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martedì 23 aprile 2013

UN FIORE NEL FANGO

Terza puntata

“Come posso riconoscere qualcuno se tutti avevano il cappuccio!”, rispose indispettito.
“Non si sa mai…forse per sbaglio lei ha visto qualcosa… oppure potrebbe avere notato qualche particolare, infatti noi le faremo vedere i soggetti incappucciati”, rispose calmo il capitano.
Dietro un vetro, una vicina all’altra, c’erano tre donne con la testa coperta, si vedevano solo gli occhi e una parte della fronte. Giulio si sporse in avanti per osservare meglio, ad  un tratto il cuore fece una capriola:
gli occhi verdi e soprattutto il neo di Rosalia si vedevano chiaramente nella fessura del passamontagna.
Cercò di non far trasparire l’emozione, riprese il controllo e scosse la testa decisamente. Aveva capito che  gli avevano teso una trappola. Probabilmente la figlia del boss era la più indiziata, ma il capitano voleva esserne sicuro: anche lui aveva notato il piccolo neo fra le sopracciglia e aveva sperato che da questo particolare Giulio l’avrebbe identificata.
“Allora Tomasi, cosa mi dice?”, chiese insinuante.
“Non riconosco nessuna di loro…non ho mai notato una donna, avevo rapporti solo con una persona che mi portava il cibo e il boss; c’era anche un altro, ma una volta sola…quando mi volevano mutilare. Glielo già ripetuto mille volte, non capisco perché si ostina a non credermi!”, rispose Giulio spazientito.
Le labbra del capitano Giorgi si incresparono in un lieve sorriso, scosse la testa e riprese:
“Forse io la capisco, ingegnere, mi comporterei nello stesso modo se dovessi la vita a qualcuno…, però la giustizia deve seguire il suo corso”, si interruppe aspettando una reazione. Poi, visto che le sue parole non avevano esordito nessun effetto, “ va bene così, può andare”, concluse.
 Si alzò leggermente sulla sedia, chinando il capo in segno di saluto mentre accompagnava con gli occhi il suo interlocutore che usciva.  
Giulio tornò a casa emozionato, per qualche minuto aveva avuto Rosalia vicina, era stata una tortura non poterle parlare, il suo cuore aveva sofferto nel vederla là, in piedi accanto ad altre come una delinquente, lei, che aveva messo in gioco la propria libertà e sacrificato quella di suo padre, per lui.
Sperava che, non avendo nessuna testimonianza contro di lei, il capitano Giorgi la lasciasse andare.   
 In attesa del processo Giulio si buttò nel lavoro per stordirsi, in casa non ci poteva stare, si aggirava per le stanze guardando le cose che lo circondano con gli occhi di chi vorrebbe essere in un altro posto. 
Ormai il rapimento stava passando in secondo piano anche come notizia, a poco a poco si accorse di essere rimasto solo a ricordare, anche sua moglie Linda, dopo le effusioni dei primi giorni, era ritornata fredda come prima: quando erano in crisi ai tempi del sequestro. Questa volta non aveva più voglia di riprendere il dialogo, lasciava che cose andassero per il loro verso, senza intervenire…se il suo matrimonio si doveva sfasciare, avrebbe accettato con filosofia: l’amore per Linda non poteva paragonarsi alla passione che aveva provato in quei pochi giorni nel cascinale nascosto fra i boschi ed era inutile trascinare un rapporto che aveva perso la freschezza.

L’aula del tribunale, nel giorno del processo era gremita fino all’inverosimile: già davanti alla villa si erano assembrati fotografi, giornalisti, cameraman di televisioni pubbliche e private; Giulio uscì, accompagnato dall’avvocato, facendosi largo tra la folla si infilò  nella vettura lasciandosi andare sul sedile, sfinito dal corpo a corpo. Arrivò in aula emozionato: girò intorno lo sguardo, quanta gente! Riconobbe qualcuno, ma la maggior parte non sapeva chi fossero: una giovane donna con lunghi capelli corvini attirò la sua attenzione e gli fece battere il cuore. In quel momento qualcuno lo chiamò, si volse per rispondere e quando si girò per guardare meglio, la ragazza era scomparsa. Voleva illudersi che fosse Rosalia, ma non ne era sicuro, avrebbe dato qualsiasi cosa pur di parlarle almeno una volta.
 Seduto fra gli imputati c’era il padre di lei, non poté fare a meno di provare un profondo odio per quell’uomo spietato che l’aveva tenuto segregato con tanta ferocia. Si preparò ad affrontare l’arena, dove avrebbero dato in pasto al pubblico le sue sofferenze di quei giorni; nelle prime file c’erano gli inviati dei vari giornali che non vedevano l’ora di scrivere l’articolo, sapeva che avrebbero rimestato anche nella sua vita privata, senza nessun scrupolo, soltanto per sbattere la notizia in prima pagina. 
Durante tutto il processo presenziò come un automa, distaccato da quel mondo che avrebbe voluto non vedere mai più e, alla fine, quando il giudice emise la sentenza di condanna, fu per lui una seconda liberazione…

In piedi, davanti ai finestroni del soggiorno Giulio guardava il mare in tempesta: le onde si infrangevano con violenza sugli scogli spruzzando l’aria di schiuma bianca. Linda era seduta sul divano in silenzio: gli era stata accanto in quei giorni difficili, sopportando i suoi sbalzi d’umore, ma lui sentiva che non era più la stessa. Troppi sguardi sfuggenti, troppi sorrisi accondiscendenti di chi vuol far credere che tutto proceda come sempre .In quel posto si sentiva soffocare, aveva bisogno di respirare un’altra aria.
Improvvisamente si voltò verso di lei:
“Andiamocene”, le disse con la voce che gli tremava, “ lasciamo tutto nelle mani di Pandolfi, è un ottimo geometra…sono sicuro che saprà andare avanti da solo, tornerò soltanto quando sarà necessario; per il momento non ce la faccio a continuare, sono distrutto fisicamente e moralmente”.
Sua moglie lo guardò preoccupata: “Cosa stai dicendo?…vuoi mollare così?”, chiese.
“Sì, ho deciso…voglio andarmene”, dopo una lunga pausa riprese, “non ti obbligo a venire con me, capisco che qui ti trovi bene e… se non vuoi, rimani pure…”, concluse.
Linda era turbata, non si aspettava quella proposta e nemmeno che Giulio avesse capito che lei preferiva restare, cercava le parole adatte per rispondergli: era vero si stavano allontanando ogni giorno di più, forse lei non aveva fatto niente per rimettere insieme un matrimonio che da tanto tempo non funzionava. Le parole non dette, i silenzi, le incomprensioni erano sfociati in un rapporto fatto d’abitudine, di amicizia, anche d’affetto che  non era più amore.
 Aveva conosciuto il giovane ingegnere Tomasi ad un party di amici, lei aveva dieci anni più di lui: era una donna attraente, con un fascino particolare. Si erano innamorati a prima vista, e si erano sposati dopo poco tempo. Solo da quando erano in Sicilia si era accorta che guardava Giulio con altri occhi, in certe circostanze lo giudicava immaturo, la differenza di età stava venendo a galla…soprattutto da quando aveva incontrato il dottor Massimo Rosati, l’affascinante chirurgo con le tempie grigie che l’aveva operata di una banale appendicite all’ospedale di Catania. Non voleva confessarlo nemmeno a se stessa, ma stava bene insieme a lui, si erano rivisti molte volte ed era per questo che il rapporto con suo marito stava perdendo interesse giorno dopo giorno..
Ora le parole di Giulio l’avevano messa in difficoltà, non se la sentiva di tornare nella casa di Milano per vivere accanto a lui una vita senza slanci.
Da quando era tornato sembrava non sopportasse più di vivere in quell’ambiente, era molto cambiato, diverse volte l’aveva scoperto davanti alla finestrone del soggiorno a guardare il mare….rimaneva così per ore in silenzio, estraniandosi dal mondo che lo circondava. Capiva che aveva bisogno di allontanarsi da quella terra che l’aveva ferito.
 “Capisco che te ne voglia andare al più presto…questa esperienza ti ha molto cambiato e hai bisogno di dimenticare, lontano da qui sarà tutto più facile”, Linda si avvicinò al marito  “…ma io non posso venire”, disse sommessamente, “perdonami. Fra di noi tutto è cambiato, forse non ci amiamo più però anch’io lo devo capire , sarà un errore quello che sto facendo, ma devo provarci. Se vuoi torna a Milano, ti raggiungerò quando avrò scoperto dentro di me quello che mi sta succedendo”.
Giulio la guardò a lungo, in quel momento più di cinque anni di matrimonio erano sfumati nel nulla, si accorse che anche lei stava vivendo una crisi che forse non si sarebbe mai risolta.
“Ho capito, ormai abbiamo poco da dirci, forse la famosa pausa di riflessione ci farà bene…poi si vedrà”,
rispose e nella sua voce c’era molta amarezza.
Giulio decise di andarsene e quando l’aereo partì, Linda  era all’aeroporto:
“Arrivederci!”, gli gridò salutandolo con la mano.
Lui alzò  un braccio in segno di saluto e se ne andò senza voltarsi.

(continua) 



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