Powered By Blogger

venerdì 13 luglio 2012

FINALE DI "UNA NOTTE MAGICA"

L’enigmatica risposta stupì Adriano che voleva sapere di più, ma fu interrotto dal suono del telefono, l’uomo della reception chiedeva alla contessa se doveva mettere le catene alla sua vettura.
Poco dopo Adriano e Azzurra scesero tenendosi per mano, e si presentarono al bureau per pagare il conto sotto gli occhi attoniti del segretario.
La lussuosa berlina nera era pronta davanti alla porta dell’hotel, misero le valigie nel bagagliaio e la donna appoggiò con cura il grande pacco con la carta dorata, sul sedile posteriore.
La contessa si mise al volante e partirono. Da quando erano entrati nell’abitacolo, Azzurra era ammutolita, tanto che Adriano era a disagio, cercava argomenti banali per far passare il tempo, ma otteneva soltanto risposte a monosillabi. Lei era diversa dalla donna frizzante e disinvolta della sera prima, ora gli sembrava un’altra, anche l’espressione del viso si era indurita, più cupa, una riga le attraversava la fronte aggrottata. “Forse la strada la preoccupa, con questa neve c’è poco da scherzare”, pensò. Arrivarono giù, nella valle dove la strada era sgombra, Azzurra riprese velocità ma non cambiò atteggiamento:
«Ho fatto qualcosa che non va?», chiese infine lui, stanco di sopportare quel silenzio che lo innervosiva.
La giovane donna rimase un attimo in silenzio:
«Tu non mi hai fatto niente…anzi, mi hai dato tanto, ti chiedo solo di sopportarmi, ne avrò ancora per poco…poi passerà», distolse per un attimo gli occhi dalla strada e lo guardò, «somigli molto a qualcuno che dovrebbe essere al tuo posto», concluse amaramente.
Diede un rapido sguardo all’orologio, continuò a guidare fino ad arrivare al casello dell’autostrada.
La vettura nera s’infilò nella corsia di sorpasso e si sparò come un proiettile in mezzo al traffico. Adriano si aggrappò al sedile, e lanciò uno sguardo al tachimetro che segnava duecento.
«Vai più piano, vorrei arrivare a casa tutto intero», quasi gridò.
«Non ti preoccupare…questa è la mia velocità abituale», rispose lei tranquilla.
Adriano era teso, il rumore ritmico che sentiva nell’abitacolo da quando erano partiti aumentava il suo disagio:
«Senti anche tu questo ticchettio?», chiese infine .
Azzurra rispose senza staccare gli occhi dalla strada:
«In quel pacco sul sedile c’è un giocattolo per un bambino, forse è stato schiacciato qualche pulsante e la batteria si è messa in funzione».
Adriano si accontentò della risposta ma non ne era molto convinto: pensava a un guasto della macchina, a quella velocità se si fosse rotto qualcosa, sarebbe stato pericoloso.
«Fermati al primo autogrill, voglio dare un’occhiata al motore».
«Non abbiamo tempo, ho i minuti contati», rispose seccata la donna.
«Guarda l’insegna, fra un chilometro ce n’è uno, ti prego, facciamo una sosta, è più prudente».
Azzurra si fermò di malavoglia, Adriano scese a controllare il motore e la carrozzeria, ma non trovò niente che potesse far pensare a un guasto.
«Andiamo a prendere un caffè?», propose, voleva alleggerire la tensione che si era creata tra loro.
Lei lo guardò freddamente: «Va bene, ma poi ce ne andiamo subito», sibilò.
Il bar era affollatissimo, Adriano si mise in coda per pagare i caffé, fra i banchi, in esposizione, c’era un orsetto molto carino con un buffo berretto rosso e gli venne voglia di prenderlo, ma non ne ebbe il tempo, il suo turno alla cassa era già arrivato.
Al banco sorseggiarono la bevanda calda in silenzio, poi Azzurra si avviò all’uscita.
 Lui la seguì, ma appena fuori fu preso dall’irresistibile desiderio di acquistare quel peluche, voleva darlo a Federico, il nipotino che adorava e al quale aveva promesso un regalo.
«Scusa, vengo subito», e tornò sui suoi passi.
Azzurra si voltò inviperita. «Sbrigati, ti aspetto in macchina», urlò, negli occhi aveva un’espressione di follia.
Adriano stava uscendo dall’autogrill con il pacchetto in mano, quando un enorme boato scosse l’aria: pezzi di lamiera stavano volando dappertutto, la vettura di Azzurra era esplosa disintegrandosi e…dentro quella macchina c’era lei!
Impietrito lui restò sul piazzale stringendo fra le mani il giocattolo che gli aveva salvato la vita.
Seppe poi che la contessa Brandi, disperata per un amore sbagliato, si era suicidata portando nella vettura una bomba a orologeria: quel regalo avvolto in carta dorata, con il nastro rosso, che aveva posato delicatamente sul sedile posteriore.
Adriano si chiese perché quella bella donna avesse scelto lui come suo partner in quel viaggio verso la morte… forse, come aveva detto lei, assomigliava a qualcuno che l’aveva fatta soffrire.

FINE 



     

2 commenti:

  1. Uau.....che ci fosse una bomba si capiva da quando si è sentito il ticchettio... ma forse sono io che leggo troppo per avere delle sorprese.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Era proprio una bomba...ma il finale forse era imprevedibile.
      Ciao...

      Elimina