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domenica 9 aprile 2017

IL MESSAGGIO DI GIADA

 



Quel venerdì diciassette l’avvocato Antonio Bennato , da buon napoletano, non si sarebbe mai mosso di casa se non fosse arrivata la telefonata di donna Amalia, una delle sue migliori clienti, nobildonna ricchissima proprietaria di innumerevoli stabili dei quali lui era l'amministratore.
“Caro avvocato, l’aspetto oggi pomeriggio…bisogna intervenire con gli inquilini del condominio di viale Veneto che non si decidono a pagare l’affitto”.
 La voce della donna era  sgradevole e l’avvocato allontanò il ricevitore dall’orecchio.
“D’accordo, signora, cercherò di arrivare nel tardo pomeriggio”, rispose cercando di essere il più gentile possibile. Non aveva mai potuto soffrire quell’arpia che pensava solo ad accumulare soldi…
L’avvocato andò alla finestra, nuvole grigie cariche di pioggia, stavano coprendo lentamente il cielo. A malincuore preparò la borsa con i documenti e salutò Carla.
“Ci vediamo stasera , spero di cavarmela presto”, disse dandole un frettoloso bacio sulla guancia.
La strada tutta curve costeggiava il torrente che scendeva dalla montagna, Antonio guidava con attenzione, dopo pochi chilometri grosse gocce cominciarono a battere sul parabrezza. In breve il ritmo della pioggia aumentò e la visibilità diventò difficile, l'uomo al volante strizzava gli occhi in cerca di uno spiraglio attraverso quella cortina grigia. “Ancora pochi chilometri e sono arrivato”, si disse. Con il piede sull’acceleratore cercava di mantenere una velocità costante per non essere costretto a frenare, finalmente la villa di donna Amalia apparve dietro l’ultima curva, affossata nel verde che, sotto la pioggia, prendeva una tonalità scura, quasi cupa.
La costruzione era molto grande, al centro di un giardino con prati e siepi all’inglese.
L’avvocato suonò ripetutamene il clacson, il cancello di ferro si aprì lentamente, la vettura entrò e si arrestò davanti alla scalinata. Giuseppina, la governante gli andò incontro con l’ombrello aperto: “Venga, la signora l’aspetta”.
“Vada pure”, disse cortesemente l’uomo, “conosco la strada”.
 Il salone era arredato con severi mobili d’epoca, pesanti tendaggi di damasco incorniciavano le finestre; donna Amalia era sprofondata in una grande poltrona di velluto cremisi, il viso giallastro coperto di rughe  atteggiato a una specie di sorriso:
“Avvocato, quanto tempo ha impiegato per arrivare?”, chiese con una punta di fastidio nella voce. Antonio la conosceva da tanto tempo e non si fece suggestionare.
“Ha visto cosa c’è fuori?”, ribatté deciso. La donna si voltò verso la finestra:
“In effetti il tempo è pessimo…”; constatò imperturbabile, “purtroppo il suo ritardo non mi ha consentito di andare a cena e, per ragioni di salute, non posso derogare dall’orario stabilito, perciò per oggi non possiamo parlare di affari…”, gli occhietti vispi di donna Amalia si puntarono sul viso attonito dell’avvocato.
“Vuol dire che dovrò tornare?”; chiese questi stupito.
“Credo proprio di sì”, rispose la vecchia signora, “a meno che…”
“…a meno che?”, interrogò ansioso lui.
“Non si fermi a dormire, così potremo discutere domani mattina…a mente fresca”, propose lei.
Preso alla sprovvista Antonio non seppe cosa rispondere, in quell’istante una saetta attraversò il cielo e lo scoppio del tuono li fece sobbalzare. La  luce si spense, solo il bagliore intermittente dei fulmini illuminò la stanza. “Mi conviene accettare”, pensò l’uomo, “là fuori c’è l’inferno”.,
 C’era poco da scegliere: affrontare il diluvio con la prospettiva di andare incontro a un incidente oppure rimanere in quella casa  poco accogliente. Mentre stava decidendo una giovane donna entrò tenendo davanti a sé un candelabro d’argento. Antonio sussultò, alla luce fioca delle candele si poteva intravedere il viso che sembrava molto bello, ma che in quel momento assumeva un’aria di mistero. La nuova venuta avanzando lentamente  raggiunse Antonio che stava in piedi nei pressi della vetrata..
“Allora, avvocato?”, sussurrò, “ha deciso?”.
Il tremolio della fiamma accentuava  il fascino misterioso dello sguardo. Antonio si scosse dall’improvviso smarrimento all’apparire della bella sconosciuta.
“Certo.. certo…”, farfugliò, “rimango”.
“Bene”, disse donna Amalia, poi, rivolta a Giuseppina : “prepara la camera degli ospiti…sulla torretta”, ordinò.
“Sulla torretta?”, domandò la donna stupita.
“Fai come ti ho detto, vai”, il tono imperioso non ammetteva repliche. ”Prima però, fai servire la cena”, ordinò la signora.
Antonio stava telefonando a Carla per avvisarla che non sarebbe rientrato per dormire.
L’altra ospite aspettò che finisse e si avvicinò:
 “Sono Giada”, disse, “la nipote di donna Amalia”.
Antonio balbettò qualcosa  mentre stringeva la mano fredda della giovane donna.
 Poco dopo presero posto sulla lunga tavola preparata con vasellame prezioso, la luce fioca delle candele  rendeva l’atmosfera spettrale. La cena , invece fu abbastanza piacevole: la conversazione dell’avvocato era interessante, e attirava l’attenzione delle due donne che stavano ad ascoltarlo con piacere.
 A un tratto, Giada disse: “Lei crede ai fantasmi?”.
 Antonio non si aspettava quella domanda a bruciapelo, anche perché doveva rispondere di sì. 
Era un argomento che l’aveva sempre affascinato e sul quale aveva perso le notti sui libri per cercare di saperne sempre di più.
 “Sa che in questa villa appaiono tutte le notti?”.
 Il luccichio dello sguardo attraverso il dondolare della luce mise un brivido lungo la schiena dell’uomo.
 “Continui”, disse interessato.
“Su, nella torretta…c’è un’anima in pena…”, la giovane si interruppe, l’avvocato aspettava che continuasse.
 “Lei sa chi è?”, chiese infine, visto il silenzio dell’altra.
“Era una donna molto infelice…morì suicida, buttandosi nel vuoto, dopo il tradimento del marito di cui era follemente innamorata…”, la voce di Giada era diventata un soffio.
Antonio avvertiva un turbamento che lo spingeva a continuare quel colloquio,  ma donna Amalia, improvvisamente si alzò.
“Buonanotte, io vado a dormire… consiglio di fare altrettanto”, disse, non c’era altro da fare  che acconsentire.
L’avvocato Bennato seguì Giuseppina: la torretta era situata sul lato destro dello stabile, abbastanza in alto per poter dominare il parco sottostante. Mentre saliva le scale  Antonio era nervoso; ciò che stava provando  era molto vicino alla paura. Quante volte aveva immaginato di essere il protagonista di una storia di fantasmi per cercare di squarciare il velo del mistero che c’è oltre la vita…ma in quel momento avrebbe voluto tornare indietro. La governante gli mise in mano un candeliere:
 “Mi dispiace, per questa notte niente luce elettrica… il guasto non si può riparare, dobbiamo aspettare domani”.
Antonio deglutì cercando di mantenersi calmo,  aprì la porta della camera con le mani che gli tremavano: credeva nelle anime dei morti che popolano l’aria, ma nello stesso tempo aveva il terrore di incontrarne una.. “Tranquillo…”, si disse Antonio, “questa storia è sicuramente una fantasia di quella donna”.
 Posò la candela sul comodino e guardò fuori, la pioggia continuava a scendere, il temporale  non era ancora cessato, i fulmini si susseguivano illuminando sinistramente il giardino. Si sedette sul letto : “Il materasso sembra ottimo”, borbottò. Diede un’occhiata all’orologio, il tempo era passato in fretta, infatti era quasi mezzanotte; la fiamma che guizzava nel buio gli dava ansia, si buttò sulla coperta di seta , vestito…. ancora non si decideva a spegnere, i suoi sensi erano tesi, ogni rumore, che non fosse quello della pioggia, lo faceva sobbalzare. “Non riuscirò mai a dormire, accidenti al momento che ho accettato di rimanere…”.  Ma la giornata era stata pesante, suo malgrado il sonno lo colse d’improvviso…
Era ancora nel dormiveglia, quando sentì bussare, in un primo momento non realizzò, ma poi il rumore continuava e lo svegliò definitivamente. “Chi è?”, esclamò impaurito.
 “Sono Giada”, rispose una voce di donna. Antonio  andò ad aprire. Sulla soglia c’era la giovane  vestita con una lunga camicia bianca, teneva in mano una candela:
“Vedo che anche lei non riesce a prendere sonno”. L’imbarazzo di lui la fece sorridere:
“Non mi fraintenda, capisco che una donna non dovrebbe andare nel cuore della notte nella stanza di un uomo…ma io voglio solo parlare, il temporale non mi fa dormire”.
Antonio, sorridendo, la lasciò passare; improvvisamente la finestra si spalancò e una ventata di aria fredda invase la stanza, le candele si spensero. L’uomo cominciò a tremare: “Stia tranquillo…non è successo niente”, disse lei, e andò a chiudere.
 Nonostante fosse buio Antonio vedeva muoversi la sua figura avvolta nella candida veste. Giada tornò e lo sfiorò, lui sentì il gelo entrargli nelle ossa e rabbrividì.
“Sarà meglio accendere questi mozziconi”, scherzò per sdrammatizzare l’atmosfera irreale che si stava creando, in realtà era turbato e, mentre armeggiava con i fiammiferi  sbirciava il viso pallido di Giada che, con gli occhi fissi nel vuoto, sembrava estraniata dalla realtà.
“Lo sai perché sono qui, avvocato?”. Lui scosse la testa e non rispose. “Ho percepito il tuo messaggio e so che hai bisogno di aiuto…”, continuò lei.
“In che senso?”, chiese Antonio, sorpreso anche dall’improvviso tono confidenziale.
“Il tuo animo nobile e inquieto è alla ricerca di una verità, in questo momento sei molto vicino a quello che vai cercando da tanto tempo…”, sussurrò la donna guardandolo negli occhi. 
Lui non capiva, lei gli stava  lanciando un messaggio che ancora non riusciva a captare.
“Sei felice?”; gli chiese ancora Giada, sorprendendolo sempre di più. Lui pensò a quello che gli aveva regalato la vita: una bella e buona moglie, una casa accogliente, dei figli…e rispose di sì.
“Per me, invece, c’è stato solo tormento…e infelicità”. Il suo sguardo  colpì Antonio. “Prendi questo…”, disse ancora lei sfilandosi dal dito sottile un anello, “… non ci vedremo più, ma ti ricorderai di me per sempre …”, dopo queste enigmatiche parole le fiammelle si spensero di nuovo. Quando Antonio riuscì a riaccenderle  non c’era più nessuno: la giovane donna se n’era andata portando con sé un alone di mistero.  “Strano, non mi ha nemmeno salutato…la vedrò domani mattina e le chiederò ciò che voleva dire”, pensò l’avvocato ancora  sottosopra per la strana visita. Fece per coricarsi, ormai la paura era passata e sentiva una  grande pace interiore … sul cuscino brillava una piccola fascia d’oro formata da foglie di edera intrecciate: un gioiello di fattura antica, intarsiato a mano.. “Lo restituirò appena la vedo”. Lo mise in tasca della giacca e si sdraiò. Un torpore improvviso lo prese, le palpebre si fecero pesanti e il sonno vinse ogni resistenza…
L’avvocato Antonio Bennato si svegliò con un cerchio alla testa, si guardò addosso: era ancora vestito, ricordò la notte trascorsa e scosse la testa …che incubo! Si alzò e guardò fuori: il cielo era sereno, tutto sembrava più bello visto col sole… Scese le scale tenendosi una mano sulla fronte: “Ho bisogno di svegliarmi”, farfugliò con la voce impastata. In altre occasioni aveva frequentato la villa e sapeva che la cucina era a destra, in fondo alla scala:
“Presto, Giuseppina, un caffè…forte, mi raccomando”.
“Buongiorno avvocato, lo faccio subito…”, disse la donna osservando meravigliata Antonio che aveva un aspetto orribile: spettinato, e con gli occhi gonfi.
Davanti alla tazza fumante, si riprese: l’aroma della bevanda diede una sferzata ai sensi ancora assopiti.
“Donna Amalia è sveglia?”, disse infine, dopo aver ingollato un sorso.
“Si è alzata presto”, rispose Giuseppina, “la vedrà nel salone. Credo che la stia aspettando”.
 Antonio si ricompose alla meglio: la nobildonna, affossata nella solita poltrona, era nervosa, picchiettava il pavimento con il bastone dal manico d’avorio.
“Vogliamo cominciare?”, chiese senza tanti preamboli.
Con qualche sforzo Antonio riuscì a tenere testa alle pretese dell’anziana signora: dopo qualche ora di discussioni finalmente divennero ad un accordo, ma lui era sfinito.
“La ringrazio dell’ospitalità, donna Amalia, ora devo rientrare…, mia moglie mi aspetta. Vorrei salutare anche Giada…devo restituirle questo?”, mise una mano in tasca e trasse l’anello con le foglie d’edera.
 La vecchia signora sbarrò gli occhi e impallidì.
 “ Mia nipote Giada è morta un anno fa”, bisbigliò gelida. “Si è buttata dalla torretta…” .  
“Ma…” , continuò lui, “la ragazza che ha cenato con noi ieri sera…chi è?”.
Lo sguardo leggermente sprezzante della donna lo percorse da capo a piedi:
“Avvocato, si sente bene?.... ieri sera a tavola eravamo solo in due: io e lei….probabilmente ha visto un fantasma!”, concluse fissandolo intensamente.
Antonio diventò bianco come un lenzuolo; ricordò le parole della giovane donna che aveva visto nella notte:
 “Sei molto vicino alla verità che cerchi”, gli aveva detto
 E allora capì il messaggio:
Giada gli era apparsa perché lui credeva nella vita oltre la morte, aveva sempre cercato disperatamente una conferma. Ora ne era certo. 
                                                                                                                              FINE


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