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mercoledì 2 ottobre 2013

FINE " QUEL VORTICE MALEDETTO"


FINE DI  “QUEL  VORTICE MALEDETTO”

 I giorni che seguirono furono terribili per Diana, riconobbe il corpo del marito solo da un frammento di orologio al polso del cadavere carbonizzato. Cercò di nascondere la verità a Marta che era molto legata al papà, quando chiedeva di lui era costretta a mentire: “E’ in viaggio, vedrai che presto tornerà”, rispondeva. Ma per quanto avrebbe potuto reggere quella bugia? Con molta fatica Diana ricominciò a vivere, portava la bambina a scuola e il resto della giornata l’impiegava a cercare  un lavoro che le permettesse di andare avanti. Per sua fortuna lo trovò  in un ufficio legale, con un ottimo stipendio e questo la risollevò da una parte delle sue preoccupazioni. Non erano passati nemmeno tre mesi dalla scomparsa di suo marito quando ricevette una strana telefonata:
“Cara signora Savini, sono l’avvocato Ortega, ho bisogno di parlarle…può venire nel mio ufficio alle diciotto, domani sera?”, chiese una profonda voce maschile.
“Posso sapere perché?”, ribatté sorpresa la donna.
“ Non posso anticiparle nulla, ma le consiglio di venire… è nel suo interesse”. Dopo aver dato l’indirizzo l’uomo interruppe la conversazione.
 Diana scosse la testa dubbiosa: “chissà cosa vuole?, speriamo che non siano altri guai”, pensò preoccupata, “però devo vedere di cosa si tratta…”.
Il giorno dopo si recò all’appuntamento in una vecchia casa di un quartiere popolare. Salì i gradini osservando i nomi  sulle porte, al quinto piano su una targhetta di ottone, lesse “Avvocato Manuel Ortega”
Suonò e le aprì un uomo basso e grassoccio che indossava una giacca spiegazzata sopra una camicia senza cravatta,: “ Diana Savini?”, chiese in tono mellifluo, “prego, si accomodi”. Aprì l’uscio di un locale arredato sommariamente. Diana sedette davanti ad una scrivania zeppa di fogli e di libri..  L’uomo si accomodò dall’altra parte.
 “Cosa deve dirmi?”; chiese ansiosa  guardandosi intorno.
 L’avvocato strinse gli occhi e la fissò :
 “ Sa che suo marito aveva un debito con il mio studio?”, chiese sporgendosi per osservare l’effetto delle sue parole..
 Diana era impallidita: “Quanto?”.
. La cifra che quell’uomo le disse la sconvolse: “Non è possibile!…comunque, lui non c’è più”, ribatté decisa.
“Ci sei tu…e la bambina”, insinuò ancora lui passando al tu senza complimenti.
“No…la bambina non dovete toccarla….cercherò di rendervi quei soldi”; la voce di Diana era diventata un soffio.
“Ti do tempo una settimana, se non paghi …questa bella bimba ce la prendiamo noi”, disse togliendo da un cassetto una foto di Marta.
Diana si sentì morire, si alzò :
 “Aprimi la porta”, sibilò , “voglio uscire di qui”.
“Ci faremo vivi noi…e non andare alla polizia, sarebbe peggio, credimi”, affermò Ortega accompagnandola all’uscio.
Diana trascorse quella settimana cercando affannosamente del denaro, si rivolse ad amici e parenti, vendette il diamante di fidanzamento, ma riuscì a racimolare solo un terzo della somma che le era stata chiesta.
Si incontrò con Ortega in un locale pubblico . “Ho questi”, disse mettendogli in mano una busta, e non chiedermi altro, non ce la faccio….” L’uomo contò le banconote:
“ E’ un po’ poco, ma mi rendo conto che non è stato facile….ti do ancora tre giorni per saldare”, bofonchiò mentre un sorriso ironico gli stirava la bocca.
Ormai Diana non sapeva più a quale santo votarsi, arrivò la sera del terzo giorno che non aveva combinato nulla. Alla telefonata del suo persecutore dovette rispondere che non poteva dargli nemmeno un euro. La mattina dopo  accompagnò Marta a scuola e andò in ufficio, pregando che non succedesse nulla a sua figlia. Dopo il lavoro tornò a prendere la bambina con il cuore che le batteva forte; con sollievo la vide uscire serena e allegra come sempre. Si incamminarono per mano lungo il viale che percorrevano ogni giorno. Non si accorsero che una vettura nera le seguiva; erano pochi metri da casa e la strada era deserta. Diana si voltò e vide la berlina che era dietro di loro.
“Corri, Marta” gridò.
Ma non fecero in tempo ad allontanarsi che la macchina  si accostò al marciapiede: due uomini scesero e strapparono Marta dalle mani di Diana che urlò con quanto fiato aveva in gola..
 In quel preciso momento una frenata li fece sobbalzare, il commissario Alex Parisi, l’immancabile Caputo e due agenti scesero da un’auto della polizia e si gettarono sui rapitori ammanettandoli in un baleno. Tutto si era svolto così velocemente che Diana quasi non se ne rese conto.. Abbracciò la figlia ancora sotto choc  e si avvicinò a Parisi:
“Grazie…come avete saputo?”; balbettò in preda a un’intensa emozione.
Il commissario la guardò sorridendo:
 “Non ringrazi me, ringrazi lui”, disse accennando all’uomo che stava scendendo dalla vettura.
Gli occhi di Diana  diventarono immensi:  
“Rocco!”, esclamò al colmo dello stupore. Lui la strinse a sé con forza:
 “Ti amo tanto, non ti ho mai abbandonato…perdonami ancora una volta…”, le sussurrò fra i capelli., poi prese in braccio Marta che era ancora stava tremando:  “Nessuno ti farà più del male”, disse emozionato.
“Ma…il cadavere, la macchina bruciata…”, balbettò Diana.
 Parisi  intervenne: “Come vede, non era lui…era il corpo di un poveretto investito sulla strada e morto mentre suo marito stava accompagnandolo all’ospedale”, batté una mano sulla spalla di Rocco:
 “Vede questo tipo? Voleva suicidarsi…con una moglie così e una splendida bambina. Per fortuna ci ha ripensato e ha inscenato la commedia mettendo al volante l’uomo già cadavere e infilandogli al polso il suo orologio…poi ha incendiato il tutto e l’ha buttato dalla scarpata…avendo cura di farci ritrovare la targa…ingegnoso no?… Dopo, in preda ai rimorsi, è venuto a raccontarci tutto e da quel momento abbiamo messo sotto controllo la sua casa e il telefono per prendere in flagrante questa banda di delinquenti… Ortega è già al fresco!”.
“Grazie, commissario”, disse Rocco porgendo la mano all’ispettore che la strinse con vigore.. “è tutto finito, ora andiamo a casa…se possiamo ricominciare”, continuò fissando negli occhi Diana.
Lei gli sorrise e l’abbracciò in silenzio.  Marta lo tirò per la giacca:
 “Sei tornato dal viaggio papà? Dopo possiamo fare un gioco?”.
“Gioco?…”, rispose lui sorridendo, “è una parola che non conosco…”.
 Si allontanarono abbracciati seguiti dallo sguardo compiaciuto del commissario Parisi che rivolgendosi a Loredana Caputo disse brusco:
 “Cosa sono quegli occhi lucidi?...ormai dovresti esserci abituata! Forza, torniamo in commissariato, c’è un sacco di lavoro arretrato che ci aspetta”.

La Pantera della Polizia guidata dall’agente speciale sfrecciò veloce lungo le vie della città.

                                                                                                                                   FINE                     
                                          

                                                                                                                                                                                                             

 

 

 

 

 

 

 

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