La zingara che lo seguiva da
qualche minuto gli si avvicinò, Tommaso si fermò sorpreso e la guardò: era una
ragazza molto bella con gli occhi neri e profondi, vestita con una lunga gonna
variopinta e un corpetto viola. “Lascia che ti legga la mano”, gli disse
invitante. Preso alla sprovvista lui non ebbe il tempo di replicare. La donna
prese la sua mano sinistra e sul suo viso passò un’ombra: “Devi fare un lungo
viaggio”, sussurrò con la testa china. Tommaso non si scompose: “Sono abituato,
è il mio lavoro…ormai ho girato tutto il mondo, mi manca solo di andare sulla
luna…”, rispose scherzosamente. La zingara alzò lo sguardo su di lui: “Questo
sarà un viaggio diverso….molto diverso”, s’interruppe come chi cerca le parole
per continuare, “scoprirai cose che non sai e che ti faranno soffrire…”,
concluse a bassa voce.. Tommaso ritrasse la mano con un gesto brusco, non
credeva nelle profezie delle zingare, ma un brivido gli percorse la schiena. La
donna lo fissò con gli occhi lucidi che racchiudevano verità che non poteva
rivelare, Tommaso se ne accorse e non volle sapere; prese dalla tasca dieci
euro e li diede alla gitana: “Tieni, adesso lasciami in pace!”, si voltò e
quasi correndo si allontanò da lei.
Una strana sensazione di angoscia
si era impadronita di lui, arrivò nello studio e con sollievo trovò le cose che
gli erano famigliari: il suo mondo rassicurante dove esisteva solo la concreta
realtà dei calcoli e dei progetti di un ingegnere. Isabella, la sua segretaria
era, come sempre, davanti al computer e lo accolse con un allegro “Buongiorno e
bentornato!” che gli fece svanire immediatamente il malessere di poco prima. La
ragazza alzò il viso dalla tastiera e Tommaso si accorse, forse per la prima
volta, che aveva gli occhi blu, dolci e limpidi e una faccia pulita, acqua e sapone.
“Novità?”, chiese come tutte le
mattine.
“Dovrebbe andare domani per un
collaudo a Trieste”, rispose lei.
Tommaso si passò una mano sulla fronte:
“Va bene, prepari il dossier, partirò
stanotte, altrimenti non ce la faccio ad arrivare in tempo”, disse con un
sospiro. Era appena tornato da un lungo viaggio e non se la sentiva di ripartire,
ma non poteva tirarsi indietro.
Giuseppe, entrò nell’ufficio:
“Lieto di rivederti”, esclamò dandogli una pacca sulla spalla “allora, hai
firmato il contratto con i giapponesi?”
“Certo…”, rispose subito Tommaso
“cosa credi di avere a che fare con un principiante? Se i capi ci riconoscono
una percentuale questo affare sarà una miniera d’oro!”, il suo entusiasmo
contagiò l’amico.
“Ottimo…allora dobbiamo
festeggiare, questa sera ti invito a cena con
Laura… ti va di andare nel
ristorante nuovo qua vicino a mangiare il pesce?”, propose Giuseppe.
“Sarebbe bello, ma non posso…devo
ripartire per Trieste, sai quel collaudo è molto importante per il buon nome
del nostro studio, quella macchina deve funzionare alla perfezione.”
Una lieve contrazione del viso di
Giuseppe anticipò la risposta:
“Ci vado io…se vuoi”.
“Ci vado io…se vuoi”.
“Ti ringrazio, ma…vogliono me, era nel contratto. Ne farei volentieri a meno, credimi”, rispose
Tommaso stringendosi nelle spalle.
L’amico lo guardò di sottecchi, e
brontolò: “Fa come ti pare…”
+++
La pioggia batteva sul parabrezza creando
strani disegni in movimento, i tergicristalli si muovevano a ritmo frenetico,
la strada lucida rifletteva la luce dei fari delle auto che venivano dalla
corsia opposta dilatando e sfocando le immagini confuse dalla cortina
dell’acqua che scendeva a dirotto e che riduceva la visibilità a qualche metro.
Anche il terreno era viscido per la pioggia, ma Tommaso guidava sereno ascoltando un brano
di musica ritmo- sinfonica, ogni tanto ripensava alla giornata trascorsa e
rivedeva sua moglie Laura che lo salutava di fretta, mentre stava uscendo: “Ciao,
ciao…ci vediamo domani sera, mi raccomando torna presto, abbiamo la cena dai
Degiorgi!” Gli aveva dato un piccolo bacio sulla guancia ed era salita a bordo
della sua utilitaria rossa scomparendo poco dopo dietro una curva. “Mah!”,
pensava Tommaso, “lei è fatta così …ormai sono cinque anni che siamo sposati e
non posso pretendere che sia tutto come il primo giorno, e poi… la lascio molto
sola ,”sorrise fra sé, “prometto che d’ora in poi manderò Beppe al posto mio”.
Fra i tanti flash di quel pomeriggio aveva
rivisto anche il viso preoccupato di Isabella, i suoi occhi chiari si erano fatti più cupi
mentre diceva: “Non vada stasera, ingegnere, il tempo è pessimo! Potrebbe
partire presto domani mattina… sarebbe più prudente!”, risentiva la sua voce che lo inseguiva in
corridoio mentre stava chiudendo la porta dello studio.
Improvvisamente comparvero nella
foschia quattro punti luminosi, come occhi infuocati di belve in agguato, il
piede andò al freno, disperatamente schiacciò sperando di evitare l’urto, ma la
vettura impazzita continuò la sua corsa….
+++
Tommaso era lontano, molto lontano…in un’altra dimensione,
alla fine di un lungo tunnel c’era una luce
bianca, in quell’alone vedeva se stesso disteso su un lettino d’ospedale
mentre tutta la sua vita gli scorreva davanti come in un film: da quando era
bambino fino al matrimonio con Laura e allo schianto in autostrada. Sentiva
anche tutto ciò che accadeva in quella stanza, in quel momento sua moglie e
Giuseppe erano accanto al suo corpo immobile.
“Povero Tommy”, stava dicendo Laura
“non se lo meritava…in fin dei conti era un buon marito”.
“Gran lavoratore”, la voce era di
Beppe “ forse un po’ troppo assente…” .
Il braccio dell’amico circondava le spalle di
Laura.
“Ma al suo
posto c’eri tu!”, rispondeva lei .
Tommaso ascoltava senza poter
intervenire, tutto ciò che vedeva era distante, irraggiungibile …
sentiva la sua anima in preda a
qualcosa che assomigliava al dolore, ma era soltanto stupore per quella verità
che non si aspettava di conoscere. Si accorse anche di poter leggere i pensieri
e quello che captò dalla mente di Giuseppe gli svelò dei lati così perfidi
della vita che avrebbe preferito non sapere. L’amico stava già facendo i
programmi per soffiargli l’affare con i giapponesi e presentarlo come una sua
iniziativa…. “metterò in banca un bel po’ di quattrini…in assenza di Tommaso il
guadagno sarà tutto mio…finalmente potrò farmi il fuoristrada…”
Che delusione! E pensare che si era
sempre fidato ciecamente di lui, l’aveva sempre considerato un onesto invece
era un bel mascalzone…. non si accontentava di avergli rubato la moglie!
Purtroppo anche il cervello di Laura sembrava una
calcolatrice: conti su conti per cercare di capire di quanto avrebbe potuto
disporre: “domani devo andare subito in banca per vedere la
situazione…naturalmente rimane tutto a me …anche l’appartamento in montagna…non
si azzardino a portarmelo via…”
Un dottore era entrato nella
camera, aveva osservato il suo corpo e se ne era andato senza dire una parola.
Nella mente del medico c’erano pensieri di speranza…forse non era ancora
morto…forse dipendeva da lui se tornare o no, ma dopo quello che aveva visto
preferiva starsene nel limbo dei sentimenti dove non soffriva, sentiva che
questa volta non sarebbe più tornato dal viaggio; gli avevano distrutto tutto
quello per cui valeva la pena di vivere: l’amore, l’amicizia, il lavoro. Il
tempo stava sfuggendo e non gliene rimaneva ancora molto…quella figura immobile
sul lettino stava allontanandosi sempre di più, la stanza stava perdendo i
contorni e tutto si sfumava…le voci erano sempre più deboli.
Improvvisamente quella porta si era
aperta di nuovo: una testa di capelli ricci, bruni, e un visino addolorato si
era affacciato dallo spiraglio..
“Posso entrare?”, la voce era esile
e sommessa.
Isabella andava verso il letto,
guardava il suo viso immobile e piangeva, le lacrime cadevano silenziose dagli
occhi blu senza ritegno, non si curava nemmeno di asciugarle. “Perché…perché è
successo questo?…ti volevo bene e non ho mai potuto dirtelo, aspettavo solo di
vederti e quando tornavi dai tuoi viaggi
per me era
una giornata di sole anche se pioveva…Tommaso la mia vita non sarà più quella
di prima senza di te, mi accontentavo di stare nell’ombra, mi bastava sapere
che c’eri..…”.
Lei non lo sapeva ma lui stava ascoltando i
suoi pensieri, c’era qualcuno che lo amava così tanto e lui non se n’era mai
accorto, si era sempre accontentato di quello che gli dava Laura: un amore
tiepido senza slanci, ora sapeva che anche quel poco era un inganno.
Isabella se ne stava in disparte in
silenzio, Laura stava parlandole:
“E’ una grande disgrazia… non so se
riuscirò a superare questo dolore…”, ma i suoi occhi erano freddi e asciutti.
La ragazza aveva girato il viso verso di lei,
l’aveva fissata senza rispondere, ma Tommaso sapeva quello che pensava: “è
inutile fare la commedia, tanto so che lo tradivi…se ne erano accorti tutti,
meno lui … se potessi parlargli ancora una volta gli direi che la vita può
ancora essere bella …gli starei vicina per dargli la felicità che non aveva mai
avuto”.
Laura si era allontanata: “Devo andare, si è
fatto tardi”, aveva detto ed era uscita dalla camera con Giuseppe.
Isabella, rimasta sola si era avvicinata al
letto e aveva allungato una mano per fare una carezza sul viso immobile: “Non
mi lasciare…”, aveva sussurrato. La disperazione che Tommaso leggeva nel cuore
di quella ragazza poteva essere l’ancora di salvezza per tornare alla vita…ma
doveva mettercela tutta per riappropriarsi del suo corpo.
+++
La prima cosa che gli fece capire
di essere ancora vivo fu il dolore che provò quando cercò di muovere le gambe,
con uno sforzo immenso aprì le palpebre e si trovò davanti il viso di Laura, le
richiuse subito: non era quello che voleva vedere: “Vattene…”, disse con un
filo di voce. Lei, stupita si voltò verso Beppe :
“Guarda…ha aperto gli occhi…è
vivo!…ha detto qualcosa, ma non ho capito bene…”
“Certo che è un vero miracolo…sì,
ho sentito anch’io, ha pronunciato una parola…forse è ancora confuso”, rispose
lui. Laura suonò il campanello per chiamare l’infermiere, che poco dopo arrivò:
“Signora”, disse, avvicinandosi al paziente, “suo marito ce l’ha fatta…è uscito
dal coma”.
Tommaso riaprì gli occhi e con un
cenno chiamò l’uomo presso il letto, sussurrò qualche parola. L’infermiere si
volse alla donna che guardava attonita la scena: “Mi ha detto che…”, fece una
pausa, “…che non vuole vederla, la prega di allontanarsi”, concluse
imbarazzato.
Laura guardò Giuseppe: “Cosa vuol
dire?”
“Forse vuol essere lasciato
tranquillo”, rispose lui, “cerchiamo di non stancarlo, andiamo fuori, torneremo
più tardi”
. Ma quando tornarono per loro la
porta rimase chiusa.
Da quel momento Tommaso non volle
più incontrare Laura, le fece sapere che era tutto finito e che avrebbe chiesto
il divorzio non appena si fosse ristabilito. Sua moglie non riuscì mai a capire
come avesse fatto a scoprire la sua tresca con Giuseppe.
Per Tommaso la vita riprendeva
lentamente, solo le visite di Isabella riuscivano a ridargli il sorriso che
aveva perduto. Lei arrivava tutti i giorni e rimaneva a fargli compagnia per
lunghe ore dopo l’orario di lavoro, cercava di tirarlo su di morale
raccontandogli un sacco di cose, cercava di alleggerire con le sue chiacchiere
l’atmosfera pesante di quella stanza d’ospedale, ma ogni volta che lo guardava,
nel suo sguardo c’era un messaggio per lui, qualcosa che non riusciva a dire,
trattenuta dalla timidezza e dalla paura di ottenere un rifiuto. Una sera, d’improvviso lui le prese la
mano:
“Cosa mi devi dire?”, le chiese
incoraggiante.
“Nulla”, rispose lei voltando il
viso.
“Io ho letto i tuoi pensieri quando
credevi di non rivedermi mai più.”, disse Tommaso alzandosi seduto sul letto,
“non sfuggire…so tutto ”, Isabella abbassò gli occhi turbata ed arrossì.
“Hai capito?”, disse a bassa voce,
“è tanto tempo che volevo dirtelo, ma allora per me non c’era posto, adesso non
so…”
“Zitta…non continuare”, la interruppe lui, “ti devo la
vita, lo sai? …stavo facendo un lungo viaggio e proprio quando stavo
oltrepassando il punto di non ritorno sei comparsa tu, sono tornato solo per
te!”, nella voce di Tommaso c’era tanta
tenerezza…Isabella lo guardò senza capire, quelle parole misteriose non avevano
senso… ma le bastava sapere che lui era
lì, vicino a lei, forse per sempre.
FINE
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