Powered By Blogger

domenica 25 ottobre 2015

L'ORCHIDEA NERA --Ultima puntata



Il capitano Lombardi era un tipo tenace e cocciuto come un mulo, fece impazzire i
subalterni, ma in breve tempo seppe quello che voleva sapere.

Dalle ricerche risultò che Giorgio Valenti e Alex Giuliani, i due uomini che erano in compagnia della ragazza di colore la sera della contravvenzione erano soci e titolari di un’agenzia di pubblicità. Accompagnato dal maresciallo Santoro, Vito si recò negli studi della “Publi Fashion”. La ragazzina che venne ad aprire sgranò gli occhi alla vista delle divise:
“E’ successo qualcosa?”, chiese allarmata.

“Vorremmo vedere il signor Valenti o il suo socio Alex Giuliani”, disse il capitano.

 Un tipo con i capelli tirati indietro da un codino, li raggiunse:

 “Posso sapere il perché”, chiese con un accento straniero “sono Patrick Smith, il fotografo dell’agenzia”.

“Mi dispiace, vorrei parlare con il proprietario”, tagliò corto Vito.

L’altro fece una smorfia:

 “Capitano, non posso accontentarla, il mio principale è in viaggio per lavoro e non so quando tornerà”.

“Avete visto questa ragazza?”, domandò mostrandogli il ritratto di Zaira. Dall’espressione del fotografo capì che l’aveva messo in difficoltà. L’uomo non si decideva a rispondere:

“Allora?…mi può dire se la conosce?”, insistette.

“No…non l’ho mai vista”, rispose Smith quasi sottovoce.

“Vorrei dare un’occhiata agli studi”, disse deciso Vito

Il fotografo rimase un attimo interdetto poi decise di collaborare:

“Certamente, vi faccio strada”, li invitò.. e li condusse nei locali dello studio.
Vito e il maresciallo visitarono varie stanze senza trovare nulla che li inducesse a pensare che Zaira fosse stata lì, ma, nel reparto grafico, il capitano notò uno scatolone sotto un tavolo, si chinò e vide che era colmo di provini. Prese un fotocolor e lo guardò controluce: la donna impressa nella pellicola gli sembrò proprio Zaira. Purtroppo il suo viso era coperto per metà dai lunghi capelli neri:

 “Questa chi è?”, chiese mettendo sotto il naso di Smith il fotocolor.

“Quella è Dea, una ragazza americana, che ha posato per noi”, rispose pronto l’uomo.

“Dove la posso trovare?”, incalzò il capitano.

 “Non so…ha finito il lavoro ed è partita…forse è tornata a casa, negli Stati Uniti”, farfugliò l’altro.

Vito aveva la netta impressione che quel fotografo non gli dicesse la verità, più ci pensava più si convinceva che l’immagine che aveva visto fosse quella di Zaira: il corpo flessuoso celato solo da un velo, i capelli lunghi che arrivavano fino alle spalle, il profilo dolce e un po’ triste erano quelli della sua donna. L’intuito l’aveva  portato nel posto giusto, ma era arrivato tardi….ancora una volta lei era sparita. Per il momento non gli rimaneva altro che andarsene, però non voleva lasciare Milano finché i suoi sospetti non fossero chiariti.

Il maresciallo Santoro fu incaricato di tenere d’occhio l’agenzia pubblicitaria e di svolgere indagini, qualcuno sicuramente sapeva della ragazza di colore che lavorava per lo studio… ritrovarla era un’impresa non facile. Il capitano era talmente assillante che non gli lasciava un attimo di tregua: “chissà perché aveva tanto interesse a rintracciare quella donna?” si chiedeva il maresciallo, ma doveva ubbidire senza chiedersi tanti perché.  

 

A bordo dell’aereo per Parigi , Zaira guardava dal finestrino la terra sottostante allontanarsi velocemente, era malinconica, sapeva che  stava lasciando laggiù, fra quelle case minuscole, la parte più importante della sua vita.

Ma ancora non sapeva che stava per iniziare per lei un cammino tutto in discesa. Nella casa di moda, che sponsorizzava la campagna per il nuovo profumo Orchidea Nera, il progetto dell’agenzia di Valenti ebbe grande successo, legato soprattutto all’immagine della bella testimonial. Era lei, Zaira,  il fiore tropicale dall’intenso profumo inebriante e la bella somala era stata catapultata in un mondo che non conosceva, frenetico, eccitante, in continuo movimento.  

Le giornate si susseguivano una  dopo l’altra senza un  attimo di tregua, anche perché  la casa di moda, visto il successo, le propose di indossare i  modelli della nuova collezione.

Il suo nome cominciò a circolare nell’ambiente, i francesi impazzirono per lei che in breve tempo divenne la top model più richiesta del momento. Il suo fascino esotico, accentuato dall’aria sempre triste la rendevano misteriosa e irraggiungibile.

 Di lei non si sapeva nulla, non concedeva interviste e la sua vita privata era impenetrabile. Zaira diventata per tutti l’Orchidea Nera, lavorava senza tregua per stordirsi e non pensare; però in fondo al suo cuore c’era sempre il rimpianto di aver tradito Vito e di non essere stata in grado di affrontare a viso aperto la realtà. Il denaro che guadagnava non le dava la felicità, solo la sicurezza e la possibilità di aiutare la sua famiglia. Erano trascorsi solo pochi mesi e la sua vita era stata capovolta: non era più la ‘serva negra’ della signora Giannini, ma una donna diventata il simbolo della bellezza e dell’eleganza. Quando sfilava il suo naturale portamento valorizzava i vestiti che indossava, incedeva sulla passerella e magnetizzava gli sguardi di tutti presenti. Il suo viso severo ed enigmatico carico di seduzione, il fare quasi scostante, avevano fatto nascere su di lei molte leggende, qualcuno diceva perfino che fosse una principessa…ma nessuno sapeva che dietro a quello schermo gelido c’era tanta infelicità…

 

Durante quel periodo, Vito, dopo aver fatto l’impossibile per rintracciarla, era stato costretto a cedere, aveva fatto ritorno, sconfitto, alla caserma in cui era cominciato il suo tormento. Da quando era tornato da Milano, era cambiato, imbestialito contro il mondo intero e anche contro se stesso: non essere riuscito a rintracciare Zaira era stato uno smacco….anche professionalmente, ma soprattutto gli mancava lei. I suoi baci, le sue carezze e la passione che li aveva uniti, con lei aveva trascorso momenti che non era facile dimenticare, non riusciva a rassegnarsi di aver perso la donna che aveva sempre cercato.

 In un giorno come gli altri, in cui l’attesa di notizie era diventata angosciante, un giovane carabiniere entrò nel suo ufficio:

“Capitano è arrivato l’esito delle impronte”, annunciò. Vito aprì subito la busta e sulle sue labbra apparve un sorriso: “L’avevo sempre saputo”, mormorò.

 In quelle carte c’era una parte di verità: nessuna impronta di Zaira era stata rilevata sul gioiello che, secondo l’ostinata testimonianza della moglie del medico, era stato rubato dalla cameriera somala che suo marito aveva portato in casa,

 “Un passo è fatto”, si disse compiaciuto il capitano, “anche se non riuscirò a trovare Zaira andrò fino in fondo…quella donna dovrà pagare per il male che le ha fatto…e che mi ha fatto.. riusciremo ad incastrarla, dovrà ammettere di essersi inventata tutto, per gelosia”.

Se la giustizia non è di questa terra c’è qualcosa di arcano che aiuta gli innocenti. Passò qualche giorno e, prima che Vito richiedesse di interrogare la vedova del dottor Giannini,  arrivò una telefonata dall’ospedale:

“Capitano… la signora Marisa Giannini è ricoverata da noi per un incidente d’auto e chiede di lei: la prego di venire subito, è urgente….la signora è grave e insiste per vederla. Dice che deve fare delle importanti dichiarazioni”.

Lombardi fece preparare la vettura e partì a tutta velocità. Arrivò trafelato, un medico lo stava aspettando e lo condusse in sala di rianimazione. Indossò la vestaglia, la mascherina verde e si avvicinò al letto .

 Marisa  aprì gli occhi: “Grazie di essere venuto, capitano”, mormorò, “voglio confessarle tutto: non posso andarmene con questo peso sul cuore”.

Vito attonito guardava quella donna che aveva rovinato la sua vita, ma non provava rancore in quel momento, solo pietà. Accese il registratore e si accinse ad ascoltare:
“Può cominciare…”, le disse accostandosi ancor di più alla bocca della donna che con un filo di voce cominciò a parlare.

Marisa Giannini rivelò la sua colpa, la gelosia l’aveva spinta ad accusare Zaira e ora voleva liberarsi la coscienza: il racconto si snodava interrotto da pause, durante le quali chiudeva gli occhi esausta. Vito seguiva attentamente e, mano a mano che la poveretta parlava, sentiva sciogliersi dentro di sé il nodo che l’aveva attanagliato per tutto quel tempo. Finalmente la verità! L’aveva sempre sospettato che quella donna avesse costruito un castello di accuse, spinta dal rancore che aveva dentro…ma non aveva mai potuto dimostrarlo. Ora era lì, pentita perché in fin di vita, che rivelava i segreti del suo animo perverso.

“Ho finito, capitano… chiedo perdono…”, concluse affranta abbandonandosi sul cuscino.

Vito uscì dalla sala di rianimazione impressionato: non avrebbe mai creduto che finisse così…quella poveretta  era stata presa dal rimorso e si era liberata l’anima da una grande colpa prima di rendere conto a Dio.

 Prima di andarsene parlò con il medico: “Ci sono speranze per la Giannini?”, chiese.

L’altro, dopo una pausa, rispose:

 “Per ora è in prognosi riservata…però potrebbe anche cavarsela”.

“Glielo auguro, specialmente per i suoi bambini…ha fatto una buona azione e se lo merita…”, disse serio Vito.

Con il registratore ben stretto in tasca, il capitano si allontanò: era felice ….ma ancora non era finita. Mancava all’appello la persona più importante: Zaira, scagionata e libera di tornare a vivere alla luce del sole. Avrebbe voluto averla vicino per abbracciarla e festeggiare insieme quel momento felice. “Dove sei?”, pensava avvilito sentendosi inutile. Non poteva dimenticarla, ormai era diventata la sua ossessione, telefonava spesso a Milano con la speranza di avere notizie. Purtroppo la risposta era sempre quella: “Niente di nuovo, capitano… le ricerche continuano”.

Quel giorno, stava spettando il suo turno dal dentista, per passare il tempo prese dal portariviste un settimanale femminile e si mise a sfogliarlo distrattamente. Improvvisamente il suo cuore fece un balzo: in un servizio che pubblicava le sfilate di moda di Parigi c’era una foto che attirò il suo sguardo. A pagina intera era ritratta una modella che stava sfilando in passerella… “Zaira!”…mormorò incredulo. Osservò meglio: non c’erano dubbi, era proprio lei: gli occhi neri vellutati con le lunghe ciglia e, sopra il labbro il piccolo neo, che soltanto lei poteva avere…Indossava un abito da sera ed era bellissima, un po’ cambiata, più sofisticata, ancor più arricchita del fascino che le era naturale. Lesse la didascalia: “ La top model Dea Morris, detta anche Orchidea Nera, sfila a Parigi per le ultime collezioni”.  Saltò dalla sedia e schizzò fuori con il giornale in mano, si precipitò in ufficio e diede ordine che prenotassero un posto sul primo aereo per Parigi.

 

Zaira si svegliò a malincuore, avrebbe voluto stare ancora far le lenzuola, come le accadeva da qualche tempo le sue notti erano disturbate da sogni angosciosi. Vito le appariva spesso, lontano e irraggiungibile, sentiva la sua voce che la chiamava, si svegliava di soprassalto e non riusciva più a prendere sonno. Non aveva mai smesso di pensare a lui, migliaia di chilometri li separavano ma le loro anime si stavano cercando. Era tanto stanca di quella vita dorata e frenetica, in lei stava maturando una decisione importante, che avrebbe cancellato in un momento tutta la fortuna che le era piombata addosso…era disposta a sacrificare qualsiasi cosa  pur di avere Vito vicino, anche nella cattiva sorte….mentre faceva la doccia mille pensieri occupavano la sua mente, si stava preparando per sfilare, ma la testa era altrove.

“Cos’hai oggi?”, le chiese la sarta mentre le aggiustava un abito addosso, “sei più pensierosa del solito”.

“Sto decidendo qualcosa di importante”, lo sguardo di Zaira era fisso nel vuoto e la donna borbottò:

 “Sono tutte un po’ strane queste qui”.

La sala era gremita, i fasci di luce tagliavano il buio , il sottofondo musicale si diffuse nell’aria: “Tocca a te”, disse qualcuno alla modella pronta per uscire.

 Zaira cominciò a percorrere la passerella, gli sguardi dei presenti erano tutti fissi su di lei e si levò un mormorio di ammirazione.  La ragazza camminava col solito passo elegante, ma il suo viso era impenetrabile, arrivò fino alla fine e si fermò. Rimase immobile per qualche secondo suscitando lo stupore del pubblico.

“Un momento di attenzione , per favore . Vi annuncio che questa è la mia ultima sfilata”, disse con voce chiara e sicura, “ringrazio tutti, mi avete dato molto, ma ora devo andare, questa non è la mia vita e devo raggiungere qualcuno che mi  aspetta”.

Si girò e quasi correndo raggiunse il retro dove, il suo gesto aveva generato lo scompiglio assoluto. Lo stilista che presentava la collezione stava imprecando, dal viso cianotico si poteva supporre che fosse al limite del collasso:

“Fermatela!…è impazzita…mi vuole rovinare..”, urlava con voce stridula  in preda ad un attacco isterico. Intorno a lui c’era il caos. Zaira passò fra tutti senza ascoltare nessuno, si cambiò velocemente e fuggì inseguita dai flash dei fotografi che non si erano lasciati scappare lo scandalo in diretta. Si recò a casa, mise qualcosa in valigia e chiamò un taxi:

 “All’aeroporto Charles De Gaulle”, disse, finalmente felice di essersi liberata dal peso che l’aveva perseguitata per tutto quel tempo. La scelta di consegnarsi spontaneamente a Vito era stata dettata soprattutto dall’amore per lui, si rendeva conto di averlo messo in gravi difficoltà, scappando.…e poi non ce la faceva più, la voglia di rivederlo era troppo grande: era disposta ad affrontare tutti i tribunali del mondo pur di riabbracciarlo…

Non le era costato nulla lasciare quel mondo fatuo nel quale era capitata solo per caso, i suoi sentimenti e l’essere in pace con se stessa erano stati la molla che aveva fatto scattare all’improvviso la decisione di tornare in Italia.

Quando scese dall’auto, prima di entrare nell’aeroporto gettò in un cestino i documenti falsi che le avevano permesso di nascondersi fino ad allora: “Addio Dea Morris, addio Orchidea Nera…io sono Zaira”, si disse con uno scatto d’orgoglio.

 

Vito, sul volo dell’Air France fremeva d’impazienza: non vedeva l’ora di arrivare. Ripensava all’incredibile storia d’amore che gli aveva riservato il destino; riviveva i momenti meravigliosi vissuti con Zaira ma riaffiorava anche tutta l’angoscia dei giorni terribili, quando doveva rintracciarla per consegnarla ad una giustizia che, qualche volta, non era tale. Ora era tutto finito! L’aveva trovata e la felicità di riabbracciarla sarebbe rimasta intatta: niente poteva più separarli. Ora sapeva come muoversi, dove cercarla, non gli sarebbe più sfuggita.

 L’aereo atterrò, i passeggeri scesero dalla scaletta e si avviarono al pulmino per uscire. Il capitano Lombardi non aveva bagaglio, aveva con sé solo una borsa, e se n’andò subito. Attraversò lo spazio che lo separava dall’uscita con passo svelto, senza curarsi di ciò che aveva intorno. Aveva fretta e scostava la gente che gli impediva il passaggio, quasi si scontrò con una ragazza che stava trascinando una valigia a capo chino. “Scusi”, borbottò. La giovane alzò la testa e ambedue rimasero paralizzati, con gli occhi sbarrati e la bocca aperta come se, ciascuno di loro avesse davanti un’apparizione.

“Zaira!”, “Vito!”, dalle loro labbra uscì contemporaneamente un grido.

Si buttarono l’una nelle braccia dell’altro, ubriachi di felicità.

 “Non è possibile…non ci credo…sei proprio tu…”, continuava a ripetere Vito.

 Zaira, con gli occhi colmi di lacrime si staccò:
“Stavo venendo da te, ho deciso di costituirmi…succeda quello che deve succedere, ma non voglio perderti…ti amo”, disse con la voce rotta dall’emozione.

 Vito la guardò intensamente: “Non è più necessario amore mio…vieni, ti devo parlare…”.

Fuori, davanti all’ingresso, fra l’andirivieni delle persone cariche di valige, raccontò ciò che era accaduto all’ospedale, disse della confessione di Marisa e mentre parlava il viso di Zaira si distendeva: “Mi stai dicendo la verità?”, chiese mentre il cuore le stava uscendo dal petto tanto batteva forte.

“Sei libera, libera di andare dove vuoi”.

“Voglio stare con te…per sempre”, disse lei.

 Si guardarono negli occhi: la malia che li aveva spinti uno verso l’altra la prima volta che si erano visti, li univa sempre di più. Ora niente poteva dividere le loro strade.

Una signora si avvicinò a Zaira:

“.Mi fa un autografo?…lei è la top model Orchidea Nera, vero?”, disse scrutandola.

“No signora…mi dispiace, si sbaglia…sono arrivata adesso dall’Italia, con il mio fidanzato”, rispose stringendosi a Vito.

La donna li seguì con lo sguardo mentre si allontanavano abbracciati:

 “Eppure sembrava proprio lei…”, brontolò poco convinta.               

FINE                                                                                                                                                        

 

 


 

 

 

 




 

 

 

 

       

 

Nessun commento:

Posta un commento