Sul giornale
italiano che acquistava quotidianamente per seguire, anche da lontano, le vicende della madrepatria, vide la
pubblicità della crema di bellezza ‘Jeunesse’, il nome del suo sogno infranto.
Sentì un colpo in pieno petto, dentro di lui c’era quella colpa che non aveva
mai dimenticato: era il chimico che si era fatto soffiare la formula della
giovinezza e vedere lì, su quella pagina la realizzazione di tutte le ore
passate a studiare chino sulle provette in laboratorio, gli diede un grande
dispiacere. Ripensò al passato e naturalmente il viso intenso di Fiamma
sovrastava tutti gli altri ricordi. Con la pagina aperta si fermò per strada a
leggere il testo per sapere finalmente chi aveva prodotto la crema di bellezza: seppe così che era una nota industria di
cosmetici, sicuramente quella che gli aveva messo alle calcagna Fiamma. Gli
scoppiò dentro la rabbia, che credeva di avere assopito durante il suo
soggiorno in India, e gli venne voglia di tornare per ritrovare quella donna
che l’aveva tradito con tanta indifferenza … era stato difficile mandar giù un
boccone così amaro.
Continuò la strada verso il laboratorio di
Rhami, nella sua testa si accavallavano i pensieri e quando entrò l’amico si
accorse dalla sua espressione che
qualcosa non andava.
“Cosa ti è
successo?”, gli chiese.
“Niente… ho visto
sul giornale qualcosa che mi ha ricordato il passato…. ma ormai non ci voglio
pensare più …”, rispose lui tranquillizzandolo.
Rhami lo guardò non molto convinto:
“Se c’è qualche
segreto che mi devi confidare, ti ascolto…forse ti farebbe bene. Sono certo che c’è qualcosa che ti turba, ti vedo spesso
pensieroso”, gli disse l’amico sedendosi. “avanti, fuori il rospo!”.
Per Giulio
rivangare quei giorni era una sofferenza, ma non poteva sempre tenere dentro di
lui quell’oppressione e lentamente, cercando le parole, facendo uno sforzo su
se stesso, raccontò tutto all’amico, senza dire però che si era innamorato
della donna che l’aveva attirato nel tranello.
“Doveva essere
molto bella per farti dimenticare lo scopo del tuo viaggio…”, commentò Rhami.
“Straordinaria…,
ma doveva essere soltanto un’avventura…”, rispose Giulio fissando un punto nel
vuoto. Rivedeva in quel momento il viso di Fiamma, i suoi occhi verdi che lo
guardavano in quel modo particolare che lui aveva scambiato per amore…
Rhami si alzò, gli
battè una mano sulla spalla:
“Cerca di dimenticare e convinciti che non è stata tutta colpa tua…forse avrei fatto la stessa cosa anch’io”.
“Cerca di dimenticare e convinciti che non è stata tutta colpa tua…forse avrei fatto la stessa cosa anch’io”.
Ripresero a
lavorare insieme .
“Lena ti saluta e
ti aspetta”, disse ad un tratto l’amico, “come mai non sei più venuto?”
“Non voglio essere
importuno”, balbettò Giulio.
“Ho capito… da
quando hai visto il marito e il figlio di mia sorella, non hai più frequentato
la nostra casa. Vorrei farti una domanda indiscreta…” chiese con circospezione
Rhami.
“Dimmi pure”.
“Forse Lena ti
interessa in altro modo, oltre che amica?”.
Preso alla sprovvista Giulio non seppe cosa
rispondere , Rhami si avvicinò.
“Nadir è un bravo
ragazzo, è un buon medico e lavora nello stesso ospedale di Lena e…si vedono
spesso. Si sono lasciati perché lui ha avuto una sbandata per un’infermiera, ma
ora è tutto passato, solo che lei non riesce a perdonare. Secondo me dovrebbe
farlo, hanno un figlio…dovrebbero pensare a lui. Cosa ne dici?”
“Hai perfettamente
ragione”, rispose Giulio, ma nel pronunciare queste parole era confuso, stranamente
sentiva una velata gelosia , qualcosa gli diceva che se fosse stata libera,
forse Lena poteva fargli dimenticare Fiamma.
Cercò di essere evasivo, questo argomento lo
metteva in imbarazzo perché non sapeva dare una risposta. Si mise a testa bassa
sul bancone di lavoro e cominciò a trafficare.
Erano parecchi giorni che stavano cercando di
realizzare un nuovo farmaco a base naturale, qualcosa che rinforzasse le difese
dell’organismo e potesse combattere le infezioni; man mano che il lavoro andava
avanti erano presi sempre più dall’entusiasmo perché capivano che, prima o poi,
ce l’avrebbero fatta. Giulio era felice
di aver collaborato con l’amico, di aver messo a sua disposizione l’esperienza
acquisita in Italia, aveva dimostrato di essere un ottimo chimico e questo era
per lui di grande soddisfazione.
Dopo innumerevoli esperimenti durante i quali
talvolta cadevano nello sconforto, finalmente arrivò il momento magico. Avevano
appena terminato di effettuare un’ennesima prova quando Rhami alzò due dita in
segno di vittoria:
“Funziona!”, esclamò raggiante. Si abbracciarono come due bambini felici.
“Funziona!”, esclamò raggiante. Si abbracciarono come due bambini felici.
“Ora non resta che
farlo approvare “, disse Giulio, “però, adesso ci vuole un brindisi”. Trasse
dall’armadietto una bottiglia di wisky e due bicchieri, ingollarono il liquido
ambrato tutto d’un fiato: “Al nostro avvenire!”, esclamarono.
“Questa sera vieni
da noi, dobbiamo festeggiare”, disse Rhami leggermente euforico.
Quando rivide
Lena, non riuscì a guardarla negli occhi. Lei si avvicinò:
“So perché non sei più venuto”, gli disse .
“So perché non sei più venuto”, gli disse .
“Come vedi abbiamo
lavorato sodo, stasera siamo qui per stappare dello champagne…”disse lui
facendo finta di non aver capito quello che gli voleva dire.
“Sono felice per
voi…è un gran giorno ma…vorrei parlarti. Ti ho aspettato, ma non ti ho più visto e ho
capito perché”, Lena lo condusse in un angolo appartato e gli prese le mani:
“Sono sposata, è
vero…ma, ti assicuro che quella ormai è una storia finita…”
“E tuo figlio?”,
chiese lui. Un’ombra passò sul viso della giovane donna:
“Forse è l’unica cosa che mi farà rimpiangere
il fatto di essermi staccata da Nadir”, disse sottovoce abbassando la testa.
“Rhami mi ha detto
che con l’altra è finita…perché non lo perdoni?”, continuò Giulio alzandole il
viso per guardarla negli occhi.
“Non posso”, lei
gli prese la mano..” Quando tu sei entrato nella mia vita ho creduto di poter
voltare definitivamente pagina, ma mi sono sbagliata. Tu, non mi vuoi, l’ho
intuito da tante cose”.
“Perché dici
questo?”; rispose Giulio accarezzandole i capelli,” avevo capito i tuoi
sentimenti e anch’io stavo cedendo alla tua dolcezza, ma…quando ho visto Omar,
il tuo bambino, ho pensato che la cosa migliore fosse ritirarmi in tempo, prima
che fossimo coinvolti in qualcosa che forse ti avrebbe fatto soffrire…Credo di
essermi comportato nel modo migliore…non volermene”.
“Capisco”, rispose
lei abbassando lo sguardo, “rimaniamo almeno amici?”
“Questo
senz’altro”, la sua mano le sfiorò una guancia “sei pallida, non ti senti
bene?”
Toccandosi la
fronte, Lena mormorò: “In effetti è qualche giorno che ho un forte mal di
testa”.
Rhami si avvicinò, lei si sedette su una
poltrona, senza forze.
“Ho le
vertigini…vorrei un bicchiere d’acqua”.
La moglie di Rhami
corse in cucina, Giulio le mise una mano sulla fronte che bruciava.
“Tu hai la febbre,
vai subito a letto”, esclamò.
“Non
preoccupatevi”, rispose Lena con un fil di voce “non è niente, prenderò
un’aspirina e domani starò meglio”.
Ma l’indomani
Rhami gli disse che Lena aveva trascorso una brutta notte: delirava e la febbre
era salita.
“Cosa si può
fare…ci vuole un medico”, disse allarmato Giulio.
“Ti dimentichi che
lei stessa è un dottore?”; rispose l’amico con un debole sorriso, “comunque
questa mattina verrà Nadir, vedrai che tutto andrà bene”.
Continuarono a
lavorare, ma in quelle ore il pensiero di Giulio era per Lena, sentiva che la febbre
poteva essere qualcosa di più di una semplice influenza. Infatti, quando la
sera la vide abbandonata nel letto con il visino pallido, gli occhi cerchiati si
preoccupò, ma Nadir era al suo
capezzale e non la lasciava un istante.
“Purtroppo, sembra che abbia contratto qualche morbo,
probabilmente in ospedale. Ho fatto fare
gli esami del sangue e il livello d’infezione è molto alto…proviamo con un
altro antibiotico, più mirato ”, disse, però nella sua voce c'era ansia.
Ma nei giorni che seguirono la situazione non si era sbloccata, non si trovava l’antibiotico
adatto e la febbre continuava ad ardere quel corpo che era diventato ancora più
sottile.
Nadir aveva fatto
tutto quello che era possibile: “E’ un virus sconosciuto…non so dove battere la
testa”. Girava per la casa, disperato: avrebbe dato qualunque cosa pur di non
perdere la donna che ancora amava.
“Non lasciarmi”,
lo sentivano sussurrare, “ ti amo, voglio ricominciare la vita con te”.
Passava ore chino
su di lei per scrutare un miglioramento anche lieve che gli potesse dare
qualche speranza.
Verso sera Lena aprì gli occhi e vide chino su di sé il viso ansioso del
marito:
“Non preoccuparti, non è niente”, sussurrò”,
vedrai che andrà tutto bene”, e mentre pronunciava queste parole si alzò dal
cuscino, ma poi ricadde senza forze.
“Voglio vedere Omar”, disse con un filo di
voce.
Giulio non seppe
trattenere le lacrime ma, in quel preciso istante nella sua mente sconvolta
scaturì un’idea:
“Rhami”, disse all’amico, “ proviamo con il nostro farmaco, visto che la medicina tradizionale non è in grado di guarirla”.
“Rhami”, disse all’amico, “ proviamo con il nostro farmaco, visto che la medicina tradizionale non è in grado di guarirla”.
L’altro lo guardò
stupito: “Ma non è ancora stato approvato…”
“Non importa”,
rispose deciso Giulio, “non le può fare del male…ti prego, tentiamo”.
Rhami si lasciò
convincere e poco dopo tornò con un flacone contenente un liquido verde,
somministrò la medicina alla sorella con la mano che gli tremava. “Ora ognuno
preghi il suo Dio”, disse commosso.
Vegliarono tutta la notte, spiando sul viso
dell’ammalata i cambiamenti, a intervalli regolari le diedero la medicina a
base di erbe, frutto dei loro esperimenti. Fino alla mattina non notarono nulla
di nuovo, Lena, con gli occhi chiusi ansimava e tremava in preda alla febbre.
Giulio si era assopito quando sentì qualcuno che lo scuoteva:
“Guarda…”, stava dicendogli Nadir, “sembra più
calma e più fresca…la febbre se n’è andata”.
Si alzò di scatto,
infatti i lineamenti di Lena erano più distesi e stava dormendo tranquilla.
“Forse ce
l’abbiamo fatta”, disse sollevato, “sarei l’uomo più felice del mondo!”.
Nadir era vicino a
lei, rimase così per ore aspettando il suo risveglio e, quando Lena aprì gli
occhi era come rinata. Sul suo viso smunto gli occhi erano diventati ancora più
grandi. “ Da quanto tempo sei qui?”, mormorò con un sorriso.
“Non importa”,
rispose lui, “ come stai?”
“Molto meglio…ho
fatto un lunghissimo sonno…mi sembra di essere tornata da tanto lontano”.
Nadir le sfiorò il
viso con una carezza:
“Ora sono
contento…posso andare a dormire anch’io, ma prima ti voglio dire che ti voglio
tanto bene”.
Lena gli allungò
una mano e strinse la sua: “Anch’io.....”, rispose.
Da quel momento la
giovane donna cominciò lentamente a riprendersi e la serenità tornò in quella
casa.
Rhami e Giulio
erano al settimo cielo, aveva sperimentato il loro farmaco, seppure in quelle
tragiche circostanze, e non vedevano l’ora di vederlo approvare per poterlo
mettere a disposizione di chi ne aveva bisogno.
Infatti dopo
qualche tempo, la pozione fatta di erbe ebbe un grande successo,
insperabilmente per Giulio quello che non aveva potuto avere a casa sua l’aveva
trovato in un altro paese: questo lo inorgogliva e gli ridava quella fiducia in
se stesso che aveva perso dopo la disavventura subita. Però, man mano che
passava il tempo sentiva sempre più forte il desiderio di tornare in Italia,
voleva rivedere i parenti, gli amici e…Fiamma, la spia che l’aveva ingannato ,
ora sapeva chi l’aveva ingaggiata .
Voleva vedersela davanti per chiederle se si ricordava ancora dell’appassionata notte
di Zurigo. Non poteva aver mentito, se
l’aveva fatto aveva recitato da grande artista una commedia che le si addiceva
perfettamente…Se voleva rivederla era anche per capire se stesso: voleva
scrutarsi dentro per sapere se per lei provava odio o amore.
Partì in una
mattina d’estate: all’aereo lo accompagnarono Rhami, sua moglie, e anche Lena
con Nadir e Omar.. Promise di tornare, e ne aveva le intenzioni anche perché
ormai aveva fatto all’amico una promessa: non lasciarlo solo alle prese del
mercato dell’erboristeria.
“Mi raccomando…torna presto, tutti ti
aspettiamo”, gli disse Lena al braccio del marito. Giulio la guardò un’ultima
volta prima di andarsene: era contento che lei avesse ricostituito la famiglia
e una volta di più si convinse di aver fatto la cosa più giusta..
Appena tornata da
Zurigo, Fiamma entrò con irruenza nell’ufficio del capo e sbatté la busta
gialla sulla scrivania:
“Ecco la maledetta formula, questa è l’ultima volta che mi presto a queste porcherie, ricordatelo…”, disse inferocita.
“Ecco la maledetta formula, questa è l’ultima volta che mi presto a queste porcherie, ricordatelo…”, disse inferocita.
L’altro fece un balzo sulla sedia:
“Non mi sembri di buon umore”, rispose mentre la bocca si stirava in un sorriso ironico, “comunque sei stata una brava ragazza. Sei stata meglio anche dei professionisti, che hanno tentato di spaventare il nostro amico senza riuscirci…Quando abbiamo visto che la formula era incompleta abbiamo pensato che Andreani ci volesse fregare, per nostra fortuna non era così. Meno male che poi sei entrata in scena tu, con il tuo fascino: grazie a te possiamo dire di aver salvato l’azienda dalla bancarotta”.
“Non mi sembri di buon umore”, rispose mentre la bocca si stirava in un sorriso ironico, “comunque sei stata una brava ragazza. Sei stata meglio anche dei professionisti, che hanno tentato di spaventare il nostro amico senza riuscirci…Quando abbiamo visto che la formula era incompleta abbiamo pensato che Andreani ci volesse fregare, per nostra fortuna non era così. Meno male che poi sei entrata in scena tu, con il tuo fascino: grazie a te possiamo dire di aver salvato l’azienda dalla bancarotta”.
“Non avevo altra
alternativa, o rubare il plico o mandare sulla strada impiegati e operai,
ma…non contare più su di me, non voglio più saperne dei vostri intrighi”,
esclamò Fiamma con la voce strozzata per l’agitazione.
Uscì dalla stanza sbattendo la porta. Da
quando aveva lasciato Giulio stava combattendo una battaglia con se stessa, era
consapevole di essersi comportata male ma sapeva anche che, la notte trascorsa
in albergo con Giulio le aveva giocato un brutto scherzo: si era innamorata di
lui. Ricordava la sua angoscia quando l’aveva guardato mentre dormiva beato,
convinto di averla al suo fianco: si era voltata ancora, prima di chiudere
definitivamente la porta. Sapeva di tradirlo e non lo avrebbe mai voluto fare.
Lui le aveva dato momenti così belli che non si meritava quello che stava per
fargli, immaginava la sua delusione quando avrebbe riaperto gli occhi e avrebbe
trovato il posto vuoto. Era stata tentava di lasciar perdere tutto e tornare da
lui, ma non poteva. Sentiva ancora la
voce del capo: “Devi assolutamente condurre a termine questo incarico, siamo
nelle tue mani… stiamo andando in malora, l’unica soluzione è tornare sul
mercato con un nuovo prodotto. ‘Jeunesse’ farebbe proprio al caso nostro: è un
cosmetico rivoluzionario…bisogna assolutamente impadronirsi della sua formula.
Con la tua bellezza riusciresti a trarre in inganno qualunque uomo.”
Accettò quasi per gioco, le sorrideva il
pensiero di usare il suo fascino per sedurre, poi era stata presa dal
sentimento e, quando quella sera entrò nella camera di Giulio non aveva intenzione di rimanerci, voleva al
limite distrarlo in qualsiasi modo per rubargli il plico al momento
opportuno…ma poi rimase tutta la notte. Perché l’aveva fatto? Se lo chiedeva sull’aereo che la riportava in Italia, avrebbe voluto ritornare indietro,
nel night, abbracciata a lui mentre ballava sentiva il profumo della sua pelle
e non avrebbe mai voluto staccarsi da lui…quando, di notte gli aveva detto “ti
amo”, era vero, in quel momento era sincera e l’amava con tutta se stessa.
Poi…il tradimento; avrebbe voluto cancellare
il tempo e voleva cancellarlo anche dalla memoria. Nel suo animo c’era rabbia
contro se stessa e pentimento, ma ormai non c’era più nulla da fare: aveva
perso per sempre l’unico uomo che le aveva fatto battere il cuore. Dal primo
momento che l’aveva conosciuto era stata attratta da lui, prima dal suo fisico,
poi, conoscendolo dalla sua personalità….era proprio quello che ci voleva per
lei: dolce e forte insieme.
Dopo aver
consegnato quello che doveva si sentì un verme. Era stupita di se stessa, non
avrebbe mai pensato di arrivare a tanto; il suo pensiero fisso era lui: Giulio.
Anche di notte si
svegliava e rivedeva il suo viso, risentiva la sua voce; era diventata ormai
un’ossessione…. Come l’avrebbe accolta se l’avesse incontrato? Più passava il
tempo e più capiva che era finita: non l’avrebbe rivisto mai più. Ogni sera si riprometteva di cercarlo, ma poi
non ne aveva il coraggio e…quando si decise a farlo lui non c’era più. Era
partito per ignota destinazione, nessuno sapeva niente. Venne a conoscenza che
si era licenziato e questo la fece sentire ancor di più in colpa: gli aveva
distrutto la carriera e non se lo poteva perdonare. I mesi che seguirono furono
tremendi, era scorbutica e scostante con tutti. Aveva nel cuore questo grande
peso e cercò di buttarsi nel lavoro, ma l’ambiente solito le ricordava ancor
più il suo sbaglio. Il giorno che le presentarono in un elegante confezione
quel prodotto che aveva rovinato la sua vita, prese il tubetto e lo scagliò
contro il muro:
“Non fatemelo più vedere!”, gridò con quanto fiato aveva in gola. La crema imbrattò il muro, i colleghi si rivolsero occhiate d’intesa; uno di loro disse serio: “Dovresti farti curare”.
“Non fatemelo più vedere!”, gridò con quanto fiato aveva in gola. La crema imbrattò il muro, i colleghi si rivolsero occhiate d’intesa; uno di loro disse serio: “Dovresti farti curare”.
“L’hai detto”,
rispose lei inviperita “domani vado dal medico e mi metto in malattia… poi
parto, vado via”, replicò furiosa.
Aveva preso la sua
decisione, doveva cambiare ambiente, cambiare aria; capiva in quel momento
Giulio che se ne era andato senza lasciare recapito.
Si rifugiò nella
villetta al mare, sola. In quelle belle giornate si sdraiava sugli scogli, il
mormorio delle onde le faceva compagnia. Gli spruzzi del mare di tanto in tanto
rinfrescavano la sua pelle. In quei momenti cercava di non pensare a niente, ma
non ci riusciva: avrebbe voluto essere lì con Giulio per godere in sua
compagnia quella natura così generosa; poi si alzava, si buttava in mare e
ritornava a sdraiarsi. La spiaggia fortunatamente in quella stagione era quasi
vuota: qualche ombrellone qua e là punteggiava con sgargianti colori la rena
della piccola baia.. Le giornate erano uguali una all’altra, monotone fino a
sera. Ma quella solitudine le fece bene, sentiva che il nodo che aveva dentro
si stava sciogliendo, il tempo è una grande medicina, dicono i saggi, ed era
vero. Una mattina era distesa sul solito scoglio, quando sentì una voce d’uomo:
“E’ sempre sola?”
“E’ sempre sola?”
Lei aprì gli occhi e si vide davanti un fusto
alto un metro e novanta, pieno di muscoli, con la pelle sapientemente
abbronzata. “Ci voleva anche questo pappagallo”, pensò contrariata.
“Sì e intendo
rimanerci”, rispose seccata.
“Voglio solo
scambiare due chiacchiere, nient’altro”, fece il giovanotto.
“Le ripeto che
vorrei restare in pace a prendere il sole”, continuò Fiamma sempre più a
disagio. Ma non ci fu niente da fare, il tuttomuscoli si sedette vicino a lei.
Cominciò a parlare e a dire schiocchezze una dietro all’altra, finché lei si
alzò, raccolse l’asciugamano, mise la borsa a tracolla.
“Beh, io me ne
vado”, disse avviandosi.
“Ti accompagno”,
esclamò lui correndole dietro, ma Fiamma era già entrata nella macchina
parcheggiata ai bordi della strada, aveva avviato il motore ed era sparita in
meno di un minuto. Quell’episodio le fece capire che era il momento di tornare.
Non avrebbe sopportato un altro approccio del bel fusto, non voleva più avere a
che fare con gli uomini finché non fosse passato il momento di crisi.
Intanto Giulio era
su un aereo dell’Air India, diretto alla Malpensa. Stava tornando dopo parecchi
mesi in patria, aveva lasciato alle spalle un mondo che non poteva dimenticare:
Lena, Rhami, il loro ricordo gli riempiva la mente e sorrideva pensando ai
momenti belli passati insieme. Aveva lasciato l’Italia disgustato dalla vita, e
stava tornando guarito, o meglio con la voglia di ritrovare la sua casa, gli
amici e tutto quello che gli apparteneva.
Dall’aeroporto alla città guardava fuori dal
finestrino del taxi e, con piacere costatava che tutto era come prima, era quasi un anno che era all’estero, troppo poco tempo perché fosse cambiato
qualcosa, ma dentro di lui sentiva di essere un altro uomo. La lontananza
l’aveva guarito dall’ambizione, dalla competizione, si sentiva pronto a
ricominciare il suo cammino.
La prima cosa che
fece, quando entrò in casa, fu di sentire i messaggi della segreteria: in sei
mesi ce n’erano talmente tanti che, ancor prima di disfare le valige, si
sedette sul divano e con pazienza cominciò ad ascoltare. Fra le varie
telefonate di amici, colleghi, parenti, una voce di donna gli fece battere il
cuore: “Sono Fiamma, vorrei parlarti”.
era lei!! Ma perché l’aveva
cercato? cosa voleva? Dirgli che l’aveva
tradito nel modo più vergognoso, dirgli che l’aveva fatto solo per denaro,
perché sicuramente era stata pagata bene…La voce di Fiamma si ripresentò ancora
fra altri messaggi, sempre con la solita frase…Cosa voleva fargli sapere? Anche
a lui sarebbe piaciuto incontrarla per farsi spiegare, non perché l’aveva
derubato, (ormai era chiaro), ma cosa l’aveva spinta a comportarsi come
un’amante appassionata per poi tradirlo. Questo pensiero lo perseguitava da
mesi, e sentire la sua voce l’aveva sprofondato in un baratro. Però anche il
fatto che si fosse fatta viva gli aveva dato una piccola speranza di rivederla.
Ma dove poteva trovarla? Non sapeva nemmeno il cognome, sapeva solo che si
chiamava Fiamma e che era bellissima, ma questo non bastava a fare delle
ricerche.
( continua)
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