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venerdì 8 maggio 2015

IL RITRATTO DI NORA


 

sul marciapiede pieno di gente, che a quell’ora aveva fretta di arrivare a casa, una ragazza, spettinata e infagottata in un giubbotto trapuntato, importunava i passanti chiedendo con voce fastidiosa: “Un euro…per favore, ho fame…”. Qualcuno si fermava a rovistare nel borsellino, qualcun altro la guardava con aria di disprezzo; Luca si sentì tirare per la manica:

 “Un euro..”., piagnucolò lei.

 Il giovane si fermò e la guardò: sotto la zazzera incolta luccicavano gli occhi neri. Con uno strattone si liberò dalla presa: “Aspetta, tieni”, disse poi allungandole una banconota. Lei sorrise:

 “Sei generoso…grazie”, disse intascando velocemente il denaro e rivolgendogli uno sguardo riconoscente; fece per allontanarsi ma lui la trattenne:

 “ Sei affamata o chiedi l’elemosina per qualche altra ragione?”, chiese sarcastico.

 Sul viso della ragazza passò un’ombra:

Sono affari miei…”, rispose con malgarbo.

Luca la osservò meglio: era alta, con un fisico esile, i lineamenti marcati dalla bocca carnosa e dal naso importante, i capelli ramati contrastavano con gli occhi neri, vivaci, carichi d’espressione.

“Se vuoi ti posso offrire un cappuccino al bar”, propose dopo qualche attimo di silenzio, “e magari anche una brioche”. Senza nemmeno perdere un istante lei accettò:

 “Andiamo”, disse avviandosi verso il locale più vicino. Entrarono e la ragazza si diresse decisa a un tavolino:

 “Allora…già che ci sei ordina un panino”, affermò scostando la sedia ed accomodandosi.

Luca sorrise: “Avevi proprio fame….. Come ti chiami?”, chiese sedendosi di fronte a lei.

“Nora…e tu?”.

“…Luca, ma ora che abbiamo fatto le presentazioni puoi anche cominciare…”,; la giovane donna non se lo fece ripetere due volte, addentò con ingordigia il paanin o al prosciutto che il cameriere aveva appena portato e si riempì la bocca a tal punto che fece fatica a deglutire.

“Un bicchier d’acqua….”, riuscì a farfugliare strabuzzando gli occhi. Luca si alzò e andò al banco a prenderle qualcosa da bere, lei, sull’orlo del soffocamento, ingollò la bevanda poi si pulì la bocca con la manica del giubbotto. Vista da vicino faceva tenerezza, le guance si erano arrossate e gli occhi avevano perso l’aria smarrita di quando era sulla strada. La domanda che Luca voleva farle gli bruciava sulla bocca…, aspettò che finisse di mangiare:
“Come mai ti sei ridotta così?”.

Nora non rispose subito, si accomodò meglio sulla sedia poi lo guardò fisso:

“Ho perso il lavoro e …dovrò pur vivere, no?”.

“Non hai una famiglia?”, chiese ancora lui.

“Sono orfana…sola al mondo, ti basta?”, ribatté lei.

“…e una casa ce l’hai?”.

“Quante cose vuoi sapere…sì, ho un monolocale in periferia”.

Luca era incuriosito da quella strana ragazza che sembrava così fragile e che aveva scelto di fare una vita così dura.  “Cosa facevi prima?”, continuò testardo.

“Prima di fare la barbona?”, disse lei con un sorrisetto ironico, “ero segretaria in una ditta che è andata in malora e ha chiuso i battenti sbattendoci tutti per strada”, concluse amaramente.

“Se vuoi posso aiutarti…sono un pittore, magari potresti farmi da modella…”, propose lui.

Nora gli lanciò uno sguardo prima di rispondere:

“Grazie, non mi fido…devo spogliarmi suppongo, non ci sto, ho avuto tante bidonate che non ascolto più nessuno! Mi arrangio da sola… ”, disse . Poi, cambiando improvvisamente tono: “Che ne diresti di offrirmi anche un caffè”.

“Vada per il caffè ma…”, rispose lui sconcertato, “se hai deciso di vivere in quel modo,  sono affari tuoi. Comunque, se ci ripensi questo è l’indirizzo del mio studio, ti assicuro che con me puoi stare tranquilla…ti volevo fare soltanto il ritratto e…non ho intenzione di violentarti se è questo che pensi”.

Lei non disse niente, mise in tasca il biglietto da visita, aspettò il caffè e lo portò alla bocca con le due mani fissando Luca negli occhi. Un giovane, nel tavolo accanto li stava osservando fin da quando erano entrati. Nora si voltò verso di lui, incrociò il suo sguardo, poi si rigirò immediatamente:
“Lo conosci” chiese Luca incuriosito.

“No…ma che importa, è un bel ragazzo, un’occhiata si può dare…che ne dici?”, scherzò la ragazza.

“Certo”, rispose Luca, leggermente seccato, “ma…ora che ti sei sfamata, io devo andare”, decise guardando l’orologio.

Nora si alzò: “Grazie di tutto e…arrivederci, forse”.

 Mise le mani nelle tasche, si strinse addosso il giubbotto troppo largo e uscì in strada seguita dallo sguardo di Luca. Poco dopo anche lui si alzò scuotendo la testa, uscì e si mise in attesa alla fermata del tram per andare a casa.

 Luca Gervasi, trentadue anni, abitava da solo in un piccolo appartamento al quarto piano di una casa di ringhiera sui Navigli, una di quelle case rimaste a testimoniare la Milano di una volta, ma che ora fanno parte di un quartiere di moda dove vivono artisti, studenti, per lo più giovani single che si arrangiano da soli.  La casa non era grande, due locali  e un piccolo studio dove regnava perennemente la confusione più totale: i quadri alle pareti e ammonticchiati per terra non si contavano, dappertutto c’erano colori e pennelli; la tavolozza era appoggiata su un trespolo, e una tela sul cavalletto aspettava di essere terminata…Qui ci passava interi pomeriggi a dipingere senza stancarsi. Si era specializzato in ritratti femminili; nelle poche mostre che aveva fatto i critici erano stati concordi nel giudicarlo un artista di un certo valore.. Purtroppo con i quadri  venduti non riusciva a mantenersi e aveva dovuto cercarsi un altro lavoro: faceva il grafico in un’agenzia pubblicitaria e ci si trovava bene ma il tempo libero lo dedicava alla sua passione: dipingere. Sentimentalmente stava vivendo una relazione burrascosa con Clelia, una donna interessante, con un viso volitivo con gli occhi chiari, trasparenti. Era molto curata nel vestire: raffinata nei particolari  riusciva ad essere sempre perfetta nonostante che la sua professione di medico le lasciasse  poco tempo a disposizione. Purtroppo tra tutti questi pregi c’era un solo difetto: la gelosia. Il suo carattere impetuoso la portava a scenate, la maggior parte ingiustificate, che Luca subiva con rassegnazione. Solo uno sguardo, una parola di troppo, un ritardo dal lavoro o a un appuntamento mancato potevano scatenare la sua ossessione. Molte volte Luca era stato sul punto di troncare...poi per pigrizia e soprattutto per paura di rimanere solo, non l’aveva fatto.

 Quella sera rientrando sentì dentro di sé un’inquietudine: la strana circostanza che l’aveva portato a conoscere Nora lo faceva riflettere; quella ragazza spettinata e malvestita aveva un viso dall’espressione intensa e aggressiva, che gli era rimasto impresso. Gli sarebbe piaciuto mettere sulla tela ciò che aveva provato guardandola. Si aggirava per la casa e, pensando a lei, provava un sentimento misto di rabbia e compassione: elemosinare qualche euro per strada voleva dire  essere arrivata proprio in fondo al baratro. Il suo primo impulso era stato quello di aiutarla, ma davanti al suo rifiuto aveva fatto marcia indietro, sicuramente la pietà non era di suo gradimento. “Peccato, finire così”, si disse, “sembra una ragazza in gamba, magari domani la rivedo e...torno alla carica, mi piacerebbe convincerla a posare”. Sempre rimuginando su ciò che gli era successo, si decise a prepararsi qualcosa per la cena. Aprì il frigorifero: due pezzi di formaggio quasi ammuffito, qualche uovo e una bottiglia di latte adagiati sugli scaffali avevano un’aria così triste che lo misero di malumore.

“Al diavolo...questa sera non mi va di mangiare in casa”, esclamò sbattendo la porta del frigo.

In quel momento squillò il telefono: era Clelia.

“Amore, come stai? Cosa hai fatto oggi?…ci vediamo stasera?”.

Una serie di domande sparate una dopo l’altra senza nemmeno prendere fiato. Così era fatta Clelia.

Luca, vista la situazione tragica del frigo vuoto, disse subito di sì.

“Andiamo fuori a mangiare….preparati, vengo a prenderti fra dieci minuti”.

“Dammi il tempo di ripristinarmi…ho avuto una giornata faticosa. A proposito, hai fatto tardi anche tu…ti ho telefonato mezz’ora fa e non eri ancora a casa”, nella voce di Clelia c’era quell’intonazione dubbiosa che lui ben conosceva.

“Sì”, rispose seccato, ”sono rimasto a finire un progetto”.

Riattaccò appoggiando il ricevitore con forza. “Ci risiamo, sono stufo delle sue insinuazione…”, brontolò.

Si rivestì e uscì in fretta. Portò Clelia in un ristorante nei pressi di via Solferino frequentato di solito da giornalisti, artisti di teatro, televisione o cinema, uno di quei ristoranti con la parete dietro la cassa tappezzata da ritratti con dedica. Mangiarono quasi in silenzio. Le linguine all’astice erano ottime, anche la tagliata di pesce spada sapeva di mare tanto era fresca, ma Luca non era di buonumore.

“A cosa stai pensando?”, chiese infine Clelia vedendolo assorto. 

Lui si scosse: “Assolutamente a nulla”, mentì, “ho solo un leggero mal di testa”. In verità non riusciva a togliersi dalla mente il viso di quella ragazza mentre addentava il panino.

“Ho capito…è una serata no…paghiamo e andiamocene, vedo che la mia compagnia ti annoia”, disse stizzita la donna facendo l’atto di alzarsi.

“Non fare così, questa sera non sono in forma, devi scusarmi….”. Lei non replicò, ma lo guardò male.

Dopo il caffè si alzarono dal tavolo, Luca si girò verso l’ingresso e credette di avere le traveggole: una coppia stava uscendo in quel momento e la donna vista di profilo gli ricordò Nora, ma non poteva essere lei, questa era elegante e ben truccata; l’uomo che l’accompagnava era di spalle. Si diede dell’imbecille: “Cosa mi sta succedendo?”, pensò, “ la vedo dappertutto”.

Clelia si accorse del suo cambiamento: “ Cosa fai con gli occhi sbarrati, hai visto un fantasma?”, l’apostrofò.

“Andiamo…si è fatto tardi”, rispose il giovane nervoso, si affrettò a pagare per uscire al più presto.

Clelia lo seguì sempre più sorpresa, quando furono fuori Luca si guardò intorno, ma la coppia era sparita: solo qualche passante frettoloso se ne andava per i fatti suoi. Si convinse perciò che quella non poteva essere Nora.

 

                                                                                                                           (continua)

 

 

 

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