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domenica 15 gennaio 2017

LA MACCHINA DEL TEMPO


 

 

 Piovigginava  nel giorno della festa del patrono, e c’erano poche persone fra le bancarelle che ogni anno arrivavano puntuali a esporre la loro merce. Tiziana e Marina passeggiavano, fermandosi ogni tanto a guardare le cianfrusaglie esposte, non c’era niente che le attirava, osservano e passavano oltre. Più avanti un personaggio vestito di bianco cercava di attrarre i clienti a entrare in un tendone simile a quello di un circo.

“Venite a provare la macchina del tempo, scoprirete chi siete e da dove venite…Solo cinque euro, signori, è un’ottima occasione per sapere la verità sul passato e sull’avvenire”, gridava quel tale da un megafono.
Marina si fermò incuriosita:  “Andiamo?”, chiese all’amica .
L’altra alzò le spalle: “Soldi sprecati, non crederai a queste fandonie”.
“E’ un pomeriggio così noioso, ci faremo quattro risate”, disse ancora la ragazza.
“Va bene, hai ragione, tanto per passare il tempo”.
Pagarono il biglietto ed entrarono: poche sedie in  circolo e uno strano marchingegno al centro, c’erano molti posti liberi, e le due amiche sedettero non lontane dalla macchina del tempo.
Poco dopo uno squillo di tromba e un uomo abbigliato con una giacca a lustrini sollevò una tenda di velluto e venne avanti:”Grazie per essere presenti, c’è qualcuno del pubblico che vuole sottoporsi al mio esperimento? E’ una cosa senza nessun pericolo, anzi sarà un piacere per voi, vi trasporterà in un mondo lontano di cui non avete più nessun ricordo e saprete cose che mai avreste saputo”, si fermò e cercò un volontario fra il pubblico, passò qualche secondo in un silenzio imbarazzante,  poi una voce di donna ruppe quell’atmosfera incantata:
“Vengo io!”, disse Marina.
Tiziana la guardò sorpresa: “Sei matta? Cosa ci vai a fare”, esclamò.
Ma ormai la ragazza era già al centro della pista accanto a quell’uomo che sembrava uno stregone.
Marina sedette sullo sgabello rigida, si fece avvolgere da fili elettrici, mentre il tipo con i lustrini la fissava negli occhi. Lentamente sentì un torpore impadronirsi del suo corpo e vagò nel sogno: una carrozza trainata da bianchi destrieri percorreva veloce un lungo sentiero che attraversava un bosco di  alberi secolari, improvvisamente, dai cespugli sbucarono degli uomini armati che obbligarono la carrozza a fermarsi. La tendina si scostò, non si vide il viso, ma si sentì un urlo di donna: “Aiuto!”. Nel sogno apparve poi un cavaliere sbucato dal nulla, che fece fuggire i banditi, mentre la sconosciuta si abbandonava con un gemito sui sedili. Il prode salvatore aiutò la giovane ad uscire…poi Marina sentì un leggero tocco sulle guance, un brivido la percorse e si svegliò intorpidita.
L’uomo accanto a lei l’osservò: “Come sta?”, chiese.
La ragazza non rispose, assentì con il capo, poi si guardò intorno, lentamente stava tornando alla realtà.
“Bene”, sussurrò poi.
“Ricorda qualcosa?”, insistette lui.
“No”, rispose lei, “ho fatto un sogno confuso”.
“Non importa, ha risposto alle mie domande, io so dov’è stata. La ringrazio, si può accomodare”, concluse soddisfatto mentre scoppiava tra il pubblico un applauso.
“Non ti ricordi proprio nulla?”, chiese Tiziana quando Marina tornò al posto guardandola sbalordita, “da come rispondevi sembrava che tu fossi nel medioevo; parlavi di un cavaliere… quell’uomo ti ha ipnotizzata e ti ha fatto dire quello che voleva, non credi?”.
Marina uscì dal tendone disorientata: “Non so, mi sento strana, ho bisogno di aria”.
Si riprese in fretta, e cominciò a scherzare: “Forse, hai ragione, quello là sotto ipnosi mi ha usata come ha voluto, la macchina del tempo è una bella bufala. Andiamo a prenderci un gelato, ho la gola secca”, concluse allegramente. Marina era una ragazza positiva, non credeva a nulla che non fosse la realtà che stava vivendo, perciò quell’esperienza la lasciò scettica come lo era sempre stata. Era una brava infermiera e aveva sempre prestato la sua opera negli ospedali dei paesi del terzo mondo dove c’era più bisogno di solidarietà per chi non aveva nulla. In quei giorni stava aspettando la chiamata per la nuova destinazione
“Sai dove ti manderanno?”, chiese Tiziana mentre stava golosamente gustando il suo gelato al pistacchio.
“Forse in Somalia, mi piacerebbe ritornarvi, là ho tanti amici, e poterli rivedere sarebbe stupendo. Senza contare che c’è un giovane medico che mi faceva il filo e magari…potrebbe essere la volta buona! Le notti di luna piena in Africa sono magiche!”, scherzò
“Brava Marina, sei straordinaria, io non ho il tuo coraggio e ti ammiro. Però promettimi che tornerai presto so già che appena partita mi mancherai”, le disse l’amica sorridendo ammirata.
 Non passò neppure una settimana,  che Marina fu contattata per il nuovo incarico e proprio nel posto che si aspettava. Con entusiasmo cominciò i preparativi per il viaggio, da quel momento diventò tutto più facile: ciò che voleva si era realizzato e aspettò il giorno della partenza con ansia.
Sull’aereo era felice, arrivò a destinazione stanca, ma appena rivide l’èquipe ospedaliera, e  tutto lo staff del piccolo ospedale, la stanchezza sparì per fare posto all’euforia. Anche Fabio, il dottore che le aveva fatto a suo tempo una corte discreta, si lasciò andare e l’abbracciò stretta facendole quasi mancare il respiro:
“Aiuto! svengo ai tuoi piedi e mi dovresti rianimare”, esclamò Marina.
“Lo farei volentieri, però con il metodo bocca a bocca”, affermò lui mentre gli occhi gli sorridevano.
Così ricominciò il suo lavoro, ogni giorno arrivavano donne con  bambini denutriti, con le pancine gonfie e lo sguardo smarrito. C’era molto da fare, e i momenti di riposo erano pochi. Marina, molte volte, sfinita dalla giornata di lavoro, si rilassava sedendosi all’aperto nel silenzio magico della notte africana interrotto solo dalle grida degli animali notturni, e provava la strana sensazione di sentire una presenza accanto a lei.
 Però non era una cosa spiacevole, anzi sentiva come se qualcuno la proteggesse e facesse in modo di appianare le difficoltà della vita. Infatti stava trascorrendo un periodo felice, anche Fabio, nella famosa notte di luna piena l’aveva baciata, così oltre alla soddisfazione sul lavoro, anche l’amore era entrato dalla porta principale, tutto filava liscio.
Una di quelle notti in cui cercava la pace interiore era immersa nei pensieri, non si accorse della presenza di Fabio, la sua voce la fece sobbalzare:
 “A cosa stai pensando?, sembra che tu sia in un'altra dimensione”, le disse arrivandole alle spalle.
Marina infatti stava andando indietro nel tempo e in quel momento stava ripensando ai minuti passati sulla macchina accanto all’uomo con la giacca di lustrini, quell’assurda esperienza della quale non ricordava nulla se non il fatto di essersi svegliata mentre stava facendo un sogno.
“Vieni, ti racconto cosa mi è capitato poco prima di partire”, disse. Cominciò a parlare e l’attenzione di Fabio si fece più intensa. Quando ebbe finito lui le cinse le spalle con un braccio:
 “Tu non credi a queste cose, ma è possibile che con l’aiuto dell’ipnosi tu sia regredita nel tempo, la tua amica ti ha detto che, rispondendo alle domande che ti faceva quel tale, sembrava fossi tornata in un’epoca di dame e cavalieri, non ricordi nulla?”, chiese il giovane medico.
 Marina lo guardò smarrita, poi chiuse gli occhi e, improvvisamente ritornò al sogno, vide la carrozza, i briganti, udì il galoppo, e sul cavallo vide il cavaliere nero.
Afferrò le mani del suo uomo, confusa e attonita: “Ora so tutto”, disse con un filo di voce.
Fabio la scosse: “Stai bene?”, chiese preoccupato. Lei annuì, ma non se la sentì di parlare.
“Non ti preoccupare, mi dirai poi, adesso rilassati”.
Ma non ci fu tempo per tornare sull’argomento, un’ improvvisa telefonata al cellulare di Fabio lo richiamò in corsia, poco dopo tornò fuori sconvolto:
 “Dobbiamo partire subito, al villaggio urgono medicinali, ci sono dei poveretti in pericolo di vita”, disse affannato, “però io non posso lasciare l’ospedale,  sono l’unico medico rimasto, gli altri sono andati a prendere il carico dei medicinali all’aeroporto e non sono ancora tornati.
“Non ti preoccupare, ci vado io, Amir viene con me e in poche ore siamo sul posto, stai tranquillo”, disse Marina rientrando immediatamente alla realtà.
“Mi raccomando, stai attenta, non ti fermare mai, quella strada è pericolosa”, affermò Fabio ansioso.
 Marina si accinse a partire, dopo aver caricato la jeep si mise accanto all’autista e se ne andarono accompagnati dallo sguardo di Fabio che si sentiva colpevole per non aver potuto accompagnarla..
 
La strada era buia, illuminata soltanto dai fari della camionetta, in un primo tratto attraversava la foresta, poi si immetteva in un rettilineo di cui non si vedeva la fine.
 Avevano già percorso il tratto più pericoloso, e si trovavano sulla strada, cominciava ad albeggiare e il viaggio stava procedendo nei migliore dei modi. Marina era in contatto con Fabio, e lo stava rassicurando sull’ottimo andamento. “Stai tranquillo, tutto bene, siamo quasi arrivati”.
 Dopo pochi chilometri entrarono al villaggio, ormai il sole era già alto e chi li accolse li ringraziò talmente che si sentirono quasi dei santi.
Consegnarono i farmaci al medico dell’ambulatorio: “Avete salvato molte vite, grazie. C’è stata un’imboscata e abbiamo molti feriti da curare, eravamo scarsi di tutto. Grazie ancora”, nei suoi occhi c’erano quasi le lacrime.
 Soddisfatti di aver compiuto il loro dovere, Marina e il ragazzo nero che guidava la jeep, si misero sulla strada del ritorno. Stavano andando veloci per arrivare presto, erano stanchissimi e il pensiero di fare una doccia e una dormitina metteva le ali alle ruote della loro vettura. Ma la fretta in quella circostanza non giocò a loro favore, il motore sollecitato al massimo cominciò a singhiozzare finché si fermò lasciandoli in mezzo alla strada sotto il sole .
“E adesso? Cosa facciamo?”, chiese disorientato Amir.
“Non ci perdiamo in un bicchier d’acqua”, rispose risoluta Marina, “telefono al dottor Fabio e vedrai che ci manderà a prendere”. La giovane infermiera era abituata a risolvere i problemi senza perdersi d’animo e anche in quella circostanza prese le redini e informò l’ospedale del guasto.
“Aspettateci, arriviamo al più presto”, rispose Fabio .
Poco dopo il rumore di un motore si sparse per l’aria, in fondo alla strada, quasi all’orizzonte si delineò la sagoma di un veicolo:
 “Eccoli!”, esclamò Il negretto.
“Non possono essere loro, è passato troppo poco tempo dalla telefonata”, rispose Marina allarmata.
Mano a mano che quel veicolo avanzava la cosa si faceva sempre più preoccupante, infatti, sulla camionetta c’era una gentaglia nera e vociante, in un attimo fu accanto a loro minacciandoli con  le armi puntate. Gridavano e cercavano di strattonare la ragazza per farla salire sulla loro jeep sgangherata. Marina opponeva resistenza ma sebbene fosse forte, non riusciva a contrastare i due energumeni .
 “Aiuto!”, gridava, ma nessuno poteva soccorrerla poiché anche Amir, spaventato e tremante era immobilizzato dal resto della banda. I due guerriglieri erano riusciti a spingerla sul loro veicolo quando il rumore ritmico di un cavallo al galoppo li fermò. Non fecero in tempo a voltarsi che un cavaliere con il viso coperto dalla celata di un elmo nero, sollevò Marina dal sedile e la rimise a terra: “Sono qui, non temere”, disse. Poi, minacciandoli con la lancia, si rivolse ai rapitori che, terrorizzati ingranarono la marcia e con uno scatto da Formula Uno scapparono da quel diavolo apparso improvvisamente dal nulla. Che, come era venuto, sparì, dopo aver messo in fuga i rapitori.
  Marina, immobile per tutto il tempo in cui si svolse quella scena incredibile, riconobbe il cavaliere del sogno e questo la sconvolse, cercava i capire, ma si convinse che non c’era niente da capire: era successo qualcosa di paranormale oltre i limiti della comprensione umana.
Quando arrivò Fabio con i soccorsi, Marina raccontò tutto, anche ciò che non aveva spiegazione:
 “Non so come dirtelo, Fabio, so che non mi crederai, per fortuna c’è Amir come testimone”, si rivolse al negretto ancora terrorizzato dalla brutta avventura:
“Hai visto anche tu il cavaliere, vero?”, chiese.
L’altro la guardò sconcertato:
 “No, non ho visto nulla, i guerriglieri sono andati via poco dopo, forse ci hanno ripensato”, affermò.
“Ho capito, sono una visionaria, ma non importa, io so che sto dicendo la verità”, ribatté delusa”.
Fabio l’abbracciò: “Io ti credo, forse c’è una spiegazione in ciò che mi hai raccontato …ma ora andiamocene via di qui”, concluse teneramente.
Se avessero saputo che Marina Autieri era l’ultima discendente di una nobile famiglia e che nel suo passato molto remoto c’era stato un cavaliere nero che l’aveva salvata dai briganti, forse avrebbero in parte capito che l’ eroe era tornato per salvare la sua principessa. Marina l’aveva visto nella macchina del tempo.
                                                                                                                                   FINE
 
                                                                                                                            
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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