"Ti aspetto nel pomeriggio...l'indirizzo te lo
ricordi?", disse Leonardo mentre si infilava il casco e metteva in moto il
motorino. Tommaso annuì.
"Tranquillo...sarò puntuale", rispose con un cenno
di saluto. I due ragazzi se ne andarono per strade diverse. Erano compagni
d'università e frequentavano la stessa facoltà , si erano conosciuti quando
erano in fila per iscriversi al primo anno d'ingegneria meccanica, avevano
subito simpatizzato e, quel giorno si erano accordati per studiare insieme in
vista della imminente sessione d'esami.
Alle sedici, come avevano pattuito, Tommaso suonò alla porta
della casa dell'amico. Venne ad aprire una giovane donna in tuta bianca, i
capelli biondi spettinati le cadevano sulle spalle dandole un'aria sbarazzina,
aveva un viso dai lineamenti minuti, cosparso di qualche efelide. Si asciugò le
mani sporche di colore con un panno e
alzò su di lui gli occhi celesti, chiari e trasparenti come l'acqua:
"Sei Tommaso?"; domandò gentilmente, "Io sono
Giselle...entra, Leo ti aspetta". Si fece da parte e lo lasciò passare.
Il ragazzo passandole
accanto la sovrastò di parecchi centimetri con la sua alta statura, rimase
qualche secondo impacciato .
"Vai in fondo al corridoio, l'ultima camera a
destra", disse ancora lei, "scusa se non ti accompagno, ma sto
finendo un lavoro...poi vi porto qualcosa da mettere sotto i denti".
Tommaso ringraziò e raggiunse l'amico in camera:
"Simpatica tua sorella...e anche molto carina!",
disse appena entrato.
"Vorrai dire mia madre.... Ogni volta è la stessa
storia...non sei il solo ad essere caduto nell'equivoco", rispose Leonardo
divertito.
"Non ci posso credere...!", esclamò stupito
l'altro.
"Quando sono nato aveva appena diciotto anni... adesso
ne ha quarantadue e li porta bene...però, anche se sembra una ragazzina è
sempre mia mamma", affermò Leo sorridendo, "ma...adesso bando alle
chiacchiere e cominciamo a studiare".
"Hai ragione", rispose Tommaso poco convinto, "buttiamoci sui
libri...".
I due giovani si immersero nei calcoli matematici e si
fermarono solo quando sentirono bussare alla porta:
"E' ora di fare una pausa...Volete una tazza di tè e
qualche biscotto?".
Giselle entrò
portando un vassoio con le tazze e i pasticcini. Mentre Tommaso stava sorseggiando la bevanda
calda non riusciva a staccare gli occhi dalla madre dell'amico che si era seduta
sul letto per prendere il tè con loro: l'affascinava come si muoveva, come
parlava, con l'erre leggermente arrotata dei francesi.
"Non è italiana, vero?", chiese infine dopo aver
riflettuto se chiedere o no.
"Chi...io?", rispose lei , "sono
parigina...però da quando mi sono
sposata sono rimasta in Italia...ma dammi pure del tu, con gli amici di Leo
sono abituata così", propose sorridendo.
"Va bene...spero di riuscirci", scherzò Tommaso.
"Grazie, adesso
la merenda è finita...dobbiamo continuare...altrimenti possiamo dare addio
all'esame!", si intromise Leo: aprì la porta e accompagnò la mamma nel
corridoio.
Però Tom da quel
momento seguì distrattamente l'amico che continuava imperterrito a studiare, il
suo pensiero tornava agli occhi chiari e al sorriso di quella donna che avrebbe
potuto essergli madre, ma che l'aveva colpito più di qualunque ragazza che
aveva conosciuto fino a quel momento.
Quando si congedò, era molto impacciato:
"Allora
ciao...", disse a Giselle che lo stava salutando.
"Quando torni?"; chiese lei mostrando in un
sorriso accattivante i denti piccoli e regolari.
"Presto", rispose il giovane sempre più a disagio.
Uscì in strada con sollievo: quel pomeriggio era stato
pesante, non avrebbe voluto provare nessuna delle emozioni che l'avevano
sorpreso, era consapevole che stava lasciandosi sopraffare da qualcosa che mai
avrebbe avuto un seguito, però era incapace di sottrarsi ai pensieri che gli
ritornavano in mente... Lei incarnava la
donna che aveva sempre sognato: così bionda e fragile, effervescente,... aveva
quel qualcosa di speciale, una grazia particolare che l'aveva colpito fin dal primo momento che
l'aveva vista. "Che stupido sono", si disse, "devo smettere di
farmi delle paranoie per questa cosa...ha vent'anni più di me...ed è la madre
del mio migliore amico....devo essere impazzito!".
Si ripromise di
togliersi dalla testa gli strani
pensieri e ritornò ancora a studiare da Leonardo, chiamò a raccolta tutto il
suo self- control per non lasciarsi coinvolgere dal sentimento...ma un giorno, la porta dello studio era aperta e
vide Giselle che stava dipingendo, si fermò ad ammirarla in silenzio: lei era
controluce davanti alla tela , un raggio debole entrando dalla finestra e,
passando fra i suoi capelli li faceva brillare come l'oro. Lei si voltò e lo
vide:
"Cosa fai lì impalato?"; gli chiese.
Tommaso sussultò e non seppe rispondere, quegli occhi
lucenti che lo guardavano gli rimescolarono il sangue.
"Non devo venire più", pensò, "sto facendomi
solo del male...". Giselle smise di lavorare e si avvicinò:
"Vieni avanti, sto finendo questo quadro, ti
piace?", gli chiese
"Non sapevo che dipingessi", rispose lui
avvicinandosi. Rimase fermo davanti al dipinto raffigurante un tramonto sul
mare e in cui l'esplosione dei colori contrastanti trasmetteva la vitalità
dell'artista.
"Si vede che l'hai fatto tu", disse il ragazzo.
"Perché?", chiese lei curiosa.
"E' esuberante e frizzante come te...", mormorò
Tom fissandola in viso.
In quel breve momento
aleggiò nell'aria qualcosa di magico, il gioco degli sguardi si fece più
intenso, la vicinanza turbò i loro sensi. Anche Giselle fu catturata da
un'ineluttabile attrazione verso il ragazzo che stava guardandola in modo
troppo evidente per non capire che la desiderava. Aveva già notato in altre
occasioni che Tom l'osservava in quella maniera particolare in cui un uomo
guarda una donna che gli piace...e, da parte sua si era scoperta a pensare a
lui non come all'amico di suo figlio...ma lo vedeva talvolta accanto a sé nelle
sue fantasie amorose. Sentiva in lui il profumo della giovinezza: il fisico
atletico, il viso ancora acerbo, i capelli neri, quasi corvini, folti ed
ispidi, tutto le faceva tenerezza e l'attraeva ...Si scosse e uscì
precipitosamente dalla stanza lasciando Tommaso turbato davanti al quadro:
ognuno di loro stava combattendo una battaglia feroce per non lasciarsi andare
a un sentimento che li stava
travolgendo. Era un amore sbagliato, senza speranza, ma l'attrazione che c'era
fra di loro era più forte di qualsiasi proposito: nella breve vita di Tommaso
nessuna aveva suscitato in lui tanto interesse, il fascino che emanava da
Giselle l'aveva completamente conquistato, e lei, ritrovava in lui la
freschezza di un amore appena sbocciato
...si vergognava dei pensieri segreti, ma ritornavano sempre come
un'ossessione...
Il ragazzo decise di non frequentare più la casa di
Leonardo, con una scusa qualsiasi gli disse che non poteva continuare a
studiare con lui , così non sarebbe più caduto in tentazione....ma le notti
erano diventate bianche, non riusciva a prendere sonno. Cercò di distrarsi
frequentando altre ragazze, purtroppo tutte gli sembravano prive di qualsiasi
attrattiva, aveva negli occhi e nella mente soltanto il viso di Giselle, i suoi
occhi luminosi, i suoi modi e la sua straordinaria e inconfondibile erre
moscia...
Per fortuna l'esame di analisi matematica andò bene,
Leonardo decise di festeggiare e invitò Tommaso nella casa al mare.
"Saremo
soli?"; s'informò subito Tommaso.
"Ho invitato anche Fabrizio e Giovanni...se fa bel
tempo potremo andare in motoscafo...poi là conosco qualche ragazza e di sera ce
ne possiamo andare in discoteca".
"Ma...i tuoi non ci sono, vero?", chiese ancora
cautamente Tom.
"Cosa ti viene in mente....certo che non ci
sono!", esclamò Leonardo guardandolo sorpreso.
I quattro amici partirono sull'auto di Leonardo, era una
bella giornata autunnale, e i ragazzi erano contenti di andarsene a respirare
un po' d'aria pulita dopo aver passato tante giornate sui libri.
La vettura correva veloce, fin troppo veloce, infatti uno
dei tre ad un certo punto, visto che il guidatore pigiava sull'acceleratore
l'invitò a moderare la velocità.
"Vai piano...attento alla curva!", urlò Fabrizio.
Non fece in tempo a finire la frase che l'auto sbandò e andò
a picchiare contro il guard-rail , rimbalzò, girò su se stessa e si fracassò,
con un rumore infernale, sul ferro della balaustra. Dalle lamiere contorte
uscivano le grida dei ragazzi, qualcuno si fermò e chiamò l’ambulanza. Dei
quattro passeggeri solo Tommaso era uscito indenne dall'incidente: gli altri, per fortuna, se l'erano cavata con
fratture varie e qualche ferita superficiale.
Nell'ospedale dove
erano stati ricoverati arrivò dopo poche ore Giselle, pallida e trafelata
s'incontrò al pronto soccorso con Tommaso.
Il primo impulso di Tom fu di tenersela stretta sul suo
petto. I segni scuri sotto gli occhi, il viso tirato, sul quale si leggeva la
preoccupazione gli diedero una stretta al cuore:
"Leonardo sta bene...fra pochi giorni sarà a casa.
Possiamo dire di essere stati miracolati...poteva succedere il peggio", si
affrettò a consolarla per non vederla in quello stato.
Lei gli rivolse un debole sorriso e si buttò fra le sue
braccia:
"Portami subito da lui, voglio vederlo...",
mormorò distrutta.
"Tuo marito non è con te?", domandò Tommaso.
"E' all'estero per lavoro....tornerà fra una
settimana", rispose Giselle guardandolo in viso, i loro sguardi
s'incrociarono come se avessero pensato la stessa cosa. Però dalle loro labbra
non uscì una parola...Restarono in ospedale fino alla sera al capezzale di
Leonardo immobilizzato da una gamba ingessata.
"Io posso tornarmene in città", disse Tommaso
mentre si stavano avviando verso l'uscita. Giselle non rispose, rimase in
silenzio per qualche secondo poi, senza guardare in faccia il ragazzo,
sussurrò:
"Forse è la cosa migliore". Continuarono a
camminare senza rivolgersi la parola . Arrivati al parcheggio dove la donna
aveva messo l'auto, lei si voltò:
"Ritorni in
treno? Andiamo a Chiavari e ti accompagno alla stazione", propose.
Tommaso annuì ed entrò in vettura. Uno vicino all'altra,
nello stretto spazio dell'abitacolo si muovevano cautamente per non avere
l'occasione di toccarsi, rigidi e muti trascorsero il tempo del percorso con la
paura di lasciare trasparire l'emozione che c'era dentro di loro.
Giselle si fermò davanti alla stazione ferroviaria, Tommaso
scese, s'incamminò imponendosi di non voltarsi, ma fatti pochi passi tornò
indietro correndo:
"Non ce la faccio...devo parlarti", aprì la
portiera e si sedette di nuovo accanto a Giselle.
Stava per cominciare quando lei lo bloccò:
"Non dirmi niente....ho capito...", si fermò non sapendo
come proseguire. Il ragazzo rimase in attesa, trepidante.
Lei si passò una mano sugli occhi arrossati, un lungo
respiro uscì dalle labbra:
"So come ti senti dentro...anch'io sto provando la
stessa cosa e...non so come fare", la sua mano si posò sui capelli neri di
Tommaso in una lunga carezza, "è qualcosa che si è scatenato dentro di me
e...me ne vergogno, ma la passione è più forte di qualsiasi altro sentimento.
In vita mia non l'ho mai provata e ho sempre pensato che fosse il frutto della
fantasia degli scrittori, ma devo ricredermi: esiste e ci sto dentro fino al
collo... L'amore per mio marito è una
cosa diversa col tempo si è tramutato in affetto, quello che provo per te è un
fuoco che mi brucia dentro. Ho fatto
tanti buoni propositi, sono troppi gli
anni che ci dividono....se l'amico di mio figlio! Sono andata in crisi e avevo messo in dubbio
anche la mia onestà: non era possibile che una donna si innamorasse di un
ragazzo che aveva vent'anni meno di lei...Però mi tornavi sempre in mente e avrei
voluto baciarti, stringerti come un'amante appassionata., ho avuto vergogna di
me stessa e quando mi sono accorta che mi guardavi in un certo modo, ho cercato
di dare un taglio netto a questo sentimento che mi stava sconvolgendo la vita,
non vedendoti più ce l'avevo quasi fatta...ma oggi sei qui, vicino a
me...". Tommaso si avvicinò ancor di più:
"Adesso taci...", le sussurrò sulla bocca, un
lungo bacio mise fine a tutte le parole...Poi, nella casa a picco sul mare il
rumore incessante della risacca cullò la loro notte d'amore.
Il mattino dopo Giselle si svegliò, si stirò fra le lenzuola
e allungò una mano dall'altra parte del letto: il posto vicino a lei era vuoto,
sul cuscino un biglietto. " Vado a prendere quel treno che non ho preso
ieri sera. E' giusto così. Addio
Giselle, non potrò mai dimenticarti, questa notte l'ho passata in paradiso. Tommaso".
Una lacrima scese lentamente sulle guance della donna,
"Addio Tom", mormorò, "hai ragione tu...ci siamo incontrati
negli anni sbagliati".
Non si videro più, ma nel loro cuore rimase per sempre il
ricordo di quella passione vissuta soltanto una notte ma che sarebbe potuta
diventare un grande amore.
FINE