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lunedì 22 luglio 2013

Fine "UNA MOSTRUOSA RAGNATELA"


Anche la vita del dottor Vitali fu sottoposta alla lente d’ingrandimento, ma… oltre ad avere la giovane amante Tatiana il chimico conduceva un'esistenza lineare, perciò Parisi non riuscì a scoprire nulla che giustificasse il duplice omicidio, Vitali sembrava non avere nemici nemmeno nell’ambiente professionale.
 Ma un pomeriggio Loredana Caputo si affacciò alla porta dell’ufficio del suo capo:
«Una signora desidera parlare con lei», disse scostandosi per lasciare passare una donna di media età, in evidente stato di agitazione.
«Buongiorno commissario, sono la domestica a ore di casa Vitali, ho sentito una notizia che mi ha sconvolto. Oggi al telegiornale hanno detto che il dottore è stato avvelenato da una torta. Devo fare delle dichiarazioni importanti», si asciugò la fronte imperlata di sudore e si sedette sulla sedia davanti alla scrivania.
 «Si tranquillizzi e mi dica», l’invitò il commissario cercando di calmarla.
«E’ molto difficile rivelare certe cose, ma devo dare retta alla mia coscienza…allora sono venuta qui», disse lei tormentandosi le mani sudate.
 Parisi ascoltò la donna per quasi un’ora e, dopo quel colloquio chiamò Loredana:
 «Fai venire qui  la moglie di Vitali», ordinò brusco, «Subito!», aggiunse.
L’agente Caputo lo guardò di traverso, non replicò ma il suo sguardo diceva molte cose, tanto che Parisi stirò la bocca in un sorriso forzato e bofonchiò : «…per favore». L’agente speciale uscì mormorando qualcosa di poco piacevole.
Verso sera la signora Vitali si presentò, elegantissima nel suo completo color prugna e rimase in piedi con aria seccata: «Si sieda», l’invitò il commissario.
  «Non aspettavo di essere convocata…perché proprio io? Non ho niente a che vedere con la morte di mio marito e della sua amante, perciò vorrei essere lasciata in pace. Sono momenti terribili per me…».
«Mi dispiace ma devo farle qualche domanda», Parisi era nervoso. «Lei ha acquistato una crostata di fragole il giorno 16?», chiese a bruciapelo.
La donna ebbe un leggero sussulto: «No…», rispose.
«Eppure la sua domestica mi ha detto che in casa c’era un dolce di quel tipo», affermò lui puntandole gli occhi addosso. La signora si mosse sulla sedia e non rispose.
Un breve intervallo poi:
 «Anche se non mi crederà le dico che quella crostata l’ha portata a casa mio marito: era il mio compleanno e io adoro quel tipo di dolce», disse infine lei. La bocca sottile era come un taglio rosso nel viso pallido.
Il commissario rimase attonito, come poteva averle portato la torta il marito?  Non ci capiva più niente. «Se mi sta dicendo la verità, perché non l’avete mangiata insieme?».
«Lui ha inventato una scusa di lavoro e non è rimasto con me», Susanna Vitali si mordeva le labbra nervosamente. Il poliziotto si fermò un attimo a pensare,  «Non ne è rimasto nulla per confermare ciò che mi dice? L’ha consumata tutta lei, in una sera?».
Lei era in evidente imbarazzo: «No, non ce l’ho fatta, l’ho assaggiata e poi è finita nel bidone della spazzatura». Il commissario rimase in silenzio, il suo sguardo vagava sul viso della donna:
«Non credo una parola di quello che mi sta dicendo, devo avvisarla che approfondirò le indagini e se ci sono le prove di ciò che penso, sarò costretto a indagarla per duplice omicidio».
 «Sta commettendo un grosso sbaglio, non risponderò più alle sue domande se non in presenza del mio avvocato», affermò la donna sconvolta.
Parisi la lasciò andare, il suo sguardo la seguì fino a quando chiuse la porta, scosse la testa: quel caso si stava complicando più del previsto, c’era qualcosa che gli sfuggiva ma non riusciva a capire cosa. Sicuramente la più sospettata era la moglie del dottor Vitali, anche perché era convinto che si trincerasse dietro un muro di bugie. Se lei aveva in casa una crostata di fragole e il marito con l’amante erano morti avvelenati da quella torta, chi aveva mandato la torta se non lei? La cameriera l’aveva vista in casa, Susanna l’aveva comprata e avvelenata, ma ci volevano prove, e il commissario non aveva niente che potesse incolparla.
Loredana Caputo aveva ispezionato tutta casa Vitali, ma della torta di compleanno che Susanna aveva mangiato sola soletta, non si era trovata nemmeno una briciola. E Parisi non ci dormiva la notte.
Le indagini continuarono per molto tempo, ma quel caso sembrava non avere soluzione: quei due erano morti avvelenati da una crostata di fragole che non si sapeva chi l’avesse acquistata.
E, a malincuore venne il giorno in cui il commissario Parisi dovette cedere le armi e archiviare il caso: non era riuscito a trovare il colpevole, quella maledetta torta sembrava essere finita in casa  di Tatiana caduta dal cielo .
 Ma quel momento era così duro da superare che volle parlarne un’ultima volta con la sua assistente.
«Caputo, tu mi conosci, non posso mandare giù questa sconfitta…io però ho un sospetto che non ho mai potuto provare», disse in tono mesto.
«Provi a dirmelo commissario, magari quel vago sospetto potrebbe certezza», rispose Loredana  battendogli una mano sulla spalla.
E il nostro commissario raccontò una storia che era molto simile all’incredibile verità…

 Nel suo laboratorio dottor Alex Vitali era chino da giorni sulle provette e quando  si accorse che ce l’aveva fatta, esultò. Finalmente, dopo tanti tentativi andati a vuoto era riuscito ad avere il risultato che cercava. Da un po’ di tempo nella sua testa frullava qualcosa di malsano, era impazzito d’amore per Tatiana e il piano criminale che stava progettando era diventato la sua ossessione. Prova e riprova scoprì che il mix di sostanze tossiche che stava sperimentando sulle cavie, si era rivelato sicuramente letale e la morte poteva essere dichiarata per arresto cardiaco. Ovviamente nei tessuti e nel sangue rimanevano le tracce del veleno, ma solo un’autopsia poteva rivelarlo.

  Quella mattina, prima di andare al lavoro si recò in un supermercato, acquistò una crostata di fragole, poi ci ripensò: «Tatiana ne va matta, ne compro una anche per lei», si disse. Nella sede della casa farmaceutica si chiuse nel laboratorio, iniettò una fiala del suo veleno in una delle torte, confezionò di nuovo con cura il pacchetto, poi lo nascose nell’armadietto dei medicinali. L’altra crostata, quella per il suo amore, l’aveva riposta nella borsa che si portava sempre appresso. Alla chiusura degli uffici, prese la torta avvelenata, la borsa e andò verso la macchina posteggiata nel grande cortile. Mise i due oggetti sul sedile posteriore e si diresse verso casa. A un incrocio fu costretto a frenare bruscamente al semaforo che da giallo stava diventando rosso, un tale dietro lui lo tamponò.
Accostò al marciapiede per vedere il danno, discusse con chi l’aveva investito, ma poi riprese la strada di casa, non era successo nulla di grave e aveva fretta di andarsene.
 Soltanto la borsa si era aperta cadendo dal sedile, la crostata era uscita, e l’altra quella al veleno era accanto. Ancora confuso dal piccolo incidente, nervoso e teso, il dottor Vitali fece l’errore che costò la vita a lui e alla sua giovane amante: rimise nella borsa la crostata avvelenata e portò a Susanna quella buona dicendole:
 «Mi dispiace cara, non posso restare, devo finire una ricerca in laboratorio che devo consegnare domani mattina a un cliente importante», disse con il suo miglior sorriso, «ma ti ho portato la tua torta preferita: la crostata di fragole…tanti auguri!», esclamò, abbracciandola. Sapeva che, golosa com’era non avrebbe resistito a mangiarne almeno una fetta. Secondo il suo piano, quella fetta sarebbe stata l’arma del delitto: al suo ritorno sua moglie avrebbe dovuto essere già morta, lui avrebbe chiamato la polizia, e fatto sparire il resto della crostata, e il medico legale non poteva che dichiarare:   “decesso dovuto ad arresto cardiaco”.

Ma un tragico destino l’aspettava, quando salutò sua moglie, sapeva che era per l’ultima volta ma non perché lei sarebbe morta, ma perché lui non sarebbe più tornato, invischiato fino alla fine nella sua mostruosa ragnatela. 

 FINE

 

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