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sabato 10 ottobre 2015

L'ORCHIDEA NERA quarta puntata




Rannicchiata nello scompartimento del treno Zaira osservava i compagni di viaggio: una donna grassa che non le toglieva gli occhi di dosso, un ragazzo che leggeva un libro e un signore ben vestito, sulla cinquantina,  immerso nella lettura di un quotidiano. Con lo sguardo perso nel vuoto pensava all’assurda vicenda che stava vivendo, ma soprattutto ricordava quando, con il cuore gonfio di amarezza aveva lasciato Vito addormentato , …aveva fatto la cosa giusta? Sicuramente se fosse rimasta l’avrebbe aiutata a togliersi dai pasticci… ma in quel momento era stata presa dal panico e il solo pensiero di doversi discolpare di qualcosa che non aveva commesso, l’aveva terrorizzata.  Chissà se l’avrebbe rivisto? Il suo amore era appena cominciato ed era subito finito. Vito sarebbe rimasto nel suo cuore per sempre…nessuno prima di lui le aveva suscitato una passione così intensa, con lui aveva provato emozioni che non poteva dimenticare ; guardava fuori dal finestrino il paesaggio che sfuggiva: dove stava andando? Aveva preso quel treno in partenza senza nemmeno sapere dove era diretto.  Aveva i nervi tesi allo spasimo, si sentiva come una preda braccata, aveva paura  che arrivasse il controllore da un momento all’altro e lei era senza biglietto. Ogni tanto sbirciava… pronta a chiudersi nella toilette al momento buono.

. L’uomo seduto davanti a lei cambiò pagina del giornale, un titolo la fece sobbalzare: “Misteriosa morte di un medico, sospettata la colf di colore”. Quel tale che stava leggendo abbassò il foglio e le lanciò un’occhiata. La ragazza girò la testa verso la porta, poi si alzò e andò in corridoio. Lo sguardo dell’uomo non l’abbandonava, seguiva ogni sua mossa. Zaira cercò posto in un altro scompartimento: purtroppo erano tutti occupati, decise perciò di rimanere in piedi, vicina all’uscita per poter eventualmente scendere alla prima fermata. Si appoggiò al finestrino e fissò lo sguardo sul panorama che  fuggiva velocemente; dopo qualche minuto  avvertì qualcuno dietro di sé.

Si sentì toccare un braccio, si voltò: il tipo che prima leggeva il giornale la stava fissando:

“Hai caldo?”, chiese.

“Un po’’”, rispose lei senza voltarsi.

“Come mai ti sei alzata?”, insistette il suo interlocutore.

“Volevo sgranchirmi le gambe", rispose sottovoce.

Lo sguardo dell’uomo la percorse da capo a piedi e un lieve sorriso gli increspò le labbra. “Da dove vieni?”, continuò.

La giovane donna alzò le spalle:

“Non so perché mi fa tutte queste domande”, rimbeccò seccata.

L’altro non fece tempo a rispondere: il controllore aveva aperto la porta e si accingeva a chiedere i biglietti. Zaira  ebbe un moto di panico. Il ferroviere se ne accorse: “Biglietto, prego”, disse squadrandola. Lei rimase paralizzata e non rispose, lo sconosciuto che stava assistendo alla scena si intromise:

“Il mio è questo”, affermò mostrando il cartoncino, “lei non ha fatto in tempo a farlo…lo possiamo fare ora?”.

“Certo…dove andate?”, rispose il ferroviere con un sorrisino.

 “A Milano”, rispose pronto l’uomo. Zaira lo guardò sorpresa ma preferì tacere.

“Non ti preoccupare”, le disse ancora quel tale non appena il controllore se ne fu andato, “ho visto che eri in difficoltà e ho cercato di darti una mano”.

“Ma…perché?…”, balbettò lei.

“Non ci pensare, avrai modo di rendermi il favore”, affermò l’uomo malizioso. La ragazza si ritrasse:

“No…mi lasci stare”, disse impaurita. L’altro si avvicinò e la fissò in viso:

“Non è ciò che pensi, stai tranquilla, tu sei quella che cerco da tempo…”.

Zaira era sempre più preoccupata: cosa voleva quel tipo da lei?. Cercò di andarsene ma lo sconosciuto glielo impedì mettendo un braccio fra lei e lo sportello del vagone.

“Ti prego, non scappare…ho capito che hai dei problemi, probabilmente stai fuggendo da qualcosa o qualcuno…ma io non voglio sapere niente, ti voglio solo aiutare”, disse lui con fare benevolo, “sono Giorgio Valenti dell’agenzia  Publi Fashion, stiamo cercando una ragazza per una campagna pubblicitaria. Appena ti ho vista, ho pensato subito che tu sei quella donna….sei giovane, un corpo e un viso bellissimi…abbiamo fatto centinaia di provini  inutilmente.  L’averti incontrata è stato un miracolo, gli affari non vanno molto bene e firmare questo contratto sarebbe la nostra salvezza…si tratta di milioni di Euro, sta sfumando proprio perché non c’è l’immagine giusta…” . Quell’uomo parlava concitato, e Zaira lo seguiva in silenzio. Le sembrava di ascoltare una favola…

“Come posso crederle?”, chiese titubante, poteva fidarsi di uno sconosciuto incontrato per caso?

Giorgio Valenti  le mostrò i documenti:

“Ti prego, vieni con me…facciamo un patto: se tutto quello che ho detto non è vero, sei libera di andartene, ma in questo momento  ti chiedo di aiutarmi”, c’era ansia nella sua voce  ma  sembrava sincero.

“Non posso risponderle subito, ho bisogno di pensarci”, tagliò corto Zaira: quell’uomo la metteva in confusione.

 Riluttante tornò a sedersi nello scompartimento ma era sempre sulla difensiva, non aveva più detto una parola. Aveva tanta paura, ma se si voltava indietro c’era la prigione…le conveniva tentare, chissà…forse quel tipo diceva la verità. Se fosse stato vero ciò che le proponeva  poteva dire di avere incontrato la fortuna. Sbirciava ogni tanto l’individuo  seduto davanti a lei e ogni volta il dubbio si affacciava nella sua mente. Si impose di non pensare, si lasciò andare al dondolio del treno e in breve le palpebre divennero pesanti e si addormentò.

 

Intanto il capitano Lombardi non aveva dato tregua ai suoi ragazzi, li aveva mandati dappertutto in cerca della fuggitiva senza nessun risultato, più il tempo passava e più la speranza di ritrovarla si affievoliva, ma dentro di sé era convinto che l’avrebbe trovata, non importava quando… prima però, doveva fare luce sul delitto carico di ombre nel quale era stata coinvolta senza aver commesso nulla… Le indagini erano ad un punto fermo, l’unica testimonianza era quella di Marisa che continuava ad incolpare Zaira. Voleva vendicarsi degli sguardi carichi di desiderio che il marito lanciava a quella  splendida ragazza color caffelatte che girava per casa…aveva capito che, quella sera,  Claudio aveva tentato di abusare di lei ed era presente quando era precipitato dalle scale nel tentativo di raggiungerla. Però, proprio per questo, lei doveva pagare…suo marito non l’aveva mai guardata così, non aveva mai visto nei suoi occhi quella fiamma che li rendeva lucidi….Quante volte si era vista  allo specchio il suo corpo secco, la sua faccia segnata dalle notti passate a pensare e l’invidia contro quella giovane che aveva dalla natura ciò che a lei era stato negato, le mangiava l’anima.  Nella sua mente sconvolta aveva architettato con freddezza la storia del furto, determinata ad accusare implacabilmente Zaira, colpevole solo di essere troppo bella. Peccato che fosse scappata…ma non poteva andare troppo lontano, prima o poi l’avrebbero presa ed allora la sua vendetta si sarebbe compiuta.

Vito aveva interrogato più volte Marisa sperando che cadesse in qualche contraddizione, ma la donna ripeteva la sua versione dei fatti sempre nello stesso modo, quasi con le stesse parole, come se avesse imparato a memoria una lezione da non dimenticare. Il capitano Lombardi si chiedeva perché quella donna continuasse a mentire, senza la presenza di Zaira non poteva contestare la sua deposizione. Cercava di tenderle dei tranelli, ma lei era diabolica: riusciva sempre a cavarsela … Per Vito quei giorni diventarono un incubo, dovette assistere impotente alla decisione presa dal giudice di spiccare mandato di cattura per la sua donna accusata di omicidio.

 

 L’Eurostar  era arrivato a Milano. Valenti si alzò e tirò giù la valigia:
“Tu non hai bagaglio, vero?”, chiese a Zaira ancora seduta.

La ragazza scosse il capo: “No…”, mormorò.

“Andiamo…ci penseremo dopo”, disse lui aiutandola ad alzarsi, “allora siamo d’accordo…vieni con me?”, aggiunse con l’aria preoccupata di chi potrebbe sentirsi dire di no.

Zaira si guardò intorno smarrita: i passeggeri stavano invadendo il corridoio per scendere dal treno, non sapeva cosa fare…si sentì sola, disorientata, stava entrando in una città che non conosceva….l’unico debole punto di riferimento era quell’uomo che aveva davanti del quale non sapeva nulla ma che le aveva promesso un lavoro.

“Allora?”, incalzò Valenti, “fidati, non ti ho raccontato balle…”. La giovane acconsentì con un cenno e si avviò all’uscita.  Travolta dalla marea di gente che si avviava allo scalone, Zaira, seguiva il suo accompagnatore che, con passo deciso si faceva largo fra la folla. Scesero con la scala mobile e si misero in coda per prendere un taxi.

Attraversarono la città, per Zaira era tutto nuovo: osservava stupita quell’agglomerato di case e il  fiume di auto che ingorgava le strade. Sempre più preoccupata se ne stava rannicchiata in silenzio accanto al suo accompagnatore.

 Dopo quasi mezz’ora il taxi si fermò davanti a una casa sul Naviglio, una delle tante della vecchia Milano affacciate sul canale in cui l’acqua torbida scorreva lenta. La giovane  scese dalla vettura con il cuore che le batteva forte: non sapeva dove sarebbe andata e la paura le attanagliava lo stomaco. Si guardò intorno,  il suo primo impulso fu di scappare…Valenti stava pagando il taxista, si voltò e fu preso dal panico: lei non c’era più.

“Non può essere andata lontano”, si disse, “era qui un attimo fa”.

Cercò con lo sguardo fra i passanti e il suo animo si allargò: la vide che stava svoltando in fretta l’angolo di una via a pochi metri di distanza. Corse e la raggiunse, la prese per un braccio:
“Dove vai?….avevi detto di sì, ti prego, vieni con me, siamo arrivati, vedrai  che quello che ti ho detto è la verità”, supplicò.. Zaira lo guardò e le sembrò sincero. Sempre senza dire una parola lo seguì. Entrarono in un grande cortile: su una porta a vetri  spiccava una targa d’ottone : “Publi Fashion. Agenzia di pubblicità.”.

“Ragazzi”, esclamò entrando l’uomo, “guardate chi vi ho portato”.

 Nel grande locale con tavoli da disegno e computer cinque uomini stavano lavorando,  tutti alzarono contemporaneamente la testa, molti occhi si puntarono sulla ragazza  intimidita. Un giovanotto si avvicinò:
“Salve”, disse allungando la mano destra, “sono Alex…posso dire che sei un miracolo?”. La guardò da capo a piedi e si rivolse a Valenti: “Dove l’hai scovata? …è proprio lei, la nostra donna…l’orchidea nera!”.

“E’ una storia complicata…poi te la racconterò, sono contento che anche tu l’abbia riconosciuta…ragazzi, siamo salvi, stasera tutti in pizzeria a festeggiare”, propose allegramente Valenti, “e domani subito al lavoro, il tempo stringe”.

Zaira era frastornata, nei suoi grandi occhi si leggeva lo stupore, non capiva nulla di quello che stava succedendo: sembrava parlassero in codice. Il ragazzo che si era presentato le toccò un braccio:

“Vieni…come ti chiami?”, chiese gentilmente. La giovane somala si ritrasse, Valenti intervenne vedendola in difficoltà:

“Alex, non ha importanza, se hai un attimo, vieni di là che ti spiego come sono andate le cose”, disse trasportando letteralmente il suo socio in un’altra stanza. Tornarono dopo qualche minuto:

“Per me non c’è nessun problema, se non hai i documenti te li procureremo”, affermò il giovanotto.

Zaira non aveva ancora detto una parola: era sempre sulla difensiva, non capiva quell’ambiente e tanto meno capiva quello che avrebbe dovuto fare. Alex, che sembrava il più comprensivo la fece accomodare in un ufficio, si mise dietro la scrivania:
“ Penserai che siamo pazzi…Giorgio mi ha raccontato come vi siete conosciuti…io non voglio sapere niente di te, ma in questo momento, credimi, non siamo noi che ti diamo una mano, sei tu che ci stai aiutando”.

“Non capisco”, balbettò Zaira.

“Come ti ha già spiegato Valenti abbiamo firmato il contratto per una campagna pubblicitaria e non riuscivamo a trovare la testimonial per il profumo “Orchidea Nera” di una famosa casa di moda francese. I termini stavano per scadere e l’immagine che ci serviva era introvabile… nei nostri pensieri c’era un tipo di donna dalla pelle ambrata, con il tuo viso, i tuoi occhi e il tuo corpo…insomma tu!”, concluse puntandole addosso l’indice.

Zaira, dopo le affermazioni di Alex, capì finalmente cosa si voleva da lei: l’uomo del treno aveva detto la verità.

“Mi dispiace”, disse a malincuore, “non posso …”. Accettare quel lavoro significava mettersi in mostra, rendersi visibile a tutti, mentre tentava disperatamente di nascondersi. Era stato crudele lasciare Vito addormentato, la sua immagine l’aveva sempre davanti agli occhi, aveva lasciato l’amore per scegliere la libertà…

Alex balzò sulla sedia: “Come non puoi…ti pagheremo bene, potrai farti un bel gruzzolo in pochi giorni”, esclamò. Ci pensò su qualche secondo poi disse una cifra .

La ragazza spalancò gli occhi: “Come ?”, domandò incredula: con quella somma avrebbe risolto i mille problemi per i quali era stata costretta a lasciare la sua famiglia, poteva inviare dei soldi e farli stare bene…

“Se vuoi possiamo anche aumentare…”, continuò il ragazzo sulle spine.

“No…non è possibile”, rispose lei, “non è questione di denaro”.

“Ho capito che sei nei pasticci”, affermò il giovanotto benevolmente, “se vuoi parlarmene forse ti potrò aiutare…”.

Zaira era come bloccata, si tormentava le mani nervosamente, avrebbe voluto dire tutto, ma non si fidava, aveva paura. Si alzò dalla sedia e si avviò verso la porta: “Ti prego, lasciami andare, non posso rimanere qui…”, dai suoi occhi spaventati Alex capì che sarebbe stato molto difficile convincerla a restare.

L’uscio si aprì ed entrò Valenti con un giornale in mano: lo stesso che stava sfogliando in treno:
“Guarda qui”, disse sottovoce all’amico, “potrebbe essere lei…è salita , senza bagaglio e senza biglietto …avevo già avuto il sospetto da come si comportava durante il viaggio”. I due uomini si girarono e puntarono lo sguardo sulla giovane donna che si sentì in gabbia.

Valenti le mostrò il foglio con l’articolo che la riguardava: “Sei tu?”, domandò accusatorio.

Lei negò scuotendo il capo, ma dall’espressione smarrita i due capirono che avevano fatto centro.

 Valenti cambiò atteggiamento, diventò gentile, quasi paterno,  la scostò dalla porta e l’accompagnò di nuovo alla sedia. 

“Ascoltami…tu non ti devi preoccupare, la campagna pubblicitaria uscirà per prima in Francia…qui non ti vedrà nessuno, mi devi credere, abbi fiducia in me…in fin dei conti si tratta solo di qualche settimana e, se tutto andrà liscio, dopo potrai andartene dove vuoi”, pronunciava le parole adagio, come se avesse paura di spaventarla. Zaira lo stava ascoltando e pensava che se era vero, poteva accettare quel lavoro inaspettato che le avrebbe permesso di vivere …e forse di difendersi.

“Va bene…”, mormorò suscitando l’entusiasmo dei due uomini.

“O.K…sei meravigliosa”, esclamò Alex, “e adesso subito al lavoro”.

La condussero in uno studio fotografico dove un tipo tutto baffi e capelli le venne incontro.

“Vieni, tesoro, farò di te una stella!”, scherzò, le alzò il mento e l’osservò a lungo. Lei si ritrasse.

“Non ti spaventare, questo è Pierre, il nostro mago del trucco…è un tipo un po’ originale, ma sa il fatto suo…vedrai, dopo non ti riconoscerà più nessuno, nemmeno

tua madre”, affermò Valenti, “ti lasciamo nelle sue mani…coraggio”.  Le lanciò uno sguardo d'intesa, sorrise e uscì socchiudendo la porta.     


                                                                                                                    
                                                                                                              (continua)


 

 

 

 
 

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