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domenica 7 maggio 2017

BALLO AL CASTELLO

 

                                                                                          

       L'uomo    che osservava i passanti davanti all’uscita della metropolitana era vestito in una strana maniera: dalla giacca lunga, quasi una palandrana che gli arrivava fin sotto al ginocchio, spuntavano le gambe fasciate da una calzamaglia bianca, portava scarpe lucide a punta e, sotto la giacca, una camicia ornata di pizzi. La gente lo guardava incuriosita, ma lui sembrava non accorgersene, i suoi occhi erano puntati sempre in una direzione: la scala mobile. Improvvisamente si animò e si diresse verso una giovane donna bionda, molto bella, che stava salendo:

 “Buongiorno principessa”, disse con deferenza, “finalmente ti ho trovata, sono secoli che ti cerco”. La ragazza lo guardò:
“Dice a me?”, chiese stupita.
L’altro sorrise: “Sì, sei proprio tu…ho girato tutto il mondo e adesso sei qui…”, cercò di toccarla, ma lei si scostò bruscamente.
“Se ne vada!”, disse seccamente, “mi lasci stare…”, e si allontanò impaurita affrettando il passo.
Juliette Leblanc stava andando all’agenzia che l’aveva contattata per un servizio di moda, quell’incontro l’aveva turbata. “Che tipo!”, pensò, “conciato così…non deve avere tutte le rotelle a posto”. L’uomo che l’aveva fermata la seguì con lo sguardo, poi si girò e sparì dentro la galleria del metrò.
La ragazza entrò nel locale che stava ancora scuotendo la testa ripensando allo strano incontro:
“Stai parlando da sola?”, le chiese una morettina seduta dietro la scrivania.
“No…è che ho incontrato un tale che mi ha chiamato principessa e ancora non mi sono ripresa…”, rispose Juliette mentre curiosava fra le carte sparse sulla scrivania.
“Può essere un segno del destino: devi andare proprio dove ci sono tanti castelli e chissà quante principesse li avranno abitati. Domani parti con il fotografo e tutta la troupe per la Francia, precisamente nella zona dei castelli della Loira”, disse la ragazza.
“Finalmente torno in patria, dopo tanto tempo ho voglia di sentire parlare francese. Adesso che ci penso, sai che ho dei parenti da quelle parti?” rispose Juliette. Poi aggiunse prima di andarsene: “Viene anche Arianna?”.
Avuta la risposta affermativa se ne andò più allegra: Arianna era la sua migliore amica e se c’era lei tutto sarebbe stato più semplice.
 Juliette faceva la fotomodella da qualche anno, il fisico per fare la cover girl l’aveva: alta e magra, con un viso dolcissimo e una massa di capelli biondo cenere. C’era qualcosa in lei che la contraddistingueva dalle altre. Il portamento, forse, così altero e aristocratico; quando indossava i vestiti non erano soltanto oggetti, ma prendevano vita addosso a lei. Per questo gli stilisti se la contendevano.
Nella camera d’albergo cominciò a prepararsi per il viaggio:
 “Che vitaccia…sempre in giro per il mondo!”, brontolò posando con cura meticolosa le sue cose in valigia.
Il pulmino carico di attrezzature fotografiche e di vestiti marciava a velocità sostenuta lungo la strada che percorre la valle della Loira, la campagna aveva preso i colori dell’autunno: dal verde spento al giallo ocra, i vigneti ben allineati erano ancora carichi di grappoli maturi.
Arrivarono a Nantes di sera. Si sistemarono all’Hotel Admiral e, stanchissime si prepararono per scendere a cena.
Arianna aveva accusato un gran mal di gola durante il viaggio e aveva qualche linea di febbre.
 “Ti dispiace se non vengo?”, chiese all’amica. 
 “Forse è più prudente, altrimenti domani non sei in grado di lavorare, vattene sotto le coperte e prendi un’aspirina”, rispose Juliette.
 In quel momento bussarono alla porta, un fattorino aveva sulle braccia un grande scatolone:
“Mademoiselle Leblanc ?”, chiese. La ragazza  ritirò il pacco sorpresa.
 Strappò l’involucro, aprì la scatola e vide un magnifico vestito da sera, di seta antica di una particolare tonalità di rosa. La gonna molto ampia, la vita stretta, il corpino si fermava all’altezza del seno lasciando completamente scoperte le spalle. La ragazza non poté fare a meno di ammirare la sontuosa bellezza di quell’abito, lo prese delicatamente e se lo appoggiò addosso rimirandosi davanti allo specchio.
“Guarda qui”,  disse ad Arianna, “non è fantastico?  Vediamo chi lo manda”.
Aprì il biglietto che accompagnava la scatola: scritto a mano con una grafia ricercata c’era l’invito ad una festa: “La Signoria Vostra è invitata a partecipare al ballo al castello che si terrà questa sera. Un nostro incaricato verrà da lei per accompagnarla”.
Juliette rigirò inutilmente il cartoncino fra le mani poi, con stizza rimise l’abito dentro la scatola:
“Ho capito”, disse rivolta all’amica che la guardava sorpresa, “è il solito stilista locale che si vuol fare pubblicità. Sono stanchissima, figurati se stasera vado a un ballo…non ci penso proprio.” Guardò Arianna sdraiata sul letto:
 “Perché hanno invitato solo me?”, borbottò sopra pensiero.
“Avranno saputo da un folletto che ero febbricitante…sai, in questo posto di castelli incantati tutto è possibile”, scherzò Arianna, “ti consiglio di andare, forse erano d’accordo con l’agenzia…tu sei la modella su misura per questo stile”, continuò.
Juliette la guardò: “Dici?”, chiese dubbiosa, “però che seccatura! E va bene, mi spiace anche lasciarti sola”, aggiunse.
 “Vai tranquilla”,rispose l’altra, “ me ne andrò in camera e mi infilo a letto…”.
Quando Juliette si guardò prima di uscire si meravigliò lei stessa dell’immagine riflessa: qualcosa di magico sprigionava dalla sua figura, anche l’espressione del viso era cambiata, il modo altero di guardare non era il suo, sembrava che una nuova personalità fosse scaturita dalle pieghe morbide della seta che indossava.
L’autista che guidava la vettura di lusso che l’accompagnava a destinazione le suscitò dei ricordi confusi, ma non disse niente, si guardava intorno nel buio della notte. Dopo qualche chilometro dalla strada provinciale svoltarono a destra per imboccare una via in salita costeggiata da filari di viti: stavano salendo le pendici di una collina, un castello illuminato dalla luce delle torce si ergeva sulla cima di un poggio. Al principio del vialetto due enormi leoni di pietra sembravano a guardia del maniero. La macchina si fermò e Juliette scese sollevando con grazia la gonna dell’abito, un giovane in livrea l’accompagnò all’entrata: ai suoi occhi si presentò uno spettacolo mai immaginato. Dame e cavalieri, vestiti come nel Settecento si muovevano al suono dolcissimo di un minuetto. Centinaia di candele su grandi candelieri d’argento illuminavano con la loro luce tremolante il salone. 
“Che meraviglia! Sarà una festa in costume”, pensò Juliette e cercò con gli occhi qualcuno cui rivolgersi.
 Vide avanzare un giovane alto, che si dirigeva verso di lei, quando furono vicini lui le prese una mano e, senza parlare,  la condusse in mezzo alla sala, altri ballerini si affiancarono e iniziarono una danza fatta di inchini e giravolte.
 Con sua grande sorpresa Juliette eseguiva le mosse del ballo senza la minima esitazione, come se fosse una cosa abituale. Ogni volta che il giovane si avvicinava, l’azzurro dei suoi occhi le provocava un brividino lungo la schiena, e non poteva fare a meno di notare la sua bellezza. 
Era sogno o realtà?…L’atmosfera che la circondava aveva qualcosa di magico, era tutto come ovattato, le persone attorno a lei si muovevano con gesti aggraziati e rallentati, le sorridevano ma nessuno le rivolgeva la parola.
Juliette volteggiava al suono del clavicembalo e aveva la sensazione di essere in un altro mondo. La musica cessò e il suo cavaliere, guardandola sempre con quegli occhi magici dove si leggeva ammirazione e desiderio, l’accompagnò su per lo scalone, entrarono in un salotto arredato con deliziosi divanetti di velluto azzurro. Juliette sentì le mani di lui che le accarezzavano il viso:
 “Amore, quanto tempo ti ho aspettato…finalmente ti ritrovo”, disse.
 Avvicinò le sue labbra a quelle di lei e da quell’istante Juliette capì che cos’è la felicità.

Arianna si girò nel letto, aveva trascorso una notte agitata per via della febbre, poi era piombata in un sonno profondo, quando aprì gli occhi si accorse di stare meglio, la fronte era fresca, e sebbene non proprio in grande forma si sentiva in grado di posare per le foto. Guardò l’orologio: erano già le nove. Picchiò con vigore al muro della stanza accanto per svegliare Juliette, non ottenendo risposta uscì in corridoio e bussò alla porta senza risultato, provò ad entrare e l’uscio si aprì. ‘ Sempre la solita sbadata’, pensò, ‘è andata a dormire con la porta aperta’. Juliette dormiva con un vago sorriso sulle labbra.
“Forza, ritorna alla realtà…preparati, dobbiamo andare”., disse scrollandola delicatamente.
Juliette si stropicciò gli occhi, si guardò intorno e si alzò senza dire una parola.
“Che ti succede?”, le chiese Arianna, “non stai bene?”
La ragazza si voltò e si stiracchiò allungando le braccia: “Mai stata meglio…se sapessi cosa mi è successo ieri notte!”. Raccontò tutto all’amica che la guardava sbarrando gli occhi per lo stupore. Quando ebbe finito il racconto si guardò in giro:
“Dov’è il vestito?”, chiese vagando per la stanza in cerca dell’abito.
“Saranno già venuti a prenderlo senza che te ne accorgessi…hai lasciato la porta aperta!”, rispose Arianna scrollando la testa.
Sul pullmino che accompagnava la troupe sul luogo dove si dovevano scattare le foto per il servizio, Juliette non smetteva di raccontare: “Ecco, vedi quel castello sulla collina? È là che sono stata…una cosa così fantastica da non credere!”.
“Appunto”, si limitò a dire Arianna con l’espressione sempre più incredula.
Finite le foto ritornarono in albergo, nel pomeriggio Juliette era agitata: “Voglio rivederlo almeno una volta prima di partire, ti prego Arianna accompagnami…”, supplicò..
“Chi?…il tuo principe azzurro?”, rispose con un sorrisino l’amica, “sei proprio sicura di quel che dici?”.     
L’altra fu così insistente che dopo pranzo si trovò in macchina con lei lungo la strada che conduceva al castello incantato.
“Guarda Arianna…è proprio quello! sapessi dentro che meraviglia: una sfilza di saloni arredati con mobili d’epoca…e poi lui…: bellissimo e dolcissimo…dev’essere una persona importante perché tutti lo ossequiavano. Mi ha detto solo che si chiama Gerard, magari se chiedo al castello mi danno delle informazioni. Ci sarà qualcuno, sai questi vecchi manieri vengono affittati per le feste importanti e hanno sempre un custode che vive lì”.
 Juliette parlava a ruota libera quasi senza respirare, Arianna la lasciava dire: era così eccitata che non l’avrebbe fatta tacere nessuno.
Quando arrivarono davanti all’imponente costruzione fatta di torri e torrette con le guglie elevate al cielo, Juliette rimase ferma con la testa in su. “No, non è il castello della festa”, disse delusa, “questo sembra abbandonato”.
 Infatti il sentiero che portava al grande portone era pieno d’erba secca, i rovi erano arrivati fin sotto le mura impedendo quasi l’entrata. L’edera si arrampicava sulle inferriate e sulle finestre dove gli uccelli avevano fatto i nidi.
“Mi sono sbagliata”, ripeteva la ragazza guardandosi intorno, “eppure mi ricordo di aver fatto proprio questa strada”, lo sguardo smarrito di Juliette vagava all’intorno cercando qualcosa cui aggrapparsi per rinverdire la memoria, ad un tratto Arianna sentì un’esclamazione: “Ecco…i leoni all’ingresso del vialetto…sono proprio quelli!”. Juliette corse a toccare le statue:
“Guarda Arianna, non mi sto sbagliando…ti ricordi che ti ho detto di aver visto due leoni di pietra?”, nello sguardo di Juliette c’era come una supplica, quando lesse l’incredulità nel viso dell’amica si sedette sconsolata sul muretto: “Non mi credi, vero?…eppure non è stato un sogno…”, disse toccando con le dita l’anello che portava all’anulare sinistro, “questo me l’ha dato lui!”.
 Chiuse gli occhi e risentì le parole del suo misterioso cavaliere:
 “Prendi questo”, disse infilandole al dito il gioiello. “Ci rivedremo presto, te lo prometto!”.
 Arianna la guardava un po’ preoccupata…non capiva, era sempre più convinta che Jiuliette avesse scambiato un bel sogno con la realtà!
In quel momento il rombo di un motore risuonò nella valle. Poco dopo una vettura sportiva si fermò nello spiazzo davanti  al castello con una brusca frenata. Un giovanotto bruno scese dalla macchina, osservò le due ragazze: “Volete visitare il castello?”, chiese gentilmente.
Juliette ancora confusa non rispose, per lei prese l’iniziativa Arianna:
“Volentieri, lei è il custode?”
“No…”, disse lui stirando la bocca in una specie di sorriso, “potrà sembrare strano al giorno d’oggi, ma sono il conte Jacques de la Tour…e questo è il castello dei miei avi”.
 Arianna sgranò gli occhi: “Un conte?”, chiese sorpresa.
“Già”, rispose lui, “dal momento che sono qui, potrete approfittare per visitare l’interno…è un po’ malandato perché da tanti anni non è più abitato, ma conserviamo ancora gli arredi originali, se si trova qualche miliardario americano, magari potremmo anche venderlo!”.
Mentre chiacchierava si diresse verso l’enorme portone e lo aprì. Juliette non aveva ancora pronunciato parola, era talmente stupita di tutto quello che le stava accadendo che seguì i due come un automa. La ragazza riconobbe il salone, e soprattutto la grande scala di marmo che portava al piano superiore: si guardava intorno sussurrando: “Sono proprio stata qui”.
“Come dice?”, chiese il giovane rivolgendosi a lei e, mentre si voltava Juliette fu colpita dai suoi occhi azzurri. “Gerard…”, il nome le sfuggì dalle labbra senza che lo volesse.
“Vedo con piacere che è al corrente della storia della mia famiglia”, disse Jacques divertito, “infatti Gerard era il principe di questo castello, un personaggio romantico e infelice, morì in duello per salvare l’onore della sua innamorata…vede quel ritratto?…è la principessa Charlotte, la dama per la quale perse la vita…Sa che le rassomiglia?”, concluse scrutando interessato il viso di Juliette.
La ragazza si toccò le guance fredde, la donna del ritratto indossava lo stesso vestito che lei portava al ballo del castello e, al dito di Jaques vide brillare un anello uguale a quello  che Gerard le aveva donato.

 E l’atmosfera magica di quella notte di mistero ritornò quando lui, offrendole il braccio le disse: “Vieni con me!”
 Salirono lo scalone guardandosi negli occhi sotto lo sguardo stupefatto di Arianna.



  FINE 

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