Il capitano Lombardi era un tipo tenace e cocciuto come un
mulo, fece impazzire i
subalterni, ma in breve tempo seppe quello che voleva
sapere.
Dalle ricerche risultò che Giorgio Valenti e Alex Giuliani, i
due uomini che erano in compagnia della ragazza di colore la sera della
contravvenzione erano soci e titolari di un’agenzia di pubblicità. Accompagnato
dal maresciallo Santoro, Vito si recò negli studi della “Publi Fashion”. La
ragazzina che venne ad aprire sgranò gli occhi alla vista delle divise:
“E’ successo qualcosa?”, chiese allarmata.
“E’ successo qualcosa?”, chiese allarmata.
“Vorremmo vedere il signor Valenti o il suo socio Alex
Giuliani”, disse il capitano.
Un tipo con i capelli
tirati indietro da un codino, li raggiunse:
“Posso sapere il
perché”, chiese con un accento straniero “sono Patrick Smith, il fotografo
dell’agenzia”.
“Mi dispiace, vorrei parlare con il proprietario”, tagliò
corto Vito.
L’altro fece una smorfia:
“Capitano, non posso
accontentarla, il mio principale è in viaggio per lavoro e non so quando
tornerà”.
“Avete visto questa ragazza?”, domandò mostrandogli il
ritratto di Zaira. Dall’espressione del fotografo capì che l’aveva messo in
difficoltà. L’uomo non si decideva a rispondere:
“Allora?…mi può dire se la conosce?”, insistette.
“No…non l’ho mai vista”, rispose Smith quasi sottovoce.
“Vorrei dare un’occhiata agli studi”, disse deciso Vito
Il fotografo rimase un attimo interdetto poi decise di
collaborare:
“Certamente, vi faccio strada”, li invitò.. e li condusse nei
locali dello studio.
Vito e il maresciallo visitarono varie stanze senza trovare nulla che li inducesse a pensare che Zaira fosse stata lì, ma, nel reparto grafico, il capitano notò uno scatolone sotto un tavolo, si chinò e vide che era colmo di provini. Prese un fotocolor e lo guardò controluce: la donna impressa nella pellicola gli sembrò proprio Zaira. Purtroppo il suo viso era coperto per metà dai lunghi capelli neri:
Vito e il maresciallo visitarono varie stanze senza trovare nulla che li inducesse a pensare che Zaira fosse stata lì, ma, nel reparto grafico, il capitano notò uno scatolone sotto un tavolo, si chinò e vide che era colmo di provini. Prese un fotocolor e lo guardò controluce: la donna impressa nella pellicola gli sembrò proprio Zaira. Purtroppo il suo viso era coperto per metà dai lunghi capelli neri:
“Questa chi è?”,
chiese mettendo sotto il naso di Smith il fotocolor.
“Quella è Dea, una ragazza americana, che ha posato per noi”,
rispose pronto l’uomo.
“Dove la posso trovare?”, incalzò il capitano.
“Non so…ha finito il
lavoro ed è partita…forse è tornata a casa, negli Stati Uniti”, farfugliò
l’altro.
Vito aveva la netta impressione che quel fotografo non gli
dicesse la verità, più ci pensava più si convinceva che l’immagine che aveva
visto fosse quella di Zaira: il corpo flessuoso celato solo da un velo, i
capelli lunghi che arrivavano fino alle spalle, il profilo dolce e un po’
triste erano quelli della sua donna. L’intuito l’aveva portato nel posto giusto, ma era arrivato
tardi….ancora una volta lei era sparita. Per il momento non gli rimaneva altro
che andarsene, però non voleva lasciare Milano finché i suoi sospetti non fossero
chiariti.
Il maresciallo Santoro fu incaricato di tenere d’occhio
l’agenzia pubblicitaria e di svolgere indagini, qualcuno sicuramente sapeva
della ragazza di colore che lavorava per lo studio… ritrovarla era un’impresa
non facile. Il capitano era talmente assillante che non gli lasciava un attimo
di tregua: “chissà perché aveva tanto interesse a rintracciare quella donna?”
si chiedeva il maresciallo, ma doveva ubbidire senza chiedersi tanti perché.
A bordo dell’aereo per Parigi , Zaira guardava dal finestrino
la terra sottostante allontanarsi velocemente, era malinconica, sapeva che stava lasciando laggiù, fra quelle case
minuscole, la parte più importante della sua vita.
Ma ancora non sapeva che stava per iniziare per lei un
cammino tutto in discesa. Nella casa di moda, che sponsorizzava la campagna per
il nuovo profumo Orchidea Nera, il progetto dell’agenzia di Valenti ebbe grande
successo, legato soprattutto all’immagine della bella testimonial. Era lei,
Zaira, il fiore tropicale dall’intenso
profumo inebriante e la bella somala era stata catapultata in un mondo che non
conosceva, frenetico, eccitante, in continuo movimento.
Le giornate si susseguivano una dopo l’altra senza un attimo di tregua, anche perché la casa di moda, visto il successo, le
propose di indossare i modelli della
nuova collezione.
Il suo nome cominciò a circolare nell’ambiente, i francesi
impazzirono per lei che in breve tempo divenne la top model più richiesta del
momento. Il suo fascino esotico, accentuato dall’aria sempre triste la
rendevano misteriosa e irraggiungibile.
Di lei non si sapeva
nulla, non concedeva interviste e la sua vita privata era impenetrabile. Zaira
diventata per tutti l’Orchidea Nera, lavorava senza tregua per stordirsi e non
pensare; però in fondo al suo cuore c’era sempre il rimpianto di aver tradito
Vito e di non essere stata in grado di affrontare a viso aperto la realtà. Il
denaro che guadagnava non le dava la felicità, solo la sicurezza e la
possibilità di aiutare la sua famiglia. Erano trascorsi solo pochi mesi e la
sua vita era stata capovolta: non era più la ‘serva negra’ della signora
Giannini, ma una donna diventata il simbolo della bellezza e dell’eleganza.
Quando sfilava il suo naturale portamento valorizzava i vestiti che indossava,
incedeva sulla passerella e magnetizzava gli sguardi di tutti presenti. Il suo
viso severo ed enigmatico carico di seduzione, il fare quasi scostante, avevano
fatto nascere su di lei molte leggende, qualcuno diceva perfino che fosse una
principessa…ma nessuno sapeva che dietro a quello schermo gelido c’era tanta
infelicità…
Durante quel periodo, Vito, dopo aver fatto l’impossibile per
rintracciarla, era stato costretto a cedere, aveva fatto ritorno, sconfitto,
alla caserma in cui era cominciato il suo tormento. Da quando era tornato da
Milano, era cambiato, imbestialito contro il mondo intero e anche contro se
stesso: non essere riuscito a rintracciare Zaira era stato uno smacco….anche
professionalmente, ma soprattutto gli mancava lei. I suoi baci, le sue carezze
e la passione che li aveva uniti, con lei aveva trascorso momenti che non era
facile dimenticare, non riusciva a rassegnarsi di aver perso la donna che aveva
sempre cercato.
In un giorno come gli
altri, in cui l’attesa di notizie era diventata angosciante, un giovane
carabiniere entrò nel suo ufficio:
“Capitano è arrivato l’esito delle impronte”, annunciò. Vito
aprì subito la busta e sulle sue labbra apparve un sorriso: “L’avevo sempre
saputo”, mormorò.
In quelle carte c’era
una parte di verità: nessuna impronta di Zaira era stata rilevata sul gioiello che,
secondo l’ostinata testimonianza della moglie del medico, era stato rubato
dalla cameriera somala che suo marito aveva portato in casa,
“Un passo è fatto”, si
disse compiaciuto il capitano, “anche se non riuscirò a trovare Zaira andrò
fino in fondo…quella donna dovrà pagare per il male che le ha fatto…e che mi ha
fatto.. riusciremo ad incastrarla, dovrà ammettere di essersi inventata tutto,
per gelosia”.
Se la giustizia non è di questa terra c’è qualcosa di arcano
che aiuta gli innocenti. Passò qualche giorno e, prima che Vito richiedesse di
interrogare la vedova del dottor Giannini, arrivò una telefonata dall’ospedale:
“Capitano… la signora Marisa Giannini è ricoverata da noi per
un incidente d’auto e chiede di lei: la prego di venire subito, è urgente….la
signora è grave e insiste per vederla. Dice che deve fare delle importanti
dichiarazioni”.
Lombardi fece preparare la vettura e partì a tutta velocità.
Arrivò trafelato, un medico lo stava aspettando e lo condusse in sala di
rianimazione. Indossò la vestaglia, la mascherina verde e si avvicinò al letto
.
Marisa aprì gli occhi: “Grazie di essere venuto,
capitano”, mormorò, “voglio confessarle tutto: non posso andarmene con questo
peso sul cuore”.
Vito attonito guardava quella donna che aveva rovinato la sua
vita, ma non provava rancore in quel momento, solo pietà. Accese il
registratore e si accinse ad ascoltare:
“Può cominciare…”, le disse accostandosi ancor di più alla bocca della donna che con un filo di voce cominciò a parlare.
“Può cominciare…”, le disse accostandosi ancor di più alla bocca della donna che con un filo di voce cominciò a parlare.
Marisa Giannini rivelò la sua colpa, la gelosia l’aveva
spinta ad accusare Zaira e ora voleva liberarsi la coscienza: il racconto si
snodava interrotto da pause, durante le quali chiudeva gli occhi esausta. Vito
seguiva attentamente e, mano a mano che la poveretta parlava, sentiva
sciogliersi dentro di sé il nodo che l’aveva attanagliato per tutto quel tempo.
Finalmente la verità! L’aveva sempre sospettato che quella donna avesse costruito
un castello di accuse, spinta dal rancore che aveva dentro…ma non aveva mai
potuto dimostrarlo. Ora era lì, pentita perché in fin di vita, che rivelava i
segreti del suo animo perverso.
“Ho finito, capitano… chiedo perdono…”, concluse affranta abbandonandosi
sul cuscino.
Vito uscì dalla sala di rianimazione impressionato: non
avrebbe mai creduto che finisse così…quella poveretta era stata presa dal rimorso e si era liberata
l’anima da una grande colpa prima di rendere conto a Dio.
Prima di andarsene
parlò con il medico: “Ci sono speranze per la Giannini?”, chiese.
L’altro, dopo una pausa, rispose:
“Per ora è in prognosi
riservata…però potrebbe anche cavarsela”.
“Glielo auguro, specialmente per i suoi bambini…ha fatto una
buona azione e se lo merita…”, disse serio Vito.
Con il registratore ben stretto in tasca, il capitano si
allontanò: era felice ….ma ancora non era finita. Mancava all’appello la
persona più importante: Zaira, scagionata e libera di tornare a vivere alla
luce del sole. Avrebbe voluto averla vicino per abbracciarla e festeggiare
insieme quel momento felice. “Dove sei?”, pensava avvilito sentendosi inutile.
Non poteva dimenticarla, ormai era diventata la sua ossessione, telefonava
spesso a Milano con la speranza di avere notizie. Purtroppo la risposta era
sempre quella: “Niente di nuovo, capitano… le ricerche continuano”.
Quel giorno, stava spettando il suo turno dal dentista, per
passare il tempo prese dal portariviste un settimanale femminile e si mise a
sfogliarlo distrattamente. Improvvisamente il suo cuore fece un balzo: in un
servizio che pubblicava le sfilate di moda di Parigi c’era una foto che attirò
il suo sguardo. A pagina intera era ritratta una modella che stava sfilando in
passerella… “Zaira!”…mormorò incredulo. Osservò meglio: non c’erano dubbi, era
proprio lei: gli occhi neri vellutati con le lunghe ciglia e, sopra il labbro
il piccolo neo, che soltanto lei poteva avere…Indossava un abito da sera ed era
bellissima, un po’ cambiata, più sofisticata, ancor più arricchita del fascino
che le era naturale. Lesse la didascalia: “ La top model Dea Morris, detta
anche Orchidea Nera, sfila a Parigi per le ultime collezioni”. Saltò dalla sedia e schizzò fuori con il
giornale in mano, si precipitò in ufficio e diede ordine che prenotassero un
posto sul primo aereo per Parigi.
Zaira si svegliò a malincuore, avrebbe voluto stare ancora
far le lenzuola, come le accadeva da qualche tempo le sue notti erano
disturbate da sogni angosciosi. Vito le appariva spesso, lontano e
irraggiungibile, sentiva la sua voce che la chiamava, si svegliava di
soprassalto e non riusciva più a prendere sonno. Non aveva mai smesso di
pensare a lui, migliaia di chilometri li separavano ma le loro anime si stavano
cercando. Era tanto stanca di quella vita dorata e frenetica, in lei stava
maturando una decisione importante, che avrebbe cancellato in un momento tutta
la fortuna che le era piombata addosso…era disposta a sacrificare qualsiasi
cosa pur di avere Vito vicino, anche
nella cattiva sorte….mentre faceva la doccia mille pensieri occupavano la sua
mente, si stava preparando per sfilare, ma la testa era altrove.
“Cos’hai oggi?”, le chiese la sarta mentre le aggiustava un
abito addosso, “sei più pensierosa del solito”.
“Sto decidendo qualcosa di importante”, lo sguardo di Zaira
era fisso nel vuoto e la donna borbottò:
“Sono tutte un po’
strane queste qui”.
La sala era gremita, i fasci di luce tagliavano il buio , il
sottofondo musicale si diffuse nell’aria: “Tocca a te”, disse qualcuno alla
modella pronta per uscire.
Zaira cominciò a
percorrere la passerella, gli sguardi dei presenti erano tutti fissi su di lei
e si levò un mormorio di ammirazione. La
ragazza camminava col solito passo elegante, ma il suo viso era impenetrabile,
arrivò fino alla fine e si fermò. Rimase immobile per qualche secondo
suscitando lo stupore del pubblico.
“Un momento di attenzione , per favore . Vi annuncio che questa
è la mia ultima sfilata”, disse con voce chiara e sicura, “ringrazio tutti, mi
avete dato molto, ma ora devo andare, questa non è la mia vita e devo
raggiungere qualcuno che mi aspetta”.
Si girò e quasi correndo raggiunse il retro dove, il suo
gesto aveva generato lo scompiglio assoluto. Lo stilista che presentava la
collezione stava imprecando, dal viso cianotico si poteva supporre che fosse al
limite del collasso:
“Fermatela!…è impazzita…mi vuole rovinare..”, urlava con voce
stridula in preda ad un attacco
isterico. Intorno a lui c’era il caos. Zaira passò fra tutti senza ascoltare
nessuno, si cambiò velocemente e fuggì inseguita dai flash dei fotografi che
non si erano lasciati scappare lo scandalo in diretta. Si recò a casa, mise
qualcosa in valigia e chiamò un taxi:
“All’aeroporto Charles
De Gaulle”, disse, finalmente felice di essersi liberata dal peso che l’aveva
perseguitata per tutto quel tempo. La scelta di consegnarsi spontaneamente a
Vito era stata dettata soprattutto dall’amore per lui, si rendeva conto di
averlo messo in gravi difficoltà, scappando.…e poi non ce la faceva più, la
voglia di rivederlo era troppo grande: era disposta ad affrontare tutti i
tribunali del mondo pur di riabbracciarlo…
Non le era costato nulla lasciare quel mondo fatuo nel quale
era capitata solo per caso, i suoi sentimenti e l’essere in pace con se stessa
erano stati la molla che aveva fatto scattare all’improvviso la decisione di tornare
in Italia.
Quando scese dall’auto, prima di entrare nell’aeroporto gettò
in un cestino i documenti falsi che le avevano permesso di nascondersi fino ad
allora: “Addio Dea Morris, addio Orchidea Nera…io sono Zaira”, si disse con uno
scatto d’orgoglio.
Vito, sul volo dell’Air France fremeva d’impazienza: non
vedeva l’ora di arrivare. Ripensava all’incredibile storia d’amore che gli
aveva riservato il destino; riviveva i momenti meravigliosi vissuti con Zaira
ma riaffiorava anche tutta l’angoscia dei giorni terribili, quando doveva
rintracciarla per consegnarla ad una giustizia che, qualche volta, non era
tale. Ora era tutto finito! L’aveva trovata e la felicità di riabbracciarla
sarebbe rimasta intatta: niente poteva più separarli. Ora sapeva come muoversi,
dove cercarla, non gli sarebbe più sfuggita.
L’aereo atterrò, i
passeggeri scesero dalla scaletta e si avviarono al pulmino per uscire. Il
capitano Lombardi non aveva bagaglio, aveva con sé solo una borsa, e se n’andò
subito. Attraversò lo spazio che lo separava dall’uscita con passo svelto,
senza curarsi di ciò che aveva intorno. Aveva fretta e scostava la gente che
gli impediva il passaggio, quasi si scontrò con una ragazza che stava
trascinando una valigia a capo chino. “Scusi”, borbottò. La giovane alzò la
testa e ambedue rimasero paralizzati, con gli occhi sbarrati e la bocca aperta
come se, ciascuno di loro avesse davanti un’apparizione.
“Zaira!”, “Vito!”, dalle loro labbra uscì contemporaneamente
un grido.
Si buttarono l’una nelle braccia dell’altro, ubriachi di
felicità.
“Non è possibile…non
ci credo…sei proprio tu…”, continuava a ripetere Vito.
Zaira, con gli occhi
colmi di lacrime si staccò:
“Stavo venendo da te, ho deciso di costituirmi…succeda quello che deve succedere, ma non voglio perderti…ti amo”, disse con la voce rotta dall’emozione.
“Stavo venendo da te, ho deciso di costituirmi…succeda quello che deve succedere, ma non voglio perderti…ti amo”, disse con la voce rotta dall’emozione.
Vito la guardò
intensamente: “Non è più necessario amore mio…vieni, ti devo parlare…”.
Fuori, davanti all’ingresso, fra l’andirivieni delle persone
cariche di valige, raccontò ciò che era accaduto all’ospedale, disse della
confessione di Marisa e mentre parlava il viso di Zaira si distendeva: “Mi stai
dicendo la verità?”, chiese mentre il cuore le stava uscendo dal petto tanto
batteva forte.
“Sei libera, libera di andare dove vuoi”.
“Voglio stare con te…per sempre”, disse lei.
Si guardarono negli
occhi: la malia che li aveva spinti uno verso l’altra la prima volta che si
erano visti, li univa sempre di più. Ora niente poteva dividere le loro strade.
Una signora si avvicinò a Zaira:
“.Mi fa un autografo?…lei è la top model Orchidea Nera,
vero?”, disse scrutandola.
“No signora…mi dispiace, si sbaglia…sono arrivata adesso
dall’Italia, con il mio fidanzato”, rispose stringendosi a Vito.
La donna li seguì con lo sguardo mentre si allontanavano
abbracciati:
“Eppure sembrava
proprio lei…”, brontolò poco convinta.
FINE