Il giorno
dopo, alla stessa ora, volle passare ancora sul
marciapiede dove l’aveva incontrata, si fermò a scrutare fra la gente,
ripercorse il tratto davanti al bar, ma di lei nessuna traccia.
“Basta”,
pensò, “ sta diventando un’ossessione, devo
smetterla di preoccuparmi per una che nemmeno conosco”. Ma quel breve incontro l’aveva stregato,
tanto è vero che quasi senza accorgersene tentò diverse volte di disegnare i
tratti di Nora, puntualmente stracciava ciò che aveva fatto perché non corrispondeva
a quello che aveva dentro, ciò che la sua matita metteva sulla carta non era il
suo viso, mancava quello che era più importante: l’anima. Il cestino era colmo
di carta, si intestardiva a ripetere gli
stessi tratti invano, quella che appariva a disegno terminato non era Nora.
Passò una
settimana, durante la quale sperò sempre di incontrarla, la strada che doveva fare per tornare a casa
era sempre la stessa e una sera, in compagnia di un collega, entrò in quel bar per prendere un drink. Entrarono e si
fermarono davanti al banco, Luca cominciò a mangiucchiare qualche salatino
aspettando che il barman servisse l’aperitivo della casa, quando per poco lo
stuzzichino non gli andò di traverso: in un tavolo seminascosto dietro una
colonna in fondo al locale, c’era lei, Nora, in compagnia di un uomo. Questa volta non poteva sbagliarsi, aveva lo
stesso giubbotto sgualcito e gli stessi scarponcini marrone. “Scusa un
momento”, disse all’amico che lo osservò stupito. Fece per dirigersi verso i
due che stavano parlando fittamente, ma si fermò, che diritto aveva di
interromperli? Solo perché le aveva
offerto qualcosa da mangiare non poteva considerarsi suo amico…, mentre
ritornava al banco si sentì chiamare: “Ehi, Luca…non ti ricordi di me?”. Nora
si era avvicinata, dalla sua espressione si capiva che era contenta di
rivederlo. Lui rimase un attimo senza parole: “Certo che mi ricordo di te”,
disse poi, “anzi ti ho cercata in questi giorni…”. Nora gli mise una mano sul braccio: “ Ero in
un’altra zona. Tu sei stato gentile, non potevo scordarmelo…”, dal suo sorriso
si capiva che stava dicendo il vero.
“Vorrei
aiutarti ancora”, replicò Luca , “ma forse hai trovato chi si occupa di te”,
aggiunse accennando al ragazzo seduto al tavolo che li stava osservando in
silenzio.
“Oh…no,
quello è un amico, è un poveraccio…come me. Mi fa solo compagnia nei momenti di
crisi”.
“Comunque
ti rinnovo la proposta se hai bisogno di guadagnare senza dover mendicare…ti
aspetto nel mio atelier per un ritratto. Ti posso dare solo cinquanta euro a
seduta”.
Nora gli
lanciò un’occhiata dubbiosa: “Mi devo fidare?…Certo che quei soldi mi farebbero
comodo, risolverei qualche piccolo problema che mi assilla …quante sedute
sarebbero ?”, chiese interessata.
“Almeno
una decina”, rispose lui, “forse di più…”, proseguì per invogliarla. Aveva
capito che ce l’avrebbe fatta a mettere sulla tela quel viso che l’aveva
perseguitato per tutto quel tempo.
La ragazza
non rispose subito: “Lasciami pensare”, disse poi.
“Aspetto
qui…non mi muovo”, scherzò Luca sperando di avere una risposta affermativa.
“E va
bene”, si decise a rispondere Nora dopo qualche secondo di silenzio, “però mi
devi dare ancora il tuo biglietto…l’altro l’ho perso”, confessò candidamente.
Lui trasse
di tasca il cartoncino e glielo diede: “Non mancare…mi raccomando”, disse
contento di aver portato in porto la trattativa.
Intanto il
ragazzo seduto ancora al tavolo li osservava, si alzò e li raggiunse; Luca si
accorse che il suo viso non gli era nuovo. Aggrottò la fronte guardandolo: sì
era quello che Nora aveva guardato quella sera perché era un bel ragazzo. La
cosa non gli fece molto piacere: voleva dire che si erano conosciuti e che
forse era nato qualcosa di più oltre l’amicizia…ma cosa poteva dire? Niente,
non aveva nessuna voce in capitolo… L’aveva vicino e lo osservò meglio: era un
ragazzo sui venticinque anni, bruno, con la pelle scura e i capelli corvini,
gradevole di aspetto. Nora fece le
presentazioni con disinvoltura:
“Lui si chiama Pablo…è brasiliano”, disse rivolgendosi a Luca , “e lui è Luca e fa il pittore”, concluse voltandosi verso il nuovo venuto.
“Lui si chiama Pablo…è brasiliano”, disse rivolgendosi a Luca , “e lui è Luca e fa il pittore”, concluse voltandosi verso il nuovo venuto.
I due
uomini si strinsero la mano con un certo sospetto, si stavano squadrando
valutando se potevano fidarsi l’uno dell’altro.
“Lei
dipinge?, chiese Pablo. Senza aspettare risposta proseguì: “In Brasile ero
fotografo…mi piacerebbe continuare, ma qui in Italia non ho trovato nessuna
possibilità di lavoro”, disse con l’accento particolare dei brasiliani che
strascicano le parole chiudendo le
finali con un suono leggermente gutturale.
“Sai…lui
adesso non fa niente…” lo interruppe Nora guardando Luca con intenzione.
“ Io non
posso aiutare tutti…non sono un’agenzia di collocamento”, tagliò corto lui.
Il collega
di Luca era esterrefatto: non avrebbe mai pensato che Gervasi avesse delle
conoscenze di quel tipo; scosse la testa osservando la giovane spettinata e
malvestita che chiacchierava amichevolmente con lui…e chi era quel tipo poco
raccomandabile che si era aggiunto alla compagnia? Tirò per la manica l’amico :” Dai…vieni…andiamo”, lo pregò .
Infastidito
dalle chiacchiere di Pablo, Luca salutò
non senza prima aver ricordato a Nora la sua promessa.
“Come fai
a mischiarti con certa gente”, gli disse l’amico non appena furono fuori.
“E’ una
storia che non puoi capire”, rispose Luca sopra pensiero.
Infatti non riusciva a capirlo nemmeno lui.
L’ostinazione a voler a tutti i costi ritrarre Nora era una specie di chiodo
fisso che lo tormentava fin da quando l’aveva incontrata. Qualche volta si
sentiva in colpa nei confronti di Clelia perché nella sua mente c’era
l’immagine di un’altra donna, però non si opponeva al nuovo sentimento entrato
in lui suo malgrado. Il rapporto con la sua fidanzata andava avanti da tanto
tempo e il matrimonio avrebbe dovuto
essere la conclusione più logica, ma c’erano dei momenti in cui Luca si sentiva
oppresso dalla sua gelosia e allora gli veniva difficile pensare di legarsi
definitivamente. Era stanco e voleva
riposare: si fermò in rosticceria a prendere qualcosa da mettere sotto i denti,
poi passando davanti ad una videoteca entrò e affittò una cassetta per
concludere la serata con un bel film.
Aprì finalmente la porta dell’appartamento e si sdraiò nel divanetto del
salotto, con gli occhi chiusi, voleva cercare di non pensare a niente. Dopo il
relax si preparò la tavola e si sedette a mangiare il pollo arrosto con patate
che si era comprato. Aveva appena finito quando un pensiero gli attraversò il
cervello: “Clelia!”. Si ricordò improvvisamente che le aveva promesso di andare
al cinema . Tentò di cercare una scusa per non uscire, ma non fece in tempo
nemmeno ad escogitarne una valida che il telefono squillò: la voce stridula
delle sua fidanzata gli perforò un timpano. “E’ già mezz’ora che aspetto…ti
vuoi sbrigare, sono già vestita …muoviti”.
Non c’era
niente da fare, bisognava andare. Controvoglia andò fuori.
Sdraiato
nella poltroncina di velluto rosso Luca guardava il film che doveva essere di
genere brillante, ma non si divertiva.
“Cos’hai stasera?”, gli chiese Clelia
polemica, sei rigido come un baccalà. Non ti piace?”.
“E’
carino… ma scusami, sono distrutto”.
“Potevi
dirmelo, saremmo rimasti a casa”, ribatté lei più conciliante.
In realtà
Luca, che sperava andando al cinema di scacciare dalla mente i pensieri, si era
accorto che Julia Roberts, la protagonista, gli ricordava Nora: la bocca grande
e carnosa che si scopriva in un sorriso particolare, il viso dall’ovale
allungato… ed era ritornato nell’intrigo di sentimenti che lo torturavano da
quando l’aveva incontrata. Si pentì: Clelia non c’entrava con ciò che stava
passando per la sua testa e, per il resto della sera cercò di essere carino con
lei. Quando finì lo spettacolo, le propose di andare a bere qualcosa, entrarono
in un locale ancora aperto e scelsero un tavolo appartato. Più avanti una donna
vestita di nero, con le spalle scoperte, seduta in compagnia di una ragazza
bionda, gli fece battere il cuore: sembrava proprio Nora. “Sono impazzito”, si
disse, non è possibile continuare così. Clelia si accorse del suo turbamento.
“Andiamo via”, propose, “sei stanco…ci vedremo con più calma domani”. Per Luca
fu una liberazione andarsene a casa, era completamente disorientato, aveva
bisogno di dormire.
Dopo
qualche giorno, trascorso sempre nella speranza di rivedere Nora, una sera
sentì suonare alla porta……e sulla soglia
c’era lei. Luca la guardò e non riuscì a
dire niente:
“Non mi fai entrare?”, disse la ragazza sorridendo.
“Non mi fai entrare?”, disse la ragazza sorridendo.
Lui si
scostò di scatto: “Certo…vieni…non ci posso credere!”
Nora si
guardò intorno: “E’ carino qui”, affermò, “abiti da solo?”.
“Per ora sì”,
rispose lui evasivo.
“Che vuoi
dire per ora….stai per sposarti?”, lo interrogò Nora curiosa.
“Non
adesso…ma forse un bel giorno mi deciderò anche a quello, attualmente ho
soltanto una relazione. Ma non parliamo di me,
parliamo piuttosto di te…come stai?”.
“Non
vedi?, benissimo…anzi mi sono anche messa elegante per te”, rispose lei
pavoneggiandosi nella giacca rossa.
“Sei molto
più carina…vuoi bere qualcosa?”, domandò Luca impacciato.
“No…cominciamo
subito, se non ti dispiace”.
Uno
squillo del campanello d’entrata li interruppe. “Speriamo non sia Clelia”,
pensò Luca impallidendo.
Andò ad
aprire, con sua sorpresa dietro la porta c’era Pablo. “Che ci fai tu qui?”,
chiese subito Luca innervosito. Si voltò verso Nora per avere una spiegazione:
“Non te la
prendere…non so come dirtelo ma…è venuto ad accompagnarmi e… proteggermi in
caso ce ne fosse bisogno. Al giorno d’oggi è difficile fidarsi di qualcuno…in
fin dei conti non ti conosco, ci siamo visti solo due volte per strada”, disse
la ragazza a disagio.
Luca non
replicò, cercò di capire lo stato d’animo di Nora, forse aveva ragione, e a
malincuore fece entrare Pablo. In fin dei conti gli importava solo fare il
ritratto a Nora. Si trasferirono nel piccolo studio, il brasiliano osservava
tutto con curiosità:
“Sei
bravo”, esclamò dopo aver passato in rassegna i quadri appesi al muro e
qualcuno di quelli ammonticchiati per terra.
“Grazie”,
rispose Luca freddo, “ma ora vorrei cominciare, se non vi dispiace… avrei
bisogno che Nora si mettesse seduta su quello sgabello e … tu”, continuò
rivolto al ragazzo, “se vuoi fermarti a guardare, stai fermo…e non toccare
niente
Pablo
intimidito, si cercò un posto su una panca ricolma di scatole di colore.
Luca fece
sedere Nora vicino alla finestra, le prese il viso fra le mani studiò con
attenzione il taglio degli occhi leggermente allungati, gli zigomi un po’ alti,
il naso deciso che dava personalità alla faccia dall’espressione altera…e la
bocca, quella bocca che l’aveva affascinato al primo incontro tanto che non
poté fare a meno di passarle le dita sulle labbra carnose. La ragazza si
ritrasse.
“Stai
tranquilla”, la rassicurò, “sto solo rendendomi conto di ciò che dovrò
fare…rilassati”.
Socchiudendosi
gli occhi la scrutò:
“Come ti
sei pettinata?”, disse accorgendosi che Nora aveva raccolto i capelli dietro la
nuca.
“Ho
cercato di rendermi presentabile”, rispose lei risentita.
“No…così
non va…ti voglio con la chioma sciolta”, le tolse la forcina che tratteneva il
chignon e la massa ramata dei capelli cadde sulle spalle.
“Ecco…un
po’ spettinata…così va bene”, disse allontanandosi per vedere l’effetto.
Nora si
mise come voleva Luca che cominciò a lavorare in silenzio: in un primo tempo,
con la matita abbozzò l’ovale del viso e i tratti, poi con pennellate di colore
cominciò a dar vita al quadro.
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