Powered By Blogger

sabato 29 dicembre 2012

LE TRE STREGHINE

LE TRE STREGHINE


 C’erano una volta tre streghine che si chiamavano Scarabì, Scarabà e Scarabù. Un bel giorno, dopo avere tanto studiato, sostennero l’esame per diventare streghe e furono promosse. Le prove erano state difficili e qualche volta Scarabù, che era la più imbranata e aveva dimenticato le formule, si era trovata in difficoltà e aveva copiato dalla sorella più brava Scarabà… ma nessuno se n’era accorto.
“Evviva, ce l’abbiamo fatta!”, esclamarono in coro quando ottennero finalmente il diploma, “adesso possiamo fare tutti gli incantesimi che vogliamo…tremate…tremate, le streghe sono arrivate!”
“Possiamo andare dalla sarta a farci i vestiti”, propose Scarabà che era la più ambiziosa.
In sartoria, strega Forbicetta le guardò di traverso:
“Come siete brutte! Ma…pazienza, vediamo un po’. Tu, Scarabù sei grassa e bassa, ci vuole un abito che ti slanci”. Detto e fatto prese una pezza di tela color fumo e con un solo colpo di forbice la tramutò in una palandrana larga e lunga fino ai piedi.
Scarabù osservò il nuovo vestito:
“Non mi piace, sembro un sacco…”, borbottò scontenta.
“Poche storie, mettilo!”, ordinò Forbicetta, “qui ci sono le ciabatte e la bacchetta magica…avanti un’altra”.
Intimorita Scarabì avanzò: “Eccomi..”, mormorò sottovoce.
La strega sarta l’osservò con occhio critico:
”Sei magra come uno stecco”, disse disgustata, “sembri un’acciuga!”.
Sospirando prese della stoffa e…zac! Un colpo di forbice… ed ecco il vestito per Scarabì: un tubo nero lungo e stretto. La streghina si guardò allo specchio e le vennero le lacrime agli occhi: “Sono orribile”, disse.
“Certo”, replicò Forbicetta, “proprio come si conviene ad una strega!”.
Finalmente toccò a Scarabà.
“Oh!..”, esclamò soddisfatta la sarta, “sei la più normale, per te voglio fare qualcosa di speciale”.
Zac…zac…zac… l’abito comparve come per incanto: nero, con un bel collettone di ragnatele grigie.
“Eccovi servite…potete andare”. La strega Forbicetta indicò la via d’uscita. Le tre streghe raggiunsero ciabattando la porta, in quell’istante arrivò trafelata una messaggera:
”Presto!…La strega Bellona vi sta aspettando nella sala del trono…sbrigatevi!”
Agitatissime le neo-streghe si precipitarono correndo, Scarabù inciampò nel vestitone e precipitò a terra impolverandosi in un modo indecente.
“Sei sempre la solita pasticciona!…alzati…altrimenti saranno guai”, urlarono le sorelle. Ripresero a correre per il lungo corridoio e arrivarono trafelate dinanzi alla strega Bellona che le stava aspettando inviperita.
“Siete in ritardo…come primo giorno mi sembra che non vada molto bene! Ricordatevi che la prossima volta vi punirò duramente”, gli occhi della regina mandavano lampi di collera e le poverette non osavano alzare la testa. Bellona era seduta su un seggiolone dorato, aveva un vestito di ali di pipistrello, sulla testa una corona di cristallo che mandava bagliori accecanti. Con voce roca cominciò a parlare:
“Vi ho convocate perché devo mandarvi in missione. Purtroppo siete rimaste soltanto voi tre, i miei aiutanti sono tutti fuori per fare incantesimi. Ascoltatemi bene: nel paese di Collefiorito si sposa la principessa Rosa con il principe Azzurro. Questo matrimonio non si deve fare, io sola devo sposare il principe perché è il più bello del mondo. Voi avete il compito di impedire che avvengano le nozze. Vedete questa pietra preziosa?”, disse mostrando alle streghine un brillante di colore rosso fuoco, “è magica e se riuscirete a metterla in tasca al principe Azzurro lui si innamorerà perdutamente di me e lascerà la promessa sposa”. Scarabì, Scarabà, Scarabù si guardarono:
“Come faremo?”, mormorarono preoccupate.
“Arrangiatevi, ma dovete portare a temine la missione a tutti i costi altrimenti vi rinchiuderò nella torre dei topi”, minacciò la grande strega.
Scarabù cercò di replicare, ma un’occhiata gelida di Bellona la zittì:
“Andate in magazzino a prendere le scope…dovete partire oggi stesso, il tempo stringe”, ordinò.
Le tre sorelle se ne andarono a testa bassa:
”Siamo in un bel pasticcio!”, esclamò Scarabà, “non so proprio come faremo…”.
“Ho paura…”, piagnucolò Scarabì, la più piccola e striminzita.
“Smettila di lamentarti, non c’è altro da fare, dobbiamo partire subito!”, continuò Scarabà, “andiamo a prendere le cavalcature”.
 Ma, nel capannone non era rimasta neppure una scopa.
“Provate con questi”, propose la magazziniera presentando alle tre malcapitate degli aspirapolvere sgangherati. Le poverette si guardarono e, non potendo ribellarsi accettarono rassegnate. Ma non fu così facile usare quegli aggeggi: Scarabù, grassa com’era non riusciva a far partire il suo, saliva in groppa e regolarmente precipitava sul pavimento. “Ohi!…Ohi!” si lamentava massaggiandosi il sederone. Anche Scarabì aveva qualche problema: era troppo leggera e, appena si metteva in moto, andava contro il soffitto dove batteva delle belle testate.
“Ahi!”, esclamava ogni volta tastandosi un nuovo bernoccolo.
Delle tre, Scarabà era quella che riuscì meglio, al primo tentativo si sollevò con facilità e cominciò a volare.
Dopo quasi un’ora, finalmente le tre streghine partirono a cavallo delle scope, si trovarono lassù, nel cielo senza stelle e lo attraversarono dirette verso Collefiorito.  Arrivarono che il sole era già alto, il castello della principessa Rosa luccicava sotto i raggi.
“Attente all’atterraggio!”, avvertì Scarabà, “ci poseremo su quel prato, nessuno deve sapere che siamo qui”.
Senza fare rumore arrivarono a terra, Scarabù s’ infilò in un fossato, Scarabì s’impigliò in un albero e Scarabà si trovò sull’erbetta fresca.
Dopo essersi riprese, si liberarono delle cavalcature e s’incamminarono verso la sontuosa dimora della principessa.
Attraversarono un bosco e, poco dopo il castello apparve, sul portone tante guardie armate vigilavano attente. Scarabà avvertì le sorelle: “Nascondiamoci non dobbiamo farci scoprire…ho un’idea! Trasformiamoci in tre gatti così ci faranno passare. Scarabù prendi il librone delle formule magiche”.
Con la testa immersa nelle pagine del testo sacro le tre streghine cercarono disperatamente la formula ma, agitate com’erano, non riuscivano a trovarla. Naturalmente fu Scarabà la prima a scoprirla:
Oren Ottag...Ottag oren  otibus!”, ( che tradotto significa : gatto nero, gatto nero subito) esclamò e immediatamente si trasformò in un gatto nero. Le altre dissero le parole magiche e Scarabì si tramutò in un gattino grigio, ma per Scarabù si presentò qualche difficoltà. Siccome era molto grassa la formula non bastava e non riusciva a diventare un micio, dopo vari tentativi al suo posto apparve un enorme gattone nero striato di bianco.
“Vado avanti io”, disse Scarabà, “se tutto va bene, voi mi seguite”.
Infatti la streghina si presentò davanti al portone e riuscì a passare senza destare alcun sospetto, Scarabì la seguì subito, ma per Scarabù la cosa non fu così semplice: l’incantesimo svanì proprio davanti alle guardie che si trovarono dinanzi una grassona vestita di nero.
 “Alto là”, intimarono presentando le alabarde. “Dove vai?”.
Scarabù balbettò impaurita: “Veramente …dovrei entrare nel castello”.
“Perché”, continuò minaccioso il capitano.
La strega si spaventò talmente che non seppe rispondere.
”Via…”, urlò lui, “portatela in cucina…così servirà a qualcosa!”.
Le altre streghine intanto si erano fermate costernate:
 “Scarabù deve dimagrire, altrimenti le formule non bastano….”, miagolò Scarabà preoccupata. “Vieni, seguiamola, così vediamo dove la portano”.
 Intanto, i soldati trascinarono la povera streghetta grassa nelle cucine: “Avete bisogno di aiuto?”; chiese l’uomo mentre sbatteva Scarabù per terra. Il cuoco non si voltò nemmeno : “Mettila a pelar  patate”, disse mentre spennava un pollo.
Così la malcapitata si trovò in una stanza piena di tuberi:
“Comincia il tuo lavoro, per questa sera devi aver finito”, le disse un omone mettendole in mano un coltello appuntito.
Intanto Scarabà e Scarabì, sempre sotto forma di gatti, entrarono: “Stai tranquilla, ti aiuteremo noi”, miagolarono sottovoce. Rassicurata dalla presenza delle sorelle Scarabù chiuse la porta a chiave mentre le altre due riprendevano le sembianze di streghe. Cominciarono insieme a lavorare ma, dopo qualche ora avevano la schiena a pezzi:
”Siamo o non siamo streghe?”, disse improvvisamente Scarabà, “con una magia dobbiamo pelare le patate entro sera”. Detto fatto, si concentrò e pronunciò solennemente: Etalep Etatap. In un battibaleno il mucchio di patate ancora intere si pelò: l’incantesimo aveva funzionato. Non credendo ai propri occhi le streghine si misero a ballare dalla felicità.
Scarabà e Scarabì tornarono ad essere mici sgattaiolarono via e Scarabù si presentò al cuoco:
”Ho finito”, annunciò contenta. L’uomo la guardò stupito e andò a controllare. “Brava!”, esclamò soddisfatto, “d’ora in poi sei promossa, verrai ad aiutarmi in cucina”.
Cominciò così il lavoro di cuoca per la povera Scarabù che, tutta sudata si aggirava fra i fornelli: in cucina c’era molto fermento, si stava preparando il banchetto di fidanzamento e tutti correvano da una pentola all’altra senza tregua. Intanto Scarabà e Scarabì diventate di nuovo streghe, avevano catturato due cameriere che dovevano servire alla tavola del banchetto reale, le avevano rinchiuse in un armadio e avevano preso le loro sembianze per poter più facilmente avvicinare il principe Azzurro.
Ad un certo punto si accorsero di non possedere più la pietra magica: “Dove l’abbiamo messa?”, si chiesero costernate.
“L’hai messa in tasca tu”, disse inviperita Scarabì.
“Non è vero…ce l’hai tu”, rispose l’altra.
Le due streghine si accapigliarono, poi improvvisamente Scarabà si ricordò una cosa: “Sono sicura che l’ha presa Scarabù”, disse, “prima di diventare un gatto l’aveva nascosta nel cappello!”,
“Povere noi…sicuramente l’avrà persa”, gridarono sconsolate.
Si precipitarono in cucina proprio mentre Scarabù stava rimestando la pasta della torta in un grosso recipiente. Quando le sorelle la chiamarono lei si voltò di scatto e…il cappello cadde nell’impasto.
“Presto…prendilo!”, le gridarono. La strega si sporse, ma il copricapo affondava sempre più. Finalmente l’afferrò e lo mostrò trionfante alle due  che la stavano guardando preoccupatissime. “Guarda se c’è ancora la pietra”, urlarono. Ma, la pietra non c’era più: era caduta dentro la pasta della torta nuziale. Nessuno se ne accorse, il pasticcere mise in forno il dolce e, quando fu cotto lo guarnì con confetti rosa e azzurri in onore degli sposi. Il giorno seguente fu imbandita una tavola lunghissima, con piatti d’oro, bicchieri e posate d’argento. Principi, principesse, re e regine presero posto, arrivò anche la strega Bellona, che si accomodò trionfante nel suo abito scintillante.
Tutti aspettavano i promessi sposi, finalmente Rosa e Azzurro arrivarono accolti dal battimani degli ospiti che ammiravano la loro bellezza.
 Scarabì e Scarabà servivano a tavola; tra una portata e l’altra si lanciavano occhiate disperate in attesa del momento in cui avrebbe fatto la sua comparsa la gigantesca torta dentro la quale era nascosta la pietra magica.
Dopo aver mangiato a sazietà gli ospiti aspettavano il dolce per fare il brindisi ai promessi sposi, finalmente su un carrello d’oro arrivò il capolavoro del pasticcere di corte. Il cuoco Cucki, un omone sul cui faccione rubicondo trionfavano dei baffoni neri, si apprestò a tagliare la torta, Scarabì e Scarabà, servirono le porzioni agli invitati osservandoli attentamente mentre mangiavano, nella speranza che, colui a cui fosse toccata la fetta con la pietra, la scartasse e la rimandasse in cucina, così avrebbero potuto recuperarla per infilarla nella tasca del Principe.
 La strega Bellona, sicura che le tre streghine avessero già compiuto il loro dovere, aspettava il momento in cui il Principe Azzurro le avrebbe dichiarato il suo amore rompendo il fidanzamento con la Principessina.
 Sempre con lo sguardo rivolto a lui Bellona, stava mangiando la torta distrattamente. Ad un certo punto strabuzzò gli occhi e diventò rossa come un peperone. “Aiuto….soffoco!” Dalla sua bocca uscì un rantolo. I presenti, spaventati cercarono di aiutarla, il re le affibiò una grossa pacca sulla schiena. La strega era sempre più paonazza e stava per strozzarsi.
Infine dalla sua bocca uscì di getto una pietra rossa che andò a finire nella tasca del cuoco che stava osservando costernato la scena.
Immediatamente l’omone si precipitò sulla strega Bellona e l’abbracciò esclamando: “Ti amo…ti voglio sposare!”
Bellona impaurita scappò a gambe levate inseguita dal cuoco innamorato.
Scarabà, Scarabì e Scarabù, ritornate insieme e ripreso il loro aspetto di streghine, scoppiarono in una grande risata: invece di sposare il bel principe la strega Bellona rischiava di sposare l’orribile cuoco.
Forse adesso stanno ancora correndo!....
 




 
 



4 commenti:

  1. Ahaha! Bella la fiaba... questo vuol dire che inizierai a scrivere altri generi?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se le mie favole piacciono ne ho pronte da pubblicare...potrei per il momento lasciare in pace il commissario Parisi e la bella Loredana.

      Elimina
    2. Bè, direi proprio che hanno bisogno di una bella pausa, poverini, le vacanze di Natale e dell'Anno Nuovo se le meritano anche più lunghe del normale!

      Elimina
    3. Ci ritroviamo dopo la Befana! Auguri a tutti...Ciaooo

      Elimina