroporto, mi auguro che l’abbiano trovata», disse avvilito.
L’altro scosse il capo. «Spero che tutto finisca bene, ormai questa settimana salta il tuo servizio, metterò qualcos’altro», brontolò.
Dopo aver telefonato invano, Alex cercò di ricordarsi qualcosa della ragazza che gli sedeva accanto, era scesa dopo di lui e, forse, avrebbe potuto aver visto se c’era la fotocamera sul sedile, però gli venne in mente soltanto che si chiamava Miriam, ma niente altro.
Nello stesso momento, sul taxi che la portava a casa, lei si scervellava per ricordarsi qualcosa di preciso di ciò che le aveva raccontato Alex, sapeva che collaborava con i più noti settimanali e, vagamente le tornò alla mente il nome di un periodico, nominato dal reporter durante la conversazione. Arrivò, appoggiò le valigie in corridoio e, senza aspettare neppure un attimo, si precipitò a telefonare al giornale:
«Lavora per voi un fotografo che si chiama Alex, non so il cognome, mi scusi ma è della massima importanza, devo riconsegnarli la sua macchina fotografica che ha smarrito in aeroporto», disse tutto d’un fiato.
Dall’altro capo un attimo di silenzio, poi:
«La metto in contatto con Alex Giuliani», disse la voce.
Forse quella fu la telefonata più bella dell’ultimo periodo della sua vita, Alex sentì il cuore diventare leggero, emozionato e con la voce tremolante disse:
«Non sai quanto mi fai felice, dimmi dove sei… corro!».
Quella fu una sera speciale, Miriam insistette per trattenere Alex a cena . Cenarono raccontandosi un mucchio di cose scoprendo piacevolmente di avere molto in comune. Ambedue sentivano che nell’altro c’era qualcosa che li attraeva. Lui non poteva fare a meno di ammirare la serenità e la dolce bellezza di Miriam, la vedeva muoversi con disinvoltura come se si fossero sempre conosciuti, in ogni suo gesto vedeva il ripetersi di qualcosa di già visto e si rese conto di stare bene con lei, come non gli era successo da lungo tempo con altre donne. Si fermò un attimo a pensare perché il destino li aveva fatti incontrare  quando forse era troppo tardi, lei aveva tutto della donna che aveva sempre sognato: bella, dolce, elegante e intelligente. Invece tutte le sue storie sentimentali erano state un disastro, a trentacinque anni era senza legami.
«Allora quando ti sposi?», le chiese con una punta di malinconia.
Miriam captò quell’accento e, prima di rispondere lo guardò negli occhi:
«Dovrei sposarmi fra un mese», rispose senza abbassare lo sguardo.
«Perché usi il condizionale?», chiese ancora lui.
 «Non sai cosa ti succederà domani, figurati fra un mese!», scherzò lei, ma aveva nello sguardo un lampo di malizia.
 Alex, da quella sera pensò spesso a Miriam, non aveva il coraggio di chiederle di uscire, per non metterla in imbarazzo. Ma non sapeva che anche per lei era la stessa cosa:si era accorta che pensava a lui e il desiderio di baciarlo, di essere stretta dalle sue braccia si faceva intenso, doveva imporsi di scacciare dalla mente quei sogni appassionati che la allontanavano dalla strada che stava per percorrere con Antonio, l’uomo che aveva scelto di sposare. Non si riconosceva più, si imponeva di pensare a lui, ma non c’era niente da fare, la figura di Alex era sempre presente: il suo modo di muoversi, di parlare, l’espressione del viso, così maschio e affascinante, non la lasciavano in pace.
Le foto del servizio uscirono sul periodico la settimana seguente, e per Miriam non ci fu miglior scusa per telefonare al reporter.
«Complimenti, hai fatto un lavoro stupendo, sono immagini che non si dimenticano. Cosa ne dici di festeggiare il tuo successo?», gli disse appena sentì la sua voce.
Alex non aspettava altro:
«Fantastico!… però andiamo a cena in un ristorante dove dico io», propose.
 Miriam disse una bugia ad Antonio per assentarsi quella sera, ebbe qualche scrupolo mentre inventava di andare ad una cena di lavoro con i colleghi tornati dall’Arabia, ma dentrodi sé sentì che non poteva fare a meno di rivedere Alex : voleva verificare quanto di vero c’era nell’attrazione che provava per lui.
Il ristorante fuori mano era di quelli con l’atmosfera intima e raffinata, i tavoli apparecchiati con tovaglie ocra su cui erano accesi candelabri d’argento a due braccia, una musica soffusa aleggiava nell’aria, camerieri impeccabili e una cena squisita.
Per Miriam era come una favola stare lì con Alex, aveva dimenticato che fra un mese si sposava con Antonio, che aveva già ordinato partecipazioni e bomboniere, e che ormai anche le pubblicazioni erano fatte e doveva soltanto dire di sì.
Ma un sì, quella sera lo disse ad Alex, quando, dopo cena, prima di riaccompagnarla le propose di andare a casa sua a bere un drink.
«Perché no! finiamo in bellezza di festeggiare l’avvenimento e il travagliato ritrovamento delle foto», disse già un po’su di giri.
La casa del giornalista era un appartamento prettamente maschile, disordinato e un po’ freddo, con i mobili supermoderni e funzionali, si notava la mancanza di una presenza femminile.
Miriam si guardò intorno: «Non ti ho mai chiesto se hai una donna», chiese facendo finta di niente, ma quella domanda l’aveva sulla punta della lingua da parecchio tempo.
Lui la guardò e scosse il capo:
«Non c’è nessuna donna nella mia vita», rispose, poi dopo un attimo di silenzio riprese: «fino a questa sera», concluse. I suoi occhi erano diventati liquidi, lo sguardo la percorse tutta e si fermò sulla sua bocca. Si avvicinò di più:
«Mi piaci da morire…», le sussurrò all’orecchio.
Lei sentì le gambe tremare, una vampata di calore le attraversò il corpo, si abbandonò fra le sue braccia. Alex la sollevò e la posò sul letto, lentamente cominciò a spogliarla e lei, senza più resistenza, lo lasciava fare. Non aveva la forza di sottrarsi alla passione che le covava già dentro fin dal momento in cui aveva preso la mano di Alex in aereo.   Dopo la notte ardente venne l’alba che li trovò addormentati una nelle braccia dell’altro.
Miriam si svegliò per prima, vide accanto a sé Alex ancora nel sonno, lo osservò con tenerezza,si rivestì senza fare rumore, prima di andarsene diede ancora uno sguardo all’uomo che l’aveva fatta felice in quella notte:
 « Amore mio, ti devo lasciare», sussurrò, aveva gli occhi umidi. Chiuse la porta delicatamente e uscì per tornare alla sua vita.
 Ma in fondo all’anima, dove ci sono le speranze nascoste, c’era una voce che le diceva che forse non ce l’avrebbe fatta a non vederlo più!