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domenica 30 ottobre 2016

LA FIAMMA CHE NON SI SPEGNE - quinta puntata




Quella notte dormì male, in preda a sogni angosciosi, il mattino dopo si svegliò con la bocca amara e un cerchio alla testa.

 Nei giorni che seguirono ebbe un sacco di cose da fare, durante la sua assenza si erano accumulati problemi che dovevano essere risolti e questo lo distrasse dai suoi pensieri. Avrebbe voluto anche farsi vivo con gli ex colleghi per sapere com’ era andata a finire dopo che si era dimesso, ma aspettava di essere nello spirito giusto per affrontare l’argomento.

 Una sera era sprofondato sul divano e stava leggendo un libro, quando il suono del telefono ruppe il silenzio e lo fece sobbalzare. Chissà perché sperò di risentire la voce di Fiamma, ma rimase subito deluso:
“Ciao, bentornato”,  era Carlo, un tale che lavorava con lui,  “So che sei stato all’estero, com’è andata?”.

“Molto bene”, rispose distratto, se ci vediamo ti dirò…. e qui? Ci sono novità?”, chiese Giulio tanto per dire qualcosa.

“Ti ho telefonato appunto per raccontarti . Saresti libero questa sera?”, continuò l’altro .

Preso dalla curiosità Giulio rispose: “Certo, vuoi che ceniamo insieme?”

Si incontrarono in un ristorante e Carlo cominciò a parlare: da quando Giulio si era dimesso l’ingegner Morandi non aveva fatto altro che rimpiangerlo.

“Ti stima molto”, disse il collega diventando improvvisamente serio, “gli è spiaciuto che te ne fossi andato così, sapeva di aver perso un collaboratore difficilmente rimpiazzabile. Di cervelli come il tuo ce ne sono pochi in giro”.

 Gli mise una mano sulla spalla: “Perché non sei più tornato?”, chiese.

Giulio non rispose.

“Morandi ti poteva ancora accogliere in ditta, aveva capito che chiunque poteva cadere nel tranello. Quando poi ho conosciuto quella rossa tutti abbiamo pensato che non potevi sfuggirle…troppo affascinante!”.

“Come?…hai visto Fiamma?”, esclamò Giulio sorpreso.

“Certo, dopo che te ne sei andato Morandi è stato contattato dal direttore della ditta che ci ha fregato la formula…”

“Continua”, disse sempre più interessato Giulio.

“Era un’azienda in crisi, non era bastata la crema magica a risollevarla e chiese al nostro direttore una fusione,… praticamente si offrivano come soci minoritari pur di uscire dal crac”.

Giulio era sempre più stupito.

“Allora?…”, era impaziente di sentire la conclusione della storia che gli aveva cambiato la vita..

“Allora il tuo lavoro non è andato perduto…ora loro producono per noi…”

“Non avrei mai immaginato che finisse così”, mormorò Giulio. “Ma c’è ancora qualcosa da spiegare”, riprese “hai detto di aver conosciuto Fiamma?”.

“E’ venuta da noi con il suo capo…credo sia la nipote del proprietario…anzi, ha chiesto di te e, quando ha saputo che avevi dato le dimissioni non voleva crederci”, l’uomo fece una lunga pausa. “Tu ritorneresti da noi?”, chiese poi.

Giulio rimase zitto, questa richiesta lo lusingava molto. Dopo tutto quello che era successo non sapeva cosa rispondere, non sapeva se ancora lo interessava quell’ambiente dal quale era fuggito.

 L’amico stava aspettando una risposta.

“Non so”, finalmente disse, “…ho conosciuto altre realtà migliori che mi hanno elevato nello spirito e dalle quali ho appreso qual è il vero senso della vita. Ti assicuro che, prima di affrontare ancora il vostro mondo, devo pensarci molto.”

 Ma l’altro non lasciò cadere la domanda.

“Il nostro incontro non è casuale, mi ha incaricato Morandi di proporti una nuova assunzione….naturalmente alle condizioni che vuoi tu”.

“Va bene, riferisci che mi farò vivo al più presto, ci devo pensare”, concluse Giulio.

Dopo quella cena per Giulio cominciarono giorni di grande indecisione, più il tempo passava e più non sapeva che pesci pigliare.

Prima di decidere voleva rivedere  Fiamma;  non poteva sopportare di essere nella stessa città e di non vederla, doveva incontrarla e capire chi era veramente !  Ormai sapeva dove trovarla  ma non si decideva a fare quel passo. Cosa doveva fare? Telefonarle? Andare di persona?  Intanto Morandi  l’aspettava per concludere.

 Prima di decidere però, doveva vedere Fiamma, guardarla negli occhi e sapere cosa aveva rappresentato per lei….
 Non riusciva nemmeno più a dormire, di notte si girava nel letto cercando una risposta ai suoi interrogativi.

Finalmente si decise, compose il numero della ditta concorrente e chiese di lei.

“Non è in sede…”, gli rispose una voce femminile.

“Quando potrò trovarla?”, chiese ancora.

“Non saprei, provi fra qualche settimana…la signorina è partita”.

Giulio rimase qualche istante sopra pensiero, dopo aver fatto violenza contro se stesso per decidere di vederla, si ritrovava al punto di partenza: se n’era andata e chissà quando l’avrebbe rivista.

 Ancora non voleva rispondere all’offerta che gli era stata fatta…lasciò passare parecchi giorni, sempre sollecitato dal suo ex direttore a decidersi. Finalmente chiese un colloquio, per cercare di prendere tempo.

Morandi lo accolse come il figliol prodigo:

“Sono felice di vederla e…la trovo bene, nonostante tutto”, esclamò appena si incontrarono, “deduco dalla sua visita che pensa di accettare la mia proposta…”.

“Non nego che mi ha fatto molto piacere…dopo quello che è successo ritrovarmi qui mi fa un certo effetto, ma la prego di avere ancora pazienza…, è molto difficile decidere di riprendere come se nulla fosse accaduto”, rispose Giulio cercando con fatica le parole.

“Non ci pensi più…probabilmente sarei piombato anch’io nella rete, con una sirena così era facile ”, disse sorridendo Morandi.

“Ho bisogno ancora di riflettere”, rispose Giulio, “le chiedo di capire il mio stato d’animo e di lasciarmi ancora un po’ di tempo”.

Morandi ci teneva troppo a riprenderlo nel suo staff e acconsentì alla richiesta. 

Inaspettatamente  da Bombay si fece vivo Rhami:

 “Sono nei pasticci, ho bisogno del tuo aiuto. La nostra medicina sta andando a gonfie vele….tutti me la chiedono e io non sono in grado di far fronte alle domande”, gli disse al telefono, dal tono della sua voce Giulio capì che veramente era nei guai. Forse lo poteva aiutare, quel poco tempo in patria l’aveva messo in confusione, il mondo del lavoro così come gli si era presentato in quei giorni non l’attirava più. Troppi intrighi, troppi interessi nascosti che gli giravano attorno. Aveva l’impressione che volessero accalappiarlo per farlo entrare in una ragnatela dalla quale poi era difficile uscire. Sentire Rhami gli aveva fatto tornare in mente quell’altro mondo, più sereno, dove lo spirito contava più della materia e dove ognuno lavorava per l’altro, in pace. Dopo quella telefonata allungò ancora i tempi con Morandi: voleva guardarsi dentro per capire cosa veramente voleva.

 

La notizia che Giulio era tornato, riempì  di gioia il cuore di Fiamma. Ora non poteva più sfuggirle. Nelle lunghe ore di solitudine in riva al mare aveva pensato molto e si era convinta che era lei che doveva fare la prima mossa: lei l’aveva tradito, lei doveva farsi perdonare. Sapeva che a Giulio avevano proposto la riassunzione e che solo lui doveva prendere la grande decisione di tornare a occupare il posto che aveva lasciato.  Fiamma sperava che accettasse così avrebbe avuto modo di vederlo, come per caso, dato che ormai anche lei frequentava gli uffici della ditta consociata. Quando era sola si immaginava l’incontro: chissà se Giulio aveva per lei solo rancore oppure se anche per lui quelle ore d’amore avevano rappresentato qualcosa e non erano state dimenticate. Erano giorni che aspettava di realizzare il suo sogno e le occasioni di incontrarlo casualmente, stavano sfumando.

 Così…se la montagna non va a Maometto…si fece dare il suo indirizzo e  decise di andare da lui. Cambiò decine di volte l’abito, si truccò e si struccò mai soddisfatta del risultato, poi finalmente, dopo un’ultima occhiata allo specchio si trovò presentabile.

 Giulio stava andando a prendere la macchina in garage quando si sentì chiamare:  nella penombra del portone una figura di donna era in attesa. Non riusciva a vedere il viso, ma quella capigliatura scomposta gli fece battere il cuore.. I capelli rossi erano sempre splendidi e mentre lei si avvicinava un raggio di sole entrò nei suoi occhi facendoli brillare come smeraldi.  Confuso non seppe cosa dire, rimase impietrito dalla sorpresa.

“Sei tu!”, esclamò con la voce strozzata.

“Ho saputo che hai chiesto di me…anch’io ti volevo vedere, ma  non c’eri”, rispose lei facendo ancora qualche passo.

Ormai erano vicinissimi e Giulio era turbato, vedersela davanti all’improvviso, dopo averla tanto cercata, non gli sembrava vero.

“Sono andato via…cosa potevo fare? Mi hai distrutto la vita e ho cercato di rimediare da qualche altra parte”, disse lui amaramente.

“Se sono qui è per chiederti perdono…e se lo faccio è perché non voglio che tu abbia un pessimo ricordo di me…”, nella voce di Fiamma c’era quasi il pianto.

Giulio aveva un gran desiderio di abbracciarla, ma si trattenne. Non voleva scoprirsi subito, aspettava che lei facesse il primo passo, voleva sapere se anche per lei quella notte d’amore  era stata importante.

 Lei era così vicina che non doveva fare altro che stringerla fra le braccia, rimasero fermi per un lungo istante. Tutti i ragionamenti fatti prima di vederla erano svaniti: solo la sua presenza aveva cancellato i dubbi, anche lei l’amava ne era certo. Fiamma si staccò da lui e lo guardò:
“Mi hai perdonato?”, sussurrò.

Lui le prese il viso fra le mani:

 “Non so…rispose”, ci devo pensare ma…credo proprio di sì”, guardava la sua bocca,  lei si offrì e Giulio la baciò con passione…

 

Giulio però era molto cambiato , aveva ritrovato Fiamma,  poteva dirsi felice, ma aveva sempre davanti un bivio: tornare a lavorare in quell’ambiente che l’aveva profondamente deluso, o andarsene per qualche tempo a vivere dove aveva trovato serenità. Doveva cercare la strada giusta per impostare la sua vita.

 Non aveva ancora risposto a Morandi, più il tempo passava più si convinceva che il suo posto non era lì. Pensava sempre più spesso a Rhami, riceveva le sue telefonate di aiuto e all’ultimo appello gli disse di sì: voleva tornare con Fiamma in quei luoghi dove aveva ritrovato se stesso.

Ma non era facile dire a Fiamma:  “Vuoi lasciare tutto, il tuo mondo dorato, la carriera, il lusso…per seguirmi in un altro paese?”.

 Approfittò di un momento di tenerezza:

“Vuoi venire con me?”, le sussurrò dolcemente.

“Ti seguirei ovunque”, rispose lei.

“ Dove ti chiedo di venire è molto lontano”, riprese Giulio con cautela.

“Vuoi tornare in India?”, lui non si aspettava questa domanda, fece una lunga pausa prima di rispondere.

“Sì”, disse poi cercando i suoi occhi.

“Vengo con te…”, rispose lei avvicinandosi: nel suo sguardo c’era la dedizione della donna innamorata. Per seguirlo era disposta ad abbandonare tutto. Quell’esperienza l’aveva molto cambiata, non le importava più avere una bella casa, gioielli o pellicce, aveva capito che l’unica cosa che le importasse veramente era l’amore di Giulio. Con lui sarebbe andata ovunque perché aveva capito che era l’uomo della sua vita..

Giulio la sollevò con un abbraccio:
“Non sai quanto mi fai felice…ma prima dobbiamo fare una cosa molto importante”, disse sottovoce.

“Cosa?”; chiese Fiamma sgranando gli occhi.

“Sposarci…e al più presto. Il nostro viaggio di nozze lo faremo a Bombay”.

 

Quando l’aereo atterrò Giulio circondò con un braccio le spalle di Fiamma.

“La nostra vita insieme comincia qui, sono certo che sarà felice…a meno che”, e qui si fermò un attimo.

“Cosa?”, rispose lei.

“A meno che tu non fugga con la nuova formula…sarebbe un bel guaio.”, concluse ridendo.

Rhami, che era andato a prenderli all’aeroporto sorrise e guardò Fiamma.

“Sono sicuro che non lo farà”, disse prendendo le valigie, “vogliamo andare? La nuova casa vi aspetta”.

FINE

 

 

 

 

domenica 23 ottobre 2016

LA FIAMMA CHE NON SI SPEGNE ---quarta puntata



                                                                                                       


Sul giornale italiano che acquistava quotidianamente per seguire, anche da lontano,  le vicende della madrepatria, vide la pubblicità della crema di bellezza ‘Jeunesse’, il nome del suo sogno infranto. Sentì un colpo in pieno petto, dentro di lui c’era quella colpa che non aveva mai dimenticato: era il chimico che si era fatto soffiare la formula della giovinezza e vedere lì, su quella pagina la realizzazione di tutte le ore passate a studiare chino sulle provette in laboratorio, gli diede un grande dispiacere. Ripensò al passato e naturalmente il viso intenso di Fiamma sovrastava tutti gli altri ricordi. Con la pagina aperta si fermò per strada a leggere il testo per sapere finalmente  chi aveva prodotto la crema di bellezza:  seppe così che era una nota industria di cosmetici, sicuramente quella che gli aveva messo alle calcagna Fiamma. Gli scoppiò dentro la rabbia, che credeva di avere assopito durante il suo soggiorno in India, e gli venne voglia di tornare per ritrovare quella donna che l’aveva tradito con tanta indifferenza … era stato difficile mandar giù un boccone così amaro.

 Continuò la strada verso il laboratorio di Rhami, nella sua testa si accavallavano i pensieri e quando entrò l’amico si accorse dalla sua espressione  che qualcosa non andava.

“Cosa ti è successo?”, gli chiese.

“Niente… ho visto sul giornale qualcosa che mi ha ricordato il passato…. ma ormai non ci voglio pensare più …”, rispose lui tranquillizzandolo.

 Rhami lo guardò non molto convinto:

“Se c’è qualche segreto che mi devi confidare, ti ascolto…forse ti farebbe bene.  Sono certo che  c’è qualcosa che ti turba, ti vedo spesso pensieroso”, gli disse l’amico sedendosi. “avanti, fuori il rospo!”.

Per Giulio rivangare quei giorni era una sofferenza, ma non poteva sempre tenere dentro di lui quell’oppressione e lentamente, cercando le parole, facendo uno sforzo su se stesso, raccontò tutto all’amico, senza dire però che si era innamorato della donna che l’aveva attirato nel tranello.

“Doveva essere molto bella per farti dimenticare lo scopo del tuo viaggio…”, commentò Rhami.

“Straordinaria…, ma doveva essere soltanto un’avventura…”, rispose Giulio fissando un punto nel vuoto. Rivedeva in quel momento il viso di Fiamma, i suoi occhi verdi che lo guardavano in quel modo particolare che lui aveva scambiato per amore…

Rhami si alzò, gli battè una mano sulla spalla:
“Cerca di dimenticare  e convinciti che non è stata tutta colpa tua…forse avrei fatto la stessa cosa anch’io”.

Ripresero a lavorare insieme .

“Lena ti saluta e ti aspetta”, disse ad un tratto l’amico, “come mai non sei più venuto?”

“Non voglio essere importuno”, balbettò Giulio.

“Ho capito… da quando hai visto il marito e il figlio di mia sorella, non hai più frequentato la nostra casa. Vorrei farti una domanda indiscreta…” chiese con circospezione Rhami.

“Dimmi pure”.

“Forse Lena ti interessa in altro modo, oltre che amica?”.

 Preso alla sprovvista Giulio non seppe cosa rispondere , Rhami  si avvicinò.

“Nadir è un bravo ragazzo, è un buon medico e lavora nello stesso ospedale di Lena e…si vedono spesso. Si sono lasciati perché lui ha avuto una sbandata per un’infermiera, ma ora è tutto passato, solo che lei non riesce a perdonare. Secondo me dovrebbe farlo, hanno un figlio…dovrebbero pensare a lui. Cosa ne dici?”

“Hai perfettamente ragione”, rispose Giulio, ma nel pronunciare queste parole era confuso, stranamente sentiva una velata gelosia , qualcosa gli diceva che se fosse stata libera, forse Lena poteva fargli dimenticare Fiamma.

 Cercò di essere evasivo, questo argomento lo metteva in imbarazzo perché non sapeva dare una risposta. Si mise a testa bassa sul bancone di lavoro e cominciò a trafficare.


 Erano parecchi giorni che stavano cercando di realizzare un nuovo farmaco a base naturale, qualcosa che rinforzasse le difese dell’organismo e potesse combattere le infezioni; man mano che il lavoro andava avanti erano presi sempre più dall’entusiasmo perché capivano che, prima o poi, ce l’avrebbero fatta.  Giulio era felice di aver collaborato con l’amico, di aver messo a sua disposizione l’esperienza acquisita in Italia, aveva dimostrato di essere un ottimo chimico e questo era per lui di grande soddisfazione.
Dopo innumerevoli esperimenti durante i quali talvolta cadevano nello sconforto, finalmente arrivò il momento magico. Avevano appena terminato di effettuare un’ennesima prova quando Rhami alzò due dita in segno di vittoria:
“Funziona!”, esclamò raggiante. Si abbracciarono come due bambini felici.

“Ora non resta che farlo approvare “, disse Giulio, “però, adesso ci vuole un brindisi”. Trasse dall’armadietto una bottiglia di wisky e due bicchieri, ingollarono il liquido ambrato tutto d’un fiato: “Al nostro avvenire!”, esclamarono.

“Questa sera vieni da noi, dobbiamo festeggiare”, disse Rhami leggermente euforico.

Quando rivide Lena, non riuscì a guardarla negli occhi. Lei si avvicinò:
“So perché non sei più venuto”, gli disse .

“Come vedi abbiamo lavorato sodo, stasera siamo qui per stappare dello champagne…”disse lui facendo finta di non aver capito quello che gli voleva dire.

“Sono felice per voi…è un gran giorno ma…vorrei parlarti.  Ti ho aspettato, ma non ti ho più visto e ho capito perché”, Lena lo condusse in un angolo appartato e gli prese le mani:

“Sono sposata, è vero…ma, ti assicuro che quella ormai è una storia finita…”

“E tuo figlio?”, chiese lui. Un’ombra passò sul viso della giovane donna:

 “Forse è l’unica cosa che mi farà rimpiangere il fatto di essermi staccata da Nadir”, disse sottovoce abbassando la testa.

“Rhami mi ha detto che con l’altra è finita…perché non lo perdoni?”, continuò Giulio alzandole il viso per guardarla negli occhi.

“Non posso”, lei gli prese la mano..” Quando tu sei entrato nella mia vita ho creduto di poter voltare definitivamente pagina, ma mi sono sbagliata. Tu, non mi vuoi, l’ho intuito da tante cose”.

“Perché dici questo?”; rispose Giulio accarezzandole i capelli,” avevo capito i tuoi sentimenti e anch’io stavo cedendo alla tua dolcezza, ma…quando ho visto Omar, il tuo bambino, ho pensato che la cosa migliore fosse ritirarmi in tempo, prima che fossimo coinvolti in qualcosa che forse ti avrebbe fatto soffrire…Credo di essermi comportato nel modo migliore…non volermene”.

“Capisco”, rispose lei abbassando lo sguardo, “rimaniamo almeno amici?”

“Questo senz’altro”, la sua mano le sfiorò una guancia “sei pallida, non ti senti bene?”

Toccandosi la fronte, Lena mormorò: “In effetti è qualche giorno che ho un forte mal di testa”.

 Rhami si avvicinò, lei si sedette su una poltrona, senza forze.

“Ho le vertigini…vorrei un bicchiere d’acqua”.

La moglie di Rhami corse in cucina, Giulio le mise una mano sulla fronte che bruciava.

“Tu hai la febbre, vai subito a letto”, esclamò.

“Non preoccupatevi”, rispose Lena con un fil di voce “non è niente, prenderò un’aspirina e domani starò meglio”.

Ma l’indomani Rhami gli disse che Lena aveva trascorso una brutta notte: delirava e la febbre era salita.

“Cosa si può fare…ci vuole un medico”, disse allarmato Giulio.

“Ti dimentichi che lei stessa è un dottore?”; rispose l’amico con un debole sorriso, “comunque questa mattina verrà Nadir, vedrai che tutto andrà bene”.
 Continuarono a lavorare, ma in quelle ore  il pensiero di Giulio era per Lena, sentiva che la febbre poteva essere qualcosa di più di una semplice influenza. Infatti, quando la sera la vide abbandonata nel letto con il visino pallido, gli occhi cerchiati si preoccupò, ma  Nadir era al suo capezzale e non la lasciava un istante.

“Purtroppo,  sembra che abbia contratto qualche morbo, probabilmente in ospedale.  Ho fatto fare gli esami del sangue e il livello d’infezione è molto alto…proviamo con un altro antibiotico, più mirato ”, disse, però nella sua voce c'era ansia.
Ma nei giorni che seguirono la situazione non si era sbloccata, non si trovava l’antibiotico adatto e la febbre continuava ad ardere quel corpo che era diventato ancora più sottile.

Nadir aveva fatto tutto quello che era possibile: “E’ un virus sconosciuto…non so dove battere la testa”. Girava per la casa, disperato: avrebbe dato qualunque cosa pur di non perdere la donna che ancora amava.

“Non lasciarmi”, lo sentivano sussurrare, “ ti amo, voglio ricominciare la vita con te”. 

Passava ore chino su di lei per scrutare un miglioramento anche lieve che gli potesse dare qualche speranza. Verso sera Lena aprì gli occhi e vide chino su di sé il viso ansioso del marito:

  “Non preoccuparti, non è niente”, sussurrò”, vedrai che andrà tutto bene”, e mentre pronunciava queste parole si alzò dal cuscino, ma poi ricadde senza forze.

 “Voglio vedere Omar”, disse con un filo di voce.

Giulio non seppe trattenere le lacrime ma, in quel preciso istante nella sua mente sconvolta scaturì un’idea:
“Rhami”, disse all’amico, “ proviamo con il nostro farmaco, visto che la medicina tradizionale non è in grado di guarirla”.

L’altro lo guardò stupito: “Ma non è ancora stato approvato…”

“Non importa”, rispose deciso Giulio, “non le può fare del male…ti prego, tentiamo”.

Rhami si lasciò convincere e poco dopo tornò con un flacone contenente un liquido verde, somministrò la medicina alla sorella con la mano che gli tremava. “Ora ognuno preghi il suo Dio”, disse commosso.

 Vegliarono tutta la notte, spiando sul viso dell’ammalata i cambiamenti, a intervalli regolari le diedero la medicina a base di erbe, frutto dei loro esperimenti. Fino alla mattina non notarono nulla di nuovo, Lena, con gli occhi chiusi ansimava e tremava in preda alla febbre. Giulio si era assopito quando sentì qualcuno che lo scuoteva:

 “Guarda…”, stava dicendogli Nadir, “sembra più calma e più fresca…la febbre se n’è andata”.

Si alzò di scatto, infatti i lineamenti di Lena erano più distesi e stava dormendo tranquilla.

“Forse ce l’abbiamo fatta”, disse sollevato, “sarei l’uomo più felice del mondo!”.

Nadir era vicino a lei, rimase così per ore aspettando il suo risveglio e, quando Lena aprì gli occhi era come rinata. Sul suo viso smunto gli occhi erano diventati ancora più grandi. “ Da quanto tempo sei qui?”, mormorò con un sorriso.

“Non importa”, rispose lui, “ come stai?”

“Molto meglio…ho fatto un lunghissimo sonno…mi sembra di essere tornata da tanto lontano”.

Nadir le sfiorò il viso con una carezza:

“Ora sono contento…posso andare a dormire anch’io, ma prima ti voglio dire che ti voglio tanto bene”.

Lena gli allungò una mano e strinse la sua: “Anch’io.....”, rispose.

Da quel momento la giovane donna cominciò lentamente a riprendersi e la serenità tornò in quella casa.

Rhami e Giulio erano al settimo cielo, aveva sperimentato il loro farmaco, seppure in quelle tragiche circostanze, e non vedevano l’ora di vederlo approvare per poterlo mettere a disposizione di chi ne aveva bisogno.

Infatti dopo qualche tempo, la pozione fatta di erbe ebbe un grande successo, insperabilmente per Giulio quello che non aveva potuto avere a casa sua l’aveva trovato in un altro paese: questo lo inorgogliva e gli ridava quella fiducia in se stesso che aveva perso dopo la disavventura subita. Però, man mano che passava il tempo sentiva sempre più forte il desiderio di tornare in Italia, voleva rivedere i parenti, gli amici e…Fiamma, la spia che l’aveva ingannato , ora sapeva chi l’aveva ingaggiata .  Voleva vedersela davanti per chiederle se  si ricordava ancora dell’appassionata notte di Zurigo.  Non poteva aver mentito, se l’aveva fatto aveva recitato da grande artista una commedia che le si addiceva perfettamente…Se voleva rivederla era anche per capire se stesso: voleva scrutarsi dentro per sapere se per lei provava odio o amore.

 

Partì in una mattina d’estate: all’aereo lo accompagnarono Rhami, sua moglie, e anche Lena con Nadir e Omar.. Promise di tornare, e ne aveva le intenzioni anche perché ormai aveva fatto all’amico una promessa: non lasciarlo solo alle prese del mercato dell’erboristeria.

 “Mi raccomando…torna presto, tutti ti aspettiamo”, gli disse Lena al braccio del marito. Giulio la guardò un’ultima volta prima di andarsene: era contento che lei avesse ricostituito la famiglia e una volta di più si convinse di aver fatto la cosa più giusta..

 

Appena tornata da Zurigo, Fiamma entrò con irruenza nell’ufficio del capo e sbatté la busta gialla sulla scrivania:
“Ecco la maledetta formula, questa è l’ultima volta che mi presto a queste porcherie, ricordatelo…”, disse inferocita.

 L’altro fece un balzo sulla sedia:
“Non mi sembri di buon umore”, rispose mentre la bocca si stirava in un sorriso ironico, “comunque sei stata una brava ragazza. Sei stata meglio anche dei professionisti, che hanno tentato di spaventare il nostro amico senza riuscirci…Quando abbiamo visto che la formula era incompleta abbiamo pensato che Andreani ci volesse fregare, per nostra fortuna non era così. Meno male che poi sei entrata in scena tu, con il tuo fascino: grazie a te possiamo dire di aver salvato l’azienda dalla bancarotta”.

“Non avevo altra alternativa, o rubare il plico o mandare sulla strada impiegati e operai, ma…non contare più su di me, non voglio più saperne dei vostri intrighi”, esclamò Fiamma con la voce strozzata per l’agitazione.

 Uscì dalla stanza sbattendo la porta. Da quando aveva lasciato Giulio stava combattendo una battaglia con se stessa, era consapevole di essersi comportata male ma sapeva anche che, la notte trascorsa in albergo con Giulio le aveva giocato un brutto scherzo: si era innamorata di lui. Ricordava la sua angoscia quando l’aveva guardato mentre dormiva beato, convinto di averla al suo fianco: si era voltata ancora, prima di chiudere definitivamente la porta. Sapeva di tradirlo e non lo avrebbe mai voluto fare. Lui le aveva dato momenti così belli che non si meritava quello che stava per fargli, immaginava la sua delusione quando avrebbe riaperto gli occhi e avrebbe trovato il posto vuoto. Era stata tentava di lasciar perdere tutto e tornare da lui, ma non poteva.  Sentiva ancora la voce del capo: “Devi assolutamente condurre a termine questo incarico, siamo nelle tue mani… stiamo andando in malora, l’unica soluzione è tornare sul mercato con un nuovo prodotto. ‘Jeunesse’ farebbe proprio al caso nostro: è un cosmetico rivoluzionario…bisogna assolutamente impadronirsi della sua formula. Con la tua bellezza riusciresti a trarre in inganno qualunque uomo.”

 Accettò quasi per gioco, le sorrideva il pensiero di usare il suo fascino per sedurre, poi era stata presa dal sentimento e, quando quella sera entrò nella camera di Giulio  non aveva intenzione di rimanerci, voleva al limite distrarlo in qualsiasi modo per rubargli il plico al momento opportuno…ma poi rimase tutta la notte. Perché l’aveva fatto?  Se lo chiedeva sull’aereo che la riportava  in Italia, avrebbe voluto ritornare indietro, nel night, abbracciata a lui mentre ballava sentiva il profumo della sua pelle e non avrebbe mai voluto staccarsi da lui…quando, di notte gli aveva detto “ti amo”, era vero, in quel momento era sincera e l’amava con tutta se stessa.

 Poi…il tradimento; avrebbe voluto cancellare il tempo e voleva cancellarlo anche dalla memoria. Nel suo animo c’era rabbia contro se stessa e pentimento, ma ormai non c’era più nulla da fare: aveva perso per sempre l’unico uomo che le aveva fatto battere il cuore. Dal primo momento che l’aveva conosciuto era stata attratta da lui, prima dal suo fisico, poi, conoscendolo dalla sua personalità….era proprio quello che ci voleva per lei: dolce e forte insieme.

Dopo aver consegnato quello che doveva si sentì un verme. Era stupita di se stessa, non avrebbe mai pensato di arrivare a tanto; il suo pensiero fisso era lui: Giulio.

Anche di notte si svegliava e rivedeva il suo viso, risentiva la sua voce; era diventata ormai un’ossessione…. Come l’avrebbe accolta se l’avesse incontrato? Più passava il tempo e più capiva che era finita: non l’avrebbe rivisto mai più.  Ogni sera si riprometteva di cercarlo, ma poi non ne aveva il coraggio e…quando si decise a farlo lui non c’era più. Era partito per ignota destinazione, nessuno sapeva niente. Venne a conoscenza che si era licenziato e questo la fece sentire ancor di più in colpa: gli aveva distrutto la carriera e non se lo poteva perdonare. I mesi che seguirono furono tremendi, era scorbutica e scostante con tutti. Aveva nel cuore questo grande peso e cercò di buttarsi nel lavoro, ma l’ambiente solito le ricordava ancor più il suo sbaglio. Il giorno che le presentarono in un elegante confezione quel prodotto che aveva rovinato la sua vita, prese il tubetto e lo scagliò contro il muro:
“Non fatemelo più vedere!”, gridò con quanto fiato aveva in gola. La crema imbrattò il muro, i colleghi si rivolsero occhiate d’intesa; uno di loro disse serio: “Dovresti farti curare”.

“L’hai detto”, rispose lei inviperita “domani vado dal medico e mi metto in malattia… poi parto, vado via”, replicò furiosa.

Aveva preso la sua decisione, doveva cambiare ambiente, cambiare aria; capiva in quel momento Giulio che se ne era andato senza lasciare recapito.

Si rifugiò nella villetta al mare, sola. In quelle belle giornate si sdraiava sugli scogli, il mormorio delle onde le faceva compagnia. Gli spruzzi del mare di tanto in tanto rinfrescavano la sua pelle. In quei momenti cercava di non pensare a niente, ma non ci riusciva: avrebbe voluto essere lì con Giulio per godere in sua compagnia quella natura così generosa; poi si alzava, si buttava in mare e ritornava a sdraiarsi. La spiaggia fortunatamente in quella stagione era quasi vuota: qualche ombrellone qua e là punteggiava con sgargianti colori la rena della piccola baia.. Le giornate erano uguali una all’altra, monotone fino a sera. Ma quella solitudine le fece bene, sentiva che il nodo che aveva dentro si stava sciogliendo, il tempo è una grande medicina, dicono i saggi, ed era vero. Una mattina era distesa sul solito scoglio, quando sentì una voce d’uomo:
“E’ sempre sola?”

 Lei aprì gli occhi e si vide davanti un fusto alto un metro e novanta, pieno di muscoli, con la pelle sapientemente abbronzata. “Ci voleva anche questo pappagallo”, pensò contrariata.

“Sì e intendo rimanerci”, rispose seccata.

“Voglio solo scambiare due chiacchiere, nient’altro”, fece il giovanotto.

“Le ripeto che vorrei restare in pace a prendere il sole”, continuò Fiamma sempre più a disagio. Ma non ci fu niente da fare, il tuttomuscoli si sedette vicino a lei. Cominciò a parlare e a dire schiocchezze una dietro all’altra, finché lei si alzò, raccolse l’asciugamano, mise la borsa a tracolla.

“Beh, io me ne vado”, disse avviandosi.

“Ti accompagno”, esclamò lui correndole dietro, ma Fiamma era già entrata nella macchina parcheggiata ai bordi della strada, aveva avviato il motore ed era sparita in meno di un minuto. Quell’episodio le fece capire che era il momento di tornare. Non avrebbe sopportato un altro approccio del bel fusto, non voleva più avere a che fare con gli uomini finché non fosse passato il momento di crisi.

 

Intanto Giulio era su un aereo dell’Air India, diretto alla Malpensa. Stava tornando dopo parecchi mesi in patria, aveva lasciato alle spalle un mondo che non poteva dimenticare: Lena, Rhami, il loro ricordo gli riempiva la mente e sorrideva pensando ai momenti belli passati insieme. Aveva lasciato l’Italia disgustato dalla vita, e stava tornando guarito, o meglio con la voglia di ritrovare la sua casa, gli amici e tutto quello che gli apparteneva.

 Dall’aeroporto alla città guardava fuori dal finestrino del taxi e, con piacere costatava che tutto era come prima, era quasi un anno che era all’estero, troppo poco tempo perché fosse cambiato qualcosa, ma dentro di lui sentiva di essere un altro uomo. La lontananza l’aveva guarito dall’ambizione, dalla competizione, si sentiva pronto a ricominciare il suo cammino.

La prima cosa che fece, quando entrò in casa, fu di sentire i messaggi della segreteria: in sei mesi ce n’erano talmente tanti che, ancor prima di disfare le valige, si sedette sul divano e con pazienza cominciò ad ascoltare. Fra le varie telefonate di amici, colleghi, parenti, una voce di donna gli fece battere il cuore: “Sono Fiamma, vorrei parlarti”. 
era lei!! Ma perché l’aveva cercato?  cosa voleva? Dirgli che l’aveva tradito nel modo più vergognoso, dirgli che l’aveva fatto solo per denaro, perché sicuramente era stata pagata bene…La voce di Fiamma si ripresentò ancora fra altri messaggi, sempre con la solita frase…Cosa voleva fargli sapere? Anche a lui sarebbe piaciuto incontrarla per farsi spiegare, non perché l’aveva derubato, (ormai era chiaro), ma cosa l’aveva spinta a comportarsi come un’amante appassionata per poi tradirlo. Questo pensiero lo perseguitava da mesi, e sentire la sua voce l’aveva sprofondato in un baratro. Però anche il fatto che si fosse fatta viva gli aveva dato una piccola speranza di rivederla. Ma dove poteva trovarla? Non sapeva nemmeno il cognome, sapeva solo che si chiamava Fiamma e che era bellissima, ma questo non bastava a fare delle ricerche.

( continua)




domenica 16 ottobre 2016

LA FIAMMA CHE NON SI SPEGNE --terza puntata




Ma il tempo passava e le sue speranze andavano man mano scemando: doveva convincersi di essere stato raggirato da quella bella donna che l’aveva stregato a tal punto da fargli dimenticare i suoi doveri. Ma chi andava a pensare a una cosa simile?  tutto sembrava così bello e perfetto!

Con il cuore a pezzi  si decise a chiamare l’ingegner Morandi:

“Cosa succede Andreani?  Ha già parlato con Kreuzer? E’ andato storto qualcosa?”, chiese l’altro preoccupato.

“Sì… e la prego di accettare le mie dimissioni, riceverà la lettera tra breve. Non mi è possibile dirle di più …mi scusi, ma devo andare”, concluse in fretta.

Interruppe la conversazione  mentre Morandi  gridava qualcosa.

 Si mise alla piccola scrivania della stanza e si accinse a scrivere la sua sconfitta. Dopo aver infilato la busta in una casella postale, si fece portare all’aeroporto , prese  il primo aereo per Milano e se ne tornò a casa con l’animo gonfio di amarezza.

 Non si presentò più in sede, nella lettera spedita  aveva confessato la ragione delle sue dimissioni: scrisse che, per la seconda volta non era riuscito a portare a termine la sua missione.

Per tanto tempo rimase rintanato nel suo appartamento , si lasciava andare senza curarsi più di se stesso, mangiava gli avanzi del frigorifero, non si faceva nemmeno la barba, doveva prendere sonniferi per cercare di dormire qualche ora. Quello che gli era accaduto lo stava distruggendolo anche fisicamente. Non rispondeva più al telefono tanto che gli amici erano preoccupati per lui. Quando andavano a trovarlo e lo vedevano in quelle condizioni cercavano di tirarlo fuori dalla tana, ma lui non ne voleva sapere, stava lì come un leone ferito che non trovava  la forza di combattere. Anche con Claudia era finita, non c’era mai stata tanta affinità fra loro e, da quando nella sua vita era apparsa Fiamma, tutte le altre avevano perso ogni attrattiva. Trascorse giorni e giorni in quel modo, poi lentamente cominciò a uscire: andava per le strade come in trance, vedeva Fiamma ovunque, ogni chioma fulva che incontrava gli faceva battere il cuore, era arrivato persino a fermare qualcuna che sembrava lei; non faceva niente tutto il giorno si limitava a gironzolare senza una meta.  Si era infilato in un tunnel buio dal quale era difficile uscire,  chiese aiuto a uno psicologo…i giorni passavano uno dietro l’altro, stava cadendo nel baratro della depressione , le crisi d’ansia lo sommergevano ….

   Dopo tanto tempo, con l’aiuto dei farmaci e della sua forza riuscì a vedere una luce in fondo al buio.  Ricominciò ad attaccarsi alla vita : iniziò a spedire domande di assunzione e a contattare colleghi e conoscenti per cercare di tornare nel mondo del  lavoro.

 Fece molti colloqui, ma senza nessun esito; la risposta era sempre la stessa: “Le faremo sapere”. Cominciò a pensare che, nel settore si era sparsa la voce della sua triste storia e che nessuno volesse assumere un tale che si era fatto raggirare per ben due volte .

La lettera che una mattina trovò nella posta  era di  un suo amico, trasferitosi a Bombay per lavoro,  Mario gli raccontava la sua vita e lo invitava ad andarlo a trovare quando voleva. Perché non approfittare per sparire per un po’ di tempo fino a che le acque non si fossero calmate? L’India era un paese che l’aveva sempre affascinato: per la sua cultura, i misteri, la civiltà tanto lontana dalla nostra. Decise di partire, anche alla ricerca di se stesso: sentiva la necessità di trovarsi in un’altra atmosfera che non fosse quella incombente del denaro e degli affari. Partì, convinto di fare la cosa giusta.

Quando mise piede nel nuovo paese una forte emozione lo pervase, si era allontanato per cercare una nuova dimensione  e capì che lì poteva trovarla. Era tutto diverso, anche l’odore che aleggiava nell’aria era un altro: le strade erano affollate di gente vestite con abiti multicolore, le donne avvolte nei sari incedevano con una naturale eleganza. Si toccava la povertà, ma anche la dignità di ognuno di loro.

Mario, felice di ospitare un vecchio amico, gli fece da guida in tutto quello che doveva vedere in città,  lo introdusse nel suo mondo e nelle sue amicizie.

 In un circolo culturale conobbe un giovane medico indiano, Rhami con il quale si trovò subito in sintonia: avevano in comune l’interesse per la ricerca e  per merito suo  cominciò a ritornare alla vita e a interessarsi al lavoro.

 Rhami praticava la medicina alternativa  con erbe e  elementi naturali, Giulio si era appassionato a cercare con lui nuove formule per creare medicinali in grado di guarire le malattie senza intossicare l’organismo. Si fermava in laboratorio fino a sera, lavorando ininterrottamente anche dodici ore. Quando finiva era stanco, ma soddisfatto: si era buttato su qualcosa che l’interessava e cercava di dimenticare , di non pensare.

“Mi stai aiutando molto”, gli diceva spesso Rhami, “senza di te sarei ancora al punto di partenza”. E lui era felice di trafficare ancora fra i suoi alambicchi, sapendo di essere utile a qualcuno. Lavorando al fianco dell’amico indiano la serenità era tornata, anche se pensava spesso a Fiamma, ormai lo faceva solo con nostalgia e non più con  rancore.  

Ma quando una sera si sentì ripetere i ringraziamenti dal nuovo amico indiano, gli uscì una parte della sua verità:

“ Tu non sai che mi hai salvato….ero caduto in depressione perché avevo perso il lavoro e  stare qui con te mi ha riportato alla vita”.

Rhami lo guardò stupito:

“ Io non sapevo….ma allora perché non ti fermi qui,  ti potrei assumere , sei bravo e ormai sai tutto , sei diventato indispensabile e il pensiero di perderti quando saresti ritornato in Italia mi terrorizzava ”, disse battendogli una mano sulla spalla.

Giulio rimase un attimo perplesso, quella proposta l’aveva lusingato e sconcertato.

“Grazie, hai ragione, lavoriamo bene insieme” si fermò qualche secondo, in quegli attimi nella sua mente scattò qualcosa d’imprevisto: “ e…sai cosa ti dico?” continuò, “accetto,  ti devo la mia rinascita… ”, concluse sorridendo.

Rhami gli prese una mano e la strinse: “ Sono contento….hai fatto una buona scelta, non te ne pentirai. E adesso andiamo a cena a casa mia a festeggiare ”, concluse.

Giulio non seppe dire di no, da quando era in India aveva sempre cenato da solo o con l’amico italiano, e pensare di andare in una famiglia del posto lo attirava molto: l’unico modo di entrare nell’anima di un popolo era di conoscerne gli usi e i costumi.

Entrò nella casa di Rhami con timidezza, la moglie, avvolta in un sari arancio era bellissima, i grandi occhi scuri, vellutati lo fissavano con simpatia mentre sorridendo lo invitava ad entrare. La casa, arredata con mobili di stile orientale era accogliente, nel locale, dove era apparecchiata con cura la tavola, in un divanetto di bambù era seduta una giovane donna:
“Posso presentarti mia sorella Lena?”, disse Rhami. La ragazza si alzò, anche lei indossava il sari che le fasciava il corpo snello e cadeva in morbide pieghe sulla spalla. Il viso con i lineamenti minuti e regolari era illuminato dagli occhi neri e da un bel sorriso:

“Molto lieta”, disse allungando con grazia una mano.

Giulio la strinse, stupito di incontrare una ragazza così carina:

“E’ medico anche lei, lavora in ospedale”, si affrettò a dire l’amico.

“Sono felice di conoscerti, Rhami mi aveva nascosto di avere una sorella, è un vero piacere!”, disse guardandola  negli occhi….e lei arrossì.

 La cena fu davvero deliziosa, e la serata trascorse così piacevolmente che quando  ritornò nella sua stanza d’albergo ripensò molto al viso sereno di Lena. Lo sguardo sincero degli occhi scuri l’avevano portato a paragonarlo a quello ardito di Fiamma.

 Nei giorni che seguirono si fermò parecchie volte in laboratorio per  mettere a punto un medicinale che stavano preparando , erano a arrivati a buoni risultati e questo gli dava molta soddisfazione. Una sera la porta si aprì e entrò Lena, vestiva un tailleur blu e aveva i capelli raccolti da un grande nastro celeste, era molto graziosa, diversa da quando l’aveva vista quella sera in casa del fratello.
“Ciao”, disse semplicemente.

Giulio stupito guardò la sua figurina esile avanzare.“Ho finito il turno in ospedale e sono venuta a trovarti. Stai lavorando…disturbo?”, proseguì lei, timida.

Giulio si passò una mano sugli occhi e si staccò dal bancone:
“Assolutamente no”, rispose, “ero stanco ma non mi decidevo a smettere, tanto…nessuno mi aspetta e qualche volta preferisco restare”.

 Senza aggiungere altro si mise la giacca “Per oggi ne ho abbastanza, se vuoi possiamo uscire”, disse accompagnando Lena alla porta.

In strada, Lena si mise al suo fianco, lei così minuta, vicino a lui sembrava una bambina; gli trotterellava a fianco sforzandosi di tenere il suo passo.

 Alzò il viso verso di lui: “ Hai detto che sei solo?  Ero venuta appunto per chiederti di venire  a cena da noi”, i suoi occhi scuri erano pieni di luce.

  Giulio raccolse l’invito di quello sguardo, in fin dei conti faceva piacere anche a lui, da quando si era trasferito in albergo le sue serate erano solitarie.

  Da quella sera altre volte Lena invitò Giulio, era evidente che era attratta da lui, ma non erano mai andati oltre l’amicizia. Anche a Giulio non dispiaceva quella piccola donna bruna, ma provava per lei solo un sentimento di grande ammirazione per il modo in cui svolgeva il suo lavoro, sacrificando per gli altri una parte della sua vita. Andò a trovarla in ospedale e vide con quanta abnegazione si dedicava ai bambini ammalati, felice quando riusciva a strappare un sorriso da quelle bocche pallide.

 I grandi occhi dei piccoli erano costantemente fissi sulla loro dottoressa  che cercava con ogni mezzo di distrarli e di farli giocare..

“Sei veramente in gamba”, le disse ammirato Giulio, “avremmo bisogno di medici come te, anche da noi”.

Lei lo fissò divenendo improvvisamente seria:

 “Non lascerei questo paese per nessuna ragione al mondo”, rispose.

Sempre più spesso si vedevano e cominciava a nascere fra loro un sentimento che avrebbe potuto trasformarsi in amore se nel cuore di Giulio non fosse entrata con tanta prepotenza Fiamma.  Non riusciva a dimenticarla, anche se conoscerla  era stata una disgrazia e  aveva cambiato il corso della sua vita.

 Continuò a frequentare la casa di Rhami, per passare qualche sera in un’atmosfera familiare in  compagnia di Lena tanto dolce e riposante.  Un giorno arrivò prima del tempo e trovò un uomo e un bambino di circa sei anni: non fece domande, ma si accorse che lei non aveva più l’espressione serena di sempre  e, quando lo vide entrare abbassò la testa a disagio, come se avesse qualcosa da nascondere.

“Ti presento Nadir …e mio figlio Omar”, disse lei arrossendo leggermente.

Negli occhi di Giulio, Lena lesse lo stupore e quasi l’incredulità:
“Sì”,  proseguì calma, “sono separata da quasi un anno: ognuno di noi è andato per la propria strada, ma mio figlio sta con il padre. In India, le leggi non sono molto favorevoli alle donne anche se lavoriamo alla pari degli uomini, e forse anche di più” confessò con una certa amarezza.

 Giulio non replicò, c’era rimasto male, ma del resto non aveva nessun diritto di frugare nella sua vita.  Si era accorto anche che lei stava pian piano scivolando verso un sentimento più profondo nei suoi confronti…

Quella fu l’ultima visita che fece in casa dell’amico indiano, pensò che forse la sua presenza disturbava l’equilibrio di Lena, lei aveva un figlio da un uomo del suo paese…e lui  non era sicuro di se stesso e di quello che provava per lei....doveva dare un taglio netto, far passare del tempo per scrutarsi dentro in attesa di una risposta. 
Gli dispiaceva molto troncare con Lena, ma era sicuro che lei avrebbe capito...

                                                                                                                     (continua)


domenica 9 ottobre 2016

LA FIAMMA CHE NON SI SPEGNE --Seconda puntata


                                                                                                                 

  

Cenarono insieme e l’argomento di conversazione fu naturalmente il furto subito ma, fra un piatto e l’altro, Fiamma convinse Giulio che non era poi così grave: quella finta suora non era altro che una ladruncola:   

“Quella lì credeva di trovare del denaro e, visto che aveva in mano solo delle carte le avrà stracciate…”.

“ Mi piacerebbe che fosse così, in laboratorio abbiamo l’originale, quella era una copia…ma non deve cadere in mani sbagliate…capisci? ”. Rimase un attimo perplesso poi scosse la testa come per mandar via cattivi pensieri e aggiunse :  “ …e se per dimenticare i nostri guai andassimo a finire la serata in un locale?”.

“Perché no!…”, rispose Fiamma.

 Nel night c’era un’atmosfera retrò , un pianista di colore stava suonando il motivo del film Casablanca e …Giulio si sentì tanto Humphrey Bogart.

 Si sedette accanto a Fiamma e la guardò negli occhi mentre la sua bocca era vicinissima a quella di lei . “Al diavolo la formula magica”, pensò, “ in questo momento voglio solo baciarla”. Le labbra si unirono e Fiamma ricambiò il bacio . Ballarono nell’atmosfera romantica suscitata da quella canzone senza tempo. Giulio sentiva la carezza dei capelli fulvi sul collo, stringeva fra le braccia quel corpo morbido e profumato…..era in un’altra dimensione…anche perché aveva bevuto qualche vodka di troppo.

 Ma, dopo qualche ora trascorsa fra le nuvole, Fiamma lo riportò alla realtà:
“Si è fatto tardi”, disse sbirciando l’orologio da polso, “domani devo organizzarmi per lavorare…mi dispiace, ma dobbiamo andare”.

 Raccolse la borsetta e si preparò ad uscire.

“Ancora un poco…te ne prego…”, rispose Giulio che non sapeva staccarsi da lei.

“Non possiamo, vieni, ….”, disse Fiamma prendendolo per  mano.

Giulio si lasciò portare via: “Va bene…ma giurami che ci vedremo ancora”.

“Te lo giuro, sei contento?”, rispose lei dolcemente.

Uscirono nella notte chiara abbracciati come due innamorati, arrivarono all’albergo e lei si staccò:
“Grazie per la magnifica serata…era tanto tempo che non mi sentivo così bene”, disse guardandolo in viso.

 Lui la strinse ancora una volta: “Ti accompagno in camera”, sussurrò.

“No”, rispose lei decisa, “lasciamoci così, almeno per ora, poi …non si sa”.

“Mi telefonerai?”, insisté lui, “voglio rivederti. Ti prego Fiamma dimmi di sì”.

“Naturalmente…ci incontreremo a Milano, quando sarai più tranquillo”, disse la ragazza avvicinando il viso per posargli un piccolo bacio sulla bocca.

 Poi l’ascensore la portò via e lui rimase a fissare la porta dietro la quale lei era sparita, uscì in strada e s’incamminò tristemente fino all’hotel dove era alloggiato, lo aspettava una notte agitata.,

Sull’aereo che lo riportava a Malpensa, Giulio aveva la testa zeppa di pensieri e sensazioni: la formula scomparsa, l’assurdo colloquio con il dottor Kreuzer , le spiegazioni che avrebbe dovuto dare ai superiori e…Fiamma. . Il ricordo mitigava in parte gli altri problemi ma la realtà era un’altra e anche molto cruda: non poteva permettersi di distrarsi cullandosi in un sogno. Purtroppo al suo ritorno doveva superare una dura prova.

Entrò nell’ufficio del capo, pronto a difendersi.

L’ingegnere Morandi , quando lui entrò, gli andò incontro:
“Cosa mi combina, Andreani”, esclamò.

 Inaspettatamente il suo tono non era di rimprovero, gli mise una mano sulla spalla: “Kreuzer mi ha telefonato per raccontarmi la sua disavventura. Mi spieghi cosa è successo”.

“Ecco…in treno mi hanno rubato i documenti, non so come sia accaduto”, naturalmente si guardò bene dal raccontare il suo incontro con Fiamma.

“E’ stata una cosa grave, se ne rende conto…se la formula cade in mano della concorrenza possiamo scordarci il nostro progetto”, replicò Morandi diventando improvvisamente serio.

“Certo, mi creda, ancora adesso non riesco a spiegarmelo: c’era una suora nello scompartimento e mi sono assentato pochi minuti per andare alla toilette”, mentì, “quella era una ladra!”.

“Si sieda, anch’io devo confessarle qualcosa”, l’ingegnere si allungò sulla sedia. Stupito Giulio guardò in viso il superiore. “C’è stato un errore anche da parte nostra, e forse è meglio che sia andata così….”continuò Morandi accendendosi una sigaretta. Porse la scatola: “Ne vuole?”, disse con un mezzo sorriso.

“Grazie, non fumo”, rispose Giulio sempre più sconcertato aspettando con ansia di sapere.

“Nel plico mancava una parte della formula, un importante passaggio;  un errore della segretaria che ha dimenticato di inserire un foglio nell’incartamento.  Come vede ci è andata ancora bene… però la prossima volta dovrà stare più attento”, affermò scuotendo la testa in segno di disapprovazione.

“Vuol dire che sono andato a consegnare un dossier incompleto?”, riuscì finalmente a dire Giulio.

“Purtroppo sì”, fu obbligato a rispondere l’altro.

“Ah, questa è bella!  Ma  mi toglie un peso immenso, ora sono più leggero”, esclamò il giovane alzandosi. “Quando sarà il momento stia tranquillo che porterò a termine la prossima missione a tutti i costi”.

Morandi lo guardò uscire con  passo deciso e la testa alta,  molto più allegro di quando era entrato. Giulio infatti era così felice che avrebbe voluto ballare.

 Quella sera rientrò a casa di buon umore, voleva   telefonare a Fiamma per condividere la sua allegria. Quando arrivò sul piano, con sua sorpresa, si accorse che la porta era aperta, con un leggero tocco la spinse e si spalancò. La visione che gli si parò davanti lo fece rimanere di stucco: nell’appartamento sembrava fosse passato un ciclone, regnava il caos più totale. Cassetti rovesciati, cuscini sventrati, l’armadio aperto e gli abiti buttati sul letto, anche il computer era acceso,  sparse sul pavimento le chiavette che aveva nel cassetto della scrivania.

“Mio Dio”, esclamò costernato, “sono venuti i ladri!”

Scavalcò le cose per terra per andare a controllare la cassaforte portatile che, naturalmente, era aperta.  Dopo un’ispezione accurata costatò che non mancava nulla; anche i quadri e la poca argenteria che possedeva, erano al loro posto: non gli avevano rubato niente e allora…perché? Si chiese. Forse erano stati disturbati  e non avevano potuto portare a termine il furto.

“Chiamo la polizia”, decise. Prese il telefono ma si fermò prima di comporre il numero. “Cosa  dico?, che ho avuto la visita dei soliti ignoti e non mi hanno rubato niente? Meglio lasciar perdere…andrei solo incontro a delle grane”.

Si mise a raccattare tutto quello che c’era sul pavimento poi, sconsolato, si gettò sul letto e chiuse gli occhi.

Da qualche giorno gli stavano accadendo le cose più strane: era diventato il bersaglio dei ladri e non se ne spiegava il motivo. Era certamente una fatalità, ma il susseguirsi di quegli avvenimenti gli aveva messo addosso una certa angoscia.

La visione della sua casa a soqquadro gli aveva fatto perdere l’appetito, non aveva nessuna voglia di farsi da mangiare, tanto più che la cucina era così sottosopra che non avrebbe trovato niente; anche quello che c’era in frigorifero era stato tolto e messo sul tavolo, compresi i cubetti del ghiaccio che avevano lasciato una pozza d’acqua sulle piastrelle.  

Si alzò di malavoglia, uscì per recarsi alla pizzeria più vicina; ingurgitò qualcosa e tornò a casa sempre più di malumore. Quello che gli si ripresentò aprendo la porta gli diede una leggera nausea. “Basta!”, si disse, “domani farò venire qualcuno a mettere in ordine, adesso non voglio pensarci più”. Cercò nel portafoglio il numero di Fiamma  ma  “…l’abbonato non è reperibile…il telefono potrebbe essere spento”,  annunciò la voce anonima.

 “Proverò più tardi”, pensò. Accese il televisore e si sdraiò sul divano, guardava  il video, ma la mente era altrove. Glie ne erano capitate troppe per non pensarci, voleva  sentire Fiamma, forse l’avrebbe calmato, non aveva voglia di parlare con nessun altro. Ma tutti i tentativi per mettersi in contatto con lei andarono a vuoto, il segnale  restava senza risposta. Prese un sonnifero e si ficcò sotto le coperte.

 Giulio dormiva e gli sembrava di essere in un’altra dimensione: un rumore insistente lo disturbava mentre tentava di recuperare il sogno perduto; si rese conto solo dopo una serie di squilli che stava suonando il telefono. Diede un’occhiata alla sveglia sul comodino: erano le due. Si alzò con fatica:
“Pronto”, disse ancora addormentato, “chi è a quest’ora…”

Una voce rauca uscì dalla cornetta: “Sono un amico, non ti preoccupare…”

Giulio si svegliò di colpo, pensò subito a uno sbaglio, ma quella voce l’aveva messo in allarme:

“ Forse questo non è il numero che cerca”, rispose.

“No…no, è proprio questo il numero…tu non sei il dottor Andreani…Giulio Andreani?”, proseguì lo sconosciuto.

Giulio rispose affermativamente e l’altro continuò:

  “Allora cerca di non fare il furbo…tu mi hai capito…”, dopo una pausa durante la quale si sentiva l’ansimare dell’uomo dall’altro capo del telefono, la comunicazione si interruppe.

A Giulio non restò altro che tornare a letto, ma ormai il sonno se n’era andato….capiva sempre meno cosa gli stesse accadendo: non aveva nemici, non aveva mai fatto del male a nessuno. Restò a pensare fino al mattino senza aver risolto il mistero.” Tu mi hai capito”, aveva detto quell’uomo. Cosa doveva aver capito? Nella sua vita non c’era nulla di men che limpido: usciva con gli amici, aveva un’affettuosa amicizia con Claudia, ma niente di impegnativo….quel tanto che bastava per non passare solo tutte le serate….si interrogava, ma non trovava risposte.

La telefonata poteva essere lo scherzo di un burlone…sicuramente era così. Si convinse e cercò di non pensarci più…ma qualche giorno dopo nella casella della posta trovò un biglietto:

Ti consiglio di pensare a quello che ti ho detto al telefono. Il solito amico”.

 Questa volta cominciò a preoccuparsi: avrebbe voluto recarsi subito al commissariato, ma poi ci ripensò; decise che se fosse arrivata un’altra intimidazione, allora avrebbe preso provvedimenti. Tornò a lavorare ma non disse a nessuno del furto né delle minacce subite, non voleva che tutti pensassero a lui come al perseguitato dalla sfortuna. Si buttò sulle sue formule in laboratorio fra le provette per dimenticare quella serie di disgrazie sperando di non incappare in altre peggiori. Non ci fu un altro avviso, tutto rimase tranquillo per una settimana.

  Intanto il dottor Kreuzer aveva fatto sapere che prima di venti giorni non poteva essere disponibile per un altro appuntamento; durante questo periodo Giulio tentò di trovare Fiamma, anche per raccontarle quello che gli stava succedendo e avere da lei qualche consiglio… ma non ci riuscì. Durante l’ultimo tentativo una voce d’uomo gli rispose: “Chi cerca?”

“La signorina Fiamma”, rispose lui incerto.

“Non conosco nessuna Fiamma”, replicò l’altro chiudendo la comunicazione. Era chiaro che lei non voleva incontrarlo, doveva mettersi il cuore in pace;  se non poteva ritrovarla gli restava solamente il ricordo della sera passata insieme ed era tanto dolce che quando gli tornava alla mente non poteva fare altro che provare una struggente nostalgia. 

 L’ingegner Morandi lo fece chiamare: “Andreani, questa volta non mi deve deludere”, disse, “domani Kreuzer l’aspetta cerchi di fare attenzione …le ho fatto prenotare un posto in aereo, non si sa mai”, concluse ironico.

“Stia tranquillo”, lo rassicurò Giulio, “vedrà che andrà tutto bene, ci metterò tutta l’attenzione…”

Il giorno seguente, mentre stava percorrendo il corridoio dell’aereo per raggiungere il suo posto Giulio ebbe un sussulto: una massa di capelli rossi gli fece battere il cuore. Vista da dietro, la donna che occupava la poltroncina davanti alla sua sembrava proprio Fiamma. Lui posò la borsa e lei si voltò.

“Giulio!”, esclamò sorpresa, “sei proprio tu”.

“C’è un destino che ci accomuna nei viaggi”, rispose lui felice d’averla ritrovata, “si può sapere perché non ti sei più fatta viva?”, riprese ,improvvisamente serio.

La ragazza ebbe un attimo di esitazione poi disse in fretta:
“Sono stata negli Stati Uniti per lavoro…ti avrei telefonato, credimi”.

“Ho provato io, ma non ho mai avuto il piacere di sentire la tua voce”, continuò lui con amarezza.

“Non potevo risponderti, ho perso il cellulare…è un periodo che non me ne va bene una”, replicò sconsolata Fiamma.

“Non lo dire a me, poi ti racconterò quello che mi è successo …cosa vai a fare a Zurigo questa volta?”, domandò lui.

“Sempre l’estetista”, rispose lei sorridendo.

“In che hotel sei?”, chiese ancora Giulio sempre più interessato.

“All’Ambassador”, rispose lei. Lui sussultò:

“Anch’io!”, esclamò raggiante, “così avremo tanto tempo tutto per noi”, aggiunse sorridendo maliziosamente.

Non l’aveva mai dimenticata e nel suo cuore c’era la speranza di conquistarla. Ricordava che, quando ballavano stretti al suono di quel pianoforte anche lei si era abbandonata fra le sue braccia e sembrava sincera…poi era sparita. Doveva crederle? forse stava dicendo la verità: se non si era fatta viva probabilmente era all’estero per lavoro.

L’aereo atterrò puntualmente, presero insieme un taxi e si fecero condurre all’hotel. Alla reception ognuno ritirò la chiave  della propria camera,  si guardarono in viso e si sorrisero: erano sullo stesso piano.

“Non poteva andare meglio”, esclamò Giulio, “siamo dirimpettai!”.

  Prima di infilare la chiave nella toppa si volse:
“Naturalmente ceniamo insieme”, disse, “…..se non hai altri impegni”.

“Nessun impegno, sono tutta per te”, scherzò lei.

 Giulio arrivò prima e aspettò. Quando Fiamma entrò in sala da pranzo gli sembrò quasi una visione: indossava un abito lungo di seta color smeraldo che lasciava scoperte le spalle bianche e ben fatte; i capelli rossi, come una luce, le illuminavano il viso. Avanzò fra i tavoli e lo raggiunse: gli occhi verdi, sapientemente truccati, erano dello stesso colore del vestito .

“Sei bellissima”, esclamò lui senza fiato. Si alzò di scatto per scostarle la sedia dal tavolo.

“E’ la terza volta che ceniamo insieme, sta diventando un’abitudine…”, disse lei accomodandosi.

“Molto piacevole, direi”, Giulio subiva il fascino di quella donna come mai gli era capitato.

 Dopo la  cena tornarono nel piano bar della prima sera, ballarono sulla musica di  quel pianista che suonava con gli occhi chiusi motivi mai dimenticati.. Ritrovarono la stessa atmosfera di allora e provarono le stesse emozioni abbracciati e dimentichi del tempo tanto che non si accorsero che la mezzanotte era passata da un pezzo. Quando uscirono, l’aria era tiepida, le luci del lungolago si riflettevano sull’acqua, l’atmosfera romantica era perfetta, anche in cielo splendevano luna e stelle. A quell’ora le strade erano quasi deserte e i pochi passanti non si curavano di due innamorati che si stavano baciando.

Arrivati davanti alla camera di Giulio,  Fiamma entrò con lui:
“Mi offri ancora un drink?”, nella sua voce c’era malizia e una velata promessa. Fiamma rimase con lui per il resto di quella magica notte.

Dalle tapparelle filtravano i raggi del sole e Giulio si stiracchiò nel letto, allungò una mano per accarezzare ancora una volta la pelle morbida di lei…ma le sue dita trovarono soltanto le lenzuola. Aprì gli occhi definitivamente e vide che il posto vicino a lui era vuoto. “Fiamma…amore!”, chiamò sicuro che lei fosse in bagno. Aspettò sotto le coperte  e approfittò per ricordare i momenti felici di quella notte d’amore. Aveva scoperto una donna meravigliosa che l’aveva catturato per sempre: non voleva lasciarla più dopo che aveva capito cos’era veramente la felicità.

Aspettò qualche minuto poi si alzò e bussò alla porta della toilette: nessuna risposta. Tentò di aprire e la maniglia docilmente cedette: la stanza era vuota.

Probabilmente se ne era andata in fretta per arrivare in tempo sul luogo del servizio…ma avrebbe potuto almeno lasciare un biglietto. Forse gli avrebbe telefonato più tardi…

Si mise addosso qualcosa e attraversò il corridoio per bussare alla porta della sua camera. Ma mentre si stava avvicinando vide che in camera un’ inserviente stava facendo le pulizie.

 Per avere maggiori informazioni chiamò la reception:

 “Vorrei sapere se la signorina della camera 165 è uscita”, chiese al portiere.
“La signorina ha lasciato l’albergo”.

“Come?”, chiese Giulio meravigliato.

“Sì, è partita”, tagliò corto l’altro.

La sorpresa gli tolse la parola, riagganciò e si sedette sul letto che aveva ancora il suo profumo. Doveva ammettere che l’aver conosciuto Fiamma, aveva portato lo scompiglio nella sua vita; in lei c’era qualcosa di misterioso che non riusciva a capire. Perché se ne era andata? Cosa l’aveva spinta a passare quella notte con lui per poi lasciarlo così…senza una parola. Le lancette dell’orologio purtroppo continuavano il loro cammino, il tempo passava e lui doveva muoversi, se non voleva far tardi all’appuntamento con Kreuzer. Sotto la doccia continuava a pensare a Fiamma. Come poteva ritrovarla? Non gli aveva lasciato nessun numero di telefono e nemmeno l’indirizzo, era sparita nel nulla senza dargli la possibilità di cercarla. Si vestì con cura e, prima di uscire aprì la solita valigetta per controllare che ci fosse tutto prima di affrontare il colloquio con lo svizzero. Una vampata di calore gli salì alla testa, nella borsa della busta non c’era traccia! …non poteva essere vero…era la seconda volta che gli capitava da quando aveva conosciuto Fiamma. Un terribile sospetto si insinuò nel suo cervello: era una spia della concorrenza, altro che estetista, faceva parte del mondo dello spionaggio industriale che non bada a niente pur di raggiungere lo scopo…e anche la finta suora era sua complice, poi, visto che non erano riuscite avevano fatto cercare nel suo appartamento la formula completa; ecco cos’era il caos in casa sua ;il furto non c’entrava per niente. Anche le telefonate misteriose facevano parte del piano, così Fiamma ci aveva provato una seconda volta…e con successo. Doveva essere andata proprio così, non c’era altra spiegazione. Si mise le mani nei capelli disperato, era stato pugnalato alla schiena proprio dalla donna che gli aveva fatto perdere la testa… senza contare che la sua carriera era definitivamente compromessa. Non aveva più il coraggio di presentarsi a Kreuzer e nemmeno di tornare in sede. Distrutto moralmente si lasciò cadere su una sedia con lo sguardo fisso nel vuoto. Quello che gli faceva più male era il tradimento di Fiamma, la notte era stata così bella e colma di passione che non poteva dimenticarsela. Lei sembrava sincera quando gli sussurrava “ti amo”, era talmente assurdo tutto questo che stentava osse tornata, pentita, l’avrebbe perdonata.