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giovedì 26 marzo 2015

CI VEDREMO ALL'INFERNO


 


  

 

Lorenzo si tappò le orecchie e mise la testa sotto il cuscino, la voce di Gianna, stridula e petulante, lo chiamava: “Il caffè è pronto! Vieni subito altrimenti si raffredda…”. Tutte le mattine era così, lei si alzava presto, quasi all’alba, andava in cucina, preparava la colazione e cominciava a chiamarlo. Lui se ne starebbe stato volentieri ancora sotto le coperte, ma non c’era niente da fare: finché non si presentava sbadigliando sulla soglia lei non smetteva. Alla vista della moglie spettinata, avvolta in una vecchia vestaglia di un colore indefinito, ogni volta era preso dallo sconforto. Dopo tanti anni di matrimonio non si era ancora abituato a quella visione mattutina che gli rovinava tutta la giornata. Usciva di casa con un peso sullo stomaco, che non era dovuto al caffè troppo forte o alla marmellata di arance che non gli era mai piaciuta, ma proprio al fatto che era arrivato al punto di non sopportare più Gianna. Durante il tragitto per l’ufficio si calmava a poco a poco, e quando entrava era completamente rasserenato: l’aspettava Ramona, la segretaria perfetta, bella, elegante, colta, efficiente, e soprattutto giovane.

La storia con lei era cominciata subito, dapprima si era trattato soltanto di un'infatuazione dovuta al fatto di condividere la giornata con quell’affascinante ragazza sempre impeccabile e carina, poi con l’andare del tempo si era accorto di non poter più fare a meno di lei. Aveva preso una cotta formidabile, era disposto a tutto pur di non perderla.

“Buon giorno avvocato”, lo salutò la ragazza con un sorriso, “le ho preparato sulla scrivania le pratiche da firmare”. Al solo vederla l’avvocato Lorenzo Viviani si riconciliò con la vita. Ramona vestiva un completo gessato, la gonna corta mostrava le gambe ben tornite, la camicetta, sotto la giacca, era scollata quel tanto che bastava per mostrare l’attaccatura del seno. I capelli corvini le cadevano sulle spalle, lisci e lucidi, il trucco sapiente metteva in evidenza il taglio un po’ orientale degli occhi neri e il disegno della bocca carnosa. Come sempre le andò vicino, gli piaceva cominciare la giornata aspirando il suo profumo: “A dopo”, sussurrò. Nello studio non potevano lasciarsi andare a nessun tipo di confidenza, non volevano che gli altri sapessero del loro amore, uscivano ad orari diversi, ma poi si incontravano in casa di lei, prima di cena che Lorenzo consumava regolarmente con la moglie. Qualche volta riusciva a rimanere fuori con la solita scusa dei clienti importanti da portare al ristorante, ma questo non gli bastava più…aveva maturato dentro di lui un’insofferenza verso Gianna che gli annebbiava il cervello. Non la voleva soltanto lasciare, voleva distruggerla, cancellarla, non sentire più parlare di lei… Era bisbetica, petulante, noiosa, gli aveva rovinato la vita, non era riuscita nemmeno a dargli un figlio…non ne poteva più di vedersela girare per casa.

L’aveva sposata quando ancora non si era laureato, era arrivato dal meridione e non aveva una casa, quella donna, più vecchia di lui l’aveva accolto nel suo appartamento, l’aveva aiutato a completare gli studi ed era riuscita ad accalappiarlo senza che lui quasi se ne rendesse conto. Durante quei dieci anni di matrimonio l’aveva tradita, ma era sempre tornato da lei per pigrizia ma questa volta…no, doveva liberarsene definitivamente. In quella bella casa avrebbe portato Ramona per ricominciare a vivere alla grande col bel gruzzolo di Euro che Gianna aveva sul conto corrente e che sarebbero passati a lui in eredità.

Il piano che aveva architettato doveva essere il delitto perfetto.

 Quella domenica restò in casa per fare compagnia a Gianna:

“Il tempo si sta rimettendo al bello”, disse guardando fuori, “le previsioni sono ottime per questa settimana”, continuò volgendosi verso la moglie che stava sferruzzando su una poltrona. La donna alzò gli occhi:
“E’ vero”, confermò apatica.

“In ufficio non ho molto lavoro…che ne diresti di andare allo chalet?”, propose cauto.

Gianna cambiò espressione, divenne più attenta:
“Sai che te lo volevo proporre io?”; rispose, nei suoi occhi brillò un’insolita luce, “ma non sapevo se potevo chiedertelo, sei sempre così occupato…”, concluse abbassando lo sguardo sul lavoro a maglia.

Lorenzo riprese l’argomento con più entusiasmo:
“Benissimo, possiamo andare il prossimo week-end se il tempo non cambia…ma, anche se nevica è ancora meglio, ce ne staremo in santa pace davanti al camino a leggere”, affermò dolcemente.

Gianna si alzò e gli andò vicino: “Sei un tesoro”, sussurrò, “quest’anno non siamo ancora andati in montagna. E’ un vero peccato non utilizzare quella bella casetta fra i boschi”, concluse cercando di abbracciarlo. Lui tentò di scostarsi, ma se ne accorse in tempo, anzi si mostrò più affettuoso del solito.

 “Certo cara…senza contare che lo chalet ha bisogno di manutenzione. Non basta che Franz vada a vedere ogni tanto, c’è sempre qualcosa che si guasta col tempo. Allora prepara i maglioni, io andrò in cantina a recuperare gli sci. Non vedo l’ora di mettermeli ai piedi”, disse allegramente.

La settimana trascorse come al solito, prima di rincasare Lorenzo rimaneva con Ramona un paio d’ore che gli bastavano per avere il coraggio di affrontare la serata con Gianna. L’argomento divorzio era sempre in agguato, anche il venerdì sera la ragazza gli fece una scena di gelosia:
“Te ne vai in montagna con tua moglie…e poi mi dici che non la puoi sopportare…non ci credo, non la lascerai mai”, singhiozzò disperata.

“Ho organizzato questo fine settimana per avere l’occasione di parlarle, quando tornerò avrò chiarito tante cose…la convincerò a divorziare”.

“L’hai detto molte volte…ma sto ancora aspettando “, ribatté lei di malumore, asciugandosi gli occhi.

 “Stai tranquilla…vedrai che fra non molto saremo insieme, per sempre”, affermò abbracciandola stretta: affondò il viso fra i capelli neri, e rimase così per qualche secondo. Senza di lei la vita era vuota, era innamorato pazzo e si voleva convincere che ciò che aveva in mente era la cosa migliore da fare per non perderla.

I coniugi Viviani partirono carichi di valige e di sacchetti di provviste, lo chalet si trovava in una zona lontana dall’abitato ma vicina agli impianti, fra i pini, una posizione stupenda dalla quale si godeva la vista della Marmolada coperta di neve. Arrivarono nel primo pomeriggio, la stradina che portava alla casa era sdrucciolevole, dopo vari tentativi riuscirono a fermare la vettura davanti al portone di legno scolpito. Era una bella giornata ma faceva freddo, appena sceso di macchina Lorenzo si guardò intorno e respirò a pieni polmoni: l’aria frizzante e pulita gli diede una sferzata. Sentiva la necessità di incorporare energia per essere pronto ad attuare ciò che aveva pensato e ripensato nelle lunghe notti insonni. Il suo cervello stava lavorando come un computer: mille pensieri si accavallavano uno sull’altro, mille dubbi l’assalivano.

“Guarda che meraviglia”, esclamò Gianna lasciando vagare lo sguardo. Lo ski- lift portava su gli sciatori con le tute variopinte, il cielo era limpido, senza una nuvola. Lorenzo alzò gli occhi:

“Il tempo è stupendo…quasi vado subito a sciare prima che chiudano gli impianti…vieni anche tu?”, chiese guardingo. Sapeva che la moglie avrebbe detto di no, a lei piaceva andare di mattina:
“No, preferisco rimanere in casa…mentre ti aspetto disfo i bagagli e magari preparo la cena”, rispose infatti tranquilla. Lui prese le valige ed entrò in casa; si accorse subito che era stato attivato il riscaldamento.

“Hai telefonato tu a Franz?”, chiese rivolto a Gianna.

“Non sei contento?…se non l’avessi fatto qui dentro ci sarebbe stato il gelo…”, rispose lei stupita: di solito chiedeva all’uomo che aveva l’incarico di custodire lo chalet di far trovare la casa riscaldata al loro arrivo.

“Va bene…va bene”, borbottò lui.

“Vuoi qualcosa di caldo?”, propose la moglie. Ad un suo cenno affermativo andò in cucina a mettere l’acqua per il te. “Vado a vedere in cantina se la caldaia è a posto:”, disse e si infilò nella botola del sottoscala che portava in un locale dove c’erano gli impianti del riscaldamento e dove si posavano gli sci .

Nel locale male illuminato si diresse verso il bruciatore: “se fosse stato spento avrei lavorato meglio”, pensò contrariato. Doveva collegare un timer all’impianto in modo che al momento giusto scoccasse una scintilla e, di conseguenza, prendesse fuoco il gasolio. Lavorò qualche minuto, dalla cucina gli arrivò la voce di Gianna: “Cosa fai lì sotto?…vieni su, è pronto!”.

“Vengo subito”, rispose. Le mani gli tremavano e non riusciva a finire il lavoro, cercò di calmarsi. “Devo far presto…altrimenti si insospettisce”, pensò. Per la fretta non riusciva ad infilare un maledetto filo nel punto giusto. Finalmente, dopo vario tentativi, il congegno fu sistemato.

“Eccomi! C’è qualcosa che non va nella caldaia…aspettami un attimo, telefono a Franz che venga stasera a dare un’occhiata ”, esclamò uscendo dalla botola. Andò fuori, in macchina a prendere il cellulare:

“Franz? Hai acceso il riscaldamento ma sembra che ci sia qualche problema…no…no, non venire adesso, stiamo uscendo, ti aspetto stasera”. Doveva far sapere a qualcuno che l’incidente era stato provocato per un guasto all’impianto. Dopo la telefonata rientrò e si diresse verso il tavolo dove sua moglie aveva preparato il te. Ingollò la bevanda calda che in qualche modo lo rifocillò: era percorso da brividi che non erano di freddo, ma erano dati dalla tensione nervosa che aveva addosso. Diede un’occhiata all’orologio: “Due ore”, stava pensando, “mancano solo due ore…me ne devo andare al più presto”. Fuori il sole era ancora caldo, gli impianti di risalita funzionavano ancora.

“Allora vado a prendere gli sci”, disse Lorenzo in fretta, si precipitò lungo la scaletta che portava giù, si diresse di corsa verso il ripostiglio, nel passare davanti alla caldaia diede un’occhiata e vide la spia luminosa del congegno elettronico che aveva posizionato poco prima: tutto funzionava alla perfezione. Doveva solo sbrigarsi ad uscire di casa, per la fretta inciampò in una scatola fuori posto e perse l’equilibrio, cadde sul pavimento. “Acc…devo fare più attenzione”, sussurrò spaventato. Si rialzò agilmente scrollandosi di dosso la polvere. Risalì e aprì la botola sotto la scala.

Infilò gli scarponi e prese la giacca a vento: “Ciao ci vediamo fra poco”, salutò la moglie indaffarata davanti al frigorifero. Si avviò per il sentiero che portava alla sciovia, dopo pochi passi si accorse che un uomo veniva nella direzione opposta:
“Buon giorno avvocato”, esclamò il nuovo arrivato.

“Franz…che ci fai qui?”, chiese con la voce tremante Lorenzo.

“Mi ha chiamato lei…c’è qualcosa che non va?”, domandò l’uomo, “vado subito a controllare non si sa mai…può essere pericoloso”.

“Ti ho detto di venire stasera, adesso stiamo uscendo…”replicò irritato Lorenzo. In quel momento Gianna apparve sulla porta dello chalet. Franz sorrise: “La signora è in casa”, disse sollevato.

 Lorenzo era nel panico, guardava Franz, la moglie, l’orologio…

“No…sta uscendo anche lei, torna dopo ti ho detto, ora non abbiamo tempo”, sbottò innervosito. Il giovanotto guardava senza capire, credeva di aver fatto una gentilezza correndo subito dopo la telefonata.
“Vuoi che venga con te?”, intervenne Gianna che aveva sentito . “Mi vado a preparare, vuoi andare a prendermi gli sci, per favore?”. Lorenzo stravolto, rientrò in casa, si infilò nella botola rapidamente…se non poteva attuare il suo piano almeno avrebbe messo in salvo la vita. Il tempo trascorreva implacabile, le lancette giravano senza fermarsi, il congegno elettronico inesorabilmente si avvicinava alla scintilla fatale. Non c’era altro da fare che allontanarsi il più presto possibile. Con gli sci in spalla si accinse a salire le scale di legno, il rumore secco di una porta che si chiude lo fece sobbalzare: il chiarore che proveniva dalla botola che prima era aperta ora non c’era più. Qualcuno l’aveva chiusa: arrivò in cima e spinse, ma per quanto facesse forza non riusciva ad aprirla, il chiavistello da fuori l’aveva inchiodata.

“Gianna apri!”, urlò disperato. La voce tranquilla della moglie gli rispose:
“No…ora rimani dove sei, io me ne vado e tu salterai in aria…cosa credevi che non avessi capito? Sono più brutta della tua amante, più vecchia…ma non più scema.”

Lorenzo sentiva il sudore colare sulla pelle:
“Ti scongiuro…apri… c’è poco tempo…perdonami…non voglio morire”, la voce era disperata.

Dalla parte opposta silenzio, lui urlò ancora fino ad avere la voce rauca . Gianna intanto stava infilandosi il giaccone di pelliccia e tornò a prendere le valige:

“Ti ho fatto seguire, Lorenzo, sapevo che avevi acquistato quella cosa diabolica e aspettavo che tu la mettessi in opera…non hai perso un momento. So che mi odi, devi sapere che ti odio anch’io…addio caro, ci vedremo all’inferno…Ah, dimenticavo, ho assicurato la casa per parecchi milioni, ne comprerò un’altra meno isolata”. Si infilò i guanti e il berretto di lana e uscì; sul sentiero l’aspettava Franz.

“Andiamo”, disse gelida, “facciamo presto…”.

“E l’avvocato?”, chiese il giovanotto stupito.

“Sta ancora cercando gli sci…non ti preoccupare verrà dopo”, affermò la donna allungando il passo.

Erano arrivati quasi agli impianti quando una detonazione risuonò nella valle, una nube di fumo nero invase l’aria. Poco dopo tutti correvano verso lo chalet in fiamme. Franz era annichilito, balbettava continuamente:

“L’aveva detto che c’era un guasto…”. Gianna finse il dolore per la perdita del marito e, per non cadere in deliquio si appoggiò al braccio di Franz: quel bel giovanottone biondo non le dispiaceva.

“Cosa fai nella vita oltre che accendere la caldaia?”, chiese alzando lo sguardo, osservando attentamente il metro e novanta del ragazzo.

“Sono perito elettronico”, rispose lui meravigliato dalla disinvoltura della signora Gianna, “e vorrei diventare ingegnere”, concluse.

“Ti piacerebbe studiare in città?”, propose lei sorridendogli insinuante. “Vieni a trovarmi, posso aiutarti se vuoi”. Lui la guardò e annuì: era una cosa che si poteva fare.

 

                                                                                                                                   FINE