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mercoledì 26 febbraio 2014

COLPO GROSSO A MONTECARLO






 

 Un sole pulito scaldava la giornata invernale, sotto, il mare luccicava d’azzurro. Il rombo potente della Lamborgini gialla riempì l’aria,  Eva e James, a bordo del bolide sulla  Moyenne Corniche,  stavano iniziando la discesa verso Montecarlo.

La ragazza abbassò il volume della radio, si stirò, si tolse i grandi occhiali scuri, sbatté più volte le palpebre sugli occhi verdi:

«Meno male che siamo arrivati», disse sbadigliando.

«Dovresti stare sveglia, mia cara, ricordati che stanotte sarà bianca», rispose lui concentrato sulla guida.

Poco dopo erano davanti all’imponente facciata Liberty del Grand Hotel Hermitage. Un fattorino si precipitò a prendere i bagagli, un altro posteggiò la vettura in garage mentre l’elegante coppia entrava nella hall dove si respirava l’atmosfera ottocentesca del favoloso mondo della Belle Epoque. La locandina  sulla colonna di marmo, informava che nella sala adiacente erano in mostra i gioielli di una famosa attrice, fra cui “Sirio”, il diamante più grande del mondo.

«Ben tornati signori, avete fatto buon viaggio?», si informò premurosamente il consièrge, con un sorriso stampato sul viso, dietro il lussuoso banco della reception.

«Ottimo Paul, la camera è sempre quella?», rispose James.

«Certamente, il ragazzo vi accompagnerà», disse l’uomo porgendo le chiavi a un ragazzetto smilzo che li precedette verso l’ascensore, salirono in silenzio, percorsero il lungo corridoio e il giovanotto aprì la porta della camera 128 al primo piano dell’edificio:

«Buon soggiorno», farfugliò allungando una mano per la mancia.

Eva si precipitò ad aprire la finestra: la visione del porto la riempì di gioia:

«E’ sempre una città affascinante, sono contenta di essere qui», mormorò sognante, «ricordo che la volta scorsa abbiamo vissuto momenti indimenticabili, vero amore?».

Lui sorrise: «Certo che ricordo, però adesso devi concentrarti, quella era stata un’incursione per studiare il colpo, non ti dimenticare che siamo qui per lavorare».

La giovane donna, delusa dal tono sbrigativo rispose seccata:

«Ho capito! E’ la seconda volta che mi richiami all’ordine…in fin dei conti sono la tua donna e vorrei che lo tenessi presente. Lasciami sognare ogni tanto».

James si avvicinò e le prese il viso fra le mani:

 « Lo sai che ti amo», e le stampò un bacio sulla bocca. Tacitata dal gesto affettuoso Eva si rasserenò:

«Sono pronta, cominciamo».

«OK, informati da Paul se questa notte c’è Alain, il solito portiere, l’ho già contattato, ma devo esserne sicuro. Ora ci facciamo una doccia, ci cambiamo, andiamo a visitare la mostra, poi ci mettiamo in azione», affermò James.

Quando scesero erano splendidi, ambedue alti, biondi, belli; lei indossava un abito d’alta moda, e lui era in jeans e maglione, ma di quelli griffati.

Eva si fermò davanti alla reception:

«Stanotte c’è lo stesso portiere?», chiese disinvolta a Paul.

« E’ sempre lui, però mi ha appena telefonato che ha avuto un contrattempo, ci sarà domani».

«Questo non ci voleva, ci costringe a rimandare», brontolò James allontanandosi.

I gioielli sfavillavano nelle teche di cristallo infrangibile, diademi, anelli bracciali, colliers favolosi con pietre preziose che facevano sognare le signore presenti.  Ma ciò che interessava James era il diamante che aveva il nome della stella più luminosa del firmamento: “Sirio” che splendeva nella vetrinetta centrale, ben custodita da una ragnatela di raggi infrarossi che ne impedivano l’avvicinamento. A meno di mezzo metro di distanza scattava un allarme sonoro.

Eva e James rimasero in osservazione per qualche minuto, poi continuarono la visita, ma tornarono ancora per riprendere con una fotocamera nascosta ogni particolare della preziosa bacheca, per rivedersela in privato e studiare le mosse per effettuare la rapina.

Mentre stavano tornando in camera, telefonò Alain, il portiere di notte:

«Mi dispiace, mia madre sta molto male, devo andare da lei in ospedale…domani notte ci sarò», disse concitato a James che aveva preso la chiamata.

«Ricordati che devi fare il lavoro che hai promesso, poi sarai ben ricompensato, non ti tirare indietro, altrimenti te la farò pagare», rispose lui minaccioso.

Interruppe la conversazione:

«Speriamo che non ci faccia un brutto scherzo, se non c’è lui non possiamo fare niente, deve staccare l’allarme per qualche minuto, poi interveniamo noi», mormorò preoccupato

«Vedrai che andrà tutto bene», lo rassicurò Eva, «non ci pensare! Adesso però dimostrami che mi ami, portami a ballare, poi abbiamo tutta la notte per noi».

James non si poté sottrarre, come sempre, al fascino di quegli occhi verdi come uno degli smeraldi che aveva appena visto brillare nei colliers racchiusi nelle bacheche.

E quella sera Eva era stupenda nel suo abito da sera, ballò con lui, sensuale come non mai, il suo corpo morbido era avvinto al suo, sulla pista del night al suono di una romantica melodia:

«Torniamo in albergo»,  le sussurrò improvvisamente, preso dal desiderio di lei.

Per la prima volta non pensarono al colpo che dovevano fare, si concessero all’attrazione dei sensi, dimenticando tutto il resto, poi rimasero abbracciati ad aspettare il sonno.

«Ho sete», disse Eva stirandosi come una gattina, « nel frigo ci deve essere qualcosa da bere».

Tornò con due bottigliette già aperte: «Dai, fammi compagnia», disse invitante.

James spense l’arsura con la bibita fresca, strinse a sé ancora una volta Eva e si addormentò felice.

 Si svegliò la mattina dopo con un  cerchio alla testa:

«Devo essere in forma oggi, non mi posso permettere di stare male», si disse. Ingoiò un antidolorifico, si alzò e si buttò sotto la doccia. Dopo qualche ora era pronto per prepararsi alla notte che l’avrebbe fatto diventare ricco come uno sceicco arabo.

Ma durante la giornata aveva i nervi tesi, stava affrontando una dura prova e si augurava che tutto andasse per il verso giusto e quando arrivò il momento non vedeva l’ora di mettersi all’opera.

 Alain,  puntualmente aveva preso il posto di Paul ; la sala dove erano esposti i gioielli era stata chiusa già dalle diciotto del pomeriggio, l’allarme con i raggi infrarossi era stato innescato. Tutto era nella norma, nessuno sospettava che qualcuno sarebbe entrato per rubare “Sirio”.

Anche nel Grand Hotel arrivò la notte, molte luci si spensero, nella hall e  nelle camere scese il silenzio.

Erano le due di notte, Eva e James indossarono le tute nere, aderenti al corpo come una seconda pelle, la loro camera, al primo piano era sopra la sala della mostra, si misero un’imbragatura , uscirono dalla finestra e scesero lungo la parete del retro dell’Hotel, appesi ad una corda ancorata con un gancio di massima sicurezza ad una sporgenza. Con un piede James scostò la vetrata del salone,  precedentemente aperta da Alain e saltò all’interno, seguito da Eva. Con la pila si diressero verso il loro obiettivo, però, prima di avvicinarsi comunicarono con il portiere attraverso un trasmettitore per non lasciare traccia sul telefonino. Questi staccò l’allarme, raccomandandosi di agire entro pochi minuti, prima che qualcuno se ne accorgesse.

Con cautela, movendosi come felini in agguato, aprirono con un congegno elettronico la teca e delicatamente James prese il diamante dalla custodia di velluto blu; lo strinse nel pugno e lo passò a Eva. Si era concluso tutto in pochi minuti, avvertirono il portiere e risalirono con la corda fino in camera. Appena misero piede nella stanza, si tolsero le tute, si abbracciarono ridendo, ancora una volta avevano vinto insieme.

«Fai la valigia, andiamocene, prima che scoppi la bagarre. Domani potrebbero perquisire le camere, e noi saremo già lontani», disse James.

Poco dopo attraversavano la hall sotto gli occhi quasi ammirati di Alain:

«Ecco il tuo compenso, ci vivrai bene per qualche anno…au revoir!», disse James allungandogli una busta zeppa di banconote.

Scesero in garage, salirono sulla Lamborghini e, lasciarono velocemente  il Principato di Monaco.

Sulla potente vettura gialla arrivarono in poche ore a Parigi, stanchi ma soddisfatti entrarono nel loro appartamento nei pressi della Tour Eiffel, posarono i bagagli, e James  trasse da una custodia il brillante grosso come una  nocciola e l’osservò a lungo emozionato:

«Ce l’abbiamo fatta! Non ci prenderanno mai, nessuno sa i nostri veri nomi, tutti i documenti sono falsi. Con quello che ricaviamo da “Sirio”, potremo andare alle Seychelles a riposarci, poi a Miami…che ne dici?», James era euforico, strinse a sé Eva in uno spasmodico abbraccio.

 «Domani dovrò ripartire per Amsterdam, ho appuntamento con quel tale che vuole comprare il diamante, tu aspettami qui, poi decideremo dove andare».

«Va bene, amore, ti attenderò con ansia», scherzò porgendogli la bocca.

Il giorno dopo James affrontò ancora un lungo viaggio verso l’Olanda, arrivò ad Amsterdam che stava finendo la giornata, ma aveva tanta fretta di concludere quell’avventura che telefonò immediatamente al ricettatore e insistette per essere ricevuto in serata. Entrò nell’elegante casa di mister  Van Lerner che lo accolse con entusiasmo facendolo accomodare nel suo studio.

«Complimenti, come sempre hai fatto un bel lavoro…vediamo questa meraviglia, ti confesso che c’è in me una certa emozione, non tutti i giorni mi capita di avere fra le mani una pietra così», disse accogliendo dalle mani di James il diamante.

Con la lente inserita nell’occhio sinistro si accinse a valutare “Sirio”, ma la sua espressione cambiò dopo pochi secondi, il suo viso si accigliò:

« Ci conosciamo da tanto tempo, non fare il furbo con me, non attacca», sbottò, «dove vuoi arrivare? Non compro e non vendo pietre false, e questo caro mio, è un fondo di bicchiere!».

«Cosa hai detto? Ti stai sbagliando, non può essere…!»,  James sentì il sangue scivolargli via dalla testa, quasi stava per svenire. «Stai scherzando? Dimmi che stai scherzando», bisbigliò esterrefatto.

 «No James, mi dispiace, purtroppo non mi sbaglio mai. Se vuoi, puoi farlo valutare da un altro esperto, sempre nostro amico s’intende», affermò , « ti confesso che sono deluso, stavo aspettando questa pietra con ansia ed ora…te la rendo», riconsegnò il diamante a James rimasto senza parole.

«Come è potuto succedere?» si stava chiedendo distrutto, mentre si allontanava dalla casa di Van Lerner, «potrebbe essere stato Alain…ma é un ometto senza coraggio, ha accettato di essere complice del furto per quattro soldi, e non poteva vendere quel gioiello, soltanto un ladro internazionale come me, che conosce le persone giuste in ogni parte del mondo può farlo». Aveva la testa che fumava, avrebbe dato qualsiasi cosa per trovare chi aveva sostituito la pietra.

Con angoscia rimontò sulla Lamborghini e riprese la strada per Parigi; là  voleva andare a fondo del mistero. Cercò di telefonare alla sua ragazza, ma non ebbe risposta: il telefono suonava a vuoto..

 

In quello stesso momento Eva, a bordo di un aereo diretto a Miami, stringeva in pugno l’originale “Sirio”, il diamante più grosso del mondo e sorrideva pensando a James.

«Te l’ho fatta, amore mio, hai sempre creduto che fossi un’aiutante senza iniziativa, ti ho voluto dimostrare che so fare a meno di te…ti invierò una foto dalla spiaggia di Miami, sdraiata sotto un ombrellone».

E mentre sorrideva riviveva il momento del furto: sapeva benissimo che quello che stava per rubare insieme a James, era un falso perché la notte precedente, era stata proprio lei che l’aveva sostituito.

 Ancora prima di partire da Parigi per Montecarlo, si era messa d’accordo con Alain, il portiere di notte del Grand Hotel Hermitage :

 «Ti farò diventare ricchissimo, però mi dovrai aiutare. James vorrebbe agire la notte stessa del nostro arrivo, ma non ti farai trovare, perché io avrò bisogno di te».

Ricordava quando aveva usato le arti migliori della seduzione per indurre James a tornare in albergo e poi, la bibita che gli aveva dato in cui aveva messo un potente sonnifero. Così, indisturbata e con l’aiuto di Alain, aveva sostituito il diamante vero con quello falso, che si era portata da Parigi.

James  arrivò a casa, abbattuto come un cane bastonato.

«Eva…è successa una cosa incredibile!», gridò entrando , «Eva…dove sei? »,  la sua voce si perdeva nel nulla, la casa era vuota. Si aggirò per le stanze sconcertato, in quel momento il telefonino gracchiò: era arrivato un messaggio.

«Ciao James, guarda la foto che ti sta arrivando, sono a Miami, ma non sono sola, sono con “Sirio”. Amore mio, non arrabbiarti, volevo soltanto dimostrarti che l’allieva ha superato il maestro. Vieni, ti aspetto…ti amo, Eva».

Per James quella foto fu la più grande sorpresa della sua vita, però mentre guardava la sua donna in bikini sorrise e pensò che  era degna di lui e…che non la voleva perdere per nessuna ragione al mondo: prenotò subito un posto su un volo per la Florida.

 FINE
 

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