Cenarono insieme e
l’argomento di conversazione fu naturalmente il furto subito ma, fra un piatto
e l’altro, Fiamma convinse Giulio che non era poi così grave: quella finta
suora non era altro che una ladruncola:
“Quella lì credeva
di trovare del denaro e, visto che aveva in mano solo delle carte le avrà
stracciate…”.
“ Mi piacerebbe
che fosse così, in laboratorio abbiamo l’originale, quella era una copia…ma non
deve cadere in mani sbagliate…capisci? ”. Rimase un attimo perplesso poi scosse
la testa come per mandar via cattivi pensieri e aggiunse : “ …e se per dimenticare i nostri guai
andassimo a finire la serata in un locale?”.
“Perché no!…”,
rispose Fiamma.
Nel night c’era un’atmosfera retrò , un
pianista di colore stava suonando il motivo del film Casablanca e …Giulio si
sentì tanto Humphrey Bogart.
Si sedette accanto a Fiamma e la guardò negli
occhi mentre la sua bocca era vicinissima a quella di lei . “Al diavolo la
formula magica”, pensò, “ in questo momento voglio solo baciarla”. Le labbra si
unirono e Fiamma ricambiò il bacio . Ballarono nell’atmosfera romantica
suscitata da quella canzone senza tempo. Giulio sentiva la carezza dei capelli
fulvi sul collo, stringeva fra le braccia quel corpo morbido e profumato…..era
in un’altra dimensione…anche perché aveva bevuto qualche vodka di troppo.
Ma, dopo qualche ora trascorsa fra le nuvole,
Fiamma lo riportò alla realtà:
“Si è fatto tardi”, disse sbirciando l’orologio da polso, “domani devo organizzarmi per lavorare…mi dispiace, ma dobbiamo andare”.
“Si è fatto tardi”, disse sbirciando l’orologio da polso, “domani devo organizzarmi per lavorare…mi dispiace, ma dobbiamo andare”.
Raccolse la borsetta e si preparò ad uscire.
“Ancora un poco…te
ne prego…”, rispose Giulio che non sapeva staccarsi da lei.
“Non possiamo,
vieni, ….”, disse Fiamma prendendolo per
mano.
Giulio si lasciò
portare via: “Va bene…ma giurami che ci vedremo ancora”.
“Te lo giuro, sei
contento?”, rispose lei dolcemente.
Uscirono nella
notte chiara abbracciati come due innamorati, arrivarono all’albergo e lei si
staccò:
“Grazie per la magnifica serata…era tanto tempo che non mi sentivo così bene”, disse guardandolo in viso.
“Grazie per la magnifica serata…era tanto tempo che non mi sentivo così bene”, disse guardandolo in viso.
Lui la strinse ancora una volta: “Ti
accompagno in camera”, sussurrò.
“No”, rispose lei
decisa, “lasciamoci così, almeno per ora, poi …non si sa”.
“Mi telefonerai?”,
insisté lui, “voglio rivederti. Ti prego Fiamma dimmi di sì”.
“Naturalmente…ci
incontreremo a Milano, quando sarai più tranquillo”, disse la ragazza
avvicinando il viso per posargli un piccolo bacio sulla bocca.
Poi l’ascensore la portò via e lui rimase a
fissare la porta dietro la quale lei era sparita, uscì in strada e s’incamminò
tristemente fino all’hotel dove era alloggiato, lo aspettava una notte agitata.,
Sull’aereo che lo
riportava a Malpensa, Giulio aveva la testa zeppa di pensieri e sensazioni: la
formula scomparsa, l’assurdo colloquio con il dottor Kreuzer , le spiegazioni
che avrebbe dovuto dare ai superiori e…Fiamma. . Il ricordo mitigava in parte
gli altri problemi ma la realtà era un’altra e anche molto cruda: non poteva
permettersi di distrarsi cullandosi in un sogno. Purtroppo al suo ritorno
doveva superare una dura prova.
Entrò nell’ufficio
del capo, pronto a difendersi.
L’ingegnere Morandi
, quando lui entrò, gli andò incontro:
“Cosa mi combina, Andreani”, esclamò.
“Cosa mi combina, Andreani”, esclamò.
Inaspettatamente il suo tono non era di
rimprovero, gli mise una mano sulla spalla: “Kreuzer mi ha telefonato per
raccontarmi la sua disavventura. Mi spieghi cosa è successo”.
“Ecco…in treno mi
hanno rubato i documenti, non so come sia accaduto”, naturalmente si guardò
bene dal raccontare il suo incontro con Fiamma.
“E’ stata una cosa
grave, se ne rende conto…se la formula cade in mano della concorrenza possiamo
scordarci il nostro progetto”, replicò Morandi diventando improvvisamente
serio.
“Certo, mi creda,
ancora adesso non riesco a spiegarmelo: c’era una suora nello scompartimento e
mi sono assentato pochi minuti per andare alla toilette”, mentì, “quella era
una ladra!”.
“Si sieda, anch’io
devo confessarle qualcosa”, l’ingegnere si allungò sulla sedia. Stupito Giulio
guardò in viso il superiore. “C’è stato un errore anche da parte nostra, e
forse è meglio che sia andata così….”continuò Morandi accendendosi una
sigaretta. Porse la scatola: “Ne vuole?”, disse con un mezzo sorriso.
“Grazie, non
fumo”, rispose Giulio sempre più sconcertato aspettando con ansia di sapere.
“Nel plico mancava
una parte della formula, un importante passaggio; un errore della segretaria che ha dimenticato
di inserire un foglio nell’incartamento. Come vede ci è andata ancora bene… però la
prossima volta dovrà stare più attento”, affermò scuotendo la testa in segno di
disapprovazione.
“Vuol dire che
sono andato a consegnare un dossier incompleto?”, riuscì finalmente a dire
Giulio.
“Purtroppo sì”, fu
obbligato a rispondere l’altro.
“Ah, questa è
bella! Ma mi toglie un peso immenso, ora sono più
leggero”, esclamò il giovane alzandosi. “Quando sarà il momento stia tranquillo
che porterò a termine la prossima missione a tutti i costi”.
Morandi lo guardò
uscire con passo deciso e la testa alta,
molto più allegro di quando era entrato.
Giulio infatti era così felice che avrebbe voluto ballare.
Quella sera rientrò a casa di buon umore,
voleva telefonare a Fiamma per condividere la sua
allegria. Quando arrivò sul piano, con sua sorpresa, si accorse che la porta
era aperta, con un leggero tocco la spinse e si spalancò. La visione che gli si
parò davanti lo fece rimanere di stucco: nell’appartamento sembrava fosse
passato un ciclone, regnava il caos più totale. Cassetti rovesciati, cuscini
sventrati, l’armadio aperto e gli abiti buttati sul letto, anche il computer
era acceso, sparse sul pavimento le
chiavette che aveva nel cassetto della scrivania.
“Mio Dio”, esclamò
costernato, “sono venuti i ladri!”
Scavalcò le cose
per terra per andare a controllare la cassaforte portatile che, naturalmente,
era aperta. Dopo un’ispezione accurata
costatò che non mancava nulla; anche i quadri e la poca argenteria che
possedeva, erano al loro posto: non gli avevano rubato niente e allora…perché?
Si chiese. Forse erano stati disturbati e non avevano potuto portare a termine il
furto.
“Chiamo la polizia”,
decise. Prese il telefono ma si fermò prima di comporre il numero. “Cosa dico?, che ho avuto la visita dei soliti
ignoti e non mi hanno rubato niente? Meglio lasciar perdere…andrei solo
incontro a delle grane”.
Si mise a
raccattare tutto quello che c’era sul pavimento poi, sconsolato, si gettò sul
letto e chiuse gli occhi.
Da qualche giorno
gli stavano accadendo le cose più strane: era diventato il bersaglio dei ladri
e non se ne spiegava il motivo. Era certamente una fatalità, ma il susseguirsi
di quegli avvenimenti gli aveva messo addosso una certa angoscia.
La visione della
sua casa a soqquadro gli aveva fatto perdere l’appetito, non aveva nessuna
voglia di farsi da mangiare, tanto più che la cucina era così sottosopra che
non avrebbe trovato niente; anche quello che c’era in frigorifero era stato
tolto e messo sul tavolo, compresi i cubetti del ghiaccio che avevano lasciato
una pozza d’acqua sulle piastrelle.
Si alzò di
malavoglia, uscì per recarsi alla pizzeria più vicina; ingurgitò qualcosa e
tornò a casa sempre più di malumore. Quello che gli si ripresentò aprendo la
porta gli diede una leggera nausea. “Basta!”, si disse, “domani farò venire
qualcuno a mettere in ordine, adesso non voglio pensarci più”. Cercò nel
portafoglio il numero di Fiamma ma “…l’abbonato
non è reperibile…il telefono potrebbe essere spento”, annunciò la voce anonima.
“Proverò più tardi”, pensò. Accese il
televisore e si sdraiò sul divano, guardava
il video, ma la mente era altrove. Glie ne erano capitate troppe per non
pensarci, voleva sentire Fiamma, forse
l’avrebbe calmato, non aveva voglia di parlare con nessun altro. Ma tutti i
tentativi per mettersi in contatto con lei andarono a vuoto, il segnale restava senza risposta. Prese un sonnifero e
si ficcò sotto le coperte.
Giulio dormiva e gli sembrava di essere in
un’altra dimensione: un rumore insistente lo disturbava mentre tentava di
recuperare il sogno perduto; si rese conto solo dopo una serie di squilli che
stava suonando il telefono. Diede un’occhiata alla sveglia sul comodino: erano
le due. Si alzò con fatica:
“Pronto”, disse ancora addormentato, “chi è a quest’ora…”
“Pronto”, disse ancora addormentato, “chi è a quest’ora…”
Una voce rauca
uscì dalla cornetta: “Sono un amico, non ti preoccupare…”
Giulio si svegliò
di colpo, pensò subito a uno sbaglio, ma quella voce l’aveva messo in allarme:
“ Forse questo non
è il numero che cerca”, rispose.
“No…no, è proprio
questo il numero…tu non sei il dottor Andreani…Giulio Andreani?”, proseguì lo
sconosciuto.
Giulio rispose
affermativamente e l’altro continuò:
“Allora cerca di non fare il furbo…tu mi hai
capito…”, dopo una pausa durante la quale si sentiva l’ansimare dell’uomo
dall’altro capo del telefono, la comunicazione si interruppe.
A Giulio non restò
altro che tornare a letto, ma ormai il sonno se n’era andato….capiva sempre
meno cosa gli stesse accadendo: non aveva nemici, non aveva mai fatto del male
a nessuno. Restò a pensare fino al mattino senza aver risolto il mistero.” Tu
mi hai capito”, aveva detto quell’uomo. Cosa doveva aver capito? Nella sua vita
non c’era nulla di men che limpido: usciva con gli amici, aveva un’affettuosa
amicizia con Claudia, ma niente di impegnativo….quel tanto che bastava per non
passare solo tutte le serate….si interrogava, ma non trovava risposte.
La telefonata
poteva essere lo scherzo di un burlone…sicuramente era così. Si convinse e
cercò di non pensarci più…ma qualche giorno dopo nella casella della posta
trovò un biglietto:
“Ti consiglio di pensare a quello che ti ho
detto al telefono. Il solito amico”.
Questa volta cominciò a preoccuparsi: avrebbe
voluto recarsi subito al commissariato, ma poi ci ripensò; decise che se fosse
arrivata un’altra intimidazione, allora avrebbe preso provvedimenti. Tornò a
lavorare ma non disse a nessuno del furto né delle minacce subite, non voleva
che tutti pensassero a lui come al perseguitato dalla sfortuna. Si buttò sulle
sue formule in laboratorio fra le provette per dimenticare quella serie di
disgrazie sperando di non incappare in altre peggiori. Non ci fu un altro
avviso, tutto rimase tranquillo per una settimana.
Intanto il dottor Kreuzer aveva fatto sapere
che prima di venti giorni non poteva essere disponibile per un altro
appuntamento; durante questo periodo Giulio tentò di trovare Fiamma, anche per
raccontarle quello che gli stava succedendo e avere da lei qualche consiglio…
ma non ci riuscì. Durante l’ultimo tentativo una voce d’uomo gli rispose: “Chi
cerca?”
“La signorina
Fiamma”, rispose lui incerto.
“Non conosco
nessuna Fiamma”, replicò l’altro chiudendo la comunicazione. Era chiaro che lei
non voleva incontrarlo, doveva mettersi il cuore in pace; se non poteva ritrovarla gli restava
solamente il ricordo della sera passata insieme ed era tanto dolce che quando
gli tornava alla mente non poteva fare altro che provare una struggente
nostalgia.
L’ingegner Morandi lo fece chiamare: “Andreani,
questa volta non mi deve deludere”, disse, “domani Kreuzer l’aspetta cerchi di
fare attenzione …le ho fatto prenotare un posto in aereo, non si sa mai”,
concluse ironico.
“Stia tranquillo”,
lo rassicurò Giulio, “vedrà che andrà tutto bene, ci metterò tutta
l’attenzione…”
Il giorno
seguente, mentre stava percorrendo il corridoio dell’aereo per raggiungere il
suo posto Giulio ebbe un sussulto: una massa di capelli rossi gli fece battere
il cuore. Vista da dietro, la donna che occupava la poltroncina davanti alla
sua sembrava proprio Fiamma. Lui posò la borsa e lei si voltò.
“Giulio!”, esclamò
sorpresa, “sei proprio tu”.
“C’è un destino
che ci accomuna nei viaggi”, rispose lui felice d’averla ritrovata, “si può
sapere perché non ti sei più fatta viva?”, riprese ,improvvisamente serio.
La ragazza ebbe un
attimo di esitazione poi disse in fretta:
“Sono stata negli Stati Uniti per lavoro…ti avrei telefonato, credimi”.
“Sono stata negli Stati Uniti per lavoro…ti avrei telefonato, credimi”.
“Ho provato io, ma
non ho mai avuto il piacere di sentire la tua voce”, continuò lui con amarezza.
“Non potevo
risponderti, ho perso il cellulare…è un periodo che non me ne va bene una”,
replicò sconsolata Fiamma.
“Non lo dire a me,
poi ti racconterò quello che mi è successo …cosa vai a fare a Zurigo questa
volta?”, domandò lui.
“Sempre l’estetista”,
rispose lei sorridendo.
“In che hotel
sei?”, chiese ancora Giulio sempre più interessato.
“All’Ambassador”,
rispose lei. Lui sussultò:
“Anch’io!”,
esclamò raggiante, “così avremo tanto tempo tutto per noi”, aggiunse sorridendo
maliziosamente.
Non l’aveva mai
dimenticata e nel suo cuore c’era la speranza di conquistarla. Ricordava che,
quando ballavano stretti al suono di quel pianoforte anche lei si era
abbandonata fra le sue braccia e sembrava sincera…poi era sparita. Doveva
crederle? forse stava dicendo la verità: se non si era fatta viva probabilmente
era all’estero per lavoro.
L’aereo atterrò
puntualmente, presero insieme un taxi e si fecero condurre all’hotel. Alla reception
ognuno ritirò la chiave della propria
camera, si guardarono in viso e si
sorrisero: erano sullo stesso piano.
“Non poteva andare
meglio”, esclamò Giulio, “siamo dirimpettai!”.
Prima
di infilare la chiave nella toppa si volse:
“Naturalmente ceniamo insieme”, disse, “…..se non hai altri impegni”.
“Naturalmente ceniamo insieme”, disse, “…..se non hai altri impegni”.
“Nessun impegno, sono
tutta per te”, scherzò lei.
Giulio arrivò prima e aspettò. Quando Fiamma
entrò in sala da pranzo gli sembrò quasi una visione: indossava un abito lungo
di seta color smeraldo che lasciava scoperte le spalle bianche e ben fatte; i
capelli rossi, come una luce, le illuminavano il viso. Avanzò fra i tavoli e lo
raggiunse: gli occhi verdi, sapientemente truccati, erano dello stesso colore
del vestito .
“Sei bellissima”,
esclamò lui senza fiato. Si alzò di scatto per scostarle la sedia dal tavolo.
“E’ la terza volta
che ceniamo insieme, sta diventando un’abitudine…”, disse lei accomodandosi.
“Molto piacevole,
direi”, Giulio subiva il fascino di quella donna come mai gli era capitato.
Dopo la cena tornarono nel piano bar della prima sera,
ballarono sulla musica di quel pianista
che suonava con gli occhi chiusi motivi mai dimenticati.. Ritrovarono la stessa
atmosfera di allora e provarono le stesse emozioni abbracciati e dimentichi del
tempo tanto che non si accorsero che la mezzanotte era passata da un pezzo.
Quando uscirono, l’aria era tiepida, le luci del lungolago si riflettevano
sull’acqua, l’atmosfera romantica era perfetta, anche in cielo splendevano luna
e stelle. A quell’ora le strade erano quasi deserte e i pochi passanti non si
curavano di due innamorati che si stavano baciando.
Arrivati davanti
alla camera di Giulio, Fiamma entrò con
lui:
“Mi offri ancora un drink?”, nella sua voce c’era malizia e una velata promessa. Fiamma rimase con lui per il resto di quella magica notte.
“Mi offri ancora un drink?”, nella sua voce c’era malizia e una velata promessa. Fiamma rimase con lui per il resto di quella magica notte.
Dalle tapparelle
filtravano i raggi del sole e Giulio si stiracchiò nel letto, allungò una mano
per accarezzare ancora una volta la pelle morbida di lei…ma le sue dita
trovarono soltanto le lenzuola. Aprì gli occhi definitivamente e vide che il
posto vicino a lui era vuoto. “Fiamma…amore!”, chiamò sicuro che lei fosse in bagno.
Aspettò sotto le coperte e approfittò
per ricordare i momenti felici di quella notte d’amore. Aveva scoperto una
donna meravigliosa che l’aveva catturato per sempre: non voleva lasciarla più
dopo che aveva capito cos’era veramente la felicità.
Aspettò qualche
minuto poi si alzò e bussò alla porta della toilette: nessuna risposta. Tentò
di aprire e la maniglia docilmente cedette: la stanza era vuota.
Probabilmente se
ne era andata in fretta per arrivare in tempo sul luogo del servizio…ma avrebbe
potuto almeno lasciare un biglietto. Forse gli avrebbe telefonato più tardi…
Si mise addosso
qualcosa e attraversò il corridoio per bussare alla porta della sua camera. Ma mentre
si stava avvicinando vide che in camera un’ inserviente stava facendo le
pulizie.
Per avere maggiori informazioni chiamò la
reception:
“Vorrei sapere se la signorina della camera 165
è uscita”, chiese al portiere.
“La signorina ha lasciato l’albergo”.
“La signorina ha lasciato l’albergo”.
“Come?”, chiese
Giulio meravigliato.
“Sì, è partita”,
tagliò corto l’altro.
La sorpresa gli
tolse la parola, riagganciò e si sedette sul letto che aveva ancora il suo profumo.
Doveva ammettere che l’aver conosciuto Fiamma, aveva portato lo scompiglio
nella sua vita; in lei c’era qualcosa di misterioso che non riusciva a capire.
Perché se ne era andata? Cosa l’aveva spinta a passare quella notte con lui per
poi lasciarlo così…senza una parola. Le lancette dell’orologio purtroppo
continuavano il loro cammino, il tempo passava e lui doveva muoversi, se non
voleva far tardi all’appuntamento con Kreuzer. Sotto la doccia continuava a
pensare a Fiamma. Come poteva ritrovarla? Non gli aveva lasciato nessun numero
di telefono e nemmeno l’indirizzo, era sparita nel nulla senza dargli la
possibilità di cercarla. Si vestì con cura e, prima di uscire aprì la solita
valigetta per controllare che ci fosse tutto prima di affrontare il colloquio
con lo svizzero. Una vampata di calore gli salì alla testa, nella borsa della
busta non c’era traccia! …non poteva essere vero…era la seconda volta che gli
capitava da quando aveva conosciuto Fiamma. Un terribile sospetto si insinuò
nel suo cervello: era una spia della concorrenza, altro che estetista, faceva
parte del mondo dello spionaggio industriale che non bada a niente pur di
raggiungere lo scopo…e anche la finta suora era sua complice, poi, visto che
non erano riuscite avevano fatto cercare nel suo appartamento la formula
completa; ecco cos’era il caos in casa sua ;il furto non c’entrava per niente.
Anche le telefonate misteriose facevano parte del piano, così Fiamma ci aveva
provato una seconda volta…e con successo. Doveva essere andata proprio così,
non c’era altra spiegazione. Si mise le mani nei capelli disperato, era stato
pugnalato alla schiena proprio dalla donna che gli aveva fatto perdere la
testa… senza contare che la sua carriera era definitivamente compromessa. Non
aveva più il coraggio di presentarsi a Kreuzer e nemmeno di tornare in sede.
Distrutto moralmente si lasciò cadere su una sedia con lo sguardo fisso nel
vuoto. Quello che gli faceva più male era il tradimento di Fiamma, la notte era
stata così bella e colma di passione che non poteva dimenticarsela. Lei
sembrava sincera quando gli sussurrava “ti amo”, era talmente assurdo tutto
questo che stentava osse tornata, pentita, l’avrebbe perdonata.
Nessun commento:
Posta un commento