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domenica 9 ottobre 2016

LA FIAMMA CHE NON SI SPEGNE --Seconda puntata


                                                                                                                 

  

Cenarono insieme e l’argomento di conversazione fu naturalmente il furto subito ma, fra un piatto e l’altro, Fiamma convinse Giulio che non era poi così grave: quella finta suora non era altro che una ladruncola:   

“Quella lì credeva di trovare del denaro e, visto che aveva in mano solo delle carte le avrà stracciate…”.

“ Mi piacerebbe che fosse così, in laboratorio abbiamo l’originale, quella era una copia…ma non deve cadere in mani sbagliate…capisci? ”. Rimase un attimo perplesso poi scosse la testa come per mandar via cattivi pensieri e aggiunse :  “ …e se per dimenticare i nostri guai andassimo a finire la serata in un locale?”.

“Perché no!…”, rispose Fiamma.

 Nel night c’era un’atmosfera retrò , un pianista di colore stava suonando il motivo del film Casablanca e …Giulio si sentì tanto Humphrey Bogart.

 Si sedette accanto a Fiamma e la guardò negli occhi mentre la sua bocca era vicinissima a quella di lei . “Al diavolo la formula magica”, pensò, “ in questo momento voglio solo baciarla”. Le labbra si unirono e Fiamma ricambiò il bacio . Ballarono nell’atmosfera romantica suscitata da quella canzone senza tempo. Giulio sentiva la carezza dei capelli fulvi sul collo, stringeva fra le braccia quel corpo morbido e profumato…..era in un’altra dimensione…anche perché aveva bevuto qualche vodka di troppo.

 Ma, dopo qualche ora trascorsa fra le nuvole, Fiamma lo riportò alla realtà:
“Si è fatto tardi”, disse sbirciando l’orologio da polso, “domani devo organizzarmi per lavorare…mi dispiace, ma dobbiamo andare”.

 Raccolse la borsetta e si preparò ad uscire.

“Ancora un poco…te ne prego…”, rispose Giulio che non sapeva staccarsi da lei.

“Non possiamo, vieni, ….”, disse Fiamma prendendolo per  mano.

Giulio si lasciò portare via: “Va bene…ma giurami che ci vedremo ancora”.

“Te lo giuro, sei contento?”, rispose lei dolcemente.

Uscirono nella notte chiara abbracciati come due innamorati, arrivarono all’albergo e lei si staccò:
“Grazie per la magnifica serata…era tanto tempo che non mi sentivo così bene”, disse guardandolo in viso.

 Lui la strinse ancora una volta: “Ti accompagno in camera”, sussurrò.

“No”, rispose lei decisa, “lasciamoci così, almeno per ora, poi …non si sa”.

“Mi telefonerai?”, insisté lui, “voglio rivederti. Ti prego Fiamma dimmi di sì”.

“Naturalmente…ci incontreremo a Milano, quando sarai più tranquillo”, disse la ragazza avvicinando il viso per posargli un piccolo bacio sulla bocca.

 Poi l’ascensore la portò via e lui rimase a fissare la porta dietro la quale lei era sparita, uscì in strada e s’incamminò tristemente fino all’hotel dove era alloggiato, lo aspettava una notte agitata.,

Sull’aereo che lo riportava a Malpensa, Giulio aveva la testa zeppa di pensieri e sensazioni: la formula scomparsa, l’assurdo colloquio con il dottor Kreuzer , le spiegazioni che avrebbe dovuto dare ai superiori e…Fiamma. . Il ricordo mitigava in parte gli altri problemi ma la realtà era un’altra e anche molto cruda: non poteva permettersi di distrarsi cullandosi in un sogno. Purtroppo al suo ritorno doveva superare una dura prova.

Entrò nell’ufficio del capo, pronto a difendersi.

L’ingegnere Morandi , quando lui entrò, gli andò incontro:
“Cosa mi combina, Andreani”, esclamò.

 Inaspettatamente il suo tono non era di rimprovero, gli mise una mano sulla spalla: “Kreuzer mi ha telefonato per raccontarmi la sua disavventura. Mi spieghi cosa è successo”.

“Ecco…in treno mi hanno rubato i documenti, non so come sia accaduto”, naturalmente si guardò bene dal raccontare il suo incontro con Fiamma.

“E’ stata una cosa grave, se ne rende conto…se la formula cade in mano della concorrenza possiamo scordarci il nostro progetto”, replicò Morandi diventando improvvisamente serio.

“Certo, mi creda, ancora adesso non riesco a spiegarmelo: c’era una suora nello scompartimento e mi sono assentato pochi minuti per andare alla toilette”, mentì, “quella era una ladra!”.

“Si sieda, anch’io devo confessarle qualcosa”, l’ingegnere si allungò sulla sedia. Stupito Giulio guardò in viso il superiore. “C’è stato un errore anche da parte nostra, e forse è meglio che sia andata così….”continuò Morandi accendendosi una sigaretta. Porse la scatola: “Ne vuole?”, disse con un mezzo sorriso.

“Grazie, non fumo”, rispose Giulio sempre più sconcertato aspettando con ansia di sapere.

“Nel plico mancava una parte della formula, un importante passaggio;  un errore della segretaria che ha dimenticato di inserire un foglio nell’incartamento.  Come vede ci è andata ancora bene… però la prossima volta dovrà stare più attento”, affermò scuotendo la testa in segno di disapprovazione.

“Vuol dire che sono andato a consegnare un dossier incompleto?”, riuscì finalmente a dire Giulio.

“Purtroppo sì”, fu obbligato a rispondere l’altro.

“Ah, questa è bella!  Ma  mi toglie un peso immenso, ora sono più leggero”, esclamò il giovane alzandosi. “Quando sarà il momento stia tranquillo che porterò a termine la prossima missione a tutti i costi”.

Morandi lo guardò uscire con  passo deciso e la testa alta,  molto più allegro di quando era entrato. Giulio infatti era così felice che avrebbe voluto ballare.

 Quella sera rientrò a casa di buon umore, voleva   telefonare a Fiamma per condividere la sua allegria. Quando arrivò sul piano, con sua sorpresa, si accorse che la porta era aperta, con un leggero tocco la spinse e si spalancò. La visione che gli si parò davanti lo fece rimanere di stucco: nell’appartamento sembrava fosse passato un ciclone, regnava il caos più totale. Cassetti rovesciati, cuscini sventrati, l’armadio aperto e gli abiti buttati sul letto, anche il computer era acceso,  sparse sul pavimento le chiavette che aveva nel cassetto della scrivania.

“Mio Dio”, esclamò costernato, “sono venuti i ladri!”

Scavalcò le cose per terra per andare a controllare la cassaforte portatile che, naturalmente, era aperta.  Dopo un’ispezione accurata costatò che non mancava nulla; anche i quadri e la poca argenteria che possedeva, erano al loro posto: non gli avevano rubato niente e allora…perché? Si chiese. Forse erano stati disturbati  e non avevano potuto portare a termine il furto.

“Chiamo la polizia”, decise. Prese il telefono ma si fermò prima di comporre il numero. “Cosa  dico?, che ho avuto la visita dei soliti ignoti e non mi hanno rubato niente? Meglio lasciar perdere…andrei solo incontro a delle grane”.

Si mise a raccattare tutto quello che c’era sul pavimento poi, sconsolato, si gettò sul letto e chiuse gli occhi.

Da qualche giorno gli stavano accadendo le cose più strane: era diventato il bersaglio dei ladri e non se ne spiegava il motivo. Era certamente una fatalità, ma il susseguirsi di quegli avvenimenti gli aveva messo addosso una certa angoscia.

La visione della sua casa a soqquadro gli aveva fatto perdere l’appetito, non aveva nessuna voglia di farsi da mangiare, tanto più che la cucina era così sottosopra che non avrebbe trovato niente; anche quello che c’era in frigorifero era stato tolto e messo sul tavolo, compresi i cubetti del ghiaccio che avevano lasciato una pozza d’acqua sulle piastrelle.  

Si alzò di malavoglia, uscì per recarsi alla pizzeria più vicina; ingurgitò qualcosa e tornò a casa sempre più di malumore. Quello che gli si ripresentò aprendo la porta gli diede una leggera nausea. “Basta!”, si disse, “domani farò venire qualcuno a mettere in ordine, adesso non voglio pensarci più”. Cercò nel portafoglio il numero di Fiamma  ma  “…l’abbonato non è reperibile…il telefono potrebbe essere spento”,  annunciò la voce anonima.

 “Proverò più tardi”, pensò. Accese il televisore e si sdraiò sul divano, guardava  il video, ma la mente era altrove. Glie ne erano capitate troppe per non pensarci, voleva  sentire Fiamma, forse l’avrebbe calmato, non aveva voglia di parlare con nessun altro. Ma tutti i tentativi per mettersi in contatto con lei andarono a vuoto, il segnale  restava senza risposta. Prese un sonnifero e si ficcò sotto le coperte.

 Giulio dormiva e gli sembrava di essere in un’altra dimensione: un rumore insistente lo disturbava mentre tentava di recuperare il sogno perduto; si rese conto solo dopo una serie di squilli che stava suonando il telefono. Diede un’occhiata alla sveglia sul comodino: erano le due. Si alzò con fatica:
“Pronto”, disse ancora addormentato, “chi è a quest’ora…”

Una voce rauca uscì dalla cornetta: “Sono un amico, non ti preoccupare…”

Giulio si svegliò di colpo, pensò subito a uno sbaglio, ma quella voce l’aveva messo in allarme:

“ Forse questo non è il numero che cerca”, rispose.

“No…no, è proprio questo il numero…tu non sei il dottor Andreani…Giulio Andreani?”, proseguì lo sconosciuto.

Giulio rispose affermativamente e l’altro continuò:

  “Allora cerca di non fare il furbo…tu mi hai capito…”, dopo una pausa durante la quale si sentiva l’ansimare dell’uomo dall’altro capo del telefono, la comunicazione si interruppe.

A Giulio non restò altro che tornare a letto, ma ormai il sonno se n’era andato….capiva sempre meno cosa gli stesse accadendo: non aveva nemici, non aveva mai fatto del male a nessuno. Restò a pensare fino al mattino senza aver risolto il mistero.” Tu mi hai capito”, aveva detto quell’uomo. Cosa doveva aver capito? Nella sua vita non c’era nulla di men che limpido: usciva con gli amici, aveva un’affettuosa amicizia con Claudia, ma niente di impegnativo….quel tanto che bastava per non passare solo tutte le serate….si interrogava, ma non trovava risposte.

La telefonata poteva essere lo scherzo di un burlone…sicuramente era così. Si convinse e cercò di non pensarci più…ma qualche giorno dopo nella casella della posta trovò un biglietto:

Ti consiglio di pensare a quello che ti ho detto al telefono. Il solito amico”.

 Questa volta cominciò a preoccuparsi: avrebbe voluto recarsi subito al commissariato, ma poi ci ripensò; decise che se fosse arrivata un’altra intimidazione, allora avrebbe preso provvedimenti. Tornò a lavorare ma non disse a nessuno del furto né delle minacce subite, non voleva che tutti pensassero a lui come al perseguitato dalla sfortuna. Si buttò sulle sue formule in laboratorio fra le provette per dimenticare quella serie di disgrazie sperando di non incappare in altre peggiori. Non ci fu un altro avviso, tutto rimase tranquillo per una settimana.

  Intanto il dottor Kreuzer aveva fatto sapere che prima di venti giorni non poteva essere disponibile per un altro appuntamento; durante questo periodo Giulio tentò di trovare Fiamma, anche per raccontarle quello che gli stava succedendo e avere da lei qualche consiglio… ma non ci riuscì. Durante l’ultimo tentativo una voce d’uomo gli rispose: “Chi cerca?”

“La signorina Fiamma”, rispose lui incerto.

“Non conosco nessuna Fiamma”, replicò l’altro chiudendo la comunicazione. Era chiaro che lei non voleva incontrarlo, doveva mettersi il cuore in pace;  se non poteva ritrovarla gli restava solamente il ricordo della sera passata insieme ed era tanto dolce che quando gli tornava alla mente non poteva fare altro che provare una struggente nostalgia. 

 L’ingegner Morandi lo fece chiamare: “Andreani, questa volta non mi deve deludere”, disse, “domani Kreuzer l’aspetta cerchi di fare attenzione …le ho fatto prenotare un posto in aereo, non si sa mai”, concluse ironico.

“Stia tranquillo”, lo rassicurò Giulio, “vedrà che andrà tutto bene, ci metterò tutta l’attenzione…”

Il giorno seguente, mentre stava percorrendo il corridoio dell’aereo per raggiungere il suo posto Giulio ebbe un sussulto: una massa di capelli rossi gli fece battere il cuore. Vista da dietro, la donna che occupava la poltroncina davanti alla sua sembrava proprio Fiamma. Lui posò la borsa e lei si voltò.

“Giulio!”, esclamò sorpresa, “sei proprio tu”.

“C’è un destino che ci accomuna nei viaggi”, rispose lui felice d’averla ritrovata, “si può sapere perché non ti sei più fatta viva?”, riprese ,improvvisamente serio.

La ragazza ebbe un attimo di esitazione poi disse in fretta:
“Sono stata negli Stati Uniti per lavoro…ti avrei telefonato, credimi”.

“Ho provato io, ma non ho mai avuto il piacere di sentire la tua voce”, continuò lui con amarezza.

“Non potevo risponderti, ho perso il cellulare…è un periodo che non me ne va bene una”, replicò sconsolata Fiamma.

“Non lo dire a me, poi ti racconterò quello che mi è successo …cosa vai a fare a Zurigo questa volta?”, domandò lui.

“Sempre l’estetista”, rispose lei sorridendo.

“In che hotel sei?”, chiese ancora Giulio sempre più interessato.

“All’Ambassador”, rispose lei. Lui sussultò:

“Anch’io!”, esclamò raggiante, “così avremo tanto tempo tutto per noi”, aggiunse sorridendo maliziosamente.

Non l’aveva mai dimenticata e nel suo cuore c’era la speranza di conquistarla. Ricordava che, quando ballavano stretti al suono di quel pianoforte anche lei si era abbandonata fra le sue braccia e sembrava sincera…poi era sparita. Doveva crederle? forse stava dicendo la verità: se non si era fatta viva probabilmente era all’estero per lavoro.

L’aereo atterrò puntualmente, presero insieme un taxi e si fecero condurre all’hotel. Alla reception ognuno ritirò la chiave  della propria camera,  si guardarono in viso e si sorrisero: erano sullo stesso piano.

“Non poteva andare meglio”, esclamò Giulio, “siamo dirimpettai!”.

  Prima di infilare la chiave nella toppa si volse:
“Naturalmente ceniamo insieme”, disse, “…..se non hai altri impegni”.

“Nessun impegno, sono tutta per te”, scherzò lei.

 Giulio arrivò prima e aspettò. Quando Fiamma entrò in sala da pranzo gli sembrò quasi una visione: indossava un abito lungo di seta color smeraldo che lasciava scoperte le spalle bianche e ben fatte; i capelli rossi, come una luce, le illuminavano il viso. Avanzò fra i tavoli e lo raggiunse: gli occhi verdi, sapientemente truccati, erano dello stesso colore del vestito .

“Sei bellissima”, esclamò lui senza fiato. Si alzò di scatto per scostarle la sedia dal tavolo.

“E’ la terza volta che ceniamo insieme, sta diventando un’abitudine…”, disse lei accomodandosi.

“Molto piacevole, direi”, Giulio subiva il fascino di quella donna come mai gli era capitato.

 Dopo la  cena tornarono nel piano bar della prima sera, ballarono sulla musica di  quel pianista che suonava con gli occhi chiusi motivi mai dimenticati.. Ritrovarono la stessa atmosfera di allora e provarono le stesse emozioni abbracciati e dimentichi del tempo tanto che non si accorsero che la mezzanotte era passata da un pezzo. Quando uscirono, l’aria era tiepida, le luci del lungolago si riflettevano sull’acqua, l’atmosfera romantica era perfetta, anche in cielo splendevano luna e stelle. A quell’ora le strade erano quasi deserte e i pochi passanti non si curavano di due innamorati che si stavano baciando.

Arrivati davanti alla camera di Giulio,  Fiamma entrò con lui:
“Mi offri ancora un drink?”, nella sua voce c’era malizia e una velata promessa. Fiamma rimase con lui per il resto di quella magica notte.

Dalle tapparelle filtravano i raggi del sole e Giulio si stiracchiò nel letto, allungò una mano per accarezzare ancora una volta la pelle morbida di lei…ma le sue dita trovarono soltanto le lenzuola. Aprì gli occhi definitivamente e vide che il posto vicino a lui era vuoto. “Fiamma…amore!”, chiamò sicuro che lei fosse in bagno. Aspettò sotto le coperte  e approfittò per ricordare i momenti felici di quella notte d’amore. Aveva scoperto una donna meravigliosa che l’aveva catturato per sempre: non voleva lasciarla più dopo che aveva capito cos’era veramente la felicità.

Aspettò qualche minuto poi si alzò e bussò alla porta della toilette: nessuna risposta. Tentò di aprire e la maniglia docilmente cedette: la stanza era vuota.

Probabilmente se ne era andata in fretta per arrivare in tempo sul luogo del servizio…ma avrebbe potuto almeno lasciare un biglietto. Forse gli avrebbe telefonato più tardi…

Si mise addosso qualcosa e attraversò il corridoio per bussare alla porta della sua camera. Ma mentre si stava avvicinando vide che in camera un’ inserviente stava facendo le pulizie.

 Per avere maggiori informazioni chiamò la reception:

 “Vorrei sapere se la signorina della camera 165 è uscita”, chiese al portiere.
“La signorina ha lasciato l’albergo”.

“Come?”, chiese Giulio meravigliato.

“Sì, è partita”, tagliò corto l’altro.

La sorpresa gli tolse la parola, riagganciò e si sedette sul letto che aveva ancora il suo profumo. Doveva ammettere che l’aver conosciuto Fiamma, aveva portato lo scompiglio nella sua vita; in lei c’era qualcosa di misterioso che non riusciva a capire. Perché se ne era andata? Cosa l’aveva spinta a passare quella notte con lui per poi lasciarlo così…senza una parola. Le lancette dell’orologio purtroppo continuavano il loro cammino, il tempo passava e lui doveva muoversi, se non voleva far tardi all’appuntamento con Kreuzer. Sotto la doccia continuava a pensare a Fiamma. Come poteva ritrovarla? Non gli aveva lasciato nessun numero di telefono e nemmeno l’indirizzo, era sparita nel nulla senza dargli la possibilità di cercarla. Si vestì con cura e, prima di uscire aprì la solita valigetta per controllare che ci fosse tutto prima di affrontare il colloquio con lo svizzero. Una vampata di calore gli salì alla testa, nella borsa della busta non c’era traccia! …non poteva essere vero…era la seconda volta che gli capitava da quando aveva conosciuto Fiamma. Un terribile sospetto si insinuò nel suo cervello: era una spia della concorrenza, altro che estetista, faceva parte del mondo dello spionaggio industriale che non bada a niente pur di raggiungere lo scopo…e anche la finta suora era sua complice, poi, visto che non erano riuscite avevano fatto cercare nel suo appartamento la formula completa; ecco cos’era il caos in casa sua ;il furto non c’entrava per niente. Anche le telefonate misteriose facevano parte del piano, così Fiamma ci aveva provato una seconda volta…e con successo. Doveva essere andata proprio così, non c’era altra spiegazione. Si mise le mani nei capelli disperato, era stato pugnalato alla schiena proprio dalla donna che gli aveva fatto perdere la testa… senza contare che la sua carriera era definitivamente compromessa. Non aveva più il coraggio di presentarsi a Kreuzer e nemmeno di tornare in sede. Distrutto moralmente si lasciò cadere su una sedia con lo sguardo fisso nel vuoto. Quello che gli faceva più male era il tradimento di Fiamma, la notte era stata così bella e colma di passione che non poteva dimenticarsela. Lei sembrava sincera quando gli sussurrava “ti amo”, era talmente assurdo tutto questo che stentava osse tornata, pentita, l’avrebbe perdonata.

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