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venerdì 31 maggio 2013

UN FIORE NEL FANGO

Settima puntata

Rosalia aprì gli occhi con fatica, l’odore dei medicinali le entrò nelle narici, la prima cosa che vide fu il soffitto bianco, girò lo sguardo intorno senza capire, finalmente intravide una persona che indossava un camice bianco :
“Dove sono ? Cosa è successo?”, chiese smarrita.
“Adesso deve stare tranquilla, va tutto bene”, il giovane medico si avvicinò al letto e Rosalia si rese conto di essere in un ospedale.
 “Sono tanto debole”, riuscì a sussurrare.
“Non si preoccupi, ha perso molto sangue, però il suo amico l’ha aiutata!”. Il dottore si volse verso Claude che era seduto su una sedia un po’ in penombra.
Rosalia cercò di alzare la testa per guardare, ma ricadde sul cuscino stremata.
“Claude, sei qui?”, chiese con voce flebile.
Lui si avvicinò al letto:
“Non ti affaticare, non mi sono mai mosso, aspettavo che aprissi gli occhi, dopo l’anestesia”
Lei improvvisamente ricordò l’attimo in cui la lama le era entrata nel torace:
“Sono stata ferita…adesso mi viene in mente tutto, perché il medico ha detto che mi hai aiutata?”.
Il dottore intervenne:
 “Era in pericolo di vita per una forte emorragia, c’era urgenza di una trasfusione ma in ospedale non c’era il sangue del suo gruppo, l’avevamo richiesto, ma dovevamo aspettare che arrivasse . Per fortuna Claude aveva il sangue adatto e si è offerto di donarlo per salvarle la vita”.
 “Grazie”, sussurrò Rosalia, allungò una mano per stringere quella di Claude.
“Non facciamo tante storie, cosa dovevo fare? Lasciarti morire?”, brontolò lui mentre stringeva fra le sue la mano di lei.

Rosalia  uscì dall’ospedale dopo tre settimane, Claude non l’aveva lasciata un solo giorno,
le era stato accanto senza mai farlo pesare. Lei si stava affezionando a quel ragazzo innamorato cotto, che non riusciva a starle lontano, e se pensava che gli doveva la vita si sentiva un verme perché purtroppo
  il suo sentimento si fermava alla gratitudine e all’amicizia, gli voleva bene come a un caro amico. Claude capiva che non poteva ottenere da lei quello che desiderava, ma nonostante questo non ce la faceva a staccarsi , si accontentava di starle vicino sperando sempre in un miracolo….
Tornarono nel piccolo appartamento di Montmartre, Valentina li accolse con un grande abbaccio:
“Bentornata Rosalia,  tutto è rimasto come quando l’hai lasciato tu, questa volta non ho altri ospiti da presentarti…”, guardò con intenzione Claude che stava entrando in quel momento.
Rosalia era un po’ spaesata, si era abituata alla vita semplice e agli ampi spazi del casolare in Provenza, e quel bilocale dove in ogni centimetro libero c’era sistemato un mobile le dava un senso d’oppressione. Guardò Claude: “Si stava meglio da nonna Josephine”, disse con un leggero sorriso, “ma cercherò di abituarmi ancora a questo buco”.
“Presto potrai comprarti una casa più grande dove vuoi tu”, le disse Valentina, “i tuoi lavori sono diventati di moda, non sai quante telefonate ho ricevuto per sapere come stavi!…sono venuti anche i giornalisti della TV, radio, stampa….mi sono sentita importante anch’io”, e qui Valentina si diede una sbirciatina allo specchio dell’anticamera, “ho dato una foto in cui eravamo insieme, sai non si sa mai…però hanno pubblicato solo la tua, pazienza!”, concluse delusa.
Rosalia sorrise, non si aspettava di diventare famosa, forse era una compensazione per ciò che aveva perso: l’amore, la famiglia, la sua terra…
La giovane scultrice era contesa in tutti gli ambienti artistici, le furono commissionate parecchie opere,  passava il suo tempo in un laboratorio dove aveva sistemato tutto ciò che le occorreva per lavorare in santa pace; Claude la raggiungeva di tanto in tanto…una sera si fermò più del solito, anche per dare una mano a sistemare i lavori. Stavano spostando una scultura quando si trovarono tanto vicini che lui non poté fare a meno di abbracciarla; lei dolcemente si scostò:
“Ti prego, Claude, non roviniamo tutto!”, sussurrò.
Il ragazzo la guardò negli occhi: “ Io ti amo, lo sai”.
“Lo so”, rispose lei, “ma ti ho sempre fatto capire che per ora non posso innamorarmi di nessuno”.
“C’è un altro?”, le chiese lui con la voce che gli tremava.
Rosalia rimase in silenzio, aveva un nodo alla gola, non voleva confessare tutto a Claude, ma del resto se non gli raccontava la sua storia, lui non poteva capire.
“Sì”, rispose allora dopo molta esitazione, “c’è stato e non lo posso dimenticare, ti chiedo solo di capirmi e di aspettare che quello che provo ora, sfumi nel tempo. Io ti voglio bene, ma devo essere certa che si trasformi in un vero amore”
Claude capiva fino a un certo punto, lei non gli aveva detto chi era il suo rivale. 
“E’ rimasto in Sicilia?”.
 “Non lo so, forse non lo rivedrò mai più…ma non mi sento di amare nessuno, per adesso”, concluse guardandolo negli occhi.
“Non voglio sapere altro”, rispose lui, “ aspetterò… lasciami però una porta aperta”, supplicò.
“Ti voglio molto bene…sei l’unico amico sincero che abbia mai avuto, se hai un po’ di pazienza forse le cose cambieranno”. Per Rosalia pronunciare quelle parole era un sofferenza perché era veramente affezionata a Claude e gli era riconoscente per come le era stato vicino in quel burrascoso periodo, e soprattutto per il suo gesto generoso di averle donato il sangue, ma  non voleva illuderlo inutilmente, era meglio mettere subito in chiaro ciò che provava per lui. Qualche volta le dispiaceva di essere così rigida, ma il ricordo di Giulio non l’abbandonava, c’era soltanto il tempo che poteva aiutarla a dimenticare e allora chi avrebbe voluto accanto a sé era proprio Claude.
Dopo quel momento di verità, per entrambi il loro rapporto era diventato più facile, non potevano fare a meno l’uno dell’altra, ognuno dei due chiedeva consiglio prima di prendere una decisione, ma non avevano più pronunciato la parola amore. Claude si era rassegnato ad aspettare, Rosalia non gli aveva detto di no e questa era la speranza alla quale si aggrappava nei momenti di malinconia.
+++

Dal momento in cui aveva visto la foto di Rosalia sul quel giornale francese, Giulio non ebbe più pace, il primo impulso era stato quello di prendere il primo aereo per Parigi, ma  troppi impegni e troppe scadenze lo trattenevano a Milano. Sapeva però che lei era là e che l’avrebbe ritrovata, era solo questione di giorni. La data del matrimonio era sempre più vicina ed era diventata un incubo, la notte non riusciva a prendere sonno invaso da pensieri negativi: gli dispiaceva per Clara, ma non se la sentiva di ingannarla, la donna che voleva era Rosalia, qualunque altra non lo interessava , prima però doveva vederla per sapere quanto era rimasto in lei del loro amore. Era passato molto tempo…forse per lei non era stato così importante…
Quando riuscì a partire non sapeva a cosa sarebbe andato incontro: non aveva la minima idea di dove cominciare a cercarla, aveva paura di non trovarla: in una città come Parigi non era facile rintracciare una persona. Decise di recarsi alla redazione del giornale che aveva pubblicato l’articolo e la foto: con l’aria spaesata entrò negli uffici e si diresse in segreteria. Aveva in mano il foglio del quotidiano:
“Vengo da Milano per rintracciare questa persona”, disse alla ragazza che lo fissava senza capire. Sfoderò il suo imperfetto francese e rifece la domanda. La donna alzò le spalle:
“Mi dispiace, signore, non possiamo dare l’indirizzo…deve chiedere al direttore”, rispose, cercando di mascherare con un sorriso la  risposta negativa.
In quel momento, un giovanotto entrò: “Questa è la ragazza italiana di rue  Martin ….molto carina!”, disse gettando un’occhiata alla pagina di giornale che Giulio teneva in mano:
“Grazie, sei un amico!”, esclamò lui avvicinandosi: “sai anche il numero?”, continuò.
L’altro alzò le spalle :  “Mi dispiace, non sono andato io…”.
“Non importa, la troverò”, si precipitò alla porta e uscì di corsa.
Quel piccolo episodio era un buon presagio: forse la fortuna era dalla sua parte e l’avrebbe aiutato a riabbracciare Rosalia. Con un taxi si precipitò nella via che gli aveva casualmente indicato quel redattore, ma quale era la casa in cui cercare? Era una strada lunga, colorata dai negozi con le insegne variopinte, animata dalla gente indaffarata che a quell’ora di mattina riempiva i marciapiedi. Molti turisti si soffermavano a guardare le bancarelle che vendevano di tutto. Le case erano quasi tutte uguali, con i tetti stretti gremiti di comignoli, sui muri gialli il tempo aveva lasciato i segni.
Giulio entrò in un cortile e chiese di Rosalia a un gruppetto di donne che stavano chiacchierando, queste lo guardarono meravigliate: nessuno la conosceva. Entrò nelle panetterie, nelle macellerie, in quasi tutti negozi che incontrava, ma senza risultato.  Non voleva darsi per vinto…a costo di bussare a tutte le porte di tutti gli appartamenti di quella via. Caparbiamente continuò, finché capitò in un bar frequentato da artisti:
 “Rosalia”, disse uno di loro calcando l’accento sulla a, “è mia amica”.
“Sai dove abita?”, chiese Giulio concitato.
“Sì…vedi quel portone verde? Abita là, al quarto piano”, rispose il ragazzo, poi aggiunse incuriosito: “Sei venuto a comprare le sculture?… è molto brava…”.
“Lo so, vengo dall’Italia solo per lei”, rispose lui euforico.
Uscì di corsa dal locale accompagnato dallo sguardo stupito di tutti.
Davanti a quella porta il cuore gli batteva all’impazzata: era già lì da qualche minuto…nessun rumore si udiva all’interno. Finalmente uno scalpiccio gli fece capire che qualcuno sarebbe arrivato ad aprire.
Un ragazzo biondo, assonnato, si presentò sull’uscio.
“Desidera?”, gli chiese sbadigliando.
Giulio era rimasto immobile, fissava lo sconosciuto:
“Cerco Rosalia”, le parole gli uscirono a fatica.
Lo sguardo dell’altro lo esaminò da capo a piedi: “Italiano?”, domandò ancora.
“Sì…ma questo non ha nessuna importanza”. Giulio era nervoso, “Vorrei sapere se posso vedere Rosalia”, continuò seccamente.
“In questo momento non è in casa”, il ragazzo tentò di chiudere la porta, ma Giulio glielo impedì. “Le dica solo che l’ha cercata Giulio…è molto importante”.
Subito dopo si trovò a fissare i battenti chiusi. Scese le scale con il morale a terra: l’aveva trovata, ma non nel modo che aveva sognato…forse l’uomo che era venuto ad aprire era il suo nuovo compagno, forse per lei quelle notti d’amore erano state solo una parentesi…eppure  aveva sentito fra le sue braccia che le emozioni erano le stesse. Per rispondere a tutte queste domande doveva incontrarla, guardarla negli occhi e sentirsi dire da lei… “Ho un altro, non mi interessi più”. Solo così si sarebbe rassegnato a tornare a Milano e a sposare Clara. Deciso a non lasciar perdere nulla per riuscire a parlarle, Giulio decise di appostarsi nei paraggi per fermarla al rientro.
Quando Claude  tornò dentro, la voce di Rosalia uscì da dietro la tenda della doccia: “Chi era?”, chiese.
“Un tale che voleva vendermi dei libri”, rispose lui cercando di essere il più naturale possibile.
 In realtà era confuso e nervoso, non sapeva chi fosse quell’uomo che aveva chiesto di Rosalia: il suo amore italiano?  Un altro della banda? Gli era venuto d’istinto dirgli che non era in casa…solo per proteggerla aveva agito in quel modo…Forse avrebbe dovuto parlarne con lei…o forse no, era meglio tacere e portarla via ancora una volta per tenerla lontana da tutto quello che l’aveva fatta soffrire..
Rosalia si stava preparando ad uscire, doveva andare al laboratorio a finire il lavoro che le avevano ordinato.
“Aspetta!”; esclamò Claude facendola sobbalzare, “vengo con te!”.
“Lascia stare…conosco la strada”, rispose lei innervosita.
Lui fece finta di non sentire: “Sono pronto”, disse allacciandosi il giubbotto.
Giulio li vide uscire insieme, restò fermo a guardarli mentre si allontanavano, l’emozione di averla rivista fu  forte, il cuore cominciò a battere veloce: dopo un profondo respiro si riprese e, quasi senza rendersi conto di quello che stava facendo li seguì. Lungo il percorso li osservava parlare, lei ogni tanto si appoggiava a lui, e ogni volta che gli sorrideva sentiva una fitta dentro: sembravano una coppia di innamorati. Quando entrarono in un portone, Giulio rimase a fissare quel legno ingiallito senza avere il coraggio di toccare la maniglia. Poi si fece forza e spinse l’uscio che era rimasto socchiuso. Un grande spazio ingombro di ogni sorta di oggetti gli si parò davanti ; Rosalia gli voltava le spalle: stava infilandosi un camice azzurro, Claude era dietro di lei e, sentendo la presenza di qualcuno, si voltò:
“Cosa vuoi ancora?”, esclamò, “si può sapere chi sei?”.
Lei si girò e lo vide,  lo fissava con gli occhi sbarrati  come di chi ha visto un fantasma: “Giulio!”, disse finalmente quasi sussurrando. Lui non si mosse, lei gli corse incontro e lo strinse in un lungo abbraccio. “Sei proprio tu…”, si scostò per guardarlo in viso, negli occhi verdi brillavano lacrime di gioia.
 Giulio sentiva il profumo dei suoi capelli ed era felice, sentiva che lei non l’aveva dimenticato, finalmente poteva dire di aver ritrovato il suo amore.
“Non ti lascerò mai più, principessa”, mormorò accarezzandole la fronte.
“Non credevo di ritrovarti, ora potremo stare sempre insieme”, rispose lei appoggiando la testa sul suo petto. 
Claude li guardava e capì che aveva perso per sempre Rosalia.  Anche lei si voltò verso di lui e il suo era uno sguardo per chiedergli perdono.
+++
Le lacrime scendevano senza ritegno lungo le guance di Clara mentre contemplava il suo abito da sposa diventato inutile.  Giulio non era tornato da Parigi, in una lunga telefonata le aveva raccontato la sua bella storia d’amore, peccato che la protagonista era un’altra… in fondo al suo cuore aveva sempre saputo che non l’aveva mai amata veramente, forse era meglio così. Almeno lui aveva trovato la felicità.
Fine.


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