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domenica 27 novembre 2016

UN AMORE A TEMPO DI SAMBA - ultima puntata



Il pubblico era in piedi ad applaudirla, il concerto era stato un trionfo, Paula tornò più volte in palcoscenico per raccogliere i fiori lanciati dagli ammiratori, chiusero il sipario dopo una decina di rientri dell’artista. Dietro le quinte Federico aspettava di abbracciarla.
 “Sei stata grande!”, le disse, “come sempre”, aggiunse.
Tutti si complimentarono con lei,  Paula ringraziò poi entrò nel camerino pieno di fiori:
“Guarda come sono belli”, le disse Anita, la fedele segretaria che la seguiva ovunque, “qui dentro sembra una serra”. Paula si sedette davanti allo specchio per struccarsi:
“Hai ragione, stasera sono felice, è andato tutto bene”, disse impiastricciandosi il viso di crema.
In quel momento bussarono, Anita andò ad aprire: un ragazzo portava un’ enorme corbeille di fiori:
”Dove la metto?”, chiese.
La segretaria la posò accanto a Paula:
“ E’ di un ammiratore, c’è anche un biglietto, guardiamolo prima che il signor Federico se ne accorga”, scherzò.  Erano abituate a ricevere omaggi floreali, ma quello era veramente fuori dalla norma. Staccò la busta dal cellophane e la porse a Paula: “Sei stata fantastica, posso salutarti?”, c’era scritto sul biglietto.
“Non c’è la firma, non so proprio chi sia”, disse Paula senza dare troppa importanza .
Un leggero tocco all’uscio e Anita tornò ad aprire:
“Posso rendere omaggio alla grande Paula?”, disse il nuovo venuto. La cantante lo riconobbe per quel tale dai capelli lunghi che in prima fila si spellava le mani per applaudirla.
“E’ lei che ha mandato questo stupendo cesto di fiori?”, chiese.
L’altro annuì e sorrise:
“E’ troppo poco per una donna come lei”, disse fissando gli occhi sul suo viso.
“La ringrazio…ma con chi ho il piacere di parlare?”, domandò lei.
Prima di rispondere l’uomo si guardò intorno, si avvicinò e sussurrò in perfetto brasiliano:
 “Sono José Ramirez, un amico di don Pedro Olivares”.
Paula lo guardò con occhi sbarrati, si mise a sedere, il cuore cominciò a battere all’impazzata:
 “Cosa vuoi da me?”, disse con un filo di voce. .
“Ti piacerebbe che tutti sapessero che eri una squillo di lusso?”, sibilò l’uomo.
La giovane donna era diventata pallida, aveva la bocca secca, quel tipo l’aveva riportata nel fango, in Brasile quando non era nessuno, in quel momento non si sentiva più la famosa cantante, ma una delle ragazze della squadra di don Pedro.
“Ti prego, non dire nulla, rovineresti la mia vita, ho un uomo che mi ama”, il pianto nella voce non commosse il brasiliano.
“Sono qui appunto per questo, ormai sei piena di soldi, non avresti nessun problema a pagare il mio silenzio”, avvicinò la sua faccia strafottente a quella di lei che si ritrasse impaurita.
Paula era talmente disorientata che quasi non capiva ciò che quell’uomo le proponeva, finalmente realizzò: “Mi stai ricattando?”, balbettò.
“Non l’avevi ancor capito? Se vuoi il silenzio sul tuo passato devi tirare fuori la grana, bellezza”.
 Federico entrò in camerino per vedere se lei era pronta per uscire, notò che era in compagnia e si fece avanti per sapere chi era quell’uomo. Paula si scosse e fece forza su se stessa, riuscì anche a sorridere:  “Ti presento José Ramirez, un mio amico di Rio, era a Parigi per lavoro ed è venuto a sentirmi cantare”, disse cercando di dare alla voce un tono disinvolto.
 “Molto piacere, non potevo mancare, Paula è straordinaria, ci conosciamo da quando eravamo piccoli”, disse José  affabile.
Lei gli lanciò un’occhiata gelida, ma non fece effetto perché l’altro continuò imperterrito a fare la parte dell’amico d’infanzia.
“Ora devo proprio andare, continua così, sei grande, magari ci vedremo ancora, non si sa mai”, affermò congedandosi.
Paula lo vide uscire con sollievo, ma le sue ultime parole suonarono come una minaccia, certamente si sarebbe ancora fatto vivo.
Quella sera c’era una festa in suo onore, la giovane cantante non aveva l’animo disposto a partecipare, cercava di essere più disinvolta possibile, ma era troppo tesa, se ne accorse  Federico:
“Non stai bene?”, chiese.
Lei accennò di sì con il capo: “Ho un feroce mal di testa”, disse, “cerchiamo di andare in albergo, non ce la faccio più a stare in mezzo alla gente”.
Lui si congedò  dagli invitati e l’accompagnò in camera:
“Prendi un antidolorifico, vedrai che ti passerà”, disse aiutandola a spogliarsi.
Paula si mise a letto, ma non riuscì a prendere sonno per tutta la notte. La visione di quell’uomo con la coda di cavallo la perseguitava, le sue parole le risuonavano nella mente minacciose.
“Ecco il sogno, l’uomo che mi voleva fare del male”, pensò, nella sua cultura c’era anche il mistero,  credeva alle premonizioni che si manifestavano nel sonno. Venne l’alba e lei era piena di paura. La cosa più difficile era tenere Federico fuori da tutto, nella sua vita privata come in quella pubblica lui aveva un ruolo fondamentale, erano sempre insieme. I concerti all’Olimpia erano quattro e Paula si recò a teatro per la seconda rappresentazione combattendo contro se stessa per non far trasparire l’ansia, ma era una battaglia persa perché era terrorizzata al pensiero di rivedere quell’individuo. Purtroppo era lì, sempre in prima fila, sentiva il suo sguardo sulla sua pelle, rimase inquieta finché non si chiuse il sipario. La fedele Anita si accorse che c’era qualcosa che non andava:
“Hai bisogno di una pausa, ti vedo stanca”, le disse mentre l’aiutava a cambiarsi.
“Sì”, rispose lei senza aggiungere altro, aspettava impaurita la mossa successiva del ricattatore.
Poco dopo un fattorino consegnò un mazzo di rose gialle. Paula guardò quei fiori con sospetto:
 “Sono del solito ammiratore”, disse Anita staccando il biglietto.
Paula aveva ragione, le parole scritte su quel cartoncino bianco la fecero impallidire: “Se vuoi il mio silenzio devi sganciare cinquecentomila euro, in contanti. Lascia una busta a mio nome prima di andare in teatro, alla reception del tuo albergo”.
Era sconvolta, non fece in tempo a pensare a nulla che entrò José, il suo persecutore.
“Come sempre fantastica!”, cominciò, poi in stretto brasiliano disse: “hai ricevuto il mio biglietto?
“Non so come fare, a queste cose ci pensa Federico…ma non posso chiederlo a lui”, rispose lei, “dammi il tempo di pensare”.
L’uomo aggrottò le ciglia:
“Non voglio sapere niente, voglio solo i soldi!  inventati qualcosa”, si guardò intorno e incrociò lo sguardo di Anita: “ Chiedili a qualcuno, con qualche telefonata giusta ci riuscirai. Ormai sei diventata un personaggio importante , non ti si può negare niente e poi per te, quei soldi sono una bazzecola; per me invece sono fondamentali per sopravvivere…se non lo fai sai che dopodomani tutti sapranno chi eri”, aggiunse con aria di minaccia, poi:
 “Allora ciao, sarei felice di rivederti…saluta Federico”, disse ad alta voce uscendo.
A Paula venne la pelle d’oca, capì che quello lì faceva sul serio. Era seduta davanti ad uno specchio che rifletteva l’immagine di una donna distrutta. Anita si avvicinò preoccupata:
“Cattive notizie? da quando quel tuo amico se ne è andato hai cambiato faccia”.
 La cantante fissò in silenzio il viso di Anita, nella sua mente stava prendendo forma il modo in cui dirle che aveva bisogno della sua collaborazione.
“E’ vero. José mi ha detto qualcosa che mi ha sconvolto: un nostro comune amico sta molto male e ha bisogno di essere operato, e non ha soldi per l’intervento; si tratta di una notevole cifra che deve essere depositata domani , non sa come fare”,  la scusa plausibile le era venuta da sola, con la forza della disperazione, “lo vorrei aiutare, mi si stringe il cuore al pensiero di un giovane che non può curarsi, però non c’è tempo”, Paula s’interruppe e guardò Anita con intenzione: “Se ti chiedessi un grande favore me lo faresti?”.
La donna non batté ciglio: “Tutto quello che vuoi”, rispose.
“Grazie”, disse Paula, “sapevo che potevo contare su di te. Domani non posso assentarmi nemmeno un secondo, ho l’intera  giornata impegnata nelle prove…purtroppo è una cosa molto seria, l’unica cosa da fare è andare a Milano a prelevare con un mio assegno e tornare in giornata…telefonerò nel frattempo al direttore della banca “.
“ Va bene, stai tranquilla, farò tutto quello che mi hai detto. Spero soltanto di non avere problemi per rientrare con quel gruzzolo in borsa”, affermò Anita
Paula rimase un attimo perplessa :
“ Incrociamo le dita e siamo positive…vedrai che andrà tutto per il meglio”, se lo augurava anche perché non avrebbe saputo cos’altro fare..
 La  segretaria  partì il mattino presto per essere di ritorno alla sera, s’imbarcò sull’aereo con un po’ d’ansia, ma nessuno le chiese nulla… e la  busta con i contanti venne depositata alla reception a nome di José Ramirez.
Il  brasiliano andò a ritirarla, l’aprì , soddisfatto si fregò le mani: “ho trovato la gallina dalle uova d’oro”, si disse soddisfatto.
Federico era all’oscuro di tutto, Paula aveva pregato Anita di non fargli sapere nulla dell’operazione che avevano portato a termine.
I concerti all’Olimpia erano terminati, tornarono a Milano e si presero un periodo di riposo in attesa del matrimonio.  Trovarono un piccolo comune sul lago di Como per celebrare la cerimonia senza tanta pubblicità, un paese tranquillo dove nessuno li avrebbe trovati
.
Erano già passati sei mesi dal giorno in cui Paula aveva dato i soldi a José, non l’aveva più sentito “forse è tornato in Brasile”, pensò e cominciò a tranquillizzarsi, seguiva i preparativi delle nozze con serenità, era felice, si divertì a scegliere il vestito da sposa che doveva essere bellissimo. Lo trovò come piaceva a lei in un atelier di abiti da sposa, chiese di provarlo, la sarta stava aggiustandoglielo addosso quando squillò il cellulare, la voce fessa uscì dal microfono:
“Ho finito i soldi, cara, anch’io devo vivere…potresti ripetere l’operazione? Cinquecentomila, come l’altra volta, in contanti, ti aspetto domani pomeriggio alle sedici in piazza Castello, davanti alla fontana, non mancare, ti prometto che questa è l’ultima volta che ci vediamo”.
“Chi ti ha dato il numero del mio cellulare?”, chiese lei disperata.
“Anch’io ho i miei informatori”, rispose l’altro, poi riagganciò.
Paula si era illusa di non rivederlo più, ci pensò su prima di decidersi a sottostare alle richieste di quel malfattore ma poi si arrese,  non le importava sporcare sua immagine di cantante, ma  temeva di perdere l’amore dell’uomo che le aveva chiesto di sposarla. Non poteva perdere la felicità che si era conquistata, se, come aveva detto quel tale  era l’ultima volta, le conveniva sborsare e tacere.
 
Accostò l’auto e lo vide,  appoggiato ai bordi della fontana, fra i bambini che giocavano con le barchette. Suonò il clacson per farsi notare, lui arrivò e infilò la testa nel finestrino.
“Brava, sei quasi in anticipo”, borbottò. Aprì lo sportello e sedette accanto a lei:
“Hai portato la busta?”, il suo viso imperlato di sudore le fece ribrezzo.
“Ricordati che non ti posso dare più niente, Federico è il mio manager e amministratore, se ne accorgerebbe. Se fino ad ora sono riuscita a coprire in seguito non lo posso fare più”, gli allungò l’involucro, lui l’aprì, contò diligentemente i soldi e se li mise in tasca.
“Tutto sommato ti ho fatto un piacere e tu mi hai pagato, non ci vedo nulla di male. Stai tranquilla, domani parto, ritorno in Brasile, questa è l’ultima volta che ci vediamo”, disse sprezzante. Scese in strada e si dileguò fra la gente che passeggiava davanti al Castello Sforzesco.
Quando rientrò a casa Federico la stava aspettando:
“Come procede la fattura del vestito? Mi piacerebbe tanto vederti, chissà come sei bella!”.
Paula sorrise finalmente in pace, si era appena liberata di quel mostro, ritrovava la sua vita, si doveva sposare e questo era quello che le premeva di più.
 
Il grande giorno era arrivato, Federico partì per primo per raggiungere il lago, indossava un abito grigio ferro, una camicia di seta ècru e un papillon di raso.
“Ti aspetto davanti al municipio, cerca di non tardare”, gridò andandosene ,
Paula era emozionata , per lei quello era il giorno più bello della sua vita; nel suo passato non c’erano stati tanti giorni felici, per questo voleva che tutto fosse perfetto.  Era  ancora in camera per la vestizione dell’abito da sposa che non era dei più semplici, poi c’era la truccatrice, il parrucchiere, che aspettavano di renderla ancora più bella.
 La cameriera le passò il telefono: la voce che uscì dal ricevitore le fece gelare il sangue nelle vene .  
 “Scusa, ti avevo fatto una promessa, ma ho perso al gioco e ho bisogno di pagare il debito, questa volta ho bisogno di un milione di euro, so che li hai, non fare storie, domani al solito posto e alla solita ora”.
Paula sentì montare dentro di sé un impeto d’ira, la sua origine meridionale venne a galla, con una grinta che non credeva di avere urlò.
 “Non domani, adesso”. Il suo interlocutore rimase sconcertato:
“Hai tutti quei soldi in casa?”, chiese guardingo.
“Tu non ci pensare, aspettami che arrivo”.
Si tolse freneticamente l’abito, indossò jeans e maglietta, e uscì di corsa, inseguita dalle scandalizzate esclamazioni degli addetti ai lavori. Abitava in centro e non era lontana dal luogo dell’appuntamento, salì sull’utilitaria e si diresse verso Piazza Castello..
 Lui non c’era ancora, seduta in macchina Paula aveva i nervi a fior di pelle. Prima di uscire aveva preso con sé la pistola, regolarmente denunciata, che tenevano in casa come difesa, l’arma era nella borsa, aveva seguito l’istinto che era quello di eliminare quella spada che le pendeva sulla testa, aspettava di avere davanti a sé quell’uomo, poi non voleva sapere cosa sarebbe successo, però era certa che quella sarebbe stata l’ultima volta: uno dei due doveva cedere, se fosse toccato a lei era preparata.
Dopo un quarto d’ora José arrivò e salì in macchina:
 “Non credevo fossi così brava, so che questa mattina ti sposi, il tuo futuro marito non sarebbe contento di sapere come te la passavi a Rio”, la sua voce nasale scatenò ancor di più quello che Paula aveva dentro.
“Adesso basta!”, affermò decisa suscitando la sorpresa di José che si aspettava la solita ragazza remissiva, “dobbiamo andare fuori Milano da qualcuno che mi dà i contanti”.
Senza aggiungere altro Paula ingranò la marcia e partì a razzo, l’uomo accanto a lei non disse una parola. Presero la tangenziale, l’intenzione di Paula era di recarsi in un posto isolato, la  giovane donna  andava a velocità sostenuta, superando la fila di TIR che occupava la corsia di destra, improvvisamente un camion si spostò al centro, Paula frenò, la borsa appoggiata sul sedile posteriore cadde e si aprì, la pistola uscì e ruzzolò sotto i sedili.
José l’afferrò: “Questa cos’è?”, chiese minaccioso.
Lei, che stava cercando di evitare lo scontro, si voltò, la vettura sterzò e andò a sbattere violentemente sulle ruote del gigante della strada.
+++
Federico impaziente stava guardando l’orologio, i pochi invitati passeggiavano sulla piazza davanti al Municipio cercando di fare passare il tempo:
“Come mai non arriva? Va bene il ritardo di prammatica,  ma questa volta mi sembra che esageri”, disse constatando che era passata quasi un’ora dall’orario in cui si sarebbe dovuta tenere la cerimonia. Il segretario del sindaco si accostò al promesso sposo che scalpitava:
 “Non possiamo più aspettare,  se la sposa non arriva entro dieci minuti, dobbiamo rimandare.  C’è un altro matrimonio da celebrare”,  disse dispiaciuto.
Federico annuì, se in principio era contrariato per il ritardo, ora cominciava a preoccuparsi; si decise a chiamare casa.
 “Paula ha ricevuto una telefonata ed è scappata via come un fulmine, non sappiamo dov’è andata”, disse agitatissima Anita.
“Si può sapere cosa sta succedendo?”, esclamò lui, “è un po’ di tempo che Paula non sembra più lei. Ormai la cerimonia non si può più celebrare,  torniamo tutti a Milano”.
Salì sulla sua potente vettura e si precipitò a casa, entrò concitato: “E’ tornata?”, chiese.
La segretaria lo guardò, aveva un viso talmente stravolto che Federico capì che era successo qualcosa di grave
“Paula ha avuto un incidente, è in ospedale”, disse.
Dopo aver saputo in quale ospedale era ricoverata, Federico non ci mise neppure un secondo,  a precipitarsi da lei….mentre correva a tutta velocità si chiedeva cosa ci faceva in  tangenziale invece di essere sull’autostrada per Como.
Apprese al Pronto Soccorso che Paula era stata tirata fuori dalle lamiere della sua vettura che si era schiantata contro un autotreno.
Federico volle parlare immediatamente coi medici che l’avevano soccorsa:
“E’ grave?”, quasi gridò.
“Stia tranquillo, per fortuna Paula non ha subito gravi ferite , è solo sotto choc”, gli rispose il giovane medico che aveva riconosciuto la celebre cantante, “l’uomo che era con lei invece è già sotto i ferri, ha parecchie lesioni interne”.
“Quale uomo?”, esclamò Federico.
“Non so, un tale che viaggiava con la signora, se aspetta un attimo vado a chiedere”, rispose il dottore.
“No, prima voglio vedere Paula”.
Lei era distesa sul lettino con gli occhi chiusi, il viso segnato da qualche livido, sembrava dormisse. Federico si avvicinò cautamente per non svegliarla, ma Paula aprì gli occhi:
“Amore, sei qui, perdonami”, sussurrò.
“ Come stai?”, chiese lui ansioso.
Lei lo rassicurò: “Non ho nulla di importante, solo qualche graffio, sono stata fortunata...direi che è quasi un miracolo”, balbettò.
“Cosa è successo?, Non capisco, ti ho aspettato tanto, perché non sei venuta e soprattutto chi è quell’uomo che era con te?”.
 La giovane donna distolse lo sguardo:
“Non posso rispondere, ma sappi che ti amo più di ogni altra cosa al mondo”.
Federico respirò profondamente, era confuso, tutta la vicenda non era chiara, aveva sempre avuto fiducia in Paula, ma ora stava vacillando. Uscì in corridoio e cominciò a passeggiare nervosamente, in quel momento la sua felicità stava andando in frantumi. Rimase fuori qualche minuto e quando tornò in camera trovò la sua ragazza in piedi, già vestita, pronta per uscire:
“Dove stai andando?”, chiese, “mi vuoi spiegare cosa sta succedendo?”.
“Ti prego, portami via di qui”, supplicò.
“Non mi hai ancora risposto: chi era l’uomo che era con te?”.
“Si chiamava José Martinez ed è morto, me l’hanno comunicato poco fa”, mormorò lei.
“Quel tuo amico di Parigi?”, chiese ancora lui.
 “Federico, ascoltami”, sussurrò prendendogli una mano.
Lui la fissò negli occhi:
“ Stanno accadendo cose che non riesco a capire, se non vuoi sposarmi e c'è un altro.... dimmelo subito”.
Paula scosse la testa:
“No, non è così!  io ti amo...ma devo raccontarti una brutta storia, ti prego non interrompermi , altrimenti non ce la farei”.
Paula cominciò a parlare, il suo animo si liberava, le parole sgorgavano come l’acqua di un fiume in piena,  mano a mano che proseguiva leggeva negli occhi del suo uomo uno stupore dolente, ma anche un’umana comprensione del triste destino di una ragazza che era costretta a fare ciò che mai avrebbe voluto. Quando finì era come svuotata, ma si sentiva meglio, era contenta di aver avuto il coraggio di tirar fuori ciò che l’opprimeva da tanto tempo.
“Ora che sai tutto non posso più essere la tua donna, ti amo oltre la vita ma non sono degna di te ”, nei suoi occhi bagnati di lacrime Federico lesse  un enorme dolore. Lui tacque per qualche minuto, fra di loro c’era come una cortina, nessuno dei due aveva il coraggio di guardare l’altro. Intanto nei pensieri di Federico si faceva strada un sentimento prepotente: l’amava troppo e non voleva perderla per nessuna ragione al mondo. Non conosceva Paula prima dell’incontro sulla spiaggia di Ipanema, l’aveva vista ed era stato catturato per sempre, quello che era successo prima non se l’era mai chiesto, non gli importava. Il dopo era stato perfetto, lei aveva corrisposto al suo amore con una passione che l’aveva reso felice.
Le prese il viso fra le mani, i loro sguardi si incontrarono ma lei abbassò subito il suo.
“Guardami senza paura, per me sei ancora e lo sarai sempre la mia donna. Vieni, andiamo a casa…abbiamo lasciato in sospeso un matrimonio, ricordi?”, l’aiutò ad alzarsi e uscirono abbracciati, finalmente Paula poteva godere appieno la sua felicità.
                                                                                                                                                       FINE
 

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