Vito aspettava la risposta di Gargiulo con il cuore in gola.
“Un uomo….la donna che ha telefonato era molto agitata, dobbiamo intervenire ?”, rispose l’appuntato.
Un profondo respiro di sollievo
sollevò il petto del capitano: la vittima non era Zaira!
“Andiamo”, disse
concitato , “ chissà cosa è successo in casa del dottore”.
A sirene spiegate la Pantera dei Carabinieri attraversò il
paese .
Si fermarono davanti
alla villetta , si avviarono al cancello e non trovarono resistenza: era aperto.
Anche la porta di casa era spalancata. Entrarono nel salone :
Marisa, abbandonata
sul divano pallida e con gli occhi
lucidi era lo specchio della disperazione:
“Venga capitano, l’ha
ucciso…”, mormorò indicando il cadavere del dottore ai piedi della scala a
chiocciola.
“Chi è stato?”, domandò Vito osservando il corpo dell’uomo
senza vita.
Marisa si scosse e lo
fissò:
“Quella serva
negra…probabilmente mio marito l’aveva sorpresa a rubare…guardi, la cassaforte
è aperta… lei l’ha spinto dalle scale. Io ero appena rientrata e ho visto
tutto, poi è scappata….”, un singhiozzo interruppe il racconto di Marisa.
Vito la guardò fisso
in viso, stava dicendo la verità? si
rifiutava di credere: Zaira non poteva aver fatto ciò che diceva quella donna,
c’era qualcosa di poco chiaro nella storia.
“Suo marito è precipitato dalle scale che salgono in mansarda
dove era Zaira, secondo lei cosa ci era andato a fare?”, chiese Vito .
La donna ebbe un attimo di perplessità, ci mise qualche
secondo per rispondere:
“Sicuramente sarà andato per chiederle come mai la
cassaforte era aperta…io ero sulla porta e ho visto che lei l’ha buttato giù,
lui è caduto ed ha battuto la testa”, disse Marisa abbassando lo sguardo.
Il capitano ebbe l’impressione che la donna mentisse, era
troppo intenta a cercare le parole per rispondere .
“Va bene, signora…quando avremo trovato Zaira potremo sentire la sua versione dei fatti”, affermò sempre più convinto che la moglie del dottore cercasse di aggiustare le cose a modo suo.
“Va bene, signora…quando avremo trovato Zaira potremo sentire la sua versione dei fatti”, affermò sempre più convinto che la moglie del dottore cercasse di aggiustare le cose a modo suo.
Dopo che il medico legale costatò la morte del dottore ; il
capitano ordinò una perquisizione in camera della sospettata e…quando un agente
tornò con in mano il collier, sentì un colpo allo stomaco.
“Dove l’hai trovato?”, domandò.
“Sotto il materasso, capitano”, rispose pronto l’altro. Vito
rimase di sasso, ma non perse il controllo né credette, anche per un solo
istante, che Zaira l’avesse rubato…
Vito uscì dalla villa disperato, doveva iniziare le ricerche
di Zaira. Il suo pensiero andava a quel pomeriggio d’amore, riviveva i momenti
passati con lei e un’amarezza infinita lo prese: perché il destino aveva voluto
infrangere un amore appena iniziato? Chissà dov’era andata…era sola e non conosceva
nessuno, l’immaginava vagare nella notte. Era sicuro della sua innocenza,
ma,….perché era fuggita? Doveva esserci sotto qualcosa che in quel momento non
riusciva ad afferrare…
Con una pattuglia trascorse la notte a cercarla, andò nei
locali ancora aperti, percorse tutte le vie, le stradine, gli angoli, i
giardini …passavano le ore e la speranza di rintracciarla si allontanava sempre
più. Arrivò il mattino, le strade si
stavano animando…Vito dovette cedere: Zaira era scomparsa.
Non ce la faceva
più…era stanchissimo e decise perciò di tornare a casa. Infilò la chiave nella
toppa del portone d’ingresso e salì le scale lentamente: oltre alla fatica
fisica aveva il morale a pezzi. La luce fioca che filtrava dalle finestre
rendeva difficile la visibilità, salendo l’ultima rampa di gradini notò una
forma scura davanti alla porta del suo appartamento. Arrivato sul pianerottolo
la sorpresa lo paralizzò: Zaira, accovacciata sullo zerbino lo stava guardando,
nei grandi occhi nocciola si leggeva tutta la sua disperazione. Lui si chinò
per aiutarla ad alzarsi e la strinse a sé:
“Amore mio…come sono felice…non devi più aver paura, adesso ci sono io…vieni, sei intirizzita”.
“Amore mio…come sono felice…non devi più aver paura, adesso ci sono io…vieni, sei intirizzita”.
La ragazza si lasciò portare dentro senza dire una sola
parola. Tremava, aveva le palpebre gonfie per le tante lacrime versate…Vito la
fece sedere sul divano e la coprì con un plaid:
“Vado a prepararti qualcosa di caldo”, disse. Poco dopo tornò
con una tazza di tè bollente:
“Bevi…ti farà bene”. Zaira ingollò la bevanda calda, il suo viso riprese colore:
“Grazie”, sussurrò posando il recipiente sul tavolo, “ora sto meglio”.
“Bevi…ti farà bene”. Zaira ingollò la bevanda calda, il suo viso riprese colore:
“Grazie”, sussurrò posando il recipiente sul tavolo, “ora sto meglio”.
“Ho girato tutta la notte a cercarti…sono contento che tu sia
venuta da me?”.
La giovane donna alzò su di lui lo sguardo spaventato:
“Sono arrivata qui d’istinto…ho suonato e non eri in casa…è
passato un tale che ha aperto il portone e mi sono seduta per terra ad
aspettarti… io non l’ho ucciso, è precipitato dalle scale…aiutami…”, implorò.
Le parole uscivano a fatica si aggrappò a lui stringendolo con forza. Vito
sentiva il suo corpo fremere.
“Ora calmati…mi racconterai dopo, troveremo insieme una
soluzione”.
“No…ti voglio raccontare tutto, subito”, esclamò lei con uno
scatto improvviso.
Raccontò come erano andate le cose, il tentativo di violenza,
la sua ribellione e l’incidente del dottore nel tentativo di raggiungerla. Vito
stava ad ascoltare, nel suo cuore si stava sciogliendo il nodo che si era
formato fin dal momento in cui era stato chiamato nella villa, era sicuro
dell’innocenza di Zaira e adesso ne aveva la conferma.
“Che mascalzone….sembrava una brava persona”, sibilò con
rabbia, “non capisco una cosa però”.
“Cosa?”, chiese lei, dal viso teso di Vito intuì che quello
che stava per dirle le avrebbe fatto male.
“Sua moglie ti ha accusata…di aver rubato un collier di
grande valore…, suo marito ti ha sorpresa in flagrante e tu l’hai spinto…lei
era presente e ha visto tutto…così ha detto”, affermò il capitano a disagio,
“purtroppo il gioiello è stato trovato sotto il tuo materasso”, concluse
amareggiato.
“Non è vero!…non so niente di tutto questo….non ho rubato,
non ne sono capace”, gridò lei smarrita, “credimi…la verità è la mia”.
Vito l’abbracciò: “Ti credo, calmati….quella donna ti odia”.
“Lo so, è sempre stata gelosa….si era accorta che suo marito
non mi toglieva gli occhi di dosso….anch’io avevo paura, ma speravo che tutto
finisse lì, invece…”.
“Perché non mi hai detto nulla?”; chiese indispettito, “ti
avrei fatto uscire da quella casa”.
“Hai ragione, perdonami, volevo cavarmela da sola…non credevo
che quell’uomo arrivasse a tanto!”, Vito asciugò le lacrime che scendevano
sulle guance di Zaira.
“Vedrai che tutto andrà bene…domani andremo dal giudice e
racconterai la tua versione”, disse dolcemente.
La ragazza ebbe uno scatto improvviso:
“No…tu mi devi nascondere, io non verrò mai con te…non mi crederanno. Guardami! la mia pelle è scura e sono arrivata come una clandestina…saranno tutti contro di me”, i suoi occhi brillavano di rabbia.
“No…tu mi devi nascondere, io non verrò mai con te…non mi crederanno. Guardami! la mia pelle è scura e sono arrivata come una clandestina…saranno tutti contro di me”, i suoi occhi brillavano di rabbia.
Vito cercò di tranquillizzarla e convincerla a costituirsi,
ma la giovane donna continuava a scuotere la testa: “No…non voglio…”.
Stremato, Vito la
prese per le braccia:
“Se mi ami devi
fidarti e fare ciò che ti dico”, affermò guardandola fissa negli occhi,
“altrimenti vuol dire che non ti importa nulla di me”.
Zaira si calmò e, dopo qualche secondo di silenzio disse con
un filo di voce:
“Verrò con te”, con fatica pronunciò le parole che non avrebbe mai voluto dire.
“Così va bene, riuscirò a far venire fuori la verità…”,
mormorò Vito, “vieni, andiamo a dormire….siamo sfiniti”.
Si sdraiarono uno
accanto all’altra, si abbracciarono forte, poi il sonno ebbe il sopravvento e
si addormentarono..
Dopo qualche ora Zaira si svegliò, era mattina presto, i
rumori della strada entravano nella camera, ma Vito era ancora nelle braccia di Morfeo.
Lei lo guardò con tenerezza: stava dormendo così bene! Se quello, non fosse
stato il giorno in cui doveva portarla dal giudice, sarebbe stato un momento
dolcissimo.
Zaira lo guardava e pensava che da lì a poco avrebbe potuto essere
in prigione, perdere la libertà. Quella libertà per la quale aveva affrontato
il viaggio, abbandonato i suoi cari e
sopportato tante umiliazioni. Le passarono davanti agli occhi gli
stenti, la guerra, la difficoltà di vivere nel suo paese martoriato dalla
rivoluzione. “No, non ci voglio tornare…non posso farmi arrestare….mi
metteranno in prigione, nessuno mi crederà…”, pensò. Era sempre più convinta che la
signora Giannini, moglie stimata del dottore, avrebbe avuto la meglio…le sue
parole contro quelle di una serva di colore? Non c’erano dubbi: avrebbe vinto
lei!. Si vedeva già trascinata in manette e sbattuta in una cella.
Ossessionata da questi pensieri si alzò, cercando di non fare
rumore si rivestì, si avvicinò in punta di piedi al suo amore addormentato e
gli inviò un bacio sulla punta delle dita: “Addio Vito, perdonami…non posso…”.
Chiuse la porta con cautela e si precipitò lungo le scale. Arrivata in strada
cominciò a camminare svelta, ma non sapeva dove andare i suoi piedi
percorrevano i marciapiedi e le lacrime le inondavano il viso. Si trovò davanti
alla stazione ferroviaria ed entrò, un treno era in partenza e salì senza
nemmeno pensarci un attimo, cercò un posto in uno scompartimento e si sedette:
non sapeva neppure dove l’avrebbe portata quel treno…
Vito dormì parecchio,
si svegliò e allungò un braccio per accarezzare il corpo della sua donna, ma si accorse che Zaira non era nel letto. Si alzò stirando le membra
indolenzite, andò in cucina convinto di trovala lì. La chiamò ma non
ebbe risposta, cominciò ad avere paura: “Zaira!”, la voce risuonò nella casa
deserta …Si precipitò in strada nella speranza di trovarla….rimase sulla porta
impietrito con lo sguardo perso nel vuoto e dovette cedere alla realtà: lei era
andata via….era stata presa dal terrore di non essere creduta…Si passò una mano
sugli occhi: perché non aveva avuto fiducia in lui? Con la sua fuga si
condannava, non avrebbe più potuto fare nulla per dimostrare la sua innocenza.
Ma ciò che lo faceva star male era il fatto che forse l’aveva perduta per
sempre. Il rimorso di non averla ascoltata lo tormentava: se l’avesse aiutata a
nascondersi o a fuggire come gli aveva chiesto non l’avrebbe persa ma…c’era di mezzo il dovere e il giuramento
che aveva fatto tanto tempo prima, quando era entrato nell’Arma. La divisa che
portava non gli permetteva debolezze:
aveva l’obbligo di far rispettare la legge anche a costo calpestare il suo
amore. Si sentiva come un cane bastonato,
stava male… Chissà dov’era Zaira in quel
momento? L’immaginava in strada, sola, senza soldi, esposta a tutti i pericoli ai quali una giovane donna poteva andare
incontro. Uscì per andare in caserma, a bordo della sua utilitaria percorse le
strade col pensiero di organizzare velocemente le ricerche, aveva ancora
qualche speranza di trovarla, come era successo la sera prima. Arrivò teso come
una corda di violino, i suoi collaboratori si guardarono in faccia: “Cosa stava
succedendo al capitano? Non si era mai comportato così quando dovevano trovare
qualcuno scomparso”. Se avessero saputo che la ricercata era la sua donna
non si sarebbero tanto meravigliati…
Forse era meglio scattare e ubbidire senza fare domande. Poco dopo le
vetture nere lasciavano il cortile e si immettevano sulla strada sgommando,
tutte alla ricerca della bella somala sparita nel nulla.
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