Quell’immagine
che gli sorrideva dalla copertina gli sembrava un miraggio: “Come è
possibile!”, pensò. Nel rivedere quel viso riprovò la medesima sensazione di
quasi beatitudine che aveva provato davanti al quadro, ingigantita però dalla
felicità di avere la certezza di poter presto rivedere la sua donna.
Nella
redazione del giornale seppe che Serena l’aveva cercato più volte e questo gli
diede la conferma che era lì, negli Stati Uniti, forse arrivata proprio per lui
…ma il destino si era messo di mezzo e l’aveva fatto partire proprio nel
momento in cui lei arrivava. Non se la sarebbe più fatta scappare: telefonò
immediatamente alla rivista di moda ed ebbe il recapito del fotografo che aveva
fatto la foto di copertina. Non lasciò passare nemmeno un minuto, si precipitò
all’indirizzo dello studio pregustando il momento di incontrare Serena…quasi
non poteva crederci, gli sembrava di vivere in un sogno e aveva paura di
svegliarsi.
“Cerca
Serena?”, gli chiese Raniero rispondendo alla domanda di quel tipo strano che
gli aveva chiesto della signorina Molinari.
“Sì, mi dica
dove posso trovarla..” Nella voce del giornalista c’era l’ansia repressa di chi
non vuole perdere del tempo prezioso. Il fotografo, dopo una pausa , lo guardò
e allungandogli una mano disse:
“Lei è Philip?”
Stupito di essere stato riconosciuto lui annuì, “Come sa di me…?”, chiese sempre più meravigliato.
“Serena mi ha
raccontato della vostra storia a Milano”,
rispose Raniero , “sono felice di fare la sua conoscenza, venga , si
accomodi…le devo spiegare tante cose.”
Il fotografo l’accompagnò verso un divanetto:
“Prego, si sieda.” Per Philip quel cerimoniale
era una tortura, non gli interessava parlare con quell’uomo, voleva solo sapere
se poteva rivedere Serena, al più presto. Senza accogliere l’invito restò in
piedi :
“Lei…dov’è?” , chiese bruscamente, “ non posso
vederla?”
“La prego di
accomodarsi”; insisté l’altro, “come le ho detto devo farle un lungo racconto…e
ci vuole tempo”
Pazientemente Raniero aspettò che Philip si
sedesse.
Quando il
fotografo cominciò a parlare, il giornalista quasi non riusciva a credere alle
parole di quel tale che s’impicciava dei fatti suoi; lo guardava con astio,
come se inventasse quello che stava raccontando, ma poi la lunga spiegazione
della vicenda di Serena lo convinse che stava dicendo la verità. Tutto quello
che allora gli era sembrato strano e misterioso diveniva improvvisamente
chiaro, si spiegava il comportamento di Serena nell’ultima sera in cui erano
stati insieme, si spiegavano gli strani maneggi attorno al quadro quando l’aveva sorpresa in piedi sul letto
mentre stava osservando la cornice…e l’espressione impaurita del suo viso!
Mentre
Raniero cercava le parole per raccontare il legame con Sandro, stringeva i
pugni per contenere la rabbia. Povera Serena! Perseguitata e ricattata…lasciata
in balia di un mascalzone. Stava ad ascoltare attonito l’incredibile storia che
quell’uomo gli stava raccontando, ammirato dal coraggio che Serena aveva
dimostrato, lei così fragile eppure così forte da mettere nel sacco il suo
persecutore; si commosse quando seppe che era arrivata negli Stati Uniti solo
per lui, per cercare protezione e non aveva trovato nessuno…
“Ma…adesso
dov’è?”, disse interrompendo il fotografo che ancora non aveva finito di
raccontare. Raniero gli mostrò il giornale con la foto di Walter:
“E’ tornata
in Italia per aiutare suo fratello…non so come andrà a finire ne’ quando
tornerà!”, disse tristemente.
“Nooo!”,
gridò Peter. “Non posso perderla un’altra volta!”
Un oscuro destino lo seguiva impedendogli di
riunirsi alla donna che amava, imprecando contro tutto e contro tutti uscì
dallo studio fotografico e si ritrovò in strada pieno di rabbia senza sapere
cosa fare. Non voleva rassegnarsi, ma doveva accettare la realtà e sperare che
Serena ritornasse da lui.
+++
Il
commissario Parisi sgranò gli occhi stupito: nel suo modesto e polveroso
ufficio era entrato un raggio di sole. La ragazza che sedeva al di là della
scrivania era straordinariamente bella, gli sembrava di averla già vista da
qualche parte…ma non si ricordava dove. Ma l’importante era che era lì, davanti a lui e lo fissava con quegli
occhi grigioazzurri che lo facevano andare in confusione.
“Dunque,
signorina, mi stava dicendo…?”, chiese ricomponendosi.
“Commissario,
sono la sorella di Walter Molinari…vorrei sapere dov’è e…se posso vederlo.”
Rispose Serena, era già la terza volta che ripeteva la domanda.
“Ah… sì…sì,
il caso Rinaldi! Sa che suo fratello è imputato di rapina?”
Parisi disse
questo controvoglia, avrebbe voluto dare notizie migliori a quella meraviglia
della natura.
“Mi scusi, ma
sono appena arrivata dagli Stati Uniti…ho letto su un giornale che potrebbe
essere l’assassino di Marcello, ma sono sicura che non è stato lui! Mi dica
qualcosa, la prego…”
Il
commissario si alzò e le andò vicino:
“Si tranquillizzi…non è stato lui! Proprio in
questi giorni ho saputo la verità: Rinaldi è stato vittima di un regolamento di
conti…era il suo fidanzato, vero?”, chiese .
Con un cenno della testa Serena disse di sì,
non riusciva nemmeno a parlare, la conferma dell’innocenza di Walter le aveva
tolto un enorme peso dal cuore. Non le importava che suo fratello fosse ancora
in prigione con l’accusa di rapina, le bastava sapere che non era un assassino,
i diamanti erano stati restituiti e un buon avvocato avrebbe potuto fargli ridurre
la pena.
Quando Serena
uscì dal commissariato era quasi notte, e pioveva. La luce dei lampioni si
rifletteva sulle pozzanghere della strada, il cielo era cupo , ma dentro di lei
c’era il sereno. Ritornò in albergo e chiamò subito Raniero per dargli la bella
notizia. “Torno presto”, gli gridò al telefono e quando l’altro gli disse che
Philip era a New York e l’aveva cercata non voleva crederci. La gioia di
poterlo rivedere era tanto grande che le mancava quasi il respiro: finalmente
poteva ritrovare la felicità che aveva inseguito per tutto quel tempo. Decise
di partire con il primo aereo disponibile, subito…voleva buttargli le braccia
al collo e dirgli tutto il suo amore, ormai era libera: “mi merito un po’ di
serenità” si disse. Il giorno dopo fece i bagagli in fretta, cercò immediatamente
un avvocato per la difesa di Walter,
tutto filava liscio, chiuse le valige, ma mentre stava uscendo dalla camera
sentì squillare il telefono: “Signorina Molinari, un signore desidera
parlarle”. Era l’impiegato della reception. “Sto scendendo, gli dica di
attendermi…” , rispose Serena contrariata.
Uscì
dall’ascensore e si trovò davanti Sandro: il ciuffo biondo era sempre lo
stesso, forse un po’ più arruffato, sul viso la solita espressione
indisponente, questa volta accentuata dall’ira che traspariva dagli occhi cupi.
Serena sentì gelarsi il sangue nelle vene.
“Ti ho
trovata finalmente!”, esclamò lui con voce repressa, “ho un conto da saldare
con te… devi pagare perché ho sofferto. Ero innamorato…ma adesso ti odio e non
ti perdono. Non mi importa se andrò in galera, tanto la mia vita è rovinata”.
Serena non si accorse nemmeno che nella mano di Sandro era comparsa un’arma,
non ebbe il tempo di fuggire… il colpo secco risuonò nella grande hall: il
corpo della ragazza cadde a terra senza un lamento.
Philip Randon
ripercorreva via Brera dopo tanto tempo, nei suoi pensieri naturalmente c’era
Serena. Come poteva dimenticarla ritrovandosi in quei luoghi? Dal giorno del
suo ritorno dall’India erano passati parecchi mesi ed era appena arrivato in
Italia per un nuovo incarico. Arrivato all’altezza della galleria d’arte che
aveva segnato la sua vita fu preso da un’infinita tristezza. Quanti ricordi! Di
proposito volle passare abbassando lo sguardo , ma questo non gli impedì di
scorgere con la coda dell’occhio l’immagine che occupava una parte della
piccola vetrina. Alzò gli occhi e rimase a fissare il quadro esposto per
qualche secondo senza avere il coraggio di entrare: dietro il vetro c’era il
viso di Serena con quell’espressione che l’aveva fatto innamorare. La sorpresa
l’aveva inchiodato davanti alla porta:
era persecuzione quella che metteva sulla sua strada quel quadro! Si
fece forza ed entrò: un giovane gli venne incontro. “Desidera?”, gli chiese .
Philip non sapeva nemmeno cosa rispondere. Con un cenno della testa in
direzione del dipinto riuscì a farfugliare: “Ecco…vorrei…..”. Intuendo il suo
desiderio il ragazzo lo anticipò:
“Quel quadro?…non è in vendita…è solo l’insegna della nostra galleria”.
“Ma io…l’avevo già acquistato…tanto tempo fa”, disse Philip sempre più confuso.
“Quel quadro?…non è in vendita…è solo l’insegna della nostra galleria”.
“Ma io…l’avevo già acquistato…tanto tempo fa”, disse Philip sempre più confuso.
“Come dice?”,
il suo interlocutore lo guardava perplesso.
In quel momento una voce femminile si fece
sentire:
“C’è qualcosa che non va ?”.
La figura di una donna si stagliò sulla porta
a vetri che dava sul retro. Il viso era in ombra ma a Philip cominciò a battere
il cuore, quando la giovane donna avanzò e li raggiunse il grido che gli sfuggì
era di immensa gioia: “Serena!” Anche lei spalancò gli occhi e gli corse
incontro: si ritrovarono stretti in un
appassionato abbraccio. Philip le toccava i capelli, il viso, come impazzito di
felicità: “Finalmente …, non posso crederci!… non è un sogno… Adesso non ti lascerò
andare via…mai più ! come mai sei qui?…”, chiese guardandosi in giro.
Negli occhi
chiari di Serena passò un’ombra:
“Sono viva
per miracolo, ho passato dei giorni tremendi, non mi importava più di niente:
tutto mi sembrava inutile…anche la vita. Poi lentamente sono uscita
dall’incubo, ho rilevato la galleria e sono rimasta ad aspettarti…sapevo che
prima o poi saresti ritornato, quel quadro, ritrovato per caso, è servito da
richiamo. In quella tela c’è una strana magia che ti attira…”.
Philip
la guardò dolcemente:
“Non
è quel quadro che voglio…sei tu! E per sempre.
FINE