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venerdì 17 maggio 2013

UN FIORE NEL FANGO



Sesta puntata

In Provenza, la primavera è una stagione meravigliosa: il profumo della lavanda impregna l’aria, i colori del paesaggio variano dal verde brillante dei prati al giallo delle mimose fino all’azzurro del cielo.  In giardino Rosalia si godeva la bella giornata lavorando. Sotto il tocco delle sue mani esperte stava prendendo forma una testa di donna.  La distrasse il suono del cellulare  posato sul tavolino degli attrezzi..
“Sono Claude, come stai?”.
“Qui tutto va a gonfie vele”, rispose tranquilla, “sto ultimando il lavoro, devi venire a prendere le statue, il gallerista le vuole esporre per dopodomani, mi raccomando, ti aspetto”. Dopo un momento di pausa Rosalia riprese più titubante: “E…dell’uomo, nessuna notizia?”
“Per ora niente di nuovo…ti conviene restare dove sei, da nonna Josephine non ti cercherà nessuno”, rispose lui con tono rassicurante. “Allora ci vediamo domani…”.
Rosalia sorrise, quel ragazzo era così premuroso nei suoi riguardi che cominciava ad affezionarsi. Dopo la sera dell’aggressione e la confessione della sua forzata appartenenza alla banda del rapimento di Giulio, si era proposto di aiutarla:
 “Bisogna sparire, subito…altrimenti quello ritorna! Ti porterò da mia nonna, in Provenza, così nessuno saprà dove sei”, le aveva detto concitato.
 Erano partiti quella sera stessa e lei si era trovata in una casetta al limite di un bosco, ospite di una signora dai capelli bianchi che l’aveva accolta con tanta gentilezza che si era sentita subito a proprio agio.
 Ormai erano mesi che era ospite di nonna Josephine, si era rimessa a lavorare per non pensare. I rapporti con il mondo dell’arte li teneva Claude che continuava a frequentare l’accademia. Il suo nome cominciava a circolare fra gli addetti ai lavori e i critici parlavano tanto bene di lei che un importante gallerista di Parigi le propose una personale.  Era la prima volta che qualcuno così importante le chiedeva di mettere in vendita le sue opere: almeno in campo professionale aveva delle grandi soddisfazioni. Ma i sentimenti erano confusi e, nonostante Claude le facesse continuamente capire di essere innamorato, lei non voleva pensare all’amore. Il ricordo di Giulio le era rimasto talmente dentro che non riusciva a immaginare vicino a lei nessun altro all’infuori di lui. E più passava il tempo  più le rimaneva il dolore di non poterlo rivedere: con lui aveva passato poche ore, ma in quelle ore aveva provato sensazioni che mai immaginava di provare: aveva toccato la felicità e sarebbe stato difficile trovare un altro che risvegliasse in lei questi sentimenti.
Claude arrivò puntuale, e non poté fare altro che complimentarsi con lei:
 “Farai un gran successo”, le disse contemplando le opere di Rosalia “ma tu devi restare qui, è più prudente”.
Ma ormai lei non voleva più rimanere estranea al mondo per cui aveva tanto lavorato, inserirsi di nuovo fra gli artisti e fra i compagni di accademia era fondamentale.
 “Non chiedermi questo, non sarei capace di stare ferma un minuto, voglio vedere cosa dice la gente davanti alle mie sculture, voglio leggere nei loro occhi se devo proseguire su questa strada o se ho sbagliato tutto e non vale la pena di continuare”.
Le insistenze di Claude per tenerla lontana da eventuali pericoli non ebbero nessun esito. Rosalia partì con lui per Parigi.
La sala della mostra era affollata da bella gente, molti si soffermavano a lungo ad ammirare le opere, i commenti erano per la maggior parte positivi, Rosalia si sentiva inorgoglita e felice, il proprietario della galleria, a fine giornata era euforico: “Ho venduto quasi tutto”, le disse entusiasta. “d’ora in poi dovrai lavorare solo per me”.
 Alla ragazza vennero le lacrime agli occhi: finalmente ce  l’aveva fatta, aveva sfondato in un mondo tanto difficile e complicato, da sola, con le proprie forze. Abbracciò stretto stretto Claude:
 “Grazie”, gli sussurrò nell’orecchio, “senza di te non sarei arrivata a tanto”.
Lui sprofondò il viso nei suoi capelli neri: “Ti amo”, le disse sottovoce.
Uscirono a braccetto per andare a festeggiare in compagnia degli amici che si erano precipitati in gruppo  al vernissage.  Mentre raggiungevano le macchine posteggiate in diversi punti della strada, Rosalia si sentì afferrare per un braccio:
 “Sei tornata, finalmente, ero sicuro di ritrovarti. Non si sfugge alla mia vendetta”.
 La voce roca che pronunciava queste parole apparteneva allo stesso uomo che l’aveva aggredita molti mesi prima. Non si era ancora resa conto di quello che le stava succedendo, quando sentì una fitta attraversarle il torace.
 “Rosalia!”, gridò disperato Claude accorrendo in suo aiuto; l’uomo si allontò di corsa, le sue forze s’ingigantirono, fece un balzo e lo raggiunse prendendolo per le spalle, incurante del coltello che l’altro teneva ancora in mano. Con un pugno lo stese a terra e lo disarmò; mentre chiamava la polizia gli teneva un piede sul torace; senza perdere di vista un solo istante Rosalia stesa per terra che si lamentava. Fortunatamente le forze dell’ordine arrivarono dopo pochi minuti e arrestarono il delinquente che si dimenava sotto il tacco di Claude.  Rosalia non aveva la forza di alzarsi, rimase così finché non arrivò l'ambulanza  che a sirena spiegata si diresse verso l'ospedale più vicino.
Davanti alla sala operatoria Claude non capiva più niente, era talmente in tensione che non sapeva stare fermo, si tormentava le mani e passeggiava freneticamente nel corridoio aspettando che qualche medico gli dicesse qualcosa a proposito di Rosalia che era sparita, coricata su una barella, dietro una grande vetrata nella quale era proibito entrare. Inseguiva ogni infermiere che vedeva passare scongiurandolo di dargli notizie. Finalmente un dottorino con gli occhiali, che indossava un camice verde, uscì dalla porta a vetri e gli rivolse la parola:
“Lei è parente della signorina che è stata ricoverata poco fa?”
" Sono un amico...non ha parenti. Ma, come sta?”, farfugliò Claude.
Il medico scosse la testa:
“Ha perso troppo sangue…dobbiamo fare una trasfusione, ma in questo momento non abbiamo a disposizione il sangue del gruppo 0 RH  negativo. Abbiamo fatto la richiesta in un altro ospedale e stiamo aspettando che arrivi…speriamo non troppo tardi!”
“Cosa vuol dire….Rosalia è in pericolo di vita?”, Claude prese per un braccio il dottore che si scostò.
“Stia calmo, purtroppo devo risponderle di sì”.
Il ragazzo si mise una mano sulla fronte:
 “Io ho quel tipo di sangue!”, quasi urlò.
 Il medico lo guardò per un secondo, poi lo spinse dentro la porta a vetri:
 “Andiamo! Non c’è tempo da perdere!
+++
La signora Anna stava mettendo in ordine le bomboniere:
“Ricordati di invitare anche Luisa, ci tiene tanto e poi è la tua madrina”, disse mentre divideva le scatoline con i confetti in gruppi ben distinti: quelle per le persone importanti, quelle per i parenti, gli amici e i conoscenti.
“Va bene, mamma,”, rispose Clara con la testa china sul biglietto che stava scrivendo. “Non riesco ancora a crederci…fra quindici giorni mi sposo”.
“Sei felice?”, chiese la madre.
“Sono al colmo della felicità”, rispose la ragazza con gli occhi che brillavano, “sposare Giulio è sempre stato il mio sogno…quando ho saputo che si era innamorato di una più vecchia di lui non volevo crederci. L’avevo detto che non poteva durare…infatti è finita come doveva finire. Adesso entro in campo io, e non si libererà facilmente di me, ho intenzione di stare con lui tutta la vita…”.
“Mi auguro che tutto vada come desideri”, continuò la signora  Anna accarezzando i capelli della figlia, “ora va a prepararti, ha telefonato Giulio che verrà a prenderti per andare dall’architetto. Ci sono ancora molte cose da fare per finire di arredare la casa “.
L’architetto Michele Ferrari era un compagno di studi di Giulio, si conoscevano fin dal liceo.
“Ecco gli sposi”, disse interrompendo il disegno che stava facendo, “Vi trovo molto bene…allora la data si avvicina…”, continuò dando una pacca sulla spalla dell’amico.
“Già…”, rispose Giulio. Un’ombra era passata sul suo viso e Clara se ne accorse.
“Capisco che ti senti la corda al collo….ma un po’ di entusiasmo non guasta”, replicò con la voce un po’ stridula. “Bene”, proseguì allontanandosi a osservare i quadri appesi alle pareti, “allora ci vuoi far vedere questi famosi mobili?”, si rivolse all’architetto con un tono nervoso.
“Dobbiamo andare nel salone al piano terra”, rispose lui, “se volete seguirmi…”. Mentre scendevano in ascensore Clara non perdeva d’occhio l’espressione di Giulio: era teso e serio.
L’enorme spazio d’esposizione era occupato da mobili moderni; Ferrari mostrò con orgoglio un contenitore  in legno laccato di nero molto lineare:
“Ecco”, disse rivolgendosi alla coppia, “penserei a un mobile come questo accompagnato da un lungo tavolo in cristallo, che ne dite?”
Giulio non rispose, un gruppo di sculture appoggiate in un angolo, aveva attratto la sua attenzione.
“Che meraviglia…mi piacerebbe averne una. Dove le hai prese?”, chiese all’amico.
Michele si volse:
“Vengono da Parigi, me le ha mandate un mio conoscente….Sono proprio belle, mi hanno entusiasmato  subito. Sono di una scultrice che sta avendo molto successo, si fa chiamare Rosalia, senza il cognome.”
A quel nome il cuore di Giulio si arrestò per un istante, il viso di lei gli si presentò davanti agli occhi come se fosse presente. “Naturalmente è francese”, disse cercando di mascherare il turbamento.
“No, è italiana e ma vive in Francia”, rispose Michele osservando Giulio .. “La conosci?”, chiese scrutandolo in viso.
“Non credo”, rispose lui distogliendo lo sguardo. In quel momento si era avvicinata anche Clara
 “Interessanti…”, commentò mentre osservava le sculture. “Guarda Giulio…starebbero bene nel salone”.
“Come?”, rispose lui distratto. Nella sua mente si accavallavano mille pensieri: Rosalia era scomparsa e potrebbe aver ricominciato una vita in un altro Paese…Ma no, sto facendo dei sogni impossibili, è solo una pura coincidenza, chissà quante donne si chiamano così…e poi non sapevo che fosse una scultrice…però non ha avuto tempo di dirmi niente di lei.
“Giulio…sto parlando con te!”, la voce di Clara lo fece sobbalzare e ritornò alla realtà.
“Hai ragione”, rispose , “sono fantastiche…. falle mandare a casa”. In quel momento il suo pensiero era altrove, non voleva illudersi, ma sentiva che quegli oggetti  avevano qualcosa di arcano, quasi di magico.
 Nei giorni che seguirono Giulio non era più lo stesso: il dubbio si era insinuato in lui quando aveva sentito quel nome, Rosalia, ma non poteva essere lei…cercò di togliersi dalla mente quel chiodo fisso e decise di non pensarci più. Il lavoro in quel periodo lo assorbiva molto e questo gli era d’aiuto, con una certa angoscia vedeva avvicinarsi la data del matrimonio, ma ormai era difficile tornare indietro, cercava di convincersi che stava facendo la cosa giusta; Clara forse era la donna adatta a lui: bella, intelligente, sicura di sé.
Quel giorno arrivò in ufficio leggermente in ritardo:
“Ingegnere”, gli disse subito la segretaria, “ Si è dimenticato di Lafont? È qui già da mezz’ora che l’aspetta”.
“Accipicchia”, rispose Giulio battendosi una mano sulla fronte, “mi è proprio passato dalla mente…fallo passare subito”. Si accomodò dietro la scrivania e attese l’ospite che veniva dalla Francia per discutere di un progetto. L’uomo entrò:
“Buongiorno Lafont, mi scuso per il ritardo, ma …ho avuto un contrattempo, si accomodi prego”, esordì Giulio cercando di essere il più gentile possibile.
L’altro aveva un’aria leggermente seccata:
“Ho avuto tempo di leggermi tutto il giornale…ma non importa, cominciamo subito”, nel dire questo appoggiò il quotidiano parigino, che aveva piegato accuratamente, sulla scrivania.
Senza volerlo Giulio lanciò un’occhiata in quella direzione. Un titolo a metà pagina colpì la sua attenzione:
“Giovane scultrice gravemente ferita .”
 Nella piega del giornale c’era una piccola foto, ma non riusciva a vederla intera.
“Scusi ancora un momento”, disse interessato, “Posso?”. Aprì la pagina e sentì un nodo stringergli la gola: era lei, era Rosalia! Non c’era più nessun dubbio, anche il piccolo neo fra le sopracciglia gli diceva che quella era la sua principessa.

1 commento:

  1. Eep! Inzia a farsi sempre più coinvolgente. Hmmmm. Non vedo l'ora di leggere la prossima puntata, continua così!

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