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domenica 23 ottobre 2016

LA FIAMMA CHE NON SI SPEGNE ---quarta puntata



                                                                                                       


Sul giornale italiano che acquistava quotidianamente per seguire, anche da lontano,  le vicende della madrepatria, vide la pubblicità della crema di bellezza ‘Jeunesse’, il nome del suo sogno infranto. Sentì un colpo in pieno petto, dentro di lui c’era quella colpa che non aveva mai dimenticato: era il chimico che si era fatto soffiare la formula della giovinezza e vedere lì, su quella pagina la realizzazione di tutte le ore passate a studiare chino sulle provette in laboratorio, gli diede un grande dispiacere. Ripensò al passato e naturalmente il viso intenso di Fiamma sovrastava tutti gli altri ricordi. Con la pagina aperta si fermò per strada a leggere il testo per sapere finalmente  chi aveva prodotto la crema di bellezza:  seppe così che era una nota industria di cosmetici, sicuramente quella che gli aveva messo alle calcagna Fiamma. Gli scoppiò dentro la rabbia, che credeva di avere assopito durante il suo soggiorno in India, e gli venne voglia di tornare per ritrovare quella donna che l’aveva tradito con tanta indifferenza … era stato difficile mandar giù un boccone così amaro.

 Continuò la strada verso il laboratorio di Rhami, nella sua testa si accavallavano i pensieri e quando entrò l’amico si accorse dalla sua espressione  che qualcosa non andava.

“Cosa ti è successo?”, gli chiese.

“Niente… ho visto sul giornale qualcosa che mi ha ricordato il passato…. ma ormai non ci voglio pensare più …”, rispose lui tranquillizzandolo.

 Rhami lo guardò non molto convinto:

“Se c’è qualche segreto che mi devi confidare, ti ascolto…forse ti farebbe bene.  Sono certo che  c’è qualcosa che ti turba, ti vedo spesso pensieroso”, gli disse l’amico sedendosi. “avanti, fuori il rospo!”.

Per Giulio rivangare quei giorni era una sofferenza, ma non poteva sempre tenere dentro di lui quell’oppressione e lentamente, cercando le parole, facendo uno sforzo su se stesso, raccontò tutto all’amico, senza dire però che si era innamorato della donna che l’aveva attirato nel tranello.

“Doveva essere molto bella per farti dimenticare lo scopo del tuo viaggio…”, commentò Rhami.

“Straordinaria…, ma doveva essere soltanto un’avventura…”, rispose Giulio fissando un punto nel vuoto. Rivedeva in quel momento il viso di Fiamma, i suoi occhi verdi che lo guardavano in quel modo particolare che lui aveva scambiato per amore…

Rhami si alzò, gli battè una mano sulla spalla:
“Cerca di dimenticare  e convinciti che non è stata tutta colpa tua…forse avrei fatto la stessa cosa anch’io”.

Ripresero a lavorare insieme .

“Lena ti saluta e ti aspetta”, disse ad un tratto l’amico, “come mai non sei più venuto?”

“Non voglio essere importuno”, balbettò Giulio.

“Ho capito… da quando hai visto il marito e il figlio di mia sorella, non hai più frequentato la nostra casa. Vorrei farti una domanda indiscreta…” chiese con circospezione Rhami.

“Dimmi pure”.

“Forse Lena ti interessa in altro modo, oltre che amica?”.

 Preso alla sprovvista Giulio non seppe cosa rispondere , Rhami  si avvicinò.

“Nadir è un bravo ragazzo, è un buon medico e lavora nello stesso ospedale di Lena e…si vedono spesso. Si sono lasciati perché lui ha avuto una sbandata per un’infermiera, ma ora è tutto passato, solo che lei non riesce a perdonare. Secondo me dovrebbe farlo, hanno un figlio…dovrebbero pensare a lui. Cosa ne dici?”

“Hai perfettamente ragione”, rispose Giulio, ma nel pronunciare queste parole era confuso, stranamente sentiva una velata gelosia , qualcosa gli diceva che se fosse stata libera, forse Lena poteva fargli dimenticare Fiamma.

 Cercò di essere evasivo, questo argomento lo metteva in imbarazzo perché non sapeva dare una risposta. Si mise a testa bassa sul bancone di lavoro e cominciò a trafficare.


 Erano parecchi giorni che stavano cercando di realizzare un nuovo farmaco a base naturale, qualcosa che rinforzasse le difese dell’organismo e potesse combattere le infezioni; man mano che il lavoro andava avanti erano presi sempre più dall’entusiasmo perché capivano che, prima o poi, ce l’avrebbero fatta.  Giulio era felice di aver collaborato con l’amico, di aver messo a sua disposizione l’esperienza acquisita in Italia, aveva dimostrato di essere un ottimo chimico e questo era per lui di grande soddisfazione.
Dopo innumerevoli esperimenti durante i quali talvolta cadevano nello sconforto, finalmente arrivò il momento magico. Avevano appena terminato di effettuare un’ennesima prova quando Rhami alzò due dita in segno di vittoria:
“Funziona!”, esclamò raggiante. Si abbracciarono come due bambini felici.

“Ora non resta che farlo approvare “, disse Giulio, “però, adesso ci vuole un brindisi”. Trasse dall’armadietto una bottiglia di wisky e due bicchieri, ingollarono il liquido ambrato tutto d’un fiato: “Al nostro avvenire!”, esclamarono.

“Questa sera vieni da noi, dobbiamo festeggiare”, disse Rhami leggermente euforico.

Quando rivide Lena, non riuscì a guardarla negli occhi. Lei si avvicinò:
“So perché non sei più venuto”, gli disse .

“Come vedi abbiamo lavorato sodo, stasera siamo qui per stappare dello champagne…”disse lui facendo finta di non aver capito quello che gli voleva dire.

“Sono felice per voi…è un gran giorno ma…vorrei parlarti.  Ti ho aspettato, ma non ti ho più visto e ho capito perché”, Lena lo condusse in un angolo appartato e gli prese le mani:

“Sono sposata, è vero…ma, ti assicuro che quella ormai è una storia finita…”

“E tuo figlio?”, chiese lui. Un’ombra passò sul viso della giovane donna:

 “Forse è l’unica cosa che mi farà rimpiangere il fatto di essermi staccata da Nadir”, disse sottovoce abbassando la testa.

“Rhami mi ha detto che con l’altra è finita…perché non lo perdoni?”, continuò Giulio alzandole il viso per guardarla negli occhi.

“Non posso”, lei gli prese la mano..” Quando tu sei entrato nella mia vita ho creduto di poter voltare definitivamente pagina, ma mi sono sbagliata. Tu, non mi vuoi, l’ho intuito da tante cose”.

“Perché dici questo?”; rispose Giulio accarezzandole i capelli,” avevo capito i tuoi sentimenti e anch’io stavo cedendo alla tua dolcezza, ma…quando ho visto Omar, il tuo bambino, ho pensato che la cosa migliore fosse ritirarmi in tempo, prima che fossimo coinvolti in qualcosa che forse ti avrebbe fatto soffrire…Credo di essermi comportato nel modo migliore…non volermene”.

“Capisco”, rispose lei abbassando lo sguardo, “rimaniamo almeno amici?”

“Questo senz’altro”, la sua mano le sfiorò una guancia “sei pallida, non ti senti bene?”

Toccandosi la fronte, Lena mormorò: “In effetti è qualche giorno che ho un forte mal di testa”.

 Rhami si avvicinò, lei si sedette su una poltrona, senza forze.

“Ho le vertigini…vorrei un bicchiere d’acqua”.

La moglie di Rhami corse in cucina, Giulio le mise una mano sulla fronte che bruciava.

“Tu hai la febbre, vai subito a letto”, esclamò.

“Non preoccupatevi”, rispose Lena con un fil di voce “non è niente, prenderò un’aspirina e domani starò meglio”.

Ma l’indomani Rhami gli disse che Lena aveva trascorso una brutta notte: delirava e la febbre era salita.

“Cosa si può fare…ci vuole un medico”, disse allarmato Giulio.

“Ti dimentichi che lei stessa è un dottore?”; rispose l’amico con un debole sorriso, “comunque questa mattina verrà Nadir, vedrai che tutto andrà bene”.
 Continuarono a lavorare, ma in quelle ore  il pensiero di Giulio era per Lena, sentiva che la febbre poteva essere qualcosa di più di una semplice influenza. Infatti, quando la sera la vide abbandonata nel letto con il visino pallido, gli occhi cerchiati si preoccupò, ma  Nadir era al suo capezzale e non la lasciava un istante.

“Purtroppo,  sembra che abbia contratto qualche morbo, probabilmente in ospedale.  Ho fatto fare gli esami del sangue e il livello d’infezione è molto alto…proviamo con un altro antibiotico, più mirato ”, disse, però nella sua voce c'era ansia.
Ma nei giorni che seguirono la situazione non si era sbloccata, non si trovava l’antibiotico adatto e la febbre continuava ad ardere quel corpo che era diventato ancora più sottile.

Nadir aveva fatto tutto quello che era possibile: “E’ un virus sconosciuto…non so dove battere la testa”. Girava per la casa, disperato: avrebbe dato qualunque cosa pur di non perdere la donna che ancora amava.

“Non lasciarmi”, lo sentivano sussurrare, “ ti amo, voglio ricominciare la vita con te”. 

Passava ore chino su di lei per scrutare un miglioramento anche lieve che gli potesse dare qualche speranza. Verso sera Lena aprì gli occhi e vide chino su di sé il viso ansioso del marito:

  “Non preoccuparti, non è niente”, sussurrò”, vedrai che andrà tutto bene”, e mentre pronunciava queste parole si alzò dal cuscino, ma poi ricadde senza forze.

 “Voglio vedere Omar”, disse con un filo di voce.

Giulio non seppe trattenere le lacrime ma, in quel preciso istante nella sua mente sconvolta scaturì un’idea:
“Rhami”, disse all’amico, “ proviamo con il nostro farmaco, visto che la medicina tradizionale non è in grado di guarirla”.

L’altro lo guardò stupito: “Ma non è ancora stato approvato…”

“Non importa”, rispose deciso Giulio, “non le può fare del male…ti prego, tentiamo”.

Rhami si lasciò convincere e poco dopo tornò con un flacone contenente un liquido verde, somministrò la medicina alla sorella con la mano che gli tremava. “Ora ognuno preghi il suo Dio”, disse commosso.

 Vegliarono tutta la notte, spiando sul viso dell’ammalata i cambiamenti, a intervalli regolari le diedero la medicina a base di erbe, frutto dei loro esperimenti. Fino alla mattina non notarono nulla di nuovo, Lena, con gli occhi chiusi ansimava e tremava in preda alla febbre. Giulio si era assopito quando sentì qualcuno che lo scuoteva:

 “Guarda…”, stava dicendogli Nadir, “sembra più calma e più fresca…la febbre se n’è andata”.

Si alzò di scatto, infatti i lineamenti di Lena erano più distesi e stava dormendo tranquilla.

“Forse ce l’abbiamo fatta”, disse sollevato, “sarei l’uomo più felice del mondo!”.

Nadir era vicino a lei, rimase così per ore aspettando il suo risveglio e, quando Lena aprì gli occhi era come rinata. Sul suo viso smunto gli occhi erano diventati ancora più grandi. “ Da quanto tempo sei qui?”, mormorò con un sorriso.

“Non importa”, rispose lui, “ come stai?”

“Molto meglio…ho fatto un lunghissimo sonno…mi sembra di essere tornata da tanto lontano”.

Nadir le sfiorò il viso con una carezza:

“Ora sono contento…posso andare a dormire anch’io, ma prima ti voglio dire che ti voglio tanto bene”.

Lena gli allungò una mano e strinse la sua: “Anch’io.....”, rispose.

Da quel momento la giovane donna cominciò lentamente a riprendersi e la serenità tornò in quella casa.

Rhami e Giulio erano al settimo cielo, aveva sperimentato il loro farmaco, seppure in quelle tragiche circostanze, e non vedevano l’ora di vederlo approvare per poterlo mettere a disposizione di chi ne aveva bisogno.

Infatti dopo qualche tempo, la pozione fatta di erbe ebbe un grande successo, insperabilmente per Giulio quello che non aveva potuto avere a casa sua l’aveva trovato in un altro paese: questo lo inorgogliva e gli ridava quella fiducia in se stesso che aveva perso dopo la disavventura subita. Però, man mano che passava il tempo sentiva sempre più forte il desiderio di tornare in Italia, voleva rivedere i parenti, gli amici e…Fiamma, la spia che l’aveva ingannato , ora sapeva chi l’aveva ingaggiata .  Voleva vedersela davanti per chiederle se  si ricordava ancora dell’appassionata notte di Zurigo.  Non poteva aver mentito, se l’aveva fatto aveva recitato da grande artista una commedia che le si addiceva perfettamente…Se voleva rivederla era anche per capire se stesso: voleva scrutarsi dentro per sapere se per lei provava odio o amore.

 

Partì in una mattina d’estate: all’aereo lo accompagnarono Rhami, sua moglie, e anche Lena con Nadir e Omar.. Promise di tornare, e ne aveva le intenzioni anche perché ormai aveva fatto all’amico una promessa: non lasciarlo solo alle prese del mercato dell’erboristeria.

 “Mi raccomando…torna presto, tutti ti aspettiamo”, gli disse Lena al braccio del marito. Giulio la guardò un’ultima volta prima di andarsene: era contento che lei avesse ricostituito la famiglia e una volta di più si convinse di aver fatto la cosa più giusta..

 

Appena tornata da Zurigo, Fiamma entrò con irruenza nell’ufficio del capo e sbatté la busta gialla sulla scrivania:
“Ecco la maledetta formula, questa è l’ultima volta che mi presto a queste porcherie, ricordatelo…”, disse inferocita.

 L’altro fece un balzo sulla sedia:
“Non mi sembri di buon umore”, rispose mentre la bocca si stirava in un sorriso ironico, “comunque sei stata una brava ragazza. Sei stata meglio anche dei professionisti, che hanno tentato di spaventare il nostro amico senza riuscirci…Quando abbiamo visto che la formula era incompleta abbiamo pensato che Andreani ci volesse fregare, per nostra fortuna non era così. Meno male che poi sei entrata in scena tu, con il tuo fascino: grazie a te possiamo dire di aver salvato l’azienda dalla bancarotta”.

“Non avevo altra alternativa, o rubare il plico o mandare sulla strada impiegati e operai, ma…non contare più su di me, non voglio più saperne dei vostri intrighi”, esclamò Fiamma con la voce strozzata per l’agitazione.

 Uscì dalla stanza sbattendo la porta. Da quando aveva lasciato Giulio stava combattendo una battaglia con se stessa, era consapevole di essersi comportata male ma sapeva anche che, la notte trascorsa in albergo con Giulio le aveva giocato un brutto scherzo: si era innamorata di lui. Ricordava la sua angoscia quando l’aveva guardato mentre dormiva beato, convinto di averla al suo fianco: si era voltata ancora, prima di chiudere definitivamente la porta. Sapeva di tradirlo e non lo avrebbe mai voluto fare. Lui le aveva dato momenti così belli che non si meritava quello che stava per fargli, immaginava la sua delusione quando avrebbe riaperto gli occhi e avrebbe trovato il posto vuoto. Era stata tentava di lasciar perdere tutto e tornare da lui, ma non poteva.  Sentiva ancora la voce del capo: “Devi assolutamente condurre a termine questo incarico, siamo nelle tue mani… stiamo andando in malora, l’unica soluzione è tornare sul mercato con un nuovo prodotto. ‘Jeunesse’ farebbe proprio al caso nostro: è un cosmetico rivoluzionario…bisogna assolutamente impadronirsi della sua formula. Con la tua bellezza riusciresti a trarre in inganno qualunque uomo.”

 Accettò quasi per gioco, le sorrideva il pensiero di usare il suo fascino per sedurre, poi era stata presa dal sentimento e, quando quella sera entrò nella camera di Giulio  non aveva intenzione di rimanerci, voleva al limite distrarlo in qualsiasi modo per rubargli il plico al momento opportuno…ma poi rimase tutta la notte. Perché l’aveva fatto?  Se lo chiedeva sull’aereo che la riportava  in Italia, avrebbe voluto ritornare indietro, nel night, abbracciata a lui mentre ballava sentiva il profumo della sua pelle e non avrebbe mai voluto staccarsi da lui…quando, di notte gli aveva detto “ti amo”, era vero, in quel momento era sincera e l’amava con tutta se stessa.

 Poi…il tradimento; avrebbe voluto cancellare il tempo e voleva cancellarlo anche dalla memoria. Nel suo animo c’era rabbia contro se stessa e pentimento, ma ormai non c’era più nulla da fare: aveva perso per sempre l’unico uomo che le aveva fatto battere il cuore. Dal primo momento che l’aveva conosciuto era stata attratta da lui, prima dal suo fisico, poi, conoscendolo dalla sua personalità….era proprio quello che ci voleva per lei: dolce e forte insieme.

Dopo aver consegnato quello che doveva si sentì un verme. Era stupita di se stessa, non avrebbe mai pensato di arrivare a tanto; il suo pensiero fisso era lui: Giulio.

Anche di notte si svegliava e rivedeva il suo viso, risentiva la sua voce; era diventata ormai un’ossessione…. Come l’avrebbe accolta se l’avesse incontrato? Più passava il tempo e più capiva che era finita: non l’avrebbe rivisto mai più.  Ogni sera si riprometteva di cercarlo, ma poi non ne aveva il coraggio e…quando si decise a farlo lui non c’era più. Era partito per ignota destinazione, nessuno sapeva niente. Venne a conoscenza che si era licenziato e questo la fece sentire ancor di più in colpa: gli aveva distrutto la carriera e non se lo poteva perdonare. I mesi che seguirono furono tremendi, era scorbutica e scostante con tutti. Aveva nel cuore questo grande peso e cercò di buttarsi nel lavoro, ma l’ambiente solito le ricordava ancor più il suo sbaglio. Il giorno che le presentarono in un elegante confezione quel prodotto che aveva rovinato la sua vita, prese il tubetto e lo scagliò contro il muro:
“Non fatemelo più vedere!”, gridò con quanto fiato aveva in gola. La crema imbrattò il muro, i colleghi si rivolsero occhiate d’intesa; uno di loro disse serio: “Dovresti farti curare”.

“L’hai detto”, rispose lei inviperita “domani vado dal medico e mi metto in malattia… poi parto, vado via”, replicò furiosa.

Aveva preso la sua decisione, doveva cambiare ambiente, cambiare aria; capiva in quel momento Giulio che se ne era andato senza lasciare recapito.

Si rifugiò nella villetta al mare, sola. In quelle belle giornate si sdraiava sugli scogli, il mormorio delle onde le faceva compagnia. Gli spruzzi del mare di tanto in tanto rinfrescavano la sua pelle. In quei momenti cercava di non pensare a niente, ma non ci riusciva: avrebbe voluto essere lì con Giulio per godere in sua compagnia quella natura così generosa; poi si alzava, si buttava in mare e ritornava a sdraiarsi. La spiaggia fortunatamente in quella stagione era quasi vuota: qualche ombrellone qua e là punteggiava con sgargianti colori la rena della piccola baia.. Le giornate erano uguali una all’altra, monotone fino a sera. Ma quella solitudine le fece bene, sentiva che il nodo che aveva dentro si stava sciogliendo, il tempo è una grande medicina, dicono i saggi, ed era vero. Una mattina era distesa sul solito scoglio, quando sentì una voce d’uomo:
“E’ sempre sola?”

 Lei aprì gli occhi e si vide davanti un fusto alto un metro e novanta, pieno di muscoli, con la pelle sapientemente abbronzata. “Ci voleva anche questo pappagallo”, pensò contrariata.

“Sì e intendo rimanerci”, rispose seccata.

“Voglio solo scambiare due chiacchiere, nient’altro”, fece il giovanotto.

“Le ripeto che vorrei restare in pace a prendere il sole”, continuò Fiamma sempre più a disagio. Ma non ci fu niente da fare, il tuttomuscoli si sedette vicino a lei. Cominciò a parlare e a dire schiocchezze una dietro all’altra, finché lei si alzò, raccolse l’asciugamano, mise la borsa a tracolla.

“Beh, io me ne vado”, disse avviandosi.

“Ti accompagno”, esclamò lui correndole dietro, ma Fiamma era già entrata nella macchina parcheggiata ai bordi della strada, aveva avviato il motore ed era sparita in meno di un minuto. Quell’episodio le fece capire che era il momento di tornare. Non avrebbe sopportato un altro approccio del bel fusto, non voleva più avere a che fare con gli uomini finché non fosse passato il momento di crisi.

 

Intanto Giulio era su un aereo dell’Air India, diretto alla Malpensa. Stava tornando dopo parecchi mesi in patria, aveva lasciato alle spalle un mondo che non poteva dimenticare: Lena, Rhami, il loro ricordo gli riempiva la mente e sorrideva pensando ai momenti belli passati insieme. Aveva lasciato l’Italia disgustato dalla vita, e stava tornando guarito, o meglio con la voglia di ritrovare la sua casa, gli amici e tutto quello che gli apparteneva.

 Dall’aeroporto alla città guardava fuori dal finestrino del taxi e, con piacere costatava che tutto era come prima, era quasi un anno che era all’estero, troppo poco tempo perché fosse cambiato qualcosa, ma dentro di lui sentiva di essere un altro uomo. La lontananza l’aveva guarito dall’ambizione, dalla competizione, si sentiva pronto a ricominciare il suo cammino.

La prima cosa che fece, quando entrò in casa, fu di sentire i messaggi della segreteria: in sei mesi ce n’erano talmente tanti che, ancor prima di disfare le valige, si sedette sul divano e con pazienza cominciò ad ascoltare. Fra le varie telefonate di amici, colleghi, parenti, una voce di donna gli fece battere il cuore: “Sono Fiamma, vorrei parlarti”. 
era lei!! Ma perché l’aveva cercato?  cosa voleva? Dirgli che l’aveva tradito nel modo più vergognoso, dirgli che l’aveva fatto solo per denaro, perché sicuramente era stata pagata bene…La voce di Fiamma si ripresentò ancora fra altri messaggi, sempre con la solita frase…Cosa voleva fargli sapere? Anche a lui sarebbe piaciuto incontrarla per farsi spiegare, non perché l’aveva derubato, (ormai era chiaro), ma cosa l’aveva spinta a comportarsi come un’amante appassionata per poi tradirlo. Questo pensiero lo perseguitava da mesi, e sentire la sua voce l’aveva sprofondato in un baratro. Però anche il fatto che si fosse fatta viva gli aveva dato una piccola speranza di rivederla. Ma dove poteva trovarla? Non sapeva nemmeno il cognome, sapeva solo che si chiamava Fiamma e che era bellissima, ma questo non bastava a fare delle ricerche.

( continua)




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