Elisa,
seduta accanto a Fabio in attesa della chiamata del volo, era tesa e nervosa,
stava aspettando il momento di mettere in azione quel piano che stava
preparando da giorni. Non si era mai perdonata di aver messo il suo talento al
servizio di quella mafia che commerciava in quadri falsi e che non aveva
scrupoli. Era tutta colpa dell’amore cieco che aveva per Fabio: uno col
fascino misterioso e l’aria da duro, di quelli
che fanno perdere la testa; per lui si era lasciata andare alla passione
che travolge i sensi e cancella ogni morale. Per non perderlo avrebbe fatto
qualsiasi cosa. Infatti, quando le chiese di copiare il famoso dipinto del
pittore aretino in mostra alla galleria d’arte, non ebbe esitazioni.
“Tesoro”,
le aveva detto lui, “ ho bisogno di te”.
“
Dimmi”, aveva risposto non immaginando quello che le proponeva.
“
So che sei brava….”, continuò Fabio insinuante, “ hai presente il quadro di
Pier della Francesca che è in mostra in questi giorni?”
Elisa
era rimasta un attimo perplessa: “ Sì”
“Dovresti
copiare quel quadro”.
La
proposta l’aveva sconcertata:
“Perché”
aveva chiesto allibita.
“E’
di un privato che l’ha già venduto a casa d’arte americana e …se ne fai una copia
gli rifiliamo quella e ci teniamo l’originale! Sei così brava che nessuno se ne
accorgerà… amore, ce ne andiamo via , io e te, lontano da qui…saremo ricchi , voglio
farti felice e stare con te tutta la vita…”
Elisa,
catturata dal suo fascino perverso non aveva saputo dirgli di no.
E
così, si era prestata anche a farsi
corteggiare dall’americano che aveva acquistato il quadro, per avere il motivo
di andarlo a salutare alla partenza in modo che Fabio potesse scambiare le
valigie all’aeroporto.
Si
era accorta però che frequentare Fred
l’aveva cambiata, aveva svegliato dentro di lei i sensi di colpa: aver
imbrogliato quell’uomo così corretto, con gli occhi trasparenti dove si poteva
leggere quello che pensava, l’aveva messa in una crisi profonda. Si era come svegliata
dal torpore in cui era sprofondata, annebbiata da quell’amore che l’aveva resa
un automa al servizio di Fabio: aveva cominciato a vederlo con altri occhi,
specialmente quando aveva capito che per lui contava solo il denaro…
Quando
era entrata in quella cerchia di malavitosi si era resa conto che non poteva
più continuare con lui, per liberarsi della sua influenza negativa che l’aveva
resa quasi sua schiava, lo doveva lasciare.
L’aveva
seguito fino a quel momento ma, quando aveva visto che stava cadendo in un baratro da dove era difficile risalire, aveva preso la decisione di andarsene.
Aveva fatto un piano un piano e aspettava l’occasione per metterlo in atto senza provocare reazioni... la visione del
povero Fred, per terra con la testa sanguinante, la spingeva a far
presto…sapeva che quella specie di boss che aveva architettato tutto sarebbe
ritornato e il professore ne avrebbe subito le conseguenze, quello era anche capace di farlo fuori.
Approfittando
di un momento di distrazione di Fabio, Elisa si alzò:
“Vado
a comperare un giornale”, disse cercando di dare alla voce un tono tranquillo.
Sospettoso
lui si mosse dalla poltrona: “Vado io…tu rimani qui”.
In
quel momento la voce della speaker annunciò il loro volo:
“Non c’è più tempo…vieni”, disse lui trascinandola per un braccio. Si avviarono lungo il corridoio, ma , prima di varcare il cancello lei si voltò:
“Io non parto”, disse decisa. Fabio sbarrò gli occhi e tentò di replicare, ma lei lo bloccò:
“Tieni tutto…il quadro e i soldi…addio!”, si voltò e corse via, inseguita dallo sguardo dell’uomo che era rimasto pietrificato.
“Non c’è più tempo…vieni”, disse lui trascinandola per un braccio. Si avviarono lungo il corridoio, ma , prima di varcare il cancello lei si voltò:
“Io non parto”, disse decisa. Fabio sbarrò gli occhi e tentò di replicare, ma lei lo bloccò:
“Tieni tutto…il quadro e i soldi…addio!”, si voltò e corse via, inseguita dallo sguardo dell’uomo che era rimasto pietrificato.
Elisa
correva facendosi largo fra la gente, arrivò fuori con il cuore in gola. Si infilò
in una vettura pubblica e diede l’indirizzo del capannone, a Perugia, con la
poca voce che le era rimasta. Le speranze di arrivare in tempo a liberare Fred
erano poche, ma ci doveva provare…i minuti non passavano mai, avrebbe voluto
che quella macchina avesse le ali…
Quando
arrivò, quello che vide la sconvolse: una vettura della polizia era ferma
davanti al cancello e due poliziotti stavano trascinando un uomo in manette.
Sebbene fosse lontana riconobbe il capo della banda, non riusciva a capire cosa
fosse successo e come erano arrivati ad arrestarlo. E Fred?…era vivo? …in
quell’istante il suono persistente e lacerante dell’ambulanza che si fermò
frenando di colpo, la fece sussultare. Due infermieri balzarono fuori con una
barella e, dopo qualche minuto tornarono, un corpo era steso sulla lettiga, dopo averla infilata
nell’abitacolo partirono a sirena spiegata. Poco dopo, sul luogo, non c’era più nessuno…i protagonisti della
drammatica sequenza avevano lasciato la scena.
Elisa,
sempre più stupefatta, si guardò intorno per rassicurarsi di essere sola,
licenziò l’autista e si introdusse cautamente nel capannone rimasto aperto; si
diresse sicura in fondo, e poco dopo uscì di nuovo…
A Los Angeles Margaret non aveva più notizie di
Fred da due giorni, in albergo non era reperibile e il cellulare non dava segni
di vita… la donna era preoccupata, poteva essergli successo qualunque cosa e
poi voleva sapere come era finita la storia del quadro.
Ad
ogni squillo del telefono sobbalzava: forse era lui…ma ripiombava nell’ansia
subito dopo. Decise di aspettare ancora un giorno…, dopo di che decise che sarebbe partita
per l’Italia.
Nel
momento in cui Margaret arrivò all’hotel e chiese del professor Adams
l’espressione dell’impiegato alla reception cambiò, da sorridente divenne
improvvisamente seria:
“Il
professore è in ospedale”, disse. La donna lo guardò sorpresa:
“E’ sicuro di quello che dice?”, affermò.
“E’ sicuro di quello che dice?”, affermò.
“Certo…”;
rispose titubante il giovanotto intimidito, “ le chiamo il direttore? Può
parlare con lui”.
Poco
dopo il direttore spiegò a Margaret, come erano andate le cose:
“Lo sapevo che si sarebbe messo nei
pasticci…”, borbottò lei.
Quando
Fred fu ricoverato era molto grave: la pallottola aveva
attraversato il torace, causando lesioni interne; i medici l’avevano
trasportato con urgenza in sala operatoria ed era stato sotto i ferri per molte
ore.
Maria,
chiamata dal commissario Loiacono, aveva trascorso la notte accanto al letto,
in attesa che Fred aprisse gli occhi. Vederlo addormentato, pieno di tubi e
tubicini, la addolorava…l’aveva ritrovato ma ora rischiava di perderlo ancora
e…forse per sempre. Si rendeva conto in quel momento di averlo sempre amato,
quello che la vita le aveva riservato dopo di lui era poca cosa…solo la figlia
avuta dal marito, sposato senza passione, era stata una delle gioie, ma…anche
lei l’aveva delusa, non sapeva dove era finita…forse se n’era andata e non
l’avrebbe rivista mai più.
Questi pensieri neri le frullavano in mente
quando si accorse che Fred si stava svegliando.
“Amore
mio…”, sussurrò.
Lui
aprì lentamente le palpebre:
“Maria…”,
disse a stento, “sei proprio tu…speravo di vederti…sei l’unica persona che in
questo momento desidero vicina”, richiuse gli occhi, ma sulle sue labbra rimase
l’ombra di un sorriso.
“Zitto…non
ti affaticare”, mormorò lei. Un medico entrò:
“E’
andato tutto bene, signora”, la rassicurò, “se la caverà presto…e potrà tornare
a casa”.
Quale
casa? Si disse la donna, sarebbe stato troppo bello prendersi cura di lui…ma
non era possibile, Fred doveva tornare in California, alla sua vita di sempre…
Si avvicinò e lo baciò delicatamente sulla fronte. In quell’istante la porta si
aprì e Margaret entrò nella stanza.
“E’
qui il professor Adams?”, disse lanciando uno sguardo sorpreso a Maria che la
guardò a sua volta con aria interrogativa.
Fred,
al suono di quella voce, aprì gli occhi: “Margaret…”, disse.
L’americana
si avvicinò al letto: “Come stai?”, gli chiese, e poi, voltandosi verso Maria:
“Chi è questa donna?”, domandò.
Il
professore rimase un attimo perplesso, Maria si alzò dalla sedia sulla quale
aveva passato la notte e si avvicinò alla nuova venuta.
“Vorrei
pregarla di lasciarlo in pace…ha subìto una lunga operazione e si è appena svegliato,
non può ancora parlare…”, disse guardandola decisamente negli occhi.
Margaret
la squadrò da capo a piedi meravigliata dal fatto che parlasse inglese:
“Allora mi dica lei chi è e cosa ci fa qui…, io sono la donna di Fred e sono venuta apposta da Los Angeles per lui…”, rispose freddamente, scostandosi.
“Allora mi dica lei chi è e cosa ci fa qui…, io sono la donna di Fred e sono venuta apposta da Los Angeles per lui…”, rispose freddamente, scostandosi.
“Andiamo
in corridoio, potremo spiegarci meglio”, Maria aprì la porta della camera e
invitò l’altra a uscire, chiuse l’uscio con delicatezza e cominciò subito :
“Ho rivisto Fred dopo quasi trent’anni, le
circostanze della vita hanno fatto in modo che ci incontrassimo per caso…”, si
interruppe per cercare le parole, “per una serie di fatti che le racconterò in
seguito, i nostri destini si sono incrociati, lui non aveva nessuno ed ha avuto
bisogno di me….sono qui per questo, per non lasciarlo solo”, concluse.
Margaret
l’ascoltava in silenzio, quella donna bruna, così diversa da lei non doveva
essere certo solo un’amica:
“Sono
disorientata, per il momento non sono in grado di capire…aspetterò che qualcuno
mi spieghi questa storia così complicata”, disse infine seccata, rientrando
nella stanza. Poi volle parlare con i medici per sapere se il professore poteva
considerarsi fuori pericolo, e si accinse ad andarsene:
“Torno
domani…quando Fred potrà parlare mi spiegherà quello che è successo. Ora vado
in albergo…sono molto stanca”, posò le labbra sulla fronte dell’uomo che
dormiva, raccolse la borsetta che aveva appoggiata su una sedia, fece un cenno
del capo e uscì.
Maria rimase a guardare la porta dietro la
quale era sparita, un nodo le serrava la gola ed era sul punto di
piangere…sapeva che lui aveva un legame, ma incontrare quella donna faccia a
faccia era la prova tangibile che, appena guarito, non l’avrebbe rivisto mai
più. Frugò in tasca per cercare un fazzoletto di carta per asciugarsi gli occhi
che stavano riempendosi di lacrime, quando la musichetta del cellulare spezzò
il silenzio.
“Pronto…mamma…sono
io”, la voce di Elisa le diede un tuffo al cuore.
“Dove
sei?…”, chiese subito ansiosa.
“Sono
qui, a casa, ma non ti ho trovato…”, proseguì sua figlia.
Maria
non rispose subito:
“Raggiungimi
all’ospedale…ti racconterò tutto”, disse mestamente.
Alla
parola “ospedale” Elisa si allarmò:
“Stai bene? “, esclamò ansiosa.
“Non
ti preoccupare per me, non mi è successo nulla, però vieni”, pregò la donna.
“Dimmi
almeno perché sei lì”.
Maria
non sapeva rispondere, rimase zitta per qualche secondo poi si decise:
“
Sono qui per Fred Adams, è stato operato e sono al suo capezzale”.
Elisa
sempre più sconcertata non riusciva a capire:
“Perché?
Perchè tu…cosa c’entri in tutta questa storia!!”, quasi gridò.
“
Sbrigati, vieni qui se vuoi sapere”, tagliò corto Maria.
Quando Elisa entrò in camera e vide sua madre
al capezzale di Fred restò di stucco:
“Cosa ci fai tu qui?”; domandò stupita.
“Cosa ci fai tu qui?”; domandò stupita.
Maria
raccontò alla figlia l’amore per quel ragazzo che frequentava il suo stesso
corso, la passione che li aveva travolti, il doloroso distacco e…dopo
ventisette anni, l’incontro. Elisa seguiva il racconto attentamente: “singolare
e romantico intreccio”, pensava e si sentiva colpevole di aver portato in
quella bella storia d’amore la nota negativa. Capiva in quel momento il
trasporto che Fred aveva provato per lei quando l’aveva conosciuta: gli
ricordava la mamma che aveva amato in passato. A maggior ragione si sentiva colpevole per
aver trascinato in quella oscura vicenda l’uomo del quale aveva sentito parlare
fin da quando era bambina, ma che non aveva mai conosciuto.
Elisa,
commossa, si avvicinò al letto di Fred, questi si era appena ripreso dal
torpore degli anestetici:
“Ti
ho tanto cercato”, mormorò.
“Eccomi…riuscirai
a perdonarmi?”, disse sottovoce Elisa, “per questo ti ho portato un regalo…”
Mostrò
all’uomo steso sul letto un tubo, come quelli che contengono i disegni.
Fred
cercò di alzare la testa, ma le forze non lo sostennero, ricadde sul cuscino
stremato.
“Non
ti sforzare adesso, quando starai meglio vedrai la mia sorpresa”, mentre diceva
queste parole gli occhi avevano una luce particolare, come di chi si è liberato
di un peso ed è in pace con se stesso, “ora devo andare, addio Fred,…”, fece un
cenno con la mano, abbracciò la madre e corse via.
Maria la vide allontanarsi per il corridoio a
passo svelto, quasi correndo, la chiamò ma Elisa non rispose.
Margaret
si svegliò riposata, si guardò allo specchio e scoprì che aveva un ottimo
aspetto, rinfrancata si accinse a vestirsi, scelse con cura gli abiti. Voleva
essere a posto, come sempre, per presentarsi a Fred e discutere con la donna
che gli stava accanto. Arrivò e si diresse subito dal medico di turno, voleva
sapere se il malato della stanza 417 si era rimesso tanto da poter sostenere
una conversazione.
Quando
la vide Fred le sorrise, era seduto sul
letto e aveva il viso sereno:
“Entra Margaret…sono felice di vederti”, disse con voce chiara e sicura.
“Entra Margaret…sono felice di vederti”, disse con voce chiara e sicura.
Maria era ancora lì, aveva passato un’altra
notte su una sedia a vegliarlo. L’americana l’ignorò e si diresse diritta verso
il professore.
“Vedo
che oggi stai molto meglio…e che hai superatola crisi”, osservò compiaciuta.
Poi si volse verso l’altra donna che se ne stava in un angolo:
“Se non le dispiace dovremmo parlare”, affermò
con tono autoritario.
Maria
uscì in silenzio, senza replicare. Rimasti soli Margaret stava per dire
qualcosa quando Fred l’anticipò:
“Sono
contento che tu sia qui solo per un fatto: posso restituirti il quadro”, si
allungò fuori dal letto e prese il rotolo dalla sedia vicina: “eccolo!”, aprì
l’involucro e stese la tela: “questa è quella vera…puoi fare qualsiasi perizia,
non ci sono dubbi…”.
Agli
occhi esterrefatti della donna apparve la Madonna con bambino.
“E’ una storia lunga che non voglio
raccontarti…ma quello che conta è che si è conclusa nel migliore dei modi”.
Dal
petto di Margaret uscì un sospiro di sollievo:
“Grazie, Fred, non avevo mai messo in dubbio
che tu l’avresti recuperata…sei straordinario…”, fece per avvicinarsi e
baciarlo ma l’uomo si scostò.
“La
cosa più importante che devo dirti però è che….quando sarò ristabilito non
tornerò in California, rimarrò qui…”, affermò serio.
Lei lo guardò stupita, rimase zitta per
qualche secondo:
“Con lei?”, chiese poi con un filo di voce.
“Sì,
con Maria…non volermene, il passato è tornato facendomi sentire quello di
allora. Mi sono accorto di non aver mai smesso di amarla”, rispose Fred.
Maria,
per ingannare il tempo stava guardando oltre la vetrata del corridoio, da
dietro la porta chiusa della camera 417 le voci che provenivano erano talvolta
concitate, talvolta sommesse, dopo molti minuti l’uscio si aprì e, la signora
impeccabile che era entrata uscì, aveva gli occhi arrossati e il viso
contratto, ma stringeva in pugno come un trofeo un tubo di cartone. Maria
rientrò preoccupata, però l’espressione che vide sul viso di Fred la rassicurò.
“Vieni”,
mormorò lui “stai qui, accanto a me…per sempre. Non posso perderti ancora”. Lei
capì, gli prese la mano e la strinse forte.
Sulla
veranda della casa di Maria, Fred stava prendendo il caffè, con loro c’era
Elisa.
“Raccontami
di nuovo questo giallo”, disse lui rivolgendosi alla ragazza, “forse sarà stato
il colpo in testa ma…non riesco a seguirti”, affermò sorridendo.
“Come
ho già detto avevo in mente un piano: quando mi sono accorta di essere
invischiata in un brutto imbroglio mi sono detta “Elisa, devi venirne fuori”.
Allora ho fatto di nascosto un’altra copia del dipinto, era piccolo e non ci ho
messo molto, e l’ho sostituita all’originale che sapevo essere nascosto nel
capannone. Così, il boss senza saperlo, ha messo nella valigia di Fabio il
falso; quando sono tornata dall’aeroporto sono andata a recuperare la Madonna
con bambino e te l’ho portata…è chiaro?”, dichiarò Elisa raggiante.
“Con
questa tua attitudine a copiare capolavori stai diventando pericolosa…”,
scherzò il professore, “…e mi hai fatto passare parecchi guai”, aggiunse. “Però
ti perdono…tutto ciò è servito a ritrovare Maria”, concluse Fred mettendo un braccio attorno alle spalle della
sua donna e stringendola a sé. “Staremo bene insieme”, disse ancora, “e, se
metterai il tuo talento soltanto a servizio dell’arte, diventerai una grande
pittrice…parola del professor Adams”.
FINE