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sabato 30 giugno 2012

Soluzione dell' ASSASSINIO ALLO CHALET PARADISO"

 Il professore era morto in un incidente sull’autostrada, l’unica cosa che poteva essere plausibile era che la moglie avesse fatto manomettere la vettura del marito. Parisi giocò d’astuzia: mise alla calcagna della vedova l’infaticabile Loredana, munita di macchina fotografica. Per giorni e giorni non accadde nulla di nuovo, ma una mattina, mentre il commissario controllava le foto che la Caputo regolarmente gli mostrava, fece un balzo sulla sedia: «Guarda qui, questo è una nostra vecchia conoscenza…è il Biondo, il ladro di macchine, cosa ci fa con la moglie del professore?», esclamò, «fallo venire subito! Potrebbe dirci cose interesanti».
Nella foto la vedova Sanfelice era ritratta in compagnia di un tipo con i capelli lunghi e biondi.
Il pregiudicato, convocato subito dopo, “cantò” per paura di essere accusato di duplice omicidio. Disse che la notte della domenica in cui era stato commesso il delitto, accompagnò la signora Sanfelice allo chalet Paradiso, rimase ad aspettare fuori finché la donna riapparve, scarmigliata e rossa in viso.
 L’uomo fece una pausa come se avesse paura di continuare.
«Vai avanti», ordinò Parisi impaziente di conoscere il seguito.
«Avevo notato che la signora si toccava l’orecchio sinistro e mi accorsi che le mancava un orecchino, sul destro ne aveva uno di perle, sa, quelli che pendono come una goccia», proseguì il Biondo.
«Aspetta un momento, continui dopo…»,. lo interruppe il commissario.
«Caputo!», urlò, «vai allo chalet e trovami un orecchino di perle…cerca dappertutto, ma non farti vedere finché non l’hai scovato!». La povera Loredana si mise le mani nei capelli: «Spero di trovarlo capo».
«Non tornare senza…ci deve essere!», concluse perentorio il commissario.
«…e tu vai avanti», disse rivolto al Biondo.
«Dunque», riprese l’uomo, «la signora mi diede cinquantamila Euro per allentare i freni della Mercedes», confessò l’uomo con la testa bassa.
Parisi l’osservò con disprezzo: «Lo sai che vai dentro anche tu?», gli sibilò sulla faccia,
«Sì, ma almeno mi sono liberato da un incubo», rispose l’altro, «io sono solo un ladro di macchine e quella mi ha fatto diventare un assassino!».
 In quel momento la porta si aprì, l’agente speciale Loredana Caputo mostrava un orecchino di perle e brillanti tenendolo delicatamente fra il pollice e l’indice: «Eccolo!», esclamò trionfante.
«Brava Caputo», rispose il commissario dandole una pacca sulla spalla, «questa volta ti meriti una licenza premio».
E il bravo commissario Parisi, finalmente dormì sonni tranquilli: il caso era risolto!
La vedova Sanfelice confessò dopo lunghi interrogatori: era lei l’assassina di Barbara e del professore, ovviamente il movente era impossessarsi della  ricchezza del marito.
Aveva dato appuntamento alla ragazza inviandole un messaggio con il cellulare di Gonzales  sottratto a sua insaputa durante una cena, poi era andata allo chalet in compagnia del Biondo per fare ricadere su di lui i sospetti, aveva ucciso Barbara e, per completare il suo diabolico piano aveva pagato il pregiudicato per sabotare la vettura del marito, sicura che il complice non avrebbe mai parlato. Ma non aveva fatto i conti con la tenacia di Parisi e con il rimorso di chi non avrebbe mai voluto essere un assassino. Però, la prova determinante era stata il ritrovamento dell’orecchino di perle della signora sul luogo del delitto!                                      FINE


                                                                                                                                                       
   




  

martedì 19 giugno 2012

Segue: "Assassinio allo Chalet Paradiso"

Non ci misero molto ad arrivare davanti alla villa del professor Sanfelice, suonarono al citofono:
«Polizia», rispose il commissario a chi gli chiedeva chi fossero. Immediatamente il cancello si aprì, un uomo li fece entrare nel salone arredato con mobili antichi; grandi tappeti persiani coprivano il pavimento, alle pareti quadri d’autore completavano lo sfarzo del locale, i due si guardarono attorno sbalorditi da tanto lusso. «Accidenti che casa!», si lasciò sfuggire Loredana, «devono essere ricchissimi». Ma non commentò oltre: la figura di una donna apparve sulla porta in fondo al salone. Era alta, robusta, con i capelli corti. Il commissario si fece avanti:
«Sono il commissario Parisi, vorrei parlare con il professor Sanfelice».
La donna lo squadrò da capo a piedi: «Mio marito non è in casa», rispose freddamente, «Se vuole dire a me…», concluse leggermente infastidita.
«Lei ha una figlia di nome Barbara?», cominciò Parisi titubante, non sapeva come continuare, ma alla risposta affermativa dovette farsi forza e comunicare la disgrazia.
La donna si appoggiò al tavolo e chiuse gli occhi: «No…», sussurrò, «non è possibile! Suo padre sarà distrutto dal dolore!».
«Signora, la capisco, cerchi di farsi coraggio!», in queste circostanze Parisi non sapeva mai cosa dire, le parole non servivano a nulla davanti allo strazio di chi che aveva perso la figlia in un modo così atroce.
La donna  si asciugava gli occhi con un piccolo fazzoletto di pizzo. Passò qualche momento in cui i due poliziotti non seppero cosa fare e rispettosamente lasciarono sfogare la madre di Barbara in silenzio.
«Chi l’ha uccisa!...e perché?», esclamò infine la donna sconvolta.
 Parisi ci mise qualche secondo prima di rispondere:
«Non lo sappiamo, stiamo facendo le indagini ma, devo chiederle, conosce Alonso Gonzales?».
Il lieve sussulto della signora Sanfelice gli fece capire che lo conosceva.
«Sì, è amico di famiglia», rispose lei dopo una breve esitazione.
«Sa che Barbara è stata trovata morta nel suo chalet?», incalzò il commissario. Poi continuò, «era la sua amante, lo sapeva?», e la guardò in viso per vedere la reazione, ma la donna non si scompose.
«Lo sospettavo», rispose, «ma con Barbara c’era poco da fare, era un carattere ribelle, se si metteva in testa qualcosa nessuno poteva impedirglielo», rimase un attimo estraniata, come se stesse pensando a qualcosa.
Parisi non si aspettava questa risposta, corrugò la fronte cercando di capire, ma poi continuò a chiedere  notizie di Barbara, sulle sue amicizie, su chi frequentava al di fuori della famiglia: «Mi scusi se le faccio tutte queste domande , ma devo sapere…».
In quel momento si sentì il rumore di una macchina che percorreva il vialetto d’ingresso:
«E’ arrivato mio marito», sussurrò la signora con un filo di voce.
Infatti poco dopo entrò il professore che si fermò, sorpreso di vedere due poliziotti in casa sua.
«Cosa succede?», chiese allarmato e, quando gli spiegarono il motivo di quella visita inaspettata impallidì e il suo viso si pietrificò. Rimase così per qualche secondo, poi volle sapere tutto. Parisi dovette raccontare ancora che Barbara era stata trovata senza vita nella vasca da bagno dello Chalet Paradiso.
.Il commissario se ne andò dopo un’ora, era sempre difficile parlare di queste cose, e lui aveva cercato di farlo nel modo meno traumatico, ma aveva lasciato una scia di dolore dietro di sé.
Tornò al commissariato e si mise subito al lavoro: quando c’era un caso complicato da risolvere di solito era Loredana Caputo che doveva darsi da fare e anche questa volta Parisi non l’aveva risparmiata. Le aveva ordinato di indagare sugli amici di Barbara che erano stati sentiti uno a uno, Loredana aveva saputo che la ragazza aveva cercato di ripescare dal tunnel della droga Daniele, il figlio di Gonzales. Gli aveva prestato parecchi soldi per estinguere un debito che aveva con gli spacciatori, e il giovane era stato visto litigare furiosamente con lei.
Parisi  proseguì su questa pista, interrogò Daniele ma senza risultato poiché il giorno del delitto era all’estero e aveva testimoni che potevano confermare il suo alibi.
Il caso si stava ingarbugliando sempre di più: tutti quelli che avrebbero avuto un movente per assassinare Barbara avevano un alibi di ferro, anche la moglie di Gonzales che avrebbe potuto uccidere per gelosia, quel giorno era al capezzale di una zia ammalata.
Sempre più nervoso e irritabile Parisi passava le notti in bianco a rimuginare: chi era l’assassino di Barbara? A farne le spese era sempre la Caputo, scaraventata nei luoghi più impensati per fare indagini che risultavano sempre senza fondamento.
Una mattina Loredana aprì la porta dell’ufficio del capo senza bussare ed entrò come un bolide. Parisi alzò la testa sorpreso:
«Cosa succede?», chiese.
«E’ morto il professor Sanfelice!», esclamò lei trafelata.
«Come è morto?».
««Ha avuto un incidente sull’autostrada, la Mercedes ha perso il controllo ed è andata a sbattere contro il guard- rail», la Caputo si fermò per respirare, «poi ho un’altra grande notizia!», continuò con la faccia rossa per l’emozione.
«Parla!», le intimò il superiore.
«Barbara non è la figlia della signora Sanfelice, è figlia della prima moglie del professore, morta quando lei era piccola», concluse la poliziotta senza prendere fiato.
«Adesso sì che la cosa si fa interessante!», affermò il commissario.
Un’altra pista si era aperta e Parisi non intendeva abbandonarla. Già dalla sua prima visita in quel lussuoso appartamento aveva riportato una strana impressione della moglie del professore, aveva notato che aveva degli occhi chiari, freddi, che non trasmettevano emozione. Quando avvertiva queste sensazioni doveva assecondarle, aveva constatato con l’esperienza che il suo fiuto non sbagliava mai. Ma poi si chiedeva: perché la donna avrebbe dovuto eliminare Barbara? La risposta poteva essere una delle più semplici: per denaro. Togliendo di mezzo l’unica erede sarebbe stata lei a mettere le mani sull’enorme ricchezza del marito e …facendo fuori anche lui avrebbe compiuto l’opera. Sì, tutto era possibile, il mosaico si stava componendo.
Ma come provare che era lei l’assassina?  

(continua)