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martedì 7 agosto 2012

FINALE FESTA DI COMPLEANNO

 Le innumerevoli portate di quell’interminabile cena si susseguivano una dopo l’altra, i tre giovani assaggiavano il cibo sperando che la commedia avesse fine, don Calogero parlava e parlava…finché arrivò il momento del dolce finale. Dopo il brindisi con relativi auguri lo zio improvvisamente si rivolse all’uomo in livrea che stava impalato davanti alla porta del salone:  «Salvo, fai entrare i miei nuovi amici Oliver e Betty, voglio presentarli ai miei nipoti».
Le teste si alzarono dai piatti e gli sguardi allarmati dei commensali si diressero verso il punto dov’era scomparso il maggiordomo. Poco dopo Salvo si presentò con due bulldog al guinzaglio.
«Questi sono i miei tesori…venite dal padrone, anche per voi è festa! Vi meritate proprio una bella fetta di torta», mise per terra un piatto colmo di dolce e gli animali vi si precipitarono sopra leccando la panna con ingordigia.
«Chiara, ti dispiace venire qui con il tuo piatto? Portane ancora un po’, stanno mangiando così volentieri!»
La giovane donna rimase un istante ferma credendo di avere capito male…ma lo zio con voce stridula esclamò: «Sbrigati, stanno diventando impazienti!»
Chiara fece il giro del lungo tavolo con la porzione di torta che stava mangiando e arrivò vicino ai cani, i loro musi sporchi si avventarono su di lei lasciando tracce di unto sul raso del vestito.
Don Calogero allungò il collo: «Poco male», affermò con un risolino soddisfatto, «sono tre anni che porti sempre lo stesso abito, questa sarà la scusa per cambiarlo». Negli occhi c’era un lampo di perfidia e nel cuore di Chiara si scatenò un odio profondo per quel vecchio pazzo. “Questa volta hai finito!» pensò e ritornò al suo posto senza battere ciglio.
La mezzanotte era vicina, stava per concludersi l’assurdo cerimoniale che ogni anno si celebrava. Don Calogero,visibilmente stanco si alzò per porre fine alla serata:
«Al prossimo compleanno, mi raccomando non mancate, io ci sarò!», voltò le spalle agli ospiti e se ne andò appoggiandosi al bastone col pomo d’argento.
«Fammi portare in camera i sigari», comandò al fedele Salvo. Prima di scomparire si girò e disse stringendo gli occhi per mettere a fuoco le figure dei nipoti: «Ne fumerò uno, così mi concilia il sonno…buonanotte»,
Quando uscirono dalla villa i tre giovani respirarono a pieni polmoni l’aria della notte, ne avevano bisogno. Durante quelle ore da incubo la loro mente era stata occupata dalla scatola di sigari avana.
«Siete sicuri che non se ne accorga nessuno?», chiese Chiara.
«State tranquilli, il veleno non lascia traccia, il vecchio fumerà e morirà nel sonno, solo il primo sigaro è avvelenato, e ho fatto in modo che la scatola si apra solo da un lato, in modo che il primo  sia proprio quello che lui prenderà. Il medico dovrà per forza certificare che c’è stato un arresto cardiaco, non ci sono altre alternative…del resto a novant’anni è del tutto normale. Fidatevi di me, sono un chimico e di queste cose me ne intendo», affermò Giacomo imperturbabile.
Guardò in faccia ai suoi fratelli: «Calmatevi e abbiate fiducia…farà una buona morte e finalmente diventeremo ricchi! cercate di dormire stanotte, ci sentiamo domani mattina»
Senza aggiungere altro montò in macchina e mise in moto sparendo dietro la curva. Agli altri due non restava altro che fare la stessa cosa, ma durante lungo il tragitto non scambiarono una parola.
La telefonata che li raggiunse il mattino dopo nelle loro case non lasciava dubbi, il fedele Salvo annunciava che don Calogero era morto nella notte.
«Come è successo?», s’informò Chiara per essere sicura che tutto si fosse svolto secondo i piani.
« Sul certificato di morte del medico c’era scritto “arresto cardiaco”. Forse aveva mangiato troppo, alla sua età non avrebbe dovuto fare una cena così, ma don Calogero non accettava consigli», rispose il maggiordomo, «mi dispiace molto gli ero affezionato anche se aveva un brutto carattere. Ora ho bisogno di voi, siete gli unici parenti, vi pregherei di venire alla villa per aiutarmi a eseguire le formalità necessarie».
I tre fratelli entrarono compunti nella camera dove era adagiato lo zio, in ciascuno di loro non c’era il minimo segno di pentimento, avevano odiato troppo quel vecchio tiranno, e vederlo lì, immobile dava loro un senso di potenza e di rivincita. Il pensiero che avrebbero ereditato milioni di euro cancellava i rimorsi, la loro coscienza era tranquilla.
Nella stanza aleggiava ancora lo spirito di don Calogero, il libro sul comodino, la scatola di sigari dalla quale mancava il primo, quello che gli aveva dato il sonno eterno. Gli sguardi dei nipoti s’incrociarono e sulle labbra di Gigi spuntò un sorrisino come volesse dire: “Avete visto? Io non sbaglio mai».
Ai funerali del “Padrino” molti notarono il sincero dolore dei nipoti che, in gramaglie, seguivano il feretro con le lacrime agli occhi.
Lo studio del notaio era severo, arredato con mobili antichi e massicci, i nipoti di don Calogero aspettavano seduti su uno scomodo divano marrone, i tre erano nervosi e impazienti in attesa dell’ l’apertura del testamento. Ognuno di loro aveva già fatto progetti su come investire la sua parte di eredità in immobili e titoli, stavano in silenzio e  non si parlavano fra di loro. Dopo il funerale non si erano più visti anche per non destare sospetti sul delitto perfetto compiuto insieme. Preferivano tacere. La segretaria comparve sull’uscio, «Accomodatevi, il notaio vi aspetta».
Entrarono e si sedettero visibilmente tesi davanti alla scrivania del vecchio notaio che, dopo le formalità di rito iniziò la lettura del testamento:
“Io Calogero Santospirito in pieno possesso delle mie facoltà ecc… ecc…lascio tutti i miei averi mobili e immobili …”, qui il notaio si fermò e guardò in faccia i tre seduti davanti a lui.
«Continui!», esclamarono in coro.
“ ..ai miei adorati cani Oliver e Betty affinché vengano custoditi nel migliore dei modi….”.
«Noo!» dalle tre bocche uscì un solo grido.
«Non ho finito», proseguì severo il notaio,« c’è anche qualcosa per voi».
Ammutoliti e costernati i tre fratelli ascoltarono in silenzio la fine di quel testamento-beffa, degno del carattere e della perfidia di chi l’aveva scritto.
«Ai miei nipoti Luigi, Chiara e Giacomo, lascio il denaro necessario per comprarsi vestiti nuovi. Voglio che ogni anno si vestano con eleganza alla cena del mio compleanno che sarà servita puntualmente in mio ricordo, come se fossi ancora presente..».
I tre si alzarono di scatto contemporaneamente e uscirono dallo studio sbattendo la porta.

FINE


4 commenti:

  1. Avevo ragione, EVVAAAAAII! Finaalmente. Ah e poi... hahahahahahahahahahaha.... fantastica la fine... veramente me l'aspettavo che deesse tutto ai cani, ma la festa...HAHAHAHAHA!

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    1. Brava!!! aspettavo un tuo commento: hai indovinato. comunque la morale è : chi la fa l'aspetti

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  2. Scusa, ma che fine ha fatto il commissario Parisi... tocca a noi risolverli i casi così.

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    1. Il commissario Parisi è andato in vacanza, fra poco torna e con lui la sua assistente Loredana Caputo. A presto.
      Lucilla

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