Powered By Blogger

martedì 12 marzo 2013

TESTIMONE A SORPRESA


Il ragazzo, in piedi davanti al tavolo, aspettava che Parisi si decidesse a dargli retta:
«Commissario cosa le porto?», disse per la seconda volta leggermente innervosito.
Alex Parisi era immerso nella lettura del giornale e alzò gli occhi su di lui:
 «Hai detto qualcosa?», chiese serafico.
L’altro lo guardò stupito:
«Sì, è la terza volta che le chiedo cosa desidera di secondo».
«Ah. Sì! Scusami , portami una bistecca con patatine »,  rispose a mezza voce, dopodiché si dedicò alle notizie del quotidiano, incurante di quello che gli stava attorno.
Poco dopo, stava affrontando senza entusiasmo la fetta di carne che il cameriere gli aveva appena portato e  che aveva l’aria di non essere molto morbida,  quando un urlo acuto lo fece sobbalzare ; guardò fuori e vide della gente attorno a una vettura grigia posteggiata proprio davanti al ristorante.
 Seguendo il suo istinto di poliziotto, scattò in piedi e uscì, si guardò intorno per rendersi conto di quello che stava accadendo: un tipo non molto alto che indossava un giubbotto nero e un berretto di lana, stava correndo sul marciapiede della parte opposta della strada, scansando i passanti che rischiavano di essere travolti. Infatti, poco prima di svoltare l’angolo investì un accattone  che lo afferrò  per una manica  per non cadere, si guardarono in faccia, poi quel tale con uno strattone si liberò e continuò la fuga.    
Parisi si precipitò all’inseguimento, ma l’altro ormai era troppo lontano, scomparve dalla sua vista, lui si fermò con le braccia lungo i fianchi ormai senza speranza di acchiapparlo.
  Tornò sui suoi passi e si avvicinò alla gente che stava commentando.  Facendosi largo raggiunse la Toyota che tutti stavano osservando:
«Polizia», disse mostrando il distintivo, i curiosi si spostarono per lasciarlo passare.
Una donna, seduta su un gradino stava singhiozzando.
«Là…là dentro…c’è un morto..è orribile», la poveretta non riusciva a calmarsi.
Parisi guardò all’interno della vettura dove c’era  il corpo di un uomo di mezza età, un filo di sangue raggrumato gli sporcava la bocca e la giacca all’altezza del cuore era intrisa di sangue. Aprì la portiera e purtroppo costatò che quell’uomo era morto,
Il commissario si abbassò a parlare con la donna che non si era ancora calmata, un cane bianco a macchie nere era sdraiato accanto a lei e la guardava con un’espressione quasi umana, tristissima.
«E’ lei che ha gridato?», chiese .
La donna scosse la testa per dire di sì:
 «Passavo di qui con la mia cagnetta, Miky mi tirava il guinzaglio in maniera diversa dal solito, guaiva e appena ci siamo avvicinate alla macchina mi ha dato uno strattone e si è arrampicata sui vetri, così ho guardato dentro e …ho visto quel tale che non si muoveva, credevo fosse addormentato, poi ho guardato meglio e mi sono accorta del sangue sparso sui sedili…», balbettò.
«No..non lo conosco, non so chi sia…non l’ho mai visto», rispose poi alle domande del commissario.
 Parisi si mise subito in contatto con la centrale:
«Mandate una pattuglia e un’ambulanza all’incrocio con via Garibaldi».
«Vengo subito commissario, cosa è successo?», chiese Loredana Caputo che aveva preso la telefonata. 
  Parisi in poche parole la mise al corrente, poi, mentre stava aspettando la squadra mobile, entrò nella vettura: frugò nelle tasche del morto per cercare i documenti, ma non trovò nulla, erano vuote, non c’era nemmeno il cellulare. Poi gli venne in mente che la Toyota doveva avere un libretto, cercò nel cassettino e lo trovò.
ʺFranco Merli», c’era scritto e di seguito tutti i dati del poveretto riverso sui sedili.
Il suono lacerante dell’ambulanza si stava avvicinando, poco dopo anche la pantera della Polizia arrivò sul posto.
Loredana non aveva ancora fatto tempo a scendere che si sentì chiamare:
«Fai rimuovere il corpo, ispeziona la macchina e prendere le impronte …insomma fai tutto quello che devi fare, poi sappimi dire chi era», disse il commissario accennando al cadavere, e le mise in mano il libretto della macchina.
La ragazza annuì e si mise all’opera. Parisi rimase sul posto finché gli agenti della squadra non ebbero  finito, tornò al commissariato incupito, era sempre così quando era costretto a vedere il corpo senza vita di un uomo assassinato brutalmente.
Poche ore dopo, al commissariato l’agente speciale Loredana Caputo entrò nel suo ufficio:
«Novità?», chiese Parisi.
«Commissario, ho le generalità della vittima», esclamò trionfante, « si chiamava Franco Merli, era un medico, sposato con tre figli, aveva quarantacinque anni, e lavorava alla Clinica Villa Verde», rispose tutto d’un fiato lei.
«Purtroppo bisogna avvisare la famiglia…lo vuoi fare  tu?», domandò ancora il commissario, «anzi sarebbe meglio andare a casa del dottore e parlare con la moglie, comincia a fare qualche domanda, in seguito la farò venire in commissariato per saperne di più. Non me la sento di interrogarla adesso…sarà un bel colpo sapere che il marito è morto!», concluse amaramente.
La villa del medico era all’estremità della periferia, Loredana suonò, un domestico di colore aprì la porta:
«Desidera?», chiese guardandola con sospetto.
«Dovrei parlare con la signora Merli», affermò l’agente.
«Attenda, per favore».
Poco dopo arrivò una giovane donna bruna che si fermò di colpo alla vista di Loredana in divisa da poliziotta.
«Polizia? Perché», nella sua voce c’era il tremore di chi si aspetta qualcosa di brutto.
«Posso entrare?», domandò Loredana.
La signora si spostò: «Prego, si accomodi».
La condusse in un salone arredato con buon gusto, con un cenno mostrò il divano, sedendosi a sua volta rigida, in attesa …
La Caputo non sapeva da dove cominciare, poi si fece forza la mise al corrente dell’omicidio di suo marito cercando le parole più appropriate. Era sempre una cosa atroce dover dare queste notizie!
La reazione della donna la stupì: non si scompose più di tanto, si aggrappò ai braccioli della poltrona e rimase muta per qualche istante. Infine balbettò: «Era solo?»
«Doveva esserci qualcuno con lui?», chiese stupita Loredana.
«Non so…erano giorni che non lo vedevo, stava dalla sua amante», rimase un attimo a pensare poi chiese timidamente, quasi sottovoce, «non si sa chi l’ha ucciso?»
Loredana la guardò, nemmeno una lacrima negli occhi chiari:
 «No…cominceremo le indagini dopo aver avuto la certezza che sia lui. Devo chiederle di venire con me a riconoscere il corpo», concluse leggermente a disagio.
«Va bene…aspetti qualche minuto per favore», ripose la donna fredda, senza nessuna emozione…e se ne andò seguita dallo sguardo attonito della poliziotta.
«E’ lui!», affermò poi la signora Merli davanti alla salma del marito, era pallidissima con il viso contratto e lo sguardo duro.
«Posso andare?», chiese qualche minuto dopo.
«Va bene, però dovrebbe tenersi a disposizione, il commissario vuole fare quattro chiacchiere con lei». La signora annuì e Loredana la salutò  sempre più sorpresa ma poi pensò che quella donna  preferiva vedere  il marito morto piuttosto che fra le braccia di un’altra.
Alex Parisi si mise subito in moto:
«Caputo!», la voce stentorea attraversò il corridoio e arrivò nell’ufficio di fronte.
 «Eccomi commissario», rispose subito lei abituata a essere interpellata in modo alquanto vivace.
«Ho saputo che il dottor Merli aveva un’amante», affermò il commissario senza tanti preamboli.
«Sì…così mi ha detto la moglie».
«Allora informati e sappimi dire chi è, vorrei conoscerla e sapere qualcosa di più riguardo a questo medico».
Così Loredana cominciò a indagare con la solita professionalità, era una brava poliziotta e ci teneva a dimostrarlo.
Chiedendo alle persone giuste arrivò a conoscere il nome della donna che aveva indotto il dottor Merli ad abbandonare la famiglia e l’indirizzo dove abitava.. In borghese, senza la divisa, andò a chiedere informazioni alla portinaia del condominio:
«Cristiana Venturi abita qui?», chiese.
La donna la guardò con sospetto, rimase un attimo in silenzio poi si lasciò andare:
«Abitava qui, si è trasferita due mesi fa e non l’ho più rivista. Penso sia andata a stare con il suo fidanzato, un bell’uomo, più anziano di lei», si fermò e squadrò Loredana da capo a piedi, «è una sua amica?», chiese .
«Sì, è un sacco che non ci vediamo…sa dirmi il nuovo indirizzo?.
«No…ma la trova alla palestra Virtus dove fa la personal trainer», aggiunse la custode.
Soddisfatta delle informazioni  Caputo si precipitò in palestra dove si iscrisse e chiese di essere seguita da Cristiana, una bella bionda muscolosa che cominciò subito il suo lavoro.... e Loredana sudò  al vogatore, poi al tapis-roulant, indi alla cyclette…non ce la faceva più! Ma quando uscì  aveva qualche informazione in più riguardante la nuova compagna del medico assassinato. Fra una sudata e l’altra la personal trainer si era messa a parlare e le aveva detto di avere un bambino di tre anni.
Era il figlio del dottor Merli? Questo Loredana non lo poteva sapere, ma già le bastava per mettere in moto il suo istinto investigatore, si riprometteva di entrare in confidenza per farla parlare e entrare così di straforo nella sua vita. 
Il commissario Parisi intanto mandava avanti le sue indagini. .Nell’ambito della clinica dove lavorava il medico interrogò colleghi e personale.    
«Non era molto ben visto», si lasciò scappare un infermiere, «era un arrivista che non aveva scrupoli…litigava spesso. Molti hanno detto: «se lo meritava!», quando hanno saputo che era stato ammazzato».
«C’era qualcuno che lo odiava?», azzardò il commissario.
«L’ultima volta l’ho visto proprio qui, in questo ambulatorio…stava litigando con il padre di una paziente deceduta dopo essere stata operata da lui. Urlava come un matto e l’altro se era andato minacciandolo», concluse l’uomo.
Parisi stava ascoltando interessato, un orizzonte nuovo si apriva, la pista della vendetta di un padre poteva anche essere buona. Tornò al posto di polizia con il pensiero fisso di convocare quell’uomo che aveva perso la figlia per colpa del dottor Merli.
Era l’una passata, l’ora in cui di solito il commissario consumava il suo pasto solitario, e anche quel giorno entrò nella trattoria “Da Mimmo” e si sedette al solito tavolo. Mentre aspettava, guardando fuori, si accorse di un insolito via vai e si alzò per guardare: un gruppo di gente ferma davanti al chiosco del fioraio stava osservando qualcosa  per terra.
«Scusa», disse al cameriere, «vengo subito, porta quello che vuoi..», uscì e si diresse verso il capannello di persone.
Un uomo era sdraiato per terra e si lamentava: «E’ stato investito da una moto», disse un ragazzo.
«Ero lì e ho visto l’incidente: un pazzo si è diretto su quel poveretto deciso a stenderlo…poi è scappato», aggiunse un tale, «aveva un giubbotto di pelle e un casco nero, non si poteva vederlo in faccia…non saprei riconoscerlo, ma giuro che ha proprio tentato di ucciderlo!».
In quel momento l’ambulanza arrivò e portò via il mendicante dolorante ma per fortuna non in gravi condizioni.

  (continua)









 





3 commenti:

  1. Molto bello, l' idea di un serial killer é interessante! Chissà chi é...
    P.S: Da Mimmo? Via Garibaldi? Il racconto é ambientato a Bergamo?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie. Non è esattamente ambientato a Bergamo, ma in una città di fantasia...quasi tutte le città hanno una trattoria "Da Mimmo " e una via Garibaldi...anche a Milano.

      Elimina
  2. mi butto. è stata l'amante sportiva adesso penso al movente ... ciao mary

    RispondiElimina