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domenica 21 maggio 2017

IL FASCINO DI GISELLE





"Ti aspetto nel pomeriggio...l'indirizzo te lo ricordi?", disse Leonardo mentre si infilava il casco e metteva in moto il motorino. Tommaso annuì.
"Tranquillo...sarò puntuale", rispose con un cenno di saluto. I due ragazzi se ne andarono per strade diverse. Erano compagni d'università e frequentavano la stessa facoltà , si erano conosciuti quando erano in fila per iscriversi al primo anno d'ingegneria meccanica, avevano subito simpatizzato e, quel giorno si erano accordati per studiare insieme in vista della imminente sessione d'esami.
Alle sedici, come avevano pattuito, Tommaso suonò alla porta della casa dell'amico. Venne ad aprire una giovane donna in tuta bianca, i capelli biondi spettinati le cadevano sulle spalle dandole un'aria sbarazzina, aveva un viso dai lineamenti minuti, cosparso di qualche efelide. Si asciugò le mani sporche di colore con un panno e  alzò su di lui gli occhi celesti, chiari e trasparenti come l'acqua:
"Sei Tommaso?"; domandò gentilmente, "Io sono Giselle...entra, Leo ti aspetta". Si fece da parte e lo lasciò passare.
 Il ragazzo passandole accanto la sovrastò di parecchi centimetri con la sua alta statura, rimase qualche secondo impacciato .
"Vai in fondo al corridoio, l'ultima camera a destra", disse ancora lei, "scusa se non ti accompagno, ma sto finendo un lavoro...poi vi porto qualcosa da mettere sotto i denti".
Tommaso ringraziò e raggiunse l'amico in camera:
"Simpatica tua sorella...e anche molto carina!", disse appena entrato.
"Vorrai dire mia madre.... Ogni volta è la stessa storia...non sei il solo ad essere caduto nell'equivoco", rispose Leonardo divertito.
"Non ci posso credere...!", esclamò stupito l'altro.
"Quando sono nato aveva appena diciotto anni... adesso ne ha quarantadue e li porta bene...però, anche se sembra una ragazzina è sempre mia mamma", affermò Leo sorridendo, "ma...adesso bando alle chiacchiere e cominciamo a studiare".
"Hai ragione", rispose  Tommaso poco convinto, "buttiamoci sui libri...".
I due giovani si immersero nei calcoli matematici e si fermarono solo quando sentirono bussare alla porta:
"E' ora di fare una pausa...Volete una tazza di tè e qualche biscotto?".
 Giselle entrò portando un vassoio con le tazze e i pasticcini.  Mentre Tommaso stava sorseggiando la bevanda calda non riusciva a staccare gli occhi dalla madre dell'amico che si era seduta sul letto per prendere il tè con loro: l'affascinava come si muoveva, come parlava, con l'erre leggermente arrotata dei francesi.
"Non è italiana, vero?", chiese infine dopo aver riflettuto se chiedere o no.
"Chi...io?", rispose lei , "sono parigina...però da quando  mi sono sposata sono rimasta in Italia...ma dammi pure del tu, con gli amici di Leo sono abituata così", propose sorridendo.
"Va bene...spero di riuscirci", scherzò Tommaso.
"Grazie,  adesso la merenda è finita...dobbiamo continuare...altrimenti possiamo dare addio all'esame!", si intromise Leo: aprì la porta e accompagnò la mamma nel corridoio.
 Però Tom da quel momento seguì distrattamente l'amico che continuava imperterrito a studiare, il suo pensiero tornava agli occhi chiari e al sorriso di quella donna che avrebbe potuto essergli madre, ma che l'aveva colpito più di qualunque ragazza che aveva conosciuto fino a quel momento.
Quando si congedò, era molto impacciato:
 "Allora ciao...", disse a Giselle che lo stava salutando.
"Quando torni?"; chiese lei mostrando in un sorriso accattivante i denti piccoli e regolari.
"Presto", rispose il giovane sempre più a disagio.
Uscì in strada con sollievo: quel pomeriggio era stato pesante, non avrebbe voluto provare nessuna delle emozioni che l'avevano sorpreso, era consapevole che stava lasciandosi sopraffare da qualcosa che mai avrebbe avuto un seguito, però era incapace di sottrarsi ai pensieri che gli ritornavano in  mente... Lei incarnava la donna che aveva sempre sognato: così bionda e fragile, effervescente,... aveva quel qualcosa di speciale, una grazia particolare  che l'aveva colpito fin dal primo momento che l'aveva vista. "Che stupido sono", si disse, "devo smettere di farmi delle paranoie per questa cosa...ha vent'anni più di me...ed è la madre del mio migliore amico....devo essere impazzito!".
 Si ripromise di togliersi dalla testa  gli strani pensieri e ritornò ancora a studiare da Leonardo, chiamò a raccolta tutto il suo self- control per non lasciarsi coinvolgere dal sentimento...ma  un giorno, la porta dello studio era aperta e vide Giselle che stava dipingendo, si fermò ad ammirarla in silenzio: lei era controluce davanti alla tela , un raggio debole entrando dalla finestra e, passando fra i suoi capelli li faceva brillare come l'oro. Lei si voltò e lo vide:
"Cosa fai lì impalato?"; gli chiese.
Tommaso sussultò e non seppe rispondere, quegli occhi lucenti che lo guardavano gli rimescolarono il sangue.
"Non devo venire più", pensò, "sto facendomi solo del male...". Giselle smise di lavorare e si avvicinò:
"Vieni avanti, sto finendo questo quadro, ti piace?", gli chiese
"Non sapevo che dipingessi", rispose lui avvicinandosi. Rimase fermo davanti al dipinto raffigurante un tramonto sul mare e in cui l'esplosione dei colori contrastanti trasmetteva la vitalità dell'artista.
"Si vede che l'hai fatto tu", disse il ragazzo.
"Perché?", chiese lei curiosa.
"E' esuberante e frizzante come te...", mormorò Tom fissandola in viso.
In quel breve  momento aleggiò nell'aria qualcosa di magico, il gioco degli sguardi si fece più intenso, la vicinanza turbò i loro sensi. Anche Giselle fu catturata da un'ineluttabile attrazione verso il ragazzo che stava guardandola in modo troppo evidente per non capire che la desiderava. Aveva già notato in altre occasioni che Tom l'osservava in quella maniera particolare in cui un uomo guarda una donna che gli piace...e, da parte sua si era scoperta a pensare a lui non come all'amico di suo figlio...ma lo vedeva talvolta accanto a sé nelle sue fantasie amorose. Sentiva in lui il profumo della giovinezza: il fisico atletico, il viso ancora acerbo, i capelli neri, quasi corvini, folti ed ispidi, tutto le faceva tenerezza e l'attraeva ...Si scosse e uscì precipitosamente dalla stanza lasciando Tommaso turbato davanti al quadro: ognuno di loro stava combattendo una battaglia feroce per non lasciarsi andare a un sentimento  che li stava travolgendo. Era un amore sbagliato, senza speranza, ma l'attrazione che c'era fra di loro era più forte di qualsiasi proposito: nella breve vita di Tommaso nessuna aveva suscitato in lui tanto interesse, il fascino che emanava da Giselle l'aveva completamente conquistato, e lei, ritrovava in lui la freschezza di  un amore appena sbocciato ...si vergognava dei pensieri segreti, ma ritornavano sempre come un'ossessione...
Il ragazzo decise di non frequentare più la casa di Leonardo, con una scusa qualsiasi gli disse che non poteva continuare a studiare con lui , così non sarebbe più caduto in tentazione....ma le notti erano diventate bianche, non riusciva a prendere sonno. Cercò di distrarsi frequentando altre ragazze, purtroppo tutte gli sembravano prive di qualsiasi attrattiva, aveva negli occhi e nella mente soltanto il viso di Giselle, i suoi occhi luminosi, i suoi modi e la sua straordinaria e inconfondibile erre moscia...
Per fortuna l'esame di analisi matematica andò bene, Leonardo decise di festeggiare e invitò Tommaso nella casa al mare.
 "Saremo soli?"; s'informò subito Tommaso.
"Ho invitato anche Fabrizio e Giovanni...se fa bel tempo potremo andare in motoscafo...poi là conosco qualche ragazza e di sera ce ne possiamo andare in discoteca".
"Ma...i tuoi non ci sono, vero?", chiese ancora cautamente Tom.
"Cosa ti viene in mente....certo che non ci sono!", esclamò Leonardo guardandolo sorpreso.
I quattro amici partirono sull'auto di Leonardo, era una bella giornata autunnale, e i ragazzi erano contenti di andarsene a respirare un po' d'aria pulita dopo aver passato tante giornate sui libri.
La vettura correva veloce, fin troppo veloce, infatti uno dei tre ad un certo punto, visto che il guidatore pigiava sull'acceleratore l'invitò a moderare la velocità.
"Vai piano...attento alla curva!", urlò Fabrizio.
Non fece in tempo a finire la frase che l'auto sbandò e andò a picchiare contro il guard-rail , rimbalzò, girò su se stessa e si fracassò, con un rumore infernale, sul ferro della balaustra. Dalle lamiere contorte uscivano le grida dei ragazzi, qualcuno si fermò e chiamò l’ambulanza. Dei quattro passeggeri solo Tommaso era uscito indenne dall'incidente:  gli altri, per fortuna, se l'erano cavata con fratture varie e qualche ferita superficiale.
 Nell'ospedale dove erano stati ricoverati arrivò dopo poche ore Giselle, pallida e trafelata s'incontrò al pronto soccorso con Tommaso.
Il primo impulso di Tom fu di tenersela stretta sul suo petto. I segni scuri sotto gli occhi, il viso tirato, sul quale si leggeva la preoccupazione gli diedero una stretta al cuore:
"Leonardo sta bene...fra pochi giorni sarà a casa. Possiamo dire di essere stati miracolati...poteva succedere il peggio", si affrettò a consolarla per non vederla in quello stato.
Lei gli rivolse un debole sorriso e si buttò fra le sue braccia:
"Portami subito da lui, voglio vederlo...", mormorò distrutta.
"Tuo marito non è con te?", domandò Tommaso.
"E' all'estero per lavoro....tornerà fra una settimana", rispose Giselle guardandolo in viso, i loro sguardi s'incrociarono come se avessero pensato la stessa cosa. Però dalle loro labbra non uscì una parola...Restarono in ospedale fino alla sera al capezzale di Leonardo immobilizzato da una gamba ingessata.
"Io posso tornarmene in città", disse Tommaso mentre si stavano avviando verso l'uscita. Giselle non rispose, rimase in silenzio per qualche secondo poi, senza guardare in faccia il ragazzo, sussurrò:
"Forse è la cosa migliore". Continuarono a camminare senza rivolgersi la parola . Arrivati al parcheggio dove la donna aveva messo l'auto, lei si voltò:
"Ritorni  in treno? Andiamo a Chiavari e ti accompagno alla stazione",  propose.
Tommaso annuì ed entrò in vettura. Uno vicino all'altra, nello stretto spazio dell'abitacolo si muovevano cautamente per non avere l'occasione di toccarsi, rigidi e muti trascorsero il tempo del percorso con la paura di lasciare trasparire l'emozione che c'era dentro di loro.
Giselle si fermò davanti alla stazione ferroviaria, Tommaso scese, s'incamminò imponendosi di non voltarsi, ma fatti pochi passi tornò indietro correndo:
"Non ce la faccio...devo parlarti", aprì la portiera e si sedette di nuovo accanto a Giselle.
Stava per cominciare quando lei lo bloccò:
"Non dirmi niente....ho capito...", si fermò non sapendo come proseguire. Il ragazzo rimase in attesa, trepidante.
Lei si passò una mano sugli occhi arrossati, un lungo respiro uscì dalle labbra:
"So come ti senti dentro...anch'io sto provando la stessa cosa e...non so come fare", la sua mano si posò sui capelli neri di Tommaso in una lunga carezza, "è qualcosa che si è scatenato dentro di me e...me ne vergogno, ma la passione è più forte di qualsiasi altro sentimento. In vita mia non l'ho mai provata e ho sempre pensato che fosse il frutto della fantasia degli scrittori, ma devo ricredermi: esiste e ci sto dentro fino al collo...  L'amore per mio marito è una cosa diversa col tempo si è tramutato in affetto, quello che provo per te è un fuoco che mi brucia dentro.  Ho fatto tanti buoni propositi,  sono troppi gli anni che ci dividono....se l'amico di mio figlio!  Sono andata in crisi e avevo messo in dubbio anche la mia onestà: non era possibile che una donna si innamorasse di un ragazzo che aveva vent'anni meno di lei...Però mi tornavi sempre in mente e avrei voluto baciarti, stringerti come un'amante appassionata., ho avuto vergogna di me stessa e quando mi sono accorta che mi guardavi in un certo modo, ho cercato di dare un taglio netto a questo sentimento che mi stava sconvolgendo la vita, non vedendoti più ce l'avevo quasi fatta...ma oggi sei qui, vicino a me...". Tommaso si avvicinò ancor di più:
"Adesso taci...", le sussurrò sulla bocca, un lungo bacio mise fine a tutte le parole...Poi, nella casa a picco sul mare il rumore incessante della risacca cullò la loro notte d'amore.
Il mattino dopo Giselle si svegliò, si stirò fra le lenzuola e allungò una mano dall'altra parte del letto: il posto vicino a lei era vuoto, sul cuscino un biglietto. " Vado a prendere quel treno che non ho preso ieri sera.  E' giusto così. Addio Giselle, non potrò mai dimenticarti, questa notte l'ho passata in paradiso.  Tommaso".
Una lacrima scese lentamente sulle guance della donna, "Addio Tom", mormorò, "hai ragione tu...ci siamo incontrati negli anni sbagliati".
Non si videro più, ma nel loro cuore rimase per sempre il ricordo di quella passione vissuta soltanto una notte ma che sarebbe potuta diventare  un grande amore.
                                                                                                                                            FINE













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