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domenica 23 aprile 2017

CINZIA



 Cinzia diede un’occhiata all’orologio e si accorse che era già l’ora di andare a casa:
“Signori fra dieci minuti la Biblioteca chiude”, avvertì. 
Il silenzio che fino ad allora regnava assoluto fu interrotto dal rumore delle sedie rimosse, dei libri che si chiudevano, delle persone che si muovevano dai loro posti.
Tutti se n’andarono salutando e la ragazza si accinse a rimettere negli scaffali i volumi consultati; si accertò che nessuno avesse dimenticato niente sui tavoli e fece il giro della sala. 
In fondo, all’ultimo posto, nascosto dietro una colonna notò qualcosa di insolito. Si avvicinò cautamente e si accorse con sorpresa che un tale stava con la testa china sul piano del tavolo. Subito ebbe paura poi, preso coraggio lo raggiunse: il respiro regolare e l’abbandono del corpo le fecero capire che stava dormendo saporitamente. Dai capelli biondi e folti s’intuiva che doveva essere giovane.
“Scusi… devo chiudere”. Nessuna risposta.
Lo toccò: “Mi dispiace….ma è ora di andarsene…”, disse con più vigore.
L’altro si scosse e alzò il capo, la fissò con lo sguardo imbambolato:
“Dove sono?”, chiese con la voce impastata.
“Sei in una Biblioteca pubblica….e devi alzarti”, gli rispose lei mentre osservava il viso singolare di quel ragazzo: aveva i lineamenti marcati, gli occhi e i capelli chiari, doveva essere straniero.
Infatti, si affrettò a rispondere in un cattivo italiano :
 “Vado subito…mi sono addormentato…”.
 Si alzò e Cinzia notò che la sovrastava con la sua alta statura. Il giovane si guardò intorno.
“Hai dimenticato qualcosa?”; domandò lei.
“Sì…il mio zaino”, disse frugando sotto il tavolo. Si rialzò e la luce del lampadario gli rischiarò il viso: le ombre scure sotto gli occhi gli davano un’aria smarrita; s’incamminò verso la porta con passo barcollante. Cinzia lo fermò: “Dove vai adesso?”, gli chiese improvvisamente.
 Il ragazzo si volse ma non rispose.
“Non voglio farmi gli affari tuoi, ma ho l’impressione che tu sia nei pasticci….forse non hai una casa e…non hai mangiato, sbaglio?”.
Lui acconsentì chinando il capo. La giovane donna si avvicinò:
“Come ti chiami?”, gli chiese, “…e da dove vieni?”.
Lui la guardò confuso: “Sono ucraino e mi chiamo Igor”, rispose, “… non ho più una casa, la padrona mi ha buttato fuori perché non avevo i soldi per l’affitto…”, le parole gli uscivano a fatica. 
La ragazza scrutò il viso del giovanotto e notò che gli occhi chiarissimi, trasparenti come il vetro erano smarriti, in cerca di aiuto.
“Hai bisogno di soldi?…Tieni, ho solo questi”, disse infine, cercò nel portafoglio e gli allungò una banconota.  Lui la prese e un sorriso gli illuminò il viso fino ad allora cupo.
“Grazie….”, mormorò, poi uscì di corsa senza nemmeno voltarsi; lei rimase a fissare la porta sopra pensiero.
Si decise ad andarsene dopo qualche minuto, chiuse la Biblioteca e consegnò le chiavi al custode.
Mente camminava ripensava allo strano incontro con quel ragazzo che si era addormentato sul tavolo, chissà dove era andato…forse non l’avrebbe rivisto mai più.
La sua giornata non era finita: il giovedì aveva preso un impegno in un’associazione di volontariato e, dopo il lavoro, andava a dare una mano a fare i pacchi da distribuire ai poveri.
Mentre sistemava gli scatoloni nel magazzino le tornavano in mente gli occhi disperati di Igor e, per la prima volta nella sua vita, provò un sentimento strano, una sconsiderata attrazione verso quell’uomo che non conosceva neppure… non riusciva a toglierselo dalla testa.
Cinzia aveva ventotto anni, nella sua vita non aveva mai avuto un amore, era una ragazza senza nessuna attrattiva, non si curava dell’aspetto fisico, portava occhiali con  lenti spesse, andava raramente dal parrucchiere per aggiustarsi i capelli neri e ricci, per lei la moda non esisteva: i suoi abiti dovevano essere comodi e semplici. La sua vita era banale, fra casa, lavoro e volontariato. Non si era mai innamorata anche perché aveva avuto ben poche occasioni per farlo.
Stava trasportando un sacco pieno di indumenti, quando il suo sguardo cadde su una branda coperta da un plaid scozzese. Immediatamente pensò al ragazzo ucraino…scacciò il pensiero, tanto non l’avrebbe più rivisto….erano soltanto fantasie…
Passò una settimana durante la quale Cinzia fissava continuamente la porta d’ingresso della biblioteca nella speranza di veder apparire Igor, chissà….magari sarebbe tornato…
Il suo cuore si fermò un attimo quando lo vide fuori, davanti all’edificio che l’aspettava.
“Sono venuto per ringraziarti…ma non so ancora come ti chiami”, mormorò lui timidamente.
“Cinzia”, rispose lei mentre l’osservava attentamente: i jeans strappati e il giubbottino spiegazzato macchiato di calce, davano ad intendere che non se la passava proprio bene.
“Non hai ancora trovato una sistemazione?”, domandò.
Il giovanotto scosse la testa: “No…ho un lavoro, faccio l’imbianchino, ma non ho una casa”.
 “Dove dormi?”, gli chiese.
“Nella sala d’aspetto della stazione”, rispose Igor tranquillamente.
A Cinzia balenò in mente il lettino nel magazzino dei vestiti smessi.
“Vieni con me”, propose decisa prendendolo sottobraccio. Igor sorpreso la seguì in silenzio. Poco dopo erano davanti al capannone, Cinzia frugò nella borsetta estrasse le chiavi ed entrarono.
“Ssst”, sussurrò mettendosi un dito sulle labbra, “facciamo piano….nessuno viene qui fino a giovedì, hai tre giorni di tranquillità, intanto cercherò di trovarti un alloggio…”.
 Parlava concitata, mentre indicava a Igor la brandina nella quale avrebbe dovuto dormire.
 “Qui c’è anche un piccolo bagno…”, disse mostrandogli uno sgabuzzino con i servizi.
 Il ragazzo era frastornato e girava per il grande spazio cercando di capire:
“Posso stare qui?”, chiese infine quando ebbe afferrato ciò che Cinzia gli stava offrendo.
A un segno affermativo della ragazza, con un moto spontaneo l’abbracciò:
“Grazie….grazie”, ripeteva.
Cinzia si strinse a lui con un trasporto che imbarazzò il giovane ucraino che si sciolse turbato.
“Ora devo andare”, balbettò Cinzia, “domani mattina metti la chiave sotto lo zerbino, verrò a trovarti verso sera”, senza aggiungere altro uscì di corsa.
Quando arrivò a casa gettò la borsetta sulla cassapanca dell’ingresso e andò in camera: si buttò sul letto e rimase a fissare il soffitto. Aveva dentro qualcosa di grande, mai provato, che voleva tenere tutto per sé. Questo era amore: stava perdendo la testa per quel ragazzo che aveva visto soltanto due volte.
Si alzò all’alba e, con una scusa, sgusciò fuori quando in casa erano ancora tutti addormentati. Si diresse con passo veloce verso il magazzino.
“Ecco il caffè e i cornetti”, annunciò appena Igor le aprì. Lui, assonnato la fece entrare e la guardò sorpreso,  con voracità si buttò sulle brioches, ingollò il liquido caldo e finalmente riuscì a dire qualcosa:
 “Sei la mia fata….è giusto?”, i suoi occhi brillavano , avvicinò il  viso a quello di lei, si chinò, con delicatezza le tolse gli occhiali e la baciò sulla bocca.
Cinzia aveva il cuore in tumulto, stava per sentirsi male, ma gli cinse il collo con forza. Lui si staccò e le prese il viso fra le mani: 
“Hai degli occhi belli”, mormorò “ e una bella bocca”.
 Nessuno le aveva mai detto parole così, in quell’istante capì che era innamorata perdutamente, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non perderlo.
Scappò via e si presentò in biblioteca sconvolta:
 “E’ successo qualcosa?”, le chiese il custode curioso.
Senza rispondere entrò e cominciò il suo lavoro. Quella mattina i frequentatori della Biblioteca comunale non capivano perché la signorina Cinzia, solitamente tanto precisa e scrupolosa consegnasse un libro al posto di un altro. In effetti la giovane aveva la testa nel pallone; si chiedeva, mentre cercava fra i volumi, perché Igor l’avesse baciata. Forse si illudeva, certamente l’aveva fatto solo per ringraziarla di averlo aiutato…però le era sembrato che ci fosse qualcosa di più. Non vedeva l’ora di rivederlo… e passò il tempo che la separava dalla chiusura sempre pensando a quel bacio. Quando infine riuscì a liberarsi si precipitò nel magazzino. Bussò ma nessuno rispose: guardò sotto lo zerbino e trovò la chiave.
Non era ancora arrivato… entrò  e si mise ad aspettarlo: quando sentì la porta aprirsi la solita morsa allo stomaco cominciò a farsi sentire. Lui entrò: aveva gli abiti impolverati, la faccia stanca… ma quando la vide si rasserenò:
“Ciao!”, la salutò allegramente.
Cinzia gli aveva portato qualcosa da mangiare, si sedettero vicini sul letto mentre Igor masticava con gusto.
Fra un boccone e l’altro, cercando le parole in una lingua non sua, il ragazzo le raccontò qualcosa di sé.
Le disse che era dovuto andarsene dalla sua terra perché mancava il lavoro e il viaggio in Italia sembrava essere la soluzione ai suoi problemi.
“Sai che sono ingegnere?”, annunciò orgoglioso”, “ ma qui non è contato molto e ….ho trovato solo da fare l’imbianchino”, concluse amaramente.
Cinzia lo ascoltava in silenzio, era sempre più attratta dai suoi occhi chiari, trasparenti, dolci…anche il suo modo di muoversi un po’ goffo le piaceva, persino l’accento straniero le sembrava affascinante.
Lui le passò un braccio attorno le spalle e la strinse a sé:
“Sei una ragazza speciale…non ho mai trovato una come te”, le disse accarezzandole i capelli, “io vorrei…che tu fossi la mia donna…ma non posso, non ho niente da offrirti”.
Cinzia posò la testa sul suo petto:
“Io mi sono accorta che ti amo, Igor…non mi importa nulla..”, confessò.
 Si abbracciarono con passione. Lui le tolse ancora gli occhiali e le tirò indietro i capelli ribelli:
 “Così mi piaci”, mormorò. Lesse nei suoi occhi ciò che voleva sapere; lentamente le slacciò la camicetta mentre lei tremava d’emozione. Non si tirò indietro e, quando Igor aprì anche l’ultimo bottone, offrì il suo corpo vergine all’uomo che aveva scatenato in lei l’amore travolgente che non aveva mai conosciuto…
Quella sera arrivò a casa sconvolta:
“Cosa sta succedendo da qualche giorno?”, le chiese sua madre non appena la vide varcare l’uscio di casa.
“Nulla, mamma…”, rispose in fretta Cinzia. Si chiuse in camera e si sedette annichilita sulla poltrona. Non era pentita, ma si chiedeva cosa l’aveva spinta a far crollare tutti i tabù che l’avevano repressa fino a quel momento e a cadere nelle braccia di uno sconosciuto. C’era solo una spiegazione: la passione folle che si era impossessata di lei a tradimento quando si era trovata a tu per tu con Igor… si era lasciata andare finalmente libera di accettare le forti emozioni dell’amore senza nessun senso di colpa…. Quella notte la passò insonne; riviveva ogni momento chiedendosi se anche per lui era stato così importante fare l’amore con lei.
Il mattino dopo, prima di uscire, si guardò allo specchio, per la prima volta con occhi critici, e decise di prendersi una mezza giornata per rimediare al suo aspetto insignificante. Voleva apparire più bella per lui. Cominciò con l’andare da un ottico e farsi applicare le lenti a contatto, poi dal parrucchiere per domare i capelli sempre in disordine che le coprivano il viso….infine, in una boutique acquistò qualche golfino nuovo, al posto dei soliti maglioni informi. Tutta nuova,, anche dentro di sé, corse al capannone per incontrare il suo uomo.
Raccolse la chiave nel solito posto ed entrò: un foglio di carta attrasse la sua attenzione. Solo poche parole con qualche errore di ortografia :”Perdono. Non posso darti niente. Ti amo. Igor”.
Cinzia si lasciò andare sulla branda senza forze:
 “Se n’è andato….era troppo bello per essere vero…l’ho perso per sempre…”, sussurrò gemendo come una bestiola ferita. Senza ritegno singhiozzò a lungo, disperata. Poi si alzò e se ne andò a casa con un macigno al posto del cuore..
Cinzia attese per giorni e giorni un cenno di Igor, le sembrava impossibile che fosse sparito dopo i momenti appassionati che avevano vissuto. Pregava e sperava, era dimagrita e depressa, il tempo passava e non riusciva a rassegnarsi a non vederlo mai più. 
I mesi passavano e lei aveva perso ormai ogni speranza….ma dopo tanto soffrire, una sera, all’uscita della biblioteca, si sentì chiamare: “Cinzia!”.
Si voltò di scatto, solo Igor pronunciava il suo nome in quel modo, infatti vide la sua alta figura venirle incontro. Quasi non lo riconobbe: al posto della tuta impolverata indossava un abito con camicia azzurra, era ben rasato e i capelli biondi ben pettinati.
“Sei proprio tu?”, gli chiese incredula toccandolo per costatare che non fosse un miraggio.
Lui si fermò davanti a lei:
 “Eccomi qua… sono venuto per portati via con me”.
“Cosa hai detto?”; esclamò Cinzia ancora sotto choc.
“Non ti ho mai dimenticata, ho lottato con tutte le mie forze per riuscire ad essere degno di te….ora faccio l’ingegnere e ti posso dare ciò che vuoi”, rispose lui tutto d’un fiato.
“Ma non hai capito che voglio solo te?”, ribatté Cinzia piangendo di felicità..
Si buttarono l’una nelle braccia dell’altro stringendosi con passione. Lui le accarezzò il viso:
 “Dove hai messo gli occhiali?”, chiese sorridendo.
“Non ti piacevano e…li ho buttati”, scherzò lei.
“Vieni”, disse lui prendendola sottobraccio, “andiamo a cena….Voglio cominciare a pagare i debiti…”.
Cinzia lo guardò, si appese al suo braccio, e pensò che anche per lei era arrivata la felicità.
FINE









 





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