Dipingeva
da molto e non si era accorto che Nora era stanca, si stava muovendo sulla sedia intorpidita per
essere rimasta ferma per tanto tempo.
“Devo ancora
rimanere qui per molto?”; chiese mettendo una mano davanti alla bocca per
trattenere uno sbadiglio.
“Hai
ragione, si è fatto tardi. Peccato, se fosse per me continuerei. In questo
momento sento di avere l’ispirazione giusta, ma capisco che sei affaticata…rimandiamo
a domani”, propose a malincuore.
Infatti da
quando Nora si era messa in posa era stato subito preso da quel viso che l’aveva
interessato e quasi ossessionato in tutti quei giorni, non gli sembrava vero di
poter mettere sulla tela le emozioni che gli aveva suscitato.
Anche Pablo si era alzato: “Per oggi basta”,
mormorò annoiato.
Prima di
uscire Nora gli si avvicinò:
“Puoi darmi i cinquanta euro che mi hai promesso?
Mi farebbero comodo”; domandò arrossendo.
“Certo,
però devi tornare…mi raccomando”, rispose Luca mettendole il denaro in tasca.
La ragazza
si rivolse a Pablo:
“ Hai visto che non succede nulla?... potresti
anche lasciarmi venire sola”.
L’altro la
guardò, diede un’occhiata a Luca e fece un cenno affermativo:
“Va bene… penso che possiamo fidarci”.
Erano già
fuori dalla porta quando Luca richiamò Nora:
“Devi
promettermi una cosa”, le chiese. Lei lo fissò sorpresa:
“Cosa?”, domandò sgranando gli occhi scuri.
“Cosa?”, domandò sgranando gli occhi scuri.
“Durante
questi giorni mi piacerebbe che tu non andassi sul marciapiede a chiedere
soldi…se vuoi posso dartene di più”, fece il cenno di mettersi la mano in
tasca. Lei lo fermò.
“No”,
affermò decisa, “va bene così…mi farò bastare questi, devi credermi”, gli mise
una mano sul braccio per rassicurarlo. Luca sorrise.
“A domani”, mormorò, e chiuse l’uscio.
Poco dopo
arrivò Clelia, il sentimento di tenerezza che lo prese appena la vide,
contrastava con quello che provava quando era con Nora: intrigante, a tal punto
che lo metteva in confusione. Clelia era la
routine, l’altra il mistero: di lei non conosceva nulla e, a parte la
febbre creativa che lo prendeva, avrebbe desiderato saperne qualcosa di più.
Clelia andò dritta in cucina:
“Vuoi che ti prepari qualcosa? Stasera mi
piacerebbe fare una cenetta solo per noi”, disse allacciandosi un grembiule.
Cominciò a
darsi da fare fra i fornelli, apparecchiò con cura la tavola e, mentre
aspettava che l’acqua per la pasta bollisse, andò nell’atelier per curiosare.
“Che
confusione!”, esclamò non appena ebbe messo piede nel piccolo locale, “sei un
gran pasticcione”.
Raccolse
da terra i pennelli, qualche scatola abbandonata da tempo:
“Guarda
che caos…”, brontolò, “ha proprio bisogno di una donna per casa…”. Dopo aver
riordinato quello che poteva, stava per chiudere l’uscio quando si accorse che
c’era qualcosa per terra, sotto lo sgabello. Lo raccolse e le montò il sangue
alla testa: una forcina di tartaruga per capelli. Un’altra donna era stata
lì! “adesso mi sente…”, pensò infuriata.
“Questa
cos’è?”, attaccò passando sotto il naso di Luca l’oggetto incriminato. Lui per
un secondo non rispose. Clelia aveva cambiato espressione, gli occhi chiari
lanciavano lampi:
“Non sai
dirmi niente, vero?”, l’apostrofò con la voce stridula.
“Non è
quello che pensi…”, cominciò cauto, “ho semplicemente fatto venire una modella
perché ho cominciato un nuovo ritratto”, concluse in fretta.
Sapeva che
da lì a poco si sarebbe scatenato il finimondo e infilò la testa fra le spalle
in attesa. Non tardò molto a scoppiare la bufera:
“Chi è?…la
conosco?….perché non me ne hai parlato?”, le domande a raffica arrivavano alle
orecchie di Luca che non aveva nessuna intenzione di rispondere, tanto lei non
avrebbe sentito: era troppo occupata a fare la sua scenata di gelosia. Si
aggirava per la casa urlando e sbattendo per terra quello che trovava sul
suo cammino. Poi andò di corsa nello studio:
“Dov’è questo capolavoro”, gridò strappando lo
straccio che copriva la tela. “E’ questa?”, chiese sarcastica, “dove l’hai
trovata?…desidererei avere una risposta”.
Il poveretto sapeva che se avesse detto che
aveva incontrato Nora su un marciapiede, avrebbe aumentato l’ira funesta di
Clelia e allora fu costretto a mentire:
“E’ la sorella di un collega”, affermò con voce sicura, sperando di essere creduto. Ci fu un attimo di tregua, la sua fidanzata stava valutando la risposta, ma poi decise improvvisamente di riprendersi la borsa:
“Me ne vado, mi hai rovinato la sera…Ciao”, se ne andò sbattendo la porta lasciando Luca nel bel mezzo del salotto ancora sotto choc. Si riprese dopo qualche secondo e andò in cucina dove l’acqua bolliva e il sugo era pronto, non gli restò altro da fare che buttare gli spaghetti: dopo quella battaglia gli era venuto un certo appetito.
“E’ la sorella di un collega”, affermò con voce sicura, sperando di essere creduto. Ci fu un attimo di tregua, la sua fidanzata stava valutando la risposta, ma poi decise improvvisamente di riprendersi la borsa:
“Me ne vado, mi hai rovinato la sera…Ciao”, se ne andò sbattendo la porta lasciando Luca nel bel mezzo del salotto ancora sotto choc. Si riprese dopo qualche secondo e andò in cucina dove l’acqua bolliva e il sugo era pronto, non gli restò altro da fare che buttare gli spaghetti: dopo quella battaglia gli era venuto un certo appetito.
Per tutta
la settimana non sentì più Clelia, provò qualche volta a telefonarle ma, appena
sentiva la sua voce, lei interrompeva la comunicazione. Ormai sapeva che quella era la norma dopo i furiosi litigi, perciò non si preoccupò, tanto sapeva che prima o poi lei si sarebbe fatta viva, innamorata più di prima.
Nei giorni
che seguirono Nora tornò senza
l’accompagnatore e continuò ad andare fino alla fine del ritratto. Durante le
ore trascorse insieme Luca tentò di interrogarla sulla sua vita, gli sarebbe
piaciuto conoscere il motivo per cui era arrivata ad essere quella che era in
quel momento: un rifiuto della società.
Nora gli
raccontò la tragica storia di una bambina che aveva perso i genitori da piccola
e che era stata allevata in un collegio dove aveva studiato; da grande aveva
dovuto arrangiarsi facendo mille mestieri per sopravvivere. “Avevo finalmente
trovato il lavoro che mi piaceva: dignitoso, ben pagato, che mi aveva permesso
perfino di affittare una casa, il mio sogno irraggiungibile dato che fino ad
allora ero stata ospitata dalle suore…poi, improvvisamente, tutto è svanito
come una bolla di sapone…la ditta ha chiuso e mi sono trovata in breve senza
soldi…”, raccontò Nora in vena di confidenze.
Luca la stava ad ascoltare con una stretta al
cuore:
“Perché ti
sei lasciata andare così?”, chiese interrompendo ciò che stava facendo.
“Cosa
dovevo fare?…Prostituirmi?…avevo bussato a tante porte senza risultato…perciò
per vivere ho pensato di chiedere i soldi per strada…lo fanno in tanti…”,
concluse amaramente la ragazza.
Dopo
quella volta non volle più parlare di sé.
L’ultimo giorno Luca era contento di come aveva realizzato l’opera ma,
non avrebbe mai voluto che venisse quel momento: sapeva che Nora avrebbe
continuato la sua vita disordinata e sapeva che sarebbe stato difficile
rivederla. Lei non aveva voluto dargli nessun recapito: “Ci incontreremo se il
destino vorrà”, diceva quando lui entrava in argomento.
“Sei stato
bravo”, gli disse quella sera ammirando il ritratto finito.
“Il merito
è tuo…sei troppo bella”, rispose lui tentando una carezza sui capelli. Si era
finalmente lasciato andare, avrebbe voluto fare quel gesto tante volte, si era
sempre trattenuto per non rischiare di perderla.
Inaspettatamente lei non si ritrasse, anzi
avvicinò il viso e le sue mani lo strinsero sulla nuca. Le bocche erano vicine
e Luca non si trattenne, la baciò con una passione che non aveva mai provato
prima. Nora ricambiò il bacio e si trovarono avvinghiati sul divano. Fecero
l’amore dimenticandosi di tutto e di tutti.
Improvvisamente
Nora si rialzò ricomponendosi: ”Devo andare”, disse.
“Ti
prego…rimani”, pregò Luca con la voce roca.
“No…non
insistere”, rispose lei dolcemente guardandolo negli occhi, “ tu mi piaci,
anzi, penso di essermi innamorata di te, è molto difficile tirarmi indietro in
questo momento, ma …penso che sia la cosa giusta per tutti e due. Tu sei legato
ad un’altra e io…sono di troppo”, concluse in fretta.
Luca ci
rimase di sasso, l’aveva sentita abbandonarsi fra le sue braccia con la stessa
sua passione e stentava a capire….
“Aspetta…non
andare via”, pregò ancora.
Ma lei era
già pronta per uscire, prima di salutarlo lo abbracciò forte:
“Probabilmente non ci vedremo più”, sussurrò, “ricordati però che , qualunque cosa succeda, questa sera ti ho amato con tutta me stessa”.
“Probabilmente non ci vedremo più”, sussurrò, “ricordati però che , qualunque cosa succeda, questa sera ti ho amato con tutta me stessa”.
“Che vuoi dire?”, esclamò lui sorpreso.
“Niente…capirai”,
e dopo queste enigmatiche parole si staccò e scese le scale di corsa.
Arrivata in strada Nora guardò l’orologio e
affrettò il passo:
“Speriamo che mi aspetti…”, pensò angosciata,
era in ritardo di mezz’ora all’appuntamento. Attraversò la strada velocemente e
prese un taxi, si fece portare davanti alla fontana di piazza Castello dove
passeggiava impaziente Pablo:
“Come mai
così tardi?…è un secolo che sono qui”, esclamò appena la vide.
“Scusami,
dai, facciamo presto…dobbiamo consegnare il lavoro prima di sera”.
In
redazione li stavano aspettando, i termini di consegna del servizio che
dovevano fare erano scaduti, e non si poteva ritardare, era stato programmato
per la settimana successiva e ci
volevano i tempi giusti per visionarlo, montarlo, farlo approvare dal direttore
e finalmente mandarlo in onda per la
rubrica Televerità.
Quando i
colleghi videro realizzata sul monitor la loro fatica si complimentarono:
“Bravi, avete fatto un buon lavoro…sarà un successone!”.
“Bravi, avete fatto un buon lavoro…sarà un successone!”.
Qualche
giorno dopo il direttore chiamò Nora nel suo ufficio:
“Ho visto il servizio e mi complimento con te, sei stata bravissima….e credibile”, le disse entusiasta.
“Ho visto il servizio e mi complimento con te, sei stata bravissima….e credibile”, le disse entusiasta.
Lei tacque per qualche secondo, era
soddisfatta di come aveva portato a termine l’incarico, ma non era andato
proprio tutto liscio, se non si fosse innamorata di Luca sarebbe stato molto
meglio.
“C’è
qualcosa che non va?”; le chiese il direttore preoccupato, forse si aspettava
che lei gli chiedesse un aumento di stipendio…e non avrebbe saputo cosa
ribattere.
“No…tutto
bene, non nego però che è stato molto faticoso: restare quasi un mese sul
marciapiede a chiedere l’elemosina, anche se lo facevo solo per qualche ora, è
stato duro. Per fortuna che c’era Pablo, il cameraman, a proteggermi”.
“E’ stato
formidabile anche lui, con la microcamera è riuscito ad ottenere delle buone
immagini…ho intenzione di mandare in onda senza tagli, la gente deve vedere
cosa succede ad una ragazza per strada…allo sbaraglio”, affermò l’uomo, “a
proposito…la storia con il pittore è stata fantastica…peccato che si è
interrotta dopo la prima seduta…come mai?. Non era possibile continuare?”,
disse poi
Nora
arrossì: “No…non è stato possibile…lui diceva che non poteva lavorare con uno
spettatore”, rispose lentamente cercando le parole per cercare di non
indispettire il superiore,
“ Sei andata poi a finire quel quadro?”; domandò ancora curioso.
Lei fece
un cenno affermativo con la testa, era a disagio.
“Mi è venuta
un’idea”, esclamò improvvisamente lui, “potremmo contattarlo per mostrare la
sua opera, in fin dei conti è tutta pubblicità, non credo che rifiuti di
collaborare, così daremmo un seguito alla nostra storia"” finì poi
soddisfatto.
”Non so”,
rispose Nora confusa, “è un tipo molto particolare e restìo…forse non sarebbe
la mossa giusta”.
“Vedremo…vedremo…”,
tagliò corto il direttore, “ne parleremo in seguito”.
“Posso
andare?”, chiese lei facendo l’atto di alzarsi.
L’uomo
sorrise: “Brava!…vai pure”.
Nora avrebbe
volentieri evitato quel colloquio, da una parte era lusingata dall’elogio del
direttore, ma dall’altra c’era Luca che
era stata costretta ad ingannare. Si sentiva in colpa e avrebbe voluto
rivederlo per chiedergli di perdonarla, ma non ne aveva il coraggio. Ricordava
quei momenti d’amore con tanta tenerezza, se avesse potuto sarebbe rimasta con
lui…per sempre. Luca l’aveva colpita fin da quando gli aveva chiesto i soldi
per strada, la sua attenzione era stata attirata dalla figura alta che
sovrastava i passanti, quando poi l’aveva fermato aveva notato gli occhi grigi,
penetranti, a volte ironici… il modo di guardarla e quello di cercare di
proteggerla. Dopo la prima sera al bar, aveva sempre sperato di incontrarlo
ancora e, quando il caso l’aveva portato di nuovo sulla sua strada, se ne era
innamorata e aveva accettato la proposta di posare per stargli vicina. Ma il
cruccio che le rodeva dentro era quello che in quei momenti così belli lei lo
stava tradendo. “Non ci voglio pensare”, si disse, “era destino che dovessi
incontrare l’amore nel momento sbagliato…”. Si rimise al lavoro con l’animo
triste, sapendo che quello che stava facendo lo faceva contro se stessa.
( continua sabato prossimo)
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