La
penombra della chiesa diede a Fred un senso di pace, proseguì lentamente lungo
la navata centrale con lo sguardo rivolto agli affreschi: tanti secoli d’arte,
rappresentati su quei muri ricchi di storia, lo attraevano e l’affascinavano;
camminava così assorto che non si accorse di un’impalcatura davanti a un
altare. Per poco non andò a sbattere contro un tubo di ferro che reggeva le
assi.
“Attento!”,
una voce di donna proveniente dall’alto, lo fece sobbalzare.
Appollaiata
su un sostegno di legno c’era una ragazza intenta a dipingere.
“Buon
giorno”, continuò la pittrice, “ non è colpa sua…la chiesa è un po’ buia. Si è
fatto male?”.
“Niente
di rotto, la ringrazio, ma…cosa fa lassù?”, chiese Fred sorpreso, poi si rese
conto di aver fatto una domanda inutile, infatti, la giovane donna si mise a
ridere:
“Non
sto contando i buchi nel muro, sto restaurando un affresco del Trecento che sta
perdendo colore….”, disse divertita.
“Mi
scusi se ho interrotto il suo lavoro….”, Fred fece per allontanarsi, ma la
ragazza lo fermò:
“Aspetti…ho
finito”, esclamò asciugando il pennello in uno straccio.
Fred
vide le gambe snelle scendere agilmente la scala e poco dopo gli era vicina.
Nella
luce fioca che filtrava dai finestroni istoriati, i lineamenti del viso della
giovane donna erano come sfocati, ma
Fred, appena la vide provò un brivido lungo la schiena: rivide in lei Maria,
l’unico grande amore della sua gioventù, la ragazza che l’aveva stregato quando
frequentava la scuola d’arte all’Università di Perugia. Stessi capelli neri,
corvini, stessi occhi brillanti come diamanti, soprattutto il sorriso era lo
stesso.
“Come ti chiami?”, chiese subito Fred.
“Elisa”,
rispose lei stupita.
“Sei
giovanissima”; continuò lui sempre con lo sguardo fisso sul viso della ragazza.
“Non
molto, ho ventiquattro anni “, rispose Elisa chinandosi sulla scatola dei
colori per chiuderla.
“Scusami…”,
riprese Fred, “ma mi ricordi qualcuno che ho conosciuto tanti anni fa. Non mi
sono ancora presentato, mi chiamo Adams…Fred Adams”, allungò una mano e prese
fra le sue quella sottile e asciutta della giovane donna.
“Dall’accento
sembra straniero…americano forse?”, disse Elisa.
“Sono
californiano, ma ho vissuto molto in Italia…proprio qui, a Perugia”.
“Infatti
parla molto bene la nostra lingua”
La ragazza si tolse lentamente il camice, la
maglietta attillata che portava sopra i jeans metteva in risalto il seno
prosperoso e la vita sottile:
“Se
vuole continuare il giro le faccio da guida”, disse insinuante.
Fred
restò un attimo perplesso, ormai la voglia di visitare la chiesa gli era andata
via:
“Non
importa”, rispose, “andiamo fuori , è una bella giornata”.
Usciti sul sagrato, il sole gli fece strizzare
gli occhi, si voltò a guardare meglio la sua compagna: vista alla luce la
somiglianza non era poi tanta, gli rimaneva però dentro l’emozione provata in
un primo momento.
Nell’attimo
in cui gli sembrava di aver rivisto Maria era tornato indietro di vent’anni: la
passione che aveva provato per lei non si era più ripetuta nel corso della sua
vita. Aveva conosciuto molte donne, si era sposato e separato, ma lei era
rimasta sempre in fondo al cuore. Quando, finiti gli studi era tornato a casa, una parte di lui era
rimasta in Italia. Quante volte aveva pensato a lei…ai loro incontri
appassionati, al suo corpo, ai suoi occhi che avevano una luce particolare
quando gli diceva “ti amo”. Tante volte era stato tentato di lasciare tutto e
di tornare in Umbria, ma il suo destino era un altro…e si era rassegnato a
malincuore. Ora che finalmente era tornato avrebbe voluto cercarla, ma perché
poi farsi del male?, L’avrebbe trovata con figli e marito, con altri occhi, con
altro sorriso. E allora aveva ricacciato dentro di sé la voglia di rivederla. Ma quel
giorno, la ragazza che trotterellava accanto a lui aveva scatenato tanti
sentimenti repressi.
La
guardò con simpatia: portava a tracolla la cassetta del suo lavoro e cercava di
stargli dietro saltellando sulle scarpe da ginnastica.
“E’
da molto che fai questo mestiere?”, chiese infine Fred dopo averla osservata a
lungo.
“Non
ho trovato di meglio…ma devo dire che mi piace”, rispose lei con un sorriso accattivante.
“Sono diplomata all’ Accademia e spero sempre di trovare una sistemazione
migliore”.
Camminarono
lungo il viale in discesa ombreggiato da grandi platani, arrivati a un bivio
Elisa si fermò:
“Sono
quasi arrivata, grazie per avermi
accompagnato. Mi ha fatto molto piacere
fare la sua conoscenza”, disse
appoggiando la borsa a terra.
“Ci
lasciamo così?…Mi piacerebbe rivederti”, disse Fred.
“Se
vuole sa dove trovarmi, ho ancora
qualche mese di lavoro nella chiesa”, rispose lei. Un lieve sorriso scoprì i piccoli denti irregolari che la
facevano sembrare ancor più giovane.
Si allontanò con passo agile, inseguita dallo sguardo compiaciuto dell’uomo.
Fred
si recò in albergo con l’animo leggero ripensando al piacevole incontro con
quella ragazza che gli aveva suscitato tanti ricordi.
Il
professor Adams critico d’arte e professore universitario, era venuto in Italia
per acquistare un quadro antico, attribuito a Piero della Francesca, che faceva
parte di una collezione privata: il proprietario del dipinto aveva deciso di
metterlo all’asta per ragioni economiche e l’indomani ci sarebbe stato l’evento
più atteso dell’anno dagli intenditori d’arte.
Quando
Fred raggiunse il posto che gli era stato assegnato, la sala era gremita e
molti occhi lo seguirono: l’americano era atteso e nello stesso tempo temuto
perché si sapeva che avrebbe combattuto per avere a tutti i costi quel quadro.
Il battitore cominciò l’asta: gli oggetti e i quadri messi al bando non
interessavano Fred, mentre aspettava che venisse il suo momento si guardò
intorno per osservare il pubblico presente. La sua attenzione fu attratta da una figura
femminile che stava in piedi in fondo alla sala, si voltò per guardare meglio
e, con sua sorpresa, riconobbe Elisa.
Le fece un cenno e lei rispose abbassando
la testa come per dire “ho capito, ci vediamo dopo”. Fred non ebbe più il tempo
per avvicinarla perché cominciò l’asta che lo interessava: le offerte si
susseguivano rialzando il valore del dipinto in breve tempo, finché il prezzo
divenne quasi proibitivo, a quel punto Fred alzò la mano e si aggiudicò il
prezioso quadro.
Molti
compratori si congratularono con lui , ma mentre riceveva i complimenti il suo pensiero era
altrove: voleva rivedere Elisa, forse non se n’era ancora andata.
Infatti
la ragazza, appoggiata a una colonna, seguiva tutti i suoi movimenti e, quando
si accorse che ormai l’asta era conclusa, cercò di attirare l’attenzione con un
cenno della mano. Fred l’ammirò da lontano: la gonna corta metteva in mostra le
gambe snelle e ben fatte, il caschetto di capelli scomposti la faceva sembrare
ancor più ragazzina. Il professor Adams aveva esattamente il doppio degli anni
di Elisa, proprio per questo era attratto da quella creatura che gli ricordava
la gioventù ormai lontana.
“Complimenti”,
disse lei, “ha battuto tutti, è stato un colpo da maestro”.
“Grazie
ma…come mai sei qui?”, domandò Fred.
“Il
restauro può aspettare, dopo tanti secoli, giorno più, giorno meno non cambia
niente”, scherzò Elisa, “ quest'asta era attesa, ero curiosa di vedere come
sarebbe andata a finire anche se sapevo che l’avrebbe spuntata lei”.
“Posso
chiederti di darmi del tu?”; chiese il professore.
“Avrò
qualche difficoltà in un primo tempo…”, rispose lei.
“Perché
sono troppo vecchio?”, incalzò il professore passandosi una mano sui capelli.
“Forse…”,
cinguettò la ragazza con civetteria, “comunque sto scherzando, le tempie grigie
mi hanno sempre affascinata”, concluse sorridendo divertita.
“Vogliamo
chiudere in bellezza la giornata con una cena in collina?”, propose lui sperando
di ottenere una risposta affermativa.
Lei lo fissò per un istante:
“Gran bella
idea…”, esclamò , “sai già dove andare?”.
“Lascio
fare a te, ormai è passato troppo tempo e i ricordi delle cene con una bella
ragazza sono sbiaditi”.
“Però
devi darmi il tempo di cambiarmi, se mi dici dove sei alloggiato, ci troviamo fra un’ora”.
Quando
si rividero la ragazza aveva
completamente cambiato look: indossava un vestito di raso rosso, lungo fino
alla caviglia, sopra le spalle nude aveva uno scialle nero con lunghe frange
annodato sapientemente sulla spalla destra. Uscì dall’utilitaria mostrando le belle gambe abbronzate, portava
sandali di vernice nera che mettevano in evidenza i piedi nudi con le unghie
laccate di rosso. Fred aveva visto allontanarsi una ragazzina e si trovava
davanti una donna affascinante.
Elisa
indicò la vettura che tradiva i segni del tempo, le ammaccature sulla
carrozzeria ormai non si contavano più: “Dai, vieni, se non ti disturba salire
su questa vecchia carretta”, esclamò appena vide Fred uscire dalla porta
dell’albergo.
“Dove
mi porti?”, chiese subito lui accomodandosi sul sedile.
“Fidati…vedrai
che ti piacerà”, mise in moto il motore e si diresse fuori città.
Era
un tramonto tenue fra le colline che conservano l’austera fisionomia medievale
propria di tutta la campagna umbra, ricca di torri e chiese, di bastioni,
archi, dove si ritrova quel filo magico di storia e di cultura che unisce tutto
il paesaggio. La macchina percorreva le stradine tortuose e anguste, ognuno era
intento ai propri pensieri. L’uomo si chiedeva come mai era lì, con quella
ragazza che poteva essere sua figlia, per la quale aveva provato subito
un’irresistibile attrazione.
Lei
guidava attenta alla strada, a un tratto, dietro una curva apparve un castello
difeso agli sguardi da alberi secolari. Elisa si fermò: “Ecco, siamo arrivati”,
affermò sorridendo, felice di scorgere nello sguardo di Fred la sorpresa e
l’ammirazione per il luogo incantevole dal quale emanava un’aura di fiaba, di
suggestione di principi e leggende e d’incanto di epoche remote.
“E’ fantastico…non avevo mai visto un posto
così bello!”, esclamò entusiasta.
Nella sontuosa sala da pranzo arredata con
gusto e ricercatezza aleggiava la magia degli antichi banchetti; mangiarono una
minestra di farro e della carne con tartufo nero, assaggiarono un prezioso olio
d’oliva sulle fette di pane casereccio, il tutto annaffiato dal favoloso vino
delle colline umbre.
Quella
sera Fred notò di nuovo la somiglianza con Maria, avere davanti a sé quella
ragazza era come tornare a essere lo studente di tanti anni prima, era come
fare un tuffo nel passato e rivivere le sensazioni di allora.
Durante il pranzo Elisa si mostrò in tutta la
freschezza della sua giovane età: cominciò a ridere, resa euforica dai bicchieri
bevuti senza curarsi degli sguardi di disapprovazione che provenivano dai
tavoli vicini. Fred la lasciava fare divertito, la guardava mangiare di buon
appetito trangugiando i bocconi con avidità, gli occhi scuri luccicavano sotto la luce fioca dei lampadari che sembravano antiche torce;
l’atteggiamento della ragazza lo metteva di buon umore.
“Con
chi sei venuta qui?”, domandò lui curioso
“Qui
sono di casa”, rispose lei inaspettatamente. “Guardati intorno”, l’invitò, “ti
piacciono i quadri alle pareti?”, chiese poi.
Fred
si accorse che tanti dipinti ornavano la sala, erano quadri d’ispirazione
classica, molto belli, con i colori sfumati e una notevole tecnica di pittura.
“Di
chi sono?”, chiese.
“Li
ho dipinti io”, rispose lei, “ti piacciono? Tu te ne intendi, il tuo giudizio è
molto prezioso…ma devi dirmi la verità”.
Fred
rimase ancora per qualche secondo a fissare le opere appese:
“Sono molto belli”, disse poi, “hai l’arte dentro di te…”, aggiunse con convinzione.
“Sono molto belli”, disse poi, “hai l’arte dentro di te…”, aggiunse con convinzione.
Un ragazzo bruno, di aspetto piacevole ma con
la faccia segnata da una cicatrice che gli attraversava la guancia, si diresse
verso il loro tavolo:
“Ciao
Elisa, come stai ?”, chiese chinandosi verso di lei. La ragazza sobbalzò e
un’ombra passò nei suoi occhi, cambiò improvvisamente espressione e divenne
seria.
“Va
tutto bene”, rispose fissando in viso il suo interlocutore.
“Sono
contento per te”, mormorò questi a voce bassa, “a presto”, concluse lanciando
uno sguardo al professore che assisteva immobile al dialogo.
“Chi
è?”, chiese Fred curioso.
“Fabio,
un amico”, e non aggiunse altro, poi cambiando tono aggiunse: “la cena è stata
ottima, vogliamo andare?”.
Uscirono
nella notte, le nuvole avevano improvvisamente coperto il cielo, l’aria si era
fatta più fresca, di lontano si udiva il brontolio del tuono e qualche lampo
attraversava il cielo oltre la collina.
“Sta
per venire il temporale”, disse Elisa rabbrividendo stringendosi nello scialle
di ciniglia, “sarà meglio affrettarci”.
Ripercorsero
la strada velocemente, a ogni curva Fred si aggrappava ai sedili; lei se ne
accorse e scoppiò a ridere: “Stai tranquillo, conosco la zona, ti porto sano e
salvo all’hotel”.
Arrivati
a destinazione Elisa frenò bruscamente davanti alla porta girevole
dell’albergo: “Eccoti arrivato”, disse allegramente,“hai visto? non è successo
niente…”
Scesero
dalla vettura e lei propose: “Non mi inviti a prendere un drink?”.
Fred
non rispose, era attratto da lei, ma non voleva che quella piacevole serata si
concludesse come una squallida avventura.
“Allora?”,
incalzò lei.
“Va
bene”, rispose l’uomo senza molta convinzione.
Salirono
nella suite, Fred andò verso il piccolo frigo-bar, lei si accomodò in una
poltrona di velluto verde.
“Cosa
prendi?”, disse lui.
“Qualsiasi
cosa va bene…purché la beviamo insieme”, affermò Elisa togliendosi lo scialle.
Indossava un vestito che lasciava le spalle nude, e metteva in evidenza la scollatura.
Il
professor Adams fece appello a tutto il suo self-control per comportarsi come
un gentiluomo.
“Quando
parti?”, chiese Elisa spostandosi dalla poltrona e andando a sedersi accanto a
lui sul piccolo divano.
“Domani sera”, rispose Fred, “ormai il mio compito
è finito…mi dispiace lasciare l’Italia ancora una volta…e mi spiace di più
lasciare te. Ma spero di tornare a rivederti presto”.
“Lo spero anch’io…ma il quadro?…l’hai già con
te?”.
“Vedi
quella valigetta di pelle nera? Il
dipinto sarà racchiuso lì dentro, domani vado a ritirarlo alla casa d’aste,
fortunatamente è di piccole dimensioni così posso portarmelo appresso in
aereo”, disse mostrando alla ragazza un piccolo bagaglio. “L’ho acquistato qui,
in quella valigeria che c’è sulla piazza del duomo”, aggiunse riponendo la
valigia sul tavolo.
“Stai
molto attento…secondo me è rischioso viaggiare con un simile tesoro”, disse
Elisa .
“Non
è la prima volta, ci sono abituato…ma ora parliamo di te, cosa farai?”, chiese
guardandola negli occhi.
“Ti
penserò”, rispose lei avvicinando il viso al suo. Fred si trovò la bella bocca
invitante a pochi centimetri dalla sua, la tentazione era forte, chiuse gli
occhi…ma poi si ritrasse.
“E’
tardi”, sussurrò, “dobbiamo salutarci”.
Elisa
si alzò di scatto:
“Va bene…allora arrivederci alla prossima asta”, disse
seccamente.
Il
professor Adams si diede dell’imbecille quando l’accompagnò alla porta.
+++
La
sera in cui Fred Adams partì era chiara e tranquilla, il temporale del giorno
prima aveva pulito il cielo, il professore era in coda davanti al check-in, la
valigetta nera era saldamente nelle sue mani. A un tratto si sentì chiamare, si voltò: Elisa era in fondo
al salone delle partenze che stava correndo verso di lui:
“Che
ci fai qui?”; disse Fred stupito.
“Sono
venuta a salutarti”, rispose lei buttandogli le braccia al collo. Fred sentì il
tepore del corpo giovane di lei sul suo petto, la strinse con calore
abbandonando la valigetta ai suoi piedi.
Rimase
così per qualche secondo, felice di poterla stringere fra le braccia, quello
che avrebbe voluto fare la sera prima ma che si era negato soltanto per ragioni
di buon senso.
Elisa
gli scoccò un bacio sulla guancia:
“Arrivederci
professore…torna presto!”, esclamò. Intanto era arrivato il turno di Fred e a
malincuore dovette lasciarla.
Si voltò e gli sembrò di riconoscere in un
giovanotto che si allontanava velocemente qualcuno che aveva già visto: quel
tale che aveva salutato Elisa al ristorante. Non fece caso alla circostanza,
anche perché c’era talmente tanta gente in aeroporto che avrebbe potuto
confondersi.
Salì’ sull’aereo, ma avrebbe voluto scendere
per tornare indietro e correre verso di lei.
(continua)
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