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domenica 19 febbraio 2012

L'UOMO COL BASCO BLU



 L'UOMO COL BASCO BLU
La signora Franca stava attraversando la strada davanti a casa:
«Mi dai qualcosa?», l’apostrofò un mendicante. Era un tipo strano, indossava una giacca militare e, nonostante fosse estate, aveva in testa un basco blu.
Lei frugò in borsa poi si girò infastidita:
«Ecco, tieni», borbottò allungandogli un euro, alzò la testa, lo guardò e l’espressione del suo viso cambiò, qualcosa in lui l’aveva colpita. «Di solito, sei sempre qui davanti?», chiese mentre lo stava osservando.
«Sì, seduto sui gradini della chiesa», rispose lui abbozzando un sorriso.
«Hai fame?», continuò Franca.
«Quella non mi abbandona mai», l’uomo si passò una mano sullo stomaco.
La donna continuò a fissarlo per qualche secondo, poi se ne andò.
L’accattone ritornò a sedere davanti alla chiesa. Poco dopo si sentì chiamare:
«Hei, tu! Vieni qua», la signora gli stava facendo cenno di avvicinarsi.
«Vuoi mangiare qualcosa?», gli chiese.
«Perché no!».
«Allora, vieni su», la donna salì le scale e lui la seguì, entrato in casa si guardò intorno: «Accipicchia che lusso. Questi qui stanno bene, magari mi danno anche qualche soldo», si disse sfilandosi il basco.
Non sapeva di essere nell’appartamento del ricchissimo ingegner Mauro Silvani, re dell’acciaio.
«Vieni», comandò la signora, «ti do’ qualcosa da mettere sotto i denti». Poco dopo l’uomo della strada, seduto in cucina, tacitava i morsi dello stomaco con una fetta di arrosto, pane, frutta e un bicchiere di vino.
 Il padrone di casa entrò e lo salutò:
«Va meglio adesso?», chiese. Anche lui, come la moglie lo guardò con una strana espressione.
Con la bocca piena l’uomo rispose di sì.
Il giorno dopo il telegiornale del mattino divulgava la clamorosa notizia che l’industriale Silvani era stato ucciso a coltellate, in casa sua.
 La moglie aveva scoperto il corpo senza vita al mattino e, disperata, aveva telefonato immediatamente alla polizia.
Il commissario Parisi si mise le mani nei pochi capelli rimasti:
«Che grana!», bofonchiò, «Proprio a me doveva capitare».
Il corpo di Silvani era riverso sul tappeto del salone, il sangue raggrumato sulla camicia bianca formava orribili macchie sinistre, il viso era tumefatto e gonfio. Sulla parete una cassaforte spalancata e desolatamente vuota. Parisi osservò con cura il cadavere dell’industriale, doveva essere stato aggredito, buttato a terra e pugnalato. La signora Franca singhiozzava.
«L’hanno ucciso! Hanno rubato tutti i gioielli e il denaro….», aveva il viso devastato dalle lacrime che sgorgavano copiose dagli occhi chiari.
«Quando è successo?», chiese Parisi approfittando di un momento di pausa.
«Stanotte, credo, dormiamo in camere separate e non le posso rispondere con precisione, anche perché avevo preso un sonnifero e ho il sonno pesante. Non ho sentito niente! Nessuno ha sentito, nemmeno i domestici che dormono in fondo al corridoio, sono disperata, capisce commissario? Gli ho dato la buonanotte ieri sera e…stamattina l’ho visto qui, morto, ammazzato da un delinquente che era entrato per rubare».
«Questa è una delle probabilità, signora, ma dobbiamo fare le indagini necessarie per arrivare alla verità», rispose il commissario infastidito. Non sopportava che qualcuno anticipasse la conclusione del suo lavoro.
«Commissario, so quello che dico», cominciò la vedova, «ieri ho fatto entrare in casa un mendicante, mi aveva fatto pena, aveva fame e gli ho dato da mangiare. Poi è rimasto qui a parlare con mio marito ed è andato via verso le otto di sera».
Parisi l’ascoltava interessato:
«Mi dica tutto, signora, dove l’ha visto, cosa vi siete detti, che aspetto aveva».
La donna iniziò a raccontare, disse dell’uomo che portava un basco blu, e che chiedeva l’elemosina sui gradini della chiesa di fronte.
Cominciò da parte della polizia la spasmodica ricerca del misterioso personaggio. Ma contemporaneamente si delinearono altri fatti importanti nella vita dell’ingegner Silvani.
«Commissario, ci sono novità», l’agente speciale Loredana Caputo, una bella napoletana con gli occhi verdi, posò sulla scrivania di Parisi una cartella, «guardi qui. Sono libri contabili: le Acciaierie Silvani stanno andando in malora. E’ pronto il piano per i licenziamenti e la serrata».
«Perbacco, hai ragione», esclamò il commissario dopo aver dato un’occhiata al dossier, «bancarotta fraudolenta, se non fosse morto, l’ingegnere sarebbe andato dritto in galera».  Poi si fermò un attimo a pensare: «A questo punto dobbiamo seguire anche un’altra pista, qualche dipendente disperato per aver perso il lavoro potrebbe essersi vendicato. Non escludo nulla, continuiamo a cercare il vagabondo ma cominciamo anche indagini sull’acciaieria», concluse.
 Poi richiamò il suo braccio destro: «Caputo, so che sei brava in queste cose, fai mettere sotto controllo i telefoni di casa Silvani».
 Dai dipendenti dell’acciaieria uscirono soltanto ondate di livore contro il padrone:
«Adesso è morto, ma non lo rimpiango, ho perso il lavoro per causa sua, non ha saputo amministrare la fabbrica, gli piaceva la bella vita e se ne fregava di noi. I soldi se li è messi via, sono sicuro, sua moglie se li godrà, alla sua memoria!», si lamentò un impiegato della contabilità.
A Parisi venne in mente la bella signora Franca: anche lei avrebbe potuto essere colpevole, con la storia dell’uomo col basco aveva sviato le indagini. Quell’uomo esisteva?                                        (continua)

3 commenti:

  1. Bello davvero! Non leggo gialli di solito, ma questo mi ha proprio incuriosito! Non vedo l'ora della prossima puntata! Scrivi presto! Ciao!

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  2. FANTASTICO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

    Baci Martina

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  3. Questa storia mi prende, vado su continua..
    BRESY

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