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lunedì 17 aprile 2017

LA MASCHERA D'ORO

                                                                                                                                                                    

I due uomini stavano confabulando sulla panchina del parco, rimasero lì per una decina di minuti, poi si alzarono e ognuno andò per strade diverse dopo essersi detti: «A stasera».

La grande casa si intravedeva attraverso gli alberi del parco, un’ombra leggera scavalcò il cancello, tutto era immerso nell’oscurità di quella notte senza luna. L’uomo che si trovava all’interno del giardino fece un cenno all’altro rimasto fuori: «Dai, entra!», bisbigliò.
I due si diressero verso la villa, al primo piano una finestra era semplicemente accostata:
«Sei sicuro di aver disattivato l’antifurto?  Soprattutto sei certo che siano partiti? », sussurrò ancora quello che sembrava il capo prima di toccare la persiana.
 «Stai tranquillo, apri», rispose l’altro.
Si introdussero guardinghi facendosi luce con la pila:
«Vai avanti tu….dov’è la cassaforte?».
«Seguimi, sposta quel quadro, è là sotto».
«Dai, Rocco, dammi la combinazione, sbrigati, prima ce ne andiamo meglio è, anche se la villa è vuota.».
Il compare dettò i numeri e poco dopo lo sportello blindato si aprì:
«Guarda qui che tesoro!», esclamò il ladro tirando fuori dalla cassaforte un mazzetto di banconote e una scatola di velluto nero che, aperta, rivelò il suo prezioso contenuto: una parure di brillanti e smeraldi che al lume della torcia luccicava come tante stelle nel buio, poi vennero fuori tanti altri gioielli: bracciali, anelli di grande valore.
«Andiamocene Joseph, sbrigati, metti tutto in borsa», sollecitò Rocco.
 L’uomo rimise a posto il quadro e attraversarono il salone per uscire, un movimento della pila illuminò una maschera appesa sopra il camino:
«Quella cos’è?», chiese osservando interessato l’oggetto che l’aveva incuriosito.
«Lascia perdere è un ricordo di famiglia…», rispose brevemente Rocco.
«Ma.. è d’oro?».
L’altro non rispose ma Joseph insistette:«Dovresti saperlo, dopo tanti anni che sei qui a fare il domestico».
«Sì, è d’oro, ma non prenderla, porta sfortuna».
«Cosa vuoi che mi importi della sfortuna, con questa ci facciamo un sacco di soldi».
Allungò una mano per staccarla dal muro, la maschera, con l’espressione inquietante del clown, sembrava fissarlo con gli occhi vuoti.
In quell’istante la porta si aprì, una donna anziana, con i capelli bianchi scarmigliati e il viso segnato da rughe profonde li stava guardando: indossava una lunga camicia bianca.
«Quella no! è il solo ricordo di mio figlio, potete prendere tutto ma quella no», urlò.
I due uomini la guardarono impietriti, Joseph lanciò un’occhiata a Rocco come per chiedere «chi è questa?», ma non fece tempo a parlare che la signora esclamò accendendo il grande lampadario: «Rocco! Sei proprio tu», esclamò fissando lo sguardo sull’uomo che cercava di nascondersi, «non avrei mai creduto che potessi fare una cosa simile», aggiunse amaramente.
 «Signora Teresa, mi perdoni… credevo fosse partita con gli altri», balbettò confuso.
Intanto Joseph aveva afferrato un candelabro sopra il caminetto e l’aveva sbattuto con forza sul cranio della donna.La signora Teresa cadde, la testa insanguinata macchiò il tappeto persiano, non uscì un lamento dalla sua bocca, gli occhi sbarrati facevano paura, la morte l’aveva ghermita subito, senza farla soffrire.
Rocco, terrorizzato fissava il corpo senza vita senza avere la forza di muoversi, finalmente si scosse: «Cos’hai fatto…l’hai ammazzata!», sussurrò pietrificato.
«Mi dispiace, non potevo fare altro, ti aveva riconosciuto…ma la colpa è tua, dovevi essere certo che in casa non ci fosse nessuno», rispose freddo Joseph.
Rocco cominciò a correre per raggiungere la porta d’uscita: «Io me ne vado, non voglio aver niente a che fare con questa faccenda, dovevamo soltanto rubare, non uccidere!…povera signora Teresa», correva singhiozzando mentre l’altro lo seguiva cercando di raggiungerlo. :
«Tieni tutto, non voglio niente, assassino!», sibilò il domestico voltandosi indietro, aprì il cancello e sparì nella notte.
Joseph si allontanò a sua volta turbato, ma non più di tanto, secondo lui era nel giusto: se avesse lasciato in vita la donna avrebbe parlato e sarebbe stato arrestato, così aveva ancora delle canches sperando che Rocco non spifferasse tutto stravolto dall’omicidio non contemplato nel loro piano. Ma era andata così e ora doveva pensare al da farsi. Rientrato in casa contò febbrilmente il mucchietto di banconote, era una bella cifra, tanto da procurarsi un biglietto aereo e sparire dalla circolazione. Ma la parure di brillanti e smeraldi, i gioielli e la maschera d’oro che pesava parecchio gli avrebbero assicurato un’esistenza tranquilla in un paese dove la vita costava poco.
Sapeva già dove piazzare la refurtiva, se ne doveva disfare al più presto così poteva sparire senza destare sospetti.  
Il giorno seguente, passando davanti all’edicola, la sua attenzione fu attratta dal titolo in prima pagina del giornale locale: «Assassinata nella sua villa la madre dell’industriale Mauri, forse a scopo di rapina. La cassaforte è stata svuotata».     
«Devo andarmene subito, domani se posso», pensò coprendosi istintivamente il volto con le mani e alzando il bavero della giacca, come per sfuggire a un eventuale riconoscimento.
Corse per la strada in preda all’ansia e impaurito, arrivò trafelato nella viuzza di case popolari dove abitava il ricettatore. Salì le scale facendo i gradini due a due, suonò il campanello impaziente di entrare e di finire, nel modo che voleva lui, tutta quella faccenda che aveva preso , per colpa sua,  una brutta piega. L’ometto che gli venne a aprire lo squadrò da capo a piedi:
«Ancora tu? Cosa mi porti questa volta?», disse sorridendo in modo sarcastico.
«Dai, fammi entrare», disse stizzito Joseph mettendolo sgarbatamente da parte.
Si sedette sulla poltrona bisunta e tirò fuori il malloppo.
«Guarda, devi mettercela tutta, ho bisogno di cambiare aria», fece una pausa , «domani», concluse guardando in faccia il suo interlocutore per vedere l’effetto della sua richiesta.
«Stai scherzando? Prima di tutto guardiamo la roba, poi ti darò una risposta».
Infilò nell’occhio destro la lente da orefice e cominciò a scrutare con calma gli oggetti che mano a mano estraeva dalla borsa.
«Sì, questa volta hai fatto un buon lavoro, si può ricavare un bel gruzzolo, per tutti e due. Questa cos’è?», chiese tirando fuori dal fondo la maschera, «è splendida…ma ha un’aria così lugubre che fa paura», disse serio.
Joseph sentì un brivido percorrergli la schiena, in effetti da quando aveva preso quell’oggetto era andato tutto storto.
«Non ci fare caso, pensa piuttosto a ricavarne più che puoi», affermò deciso.
«O.K., lasciami fare una telefonata e ti dò subito la risposta».
Si appartò e tornò poco dopo:
«Lascia qui tutto e vieni a  mezzanotte, la persona che acquista arriva verso quell’ora», il tipo lo fissò negli occhi.
Joseph rimise tutto nella borsa e la richiuse:
«Non ci penso proprio, devo lasciare qui questa roba? Mettiti nei miei panni, è troppo preziosa per lasciartela in consegna. Cosa mi dai in garanzia?».
«Niente», rispose secco l’altro, «prendere o lasciare, non hai altra scelta. Mi sbaglio o c’è di mezzo un morto? Ho sentito una notizia che mi fa pensare a te e a quello che contiene questa borsa.», la voce aveva il tono di chi ha il coltello per la parte del manico.
Joseph impallidì:
«Cosa vuoi fare?», chiese guardingo.
«Soltanto darti la possibilità di tagliare la corda ma mi devi lasciare fare a modo mio», aggiunse senza tanti preamboli.
Il ladro ci pensò un momento, con lentezza consegnò la sacca all’uomo.
«Prendi, ricordati che se mi fai un brutto scherzo non ho nessun scrupolo a farti la pelle, pensaci».
Il losco individuo l’afferrò:
«Bene, vedo che ci siamo capiti. Adesso puoi andare, ti aspetto stanotte».
 Aprì la porta e invitò Joseph a uscire.
A Villa Mauri avevano messo i sigilli, dopo aver rimosso il corpo della signora Teresa, la casa era stata chiusa a disposizione della Polizia Scientifica per rilevare eventuali impronte e cercare di ricostruire la dinamica dell’omicidio. Rocco, come tutta la servitù era stato interrogato, aveva fatto molta fatica a superare quei momenti, c’era stato anche un momento in cui avrebbe voluto confessare tutto, ma si era fatto forza e aveva taciuto, per non rovinare la vita della sua famiglia.
Però il rimorso l’attanagliava, si chiedeva perché si era lasciato convincere da quel delinquente che non aveva nulla da perdere. Purtroppo lui aveva il vizio del gioco, aveva azzerato l’esiguo conto in banca, fatto dei debiti per giocare ai cavalli, e si era rivolto agli strozzini per farsi prestare dei soldi. Una mossa sbagliata perché in breve il suo debito era arrivato alle stelle, non sarebbe mai stato in grado di saldarlo e si vedeva perduto: il baratro era davanti a lui per inghiottirlo.
Aveva conosciuto Joseph al bar, uno senza dimora, ladro di professione, che gli aveva proposto la rapina in villa in cambio della metà del bottino. Quante notti in bianco aveva passato prima di decidersi a accettare! Ma l’incubo dei creditori lo perseguitava, anche perché era stato minacciato più volte, così aveva messo a tacere la sua coscienza e si era buttato, ma non era un malfattore, era un uomo disperato che in quel momento non vedeva altra via d’uscita. Ma non avrebbe mai voluto assistere alla morte la sua padrona, uccisa anche per colpa sua. Non si dava pace. Dalla notte del delitto non era stato più capace di dormire, la visione della signora Teresa sul tappeto lo perseguitava, di giorno era costretto a assistere al dolore della famiglia, attanagliato dal rimorso di essere stato complice di chi l’aveva ammazzata.

Intanto Joseph cercava di passare le ore che lo dividevano dall’appuntamento pensando a come andarsene, se fosse rimasto l’avrebbero sicuramente beccato, aveva capito che Rocco era debole non aveva la tempra del delinquente come lo era lui e, prima o poi avrebbe ceduto.
Entrò in un’agenzia e chiese informazioni sul viaggio per Santo Domingo, seppe il costo del biglietto aereo e l’orario di partenza: tutto era fattibile e possibile se andava a buon fine la vendita della refurtiva.
Per Joseph venne finalmente il momento che aspettava, a notte fonda si recò nella viuzza malfamata, percorse la stradina guardandosi attorno, non c’era anima viva. Prima di arrivare alla casa del ricettatore c’era un portico, mentre lo attraversava gli sembrò di intravedere la sagoma di una persona vestita di bianco, sembrava una donna. Si fermò impaurito poi prese a correre per allontanarsi in fretta, un bagliore lo colpì, si mise una mano sugli occhi, ma quando la tolse la visione era scomparsa. La strada era di nuovo deserta. Da quel momento un gelo gli entrò nelle vene, cominciò a tremare. Arrivò al portone e si fece aprire: arrivò trafelato in cima alle scale:
«Allora?», chiese ansioso. Era cereo in volto.
«Vieni, è tutto concluso, i soldi ci sono», rispose l’altro, «ma…non stai bene? E’ successo qualcosa?»
Joseph tentò di riprendersi , un respiro di sollievo gli sollevò il petto.
«Dammi quello che mi viene, così me ne vado subito», voleva andarsene, il malessere non accennava a diminuire.
L’uomo gli consegnò una busta gonfia: «Ecco, è più di quanto ti aspettassi», disse.
Joseph contò rapidamente le banconote, un sorriso gli illuminò il viso.
«Bravo», disse , «sei stato grande, adesso me ne posso andare a fare la bella vita».
Corse a casa a fare le valigie, poi si buttò sul letto sfinito, spense la luce e cercò di dormire.
Nel buio della stanza un’ombra bianca, luminescente, si avvicinò al letto, era una figura femminile avvolta in una veste bianca, uguale a quella che gli era apparsa sotto il portico. Una maschera d’oro le copriva il viso.
«Chi sei?», mormorò l’uomo mentre il cuore impazzito perdeva il ritmo.
La donna si scoprì: il viso rugoso di Teresa lo fissò con ostinazione finché lui non si sentì soffocare.

 Rocco intanto stava andando a costituirsi: preferiva andare in galera, ma non poteva vivere con il peso del rimorso. Raccontò tutto, poco dopo la sirena della polizia scuoteva l’aria del rione popolare dove abitava Joseph. Lo trovarono sul letto, morto d’infarto con il viso coperto dalla maschera d’oro del clown.
                                                                                                             FINE

 



 






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