L'uomo che osservava i passanti davanti all’uscita della metropolitana era vestito in una strana maniera: dalla giacca lunga, quasi una palandrana che gli arrivava fin sotto al ginocchio, spuntavano le gambe fasciate da una calzamaglia bianca, portava scarpe lucide a punta e, sotto la giacca, una camicia ornata di pizzi. La gente lo guardava incuriosita, ma lui sembrava non accorgersene, i suoi occhi erano puntati sempre in una direzione: la scala mobile. Improvvisamente si animò e si diresse verso una giovane donna bionda, molto bella, che stava salendo:
“Buongiorno principessa”, disse con deferenza,
“finalmente ti ho trovata, sono secoli che ti cerco”. La ragazza lo guardò:
“Dice a me?”, chiese stupita.
L’altro sorrise: “Sì, sei
proprio tu…ho girato tutto il mondo e adesso sei qui…”, cercò di toccarla, ma
lei si scostò bruscamente.
“Se ne vada!”, disse
seccamente, “mi lasci stare…”, e si allontanò impaurita affrettando il passo.
Juliette Leblanc stava
andando all’agenzia che l’aveva contattata per un servizio di moda,
quell’incontro l’aveva turbata. “Che tipo!”, pensò, “conciato così…non deve
avere tutte le rotelle a posto”. L’uomo che l’aveva fermata la seguì con lo
sguardo, poi si girò e sparì dentro la galleria del metrò.
La ragazza entrò nel locale
che stava ancora scuotendo la testa ripensando allo strano incontro:
“Stai parlando da sola?”, le chiese una morettina seduta dietro la scrivania.
“Stai parlando da sola?”, le chiese una morettina seduta dietro la scrivania.
“No…è che ho incontrato un
tale che mi ha chiamato principessa e ancora non mi sono ripresa…”, rispose
Juliette mentre curiosava fra le carte sparse sulla scrivania.
“Può essere un segno del
destino: devi andare proprio dove ci sono tanti castelli e chissà quante
principesse li avranno abitati. Domani parti con il fotografo e tutta la troupe
per la Francia, precisamente nella zona dei castelli della Loira”, disse la
ragazza.
“Finalmente torno in patria,
dopo tanto tempo ho voglia di sentire parlare francese. Adesso che ci penso,
sai che ho dei parenti da quelle parti?” rispose Juliette. Poi aggiunse prima
di andarsene: “Viene anche Arianna?”.
Avuta la risposta affermativa
se ne andò più allegra: Arianna era la sua migliore amica e se c’era lei tutto
sarebbe stato più semplice.
Juliette faceva la fotomodella da qualche
anno, il fisico per fare la cover girl l’aveva: alta e magra, con un viso
dolcissimo e una massa di capelli biondo cenere. C’era qualcosa in lei che la
contraddistingueva dalle altre. Il portamento, forse, così altero e
aristocratico; quando indossava i vestiti non erano soltanto oggetti, ma
prendevano vita addosso a lei. Per questo gli stilisti se la contendevano.
Nella camera d’albergo
cominciò a prepararsi per il viaggio:
“Che vitaccia…sempre in giro per il mondo!”,
brontolò posando con cura meticolosa le sue cose in valigia.
Il pulmino carico di
attrezzature fotografiche e di vestiti marciava a velocità sostenuta lungo la
strada che percorre la valle della Loira, la campagna aveva preso i colori
dell’autunno: dal verde spento al giallo ocra, i vigneti ben allineati erano
ancora carichi di grappoli maturi.
Arrivarono a Nantes di sera.
Si sistemarono all’Hotel Admiral e, stanchissime si prepararono per scendere a
cena.
Arianna aveva accusato un
gran mal di gola durante il viaggio e aveva qualche linea di febbre.
“Ti dispiace se non vengo?”, chiese
all’amica.
“Forse è più prudente, altrimenti domani non
sei in grado di lavorare, vattene sotto le coperte e prendi un’aspirina”,
rispose Juliette.
In quel momento bussarono alla porta, un
fattorino aveva sulle braccia un grande scatolone:
“Mademoiselle Leblanc ?”, chiese. La ragazza ritirò il pacco sorpresa.
“Mademoiselle Leblanc ?”, chiese. La ragazza ritirò il pacco sorpresa.
Strappò l’involucro, aprì la scatola e vide un
magnifico vestito da sera, di seta antica di una particolare tonalità di rosa.
La gonna molto ampia, la vita stretta, il corpino si fermava all’altezza del
seno lasciando completamente scoperte le spalle. La ragazza non poté fare a
meno di ammirare la sontuosa bellezza di quell’abito, lo prese delicatamente e
se lo appoggiò addosso rimirandosi davanti allo specchio.
“Guarda qui”, disse ad Arianna, “non è fantastico? Vediamo chi lo manda”.
Aprì il biglietto che
accompagnava la scatola: scritto a mano con una grafia ricercata c’era l’invito
ad una festa: “La Signoria Vostra
è invitata a partecipare al ballo al castello che si terrà questa sera. Un
nostro incaricato verrà da lei
per accompagnarla”.
Juliette rigirò inutilmente
il cartoncino fra le mani poi, con stizza rimise l’abito dentro la scatola:
“Ho capito”, disse rivolta all’amica che la guardava sorpresa, “è il solito stilista locale che si vuol fare pubblicità. Sono stanchissima, figurati se stasera vado a un ballo…non ci penso proprio.” Guardò Arianna sdraiata sul letto:
“Ho capito”, disse rivolta all’amica che la guardava sorpresa, “è il solito stilista locale che si vuol fare pubblicità. Sono stanchissima, figurati se stasera vado a un ballo…non ci penso proprio.” Guardò Arianna sdraiata sul letto:
“Perché hanno invitato solo me?”, borbottò
sopra pensiero.
“Avranno saputo da un
folletto che ero febbricitante…sai, in questo posto di castelli incantati tutto
è possibile”, scherzò Arianna, “ti consiglio di andare, forse erano d’accordo
con l’agenzia…tu sei la modella su misura per questo stile”, continuò.
Juliette la guardò: “Dici?”,
chiese dubbiosa, “però che seccatura! E va bene, mi spiace anche lasciarti
sola”, aggiunse.
“Vai tranquilla”,rispose l’altra, “ me ne
andrò in camera e mi infilo a letto…”.
Quando Juliette si guardò
prima di uscire si meravigliò lei stessa dell’immagine riflessa: qualcosa di
magico sprigionava dalla sua figura, anche l’espressione del viso era cambiata,
il modo altero di guardare non era il suo, sembrava che una nuova personalità
fosse scaturita dalle pieghe morbide della seta che indossava.
L’autista che guidava la
vettura di lusso che l’accompagnava a destinazione le suscitò dei ricordi
confusi, ma non disse niente, si guardava intorno nel buio della notte. Dopo
qualche chilometro dalla strada provinciale svoltarono a destra per imboccare
una via in salita costeggiata da filari di viti: stavano salendo le pendici di
una collina, un castello illuminato dalla luce delle torce si ergeva sulla cima
di un poggio. Al principio del vialetto due enormi leoni di pietra sembravano a
guardia del maniero. La macchina si fermò e Juliette scese sollevando con
grazia la gonna dell’abito, un giovane in livrea l’accompagnò all’entrata: ai
suoi occhi si presentò uno spettacolo mai immaginato. Dame e cavalieri, vestiti
come nel Settecento si muovevano al suono dolcissimo di un minuetto. Centinaia
di candele su grandi candelieri d’argento illuminavano con la loro luce
tremolante il salone.
“Che meraviglia! Sarà una
festa in costume”, pensò Juliette e cercò con gli occhi qualcuno cui
rivolgersi.
Vide avanzare un giovane alto, che
si dirigeva verso di lei, quando furono vicini lui le prese una mano e, senza parlare, la
condusse in mezzo alla sala, altri ballerini si affiancarono e
iniziarono una danza fatta di inchini e giravolte.
Con sua grande sorpresa
Juliette eseguiva le mosse del ballo senza la minima esitazione, come se fosse
una cosa abituale. Ogni volta che il giovane si avvicinava, l’azzurro dei suoi
occhi le provocava un brividino lungo la schiena, e non poteva fare a meno di
notare la sua bellezza.
Era sogno o realtà?…L’atmosfera che la circondava aveva
qualcosa di magico, era tutto come ovattato, le persone attorno a lei si
muovevano con gesti aggraziati e rallentati, le sorridevano ma nessuno le
rivolgeva la parola.
Juliette volteggiava al suono del clavicembalo e aveva la
sensazione di essere in un altro mondo. La musica cessò e il suo cavaliere,
guardandola sempre con quegli occhi magici dove si leggeva ammirazione e desiderio,
l’accompagnò su per lo scalone, entrarono in un salotto arredato con deliziosi
divanetti di velluto azzurro. Juliette sentì le mani di lui che le
accarezzavano il viso:
“Amore, quanto tempo ti ho
aspettato…finalmente ti ritrovo”, disse.
Avvicinò le sue labbra a quelle di lei e da
quell’istante Juliette capì che cos’è la felicità.
Arianna si girò nel letto,
aveva trascorso una notte agitata per via della febbre, poi era piombata in un
sonno profondo, quando aprì gli occhi si accorse di stare meglio, la fronte era
fresca, e sebbene non proprio in grande forma si sentiva in grado di posare per
le foto. Guardò l’orologio: erano già le nove. Picchiò con vigore al muro della
stanza accanto per svegliare Juliette, non ottenendo risposta uscì in corridoio
e bussò alla porta senza risultato, provò ad entrare e l’uscio si aprì. ‘
Sempre la solita sbadata’, pensò, ‘è andata a dormire con la porta aperta’.
Juliette dormiva con un vago sorriso sulle labbra.
“Forza, ritorna alla
realtà…preparati, dobbiamo andare”., disse scrollandola delicatamente.
Juliette si stropicciò gli
occhi, si guardò intorno e si alzò senza dire una parola.
“Che ti succede?”, le chiese
Arianna, “non stai bene?”
La ragazza si voltò e si
stiracchiò allungando le braccia: “Mai stata meglio…se sapessi cosa mi è
successo ieri notte!”. Raccontò tutto all’amica che la guardava sbarrando gli
occhi per lo stupore. Quando ebbe finito il racconto si guardò in giro:
“Dov’è il vestito?”, chiese
vagando per la stanza in cerca dell’abito.
“Saranno già venuti a
prenderlo senza che te ne accorgessi…hai lasciato la porta aperta!”, rispose
Arianna scrollando la testa.
Sul pullmino che accompagnava
la troupe sul luogo dove si dovevano scattare le foto per il servizio, Juliette
non smetteva di raccontare: “Ecco, vedi quel castello sulla collina? È là che
sono stata…una cosa così fantastica da non credere!”.
“Appunto”, si limitò a dire
Arianna con l’espressione sempre più incredula.
Finite le foto ritornarono in
albergo, nel pomeriggio Juliette era agitata: “Voglio rivederlo almeno una
volta prima di partire, ti prego Arianna accompagnami…”, supplicò..
“Chi?…il tuo principe
azzurro?”, rispose con un sorrisino l’amica, “sei proprio sicura di quel che
dici?”.
L’altra fu così insistente che dopo pranzo si trovò in macchina con lei lungo la strada che conduceva al castello incantato.
L’altra fu così insistente che dopo pranzo si trovò in macchina con lei lungo la strada che conduceva al castello incantato.
“Guarda Arianna…è proprio
quello! sapessi dentro che meraviglia: una sfilza di saloni arredati con mobili
d’epoca…e poi lui…: bellissimo e dolcissimo…dev’essere una persona importante
perché tutti lo ossequiavano. Mi ha detto solo che si chiama Gerard, magari se
chiedo al castello mi danno delle informazioni. Ci sarà qualcuno, sai questi
vecchi manieri vengono affittati per le feste importanti e hanno sempre un
custode che vive lì”.
Juliette parlava a ruota libera quasi senza
respirare, Arianna la lasciava dire: era così eccitata che non l’avrebbe fatta
tacere nessuno.
Quando arrivarono davanti
all’imponente costruzione fatta di torri e torrette con le guglie elevate al
cielo, Juliette rimase ferma con la testa in su. “No, non è il castello della
festa”, disse delusa, “questo sembra abbandonato”.
Infatti il sentiero che portava al grande
portone era pieno d’erba secca, i rovi erano arrivati fin sotto le mura
impedendo quasi l’entrata. L’edera si arrampicava sulle inferriate e sulle
finestre dove gli uccelli avevano fatto i nidi.
“Mi sono sbagliata”, ripeteva
la ragazza guardandosi intorno, “eppure mi ricordo di aver fatto proprio questa
strada”, lo sguardo smarrito di Juliette vagava all’intorno cercando qualcosa
cui aggrapparsi per rinverdire la memoria, ad un tratto Arianna sentì
un’esclamazione: “Ecco…i leoni all’ingresso del vialetto…sono proprio quelli!”.
Juliette corse a toccare le statue:
“Guarda Arianna, non mi sto
sbagliando…ti ricordi che ti ho detto di aver visto due leoni di pietra?”,
nello sguardo di Juliette c’era come una supplica, quando lesse l’incredulità
nel viso dell’amica si sedette sconsolata sul muretto: “Non mi credi,
vero?…eppure non è stato un sogno…”, disse toccando con le dita l’anello che
portava all’anulare sinistro, “questo me l’ha dato lui!”.
Chiuse gli occhi e risentì le parole del suo
misterioso cavaliere:
“Prendi questo”, disse infilandole al dito il
gioiello. “Ci rivedremo presto, te lo prometto!”.
Arianna la guardava un po’ preoccupata…non
capiva, era sempre più convinta che Jiuliette avesse scambiato un bel sogno con
la realtà!
In quel momento il rombo di
un motore risuonò nella valle. Poco dopo una vettura sportiva si fermò nello
spiazzo davanti al castello con una
brusca frenata. Un giovanotto bruno scese dalla macchina, osservò le due
ragazze: “Volete visitare il castello?”, chiese gentilmente.
Juliette ancora confusa non
rispose, per lei prese l’iniziativa Arianna:
“Volentieri, lei è il custode?”
“Volentieri, lei è il custode?”
“No…”, disse lui stirando la
bocca in una specie di sorriso, “potrà sembrare strano al giorno d’oggi, ma
sono il conte Jacques de la Tour…e questo è il castello dei miei avi”.
Arianna sgranò gli occhi: “Un conte?”, chiese
sorpresa.
“Già”, rispose lui, “dal
momento che sono qui, potrete approfittare per visitare l’interno…è un po’
malandato perché da tanti anni non è più abitato, ma conserviamo ancora gli
arredi originali, se si trova qualche miliardario americano, magari potremmo
anche venderlo!”.
Mentre chiacchierava si
diresse verso l’enorme portone e lo aprì. Juliette non aveva ancora pronunciato
parola, era talmente stupita di tutto quello che le stava accadendo che seguì i
due come un automa. La ragazza riconobbe il salone, e soprattutto la grande
scala di marmo che portava al piano superiore: si guardava intorno sussurrando:
“Sono proprio stata qui”.
“Come dice?”, chiese il
giovane rivolgendosi a lei e, mentre si voltava Juliette fu colpita dai suoi
occhi azzurri. “Gerard…”, il nome le sfuggì dalle labbra senza che lo volesse.
“Vedo con piacere che è al
corrente della storia della mia famiglia”, disse Jacques divertito, “infatti
Gerard era il principe di questo castello, un personaggio romantico e infelice,
morì in duello per salvare l’onore della sua innamorata…vede quel ritratto?…è
la principessa Charlotte, la dama per la quale perse la vita…Sa che le
rassomiglia?”, concluse scrutando interessato il viso di Juliette.
La ragazza si toccò le guance
fredde, la donna del ritratto indossava lo stesso vestito che lei portava al
ballo del castello e, al dito di Jaques vide brillare un anello uguale a quello
che Gerard le aveva donato.
E l’atmosfera magica di quella notte di
mistero ritornò quando lui, offrendole il braccio le disse: “Vieni con me!”
Salirono lo scalone guardandosi negli occhi
sotto lo sguardo stupefatto di Arianna.
FINE
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