Appoggiato al bancone del bar del Grand
Hotel Majestic, un giovanotto bruno
stava osservando una coppia che scendeva lo scalone. La donna era di una
bellezza sconvolgente: lunghi capelli biondi coprivano le spalle come un manto
di seta, il viso dai lineamenti perfetti era illuminato da grandi occhi
pervinca, il corpo snello fasciato in un abito nero, metteva in risalto le
curve, tutte al punto giusto. La collana di diamanti, che aveva al centro una
stupenda perla nera, brillava sul decolté.
L’uomo che l’accompagnava era più
anziano di lei di parecchi anni: capelli brizzolati, una piccola barba bianca e
grossi occhiali cerchiati di nero.
«Chi sono?», chiese il giovane al
barista mentre non abbandonava con lo sguardo i due che si stavano dirigendo
nella sala dove era in corso un galà di beneficenza.
«Il petroliere Adami e sua moglie»,
rispose il ragazzo.
«Ospiti dell’hotel?», chiese ancora
il cliente curioso.
«Sì, da qualche settimana».
«Molto bella», ammise l’uomo mentre
si allontanava, alludendo alla visione bionda.
Il barista si accorse con piacevole
stupore che il cliente gli aveva lasciato come mancia un biglietto di grosso
taglio.
«Grazie!», esclamò, ma l’altro se ne
era già andato.
Poco dopo l’uomo entrò nella sala
della festa e percorse con lo sguardo il locale colmo di gente, poi si diresse
deciso verso il tavolo dove era seduta la bella signora con il marito. In mano
teneva un bicchiere colmo di un liquido rosato e, quando arrivò nei pressi
della coppia, inciampò nell’orlo di un tappeto e, cercando di
rimettersi in equilibrio rovesciò il contenuto del calice nella scollatura
della donna che si voltò infuriata:
«Cosa sta facendo!! Stia più attento,
mi ha rovinato il vestito!».
Il giovane aveva la fronte imperlata
di sudore.
«Stia fermo», disse lei innervosita colpendo
la mano che cercava di rimediare al danno tamponando il liquido con un
fazzoletto.
«Sono costernato, la prego di
perdonarmi…non volevo», farfugliò lui.
Il marito che fino allora non era
intervenuto aiutò la moglie ad alzarsi :
«Vieni cara, ti accompagno in camera a cambiarti», la sua voce gelida e
l’occhiataccia lanciata all’incauto intruso erano più che eloquenti: «Se ne
vada!», sibilò.
L’uomo si allontanò imbarazzato,
seguito dagli sguardi incuriositi degli ospiti seduti ai tavoli.
Il giorno seguente un fattorino
recapitò nella camera 215 dei signori Adami un grosso scatolone:
«Chi lo manda ?», chiese lei meravigliata.
Il marito consegnò il
biglietto che accompagnava l’involucro alla moglie che lesse lentamente: «La prego di accettare questo omaggio per
farmi perdonare la sbadataggine di ieri sera”, tolse dalla scatola uno
stupendo abito di raso nero:
«E’ bellissimo…è di Armani», sussurrò la donna appoggiandoselo sul corpo.
«Valentina!», esclamò spazientito il
marito, «Si può sapere chi te lo manda?».
«Il biglietto è firmato Alì Benhari,
credo sia quello che ieri sera mi ha rovesciato addosso lo champagne rosé», rispose
lei rimirando il vestito griffato..
«Non possiamo accettarlo, non conosco questo
tale», sbottò innervosito Adami mentre stava chiamando la reception: «Vorrei
sapere chi ha mandato lo scatolone che mi è stato recapitato poco fa. C è un
biglietto con firma Benhari. Chi è?».
«E’ un principe arabo, ospite
dell’hotel », rispose l’usciere.
«Come posso incontrarlo?», chiese
ancora il petroliere.
«Il principe cena tutte le sere in
albergo», rispose l’altro.
Adami interruppe la conversazione e borbottò:
«Lo ringrazierò di persona ma…non era il caso
per due gocce su un vestito…».
«Lo metterò stasera», cinguettò
Valentina, «sai, questi sceicchi…meglio non contraddirli, magari si offendono».
Quella sera stessa la giovane signora
Adami fece il suo ingresso in sala da pranzo fasciata nel lungo abito di seta,
molti si girarono a guardarla.
Mentre raggiungeva il tavolo le venne
incontro Alì Benhari che s’inchinò sfiorandole la mano con le labbra:
«Sono felice che abbia accettato il mio
piccolo dono, dovevo farmi perdonare la mia sbadataggine”, , i suoi occhi neri
e brillanti si puntarono sul viso di Valentina facendola arrossire.
«Sarei molto lieto di avervi miei
ospiti stasera», continuò il giovane principe rivolto al marito.
C’era tanto garbo in quella proposta
che il petroliere non seppe dire di no.
La serata trascorse amabilmente anche
per merito di Alì che aveva una conversazione brillante e raccontava cose
interessanti, a un certo punto si fermò e, guardando il collier di Valentina:
«E’ magnifica quella perla», disse
ammirato.
La donna accarezzò il gioiello:
«E’ la “Regina nera” una delle più belle al mondo, regalo di mio marito”,
disse rivolgendo un sorriso al consorte.
«E’ rarissima», proseguì il principe
Benhari, «non ne ho mai viste di così grandi, ha una luce particolare», i suoi
occhi neri fissavano Valentina.
Poi si volse verso Adami :
«La signora merita anche qualcosa di più
vivace. Se permette…», trasse di tasca il cellulare, compose un numero e parlò
nella sua lingua mentre Valentina e il marito lo stavano guardando stupefatti.
Qualche minuto dopo un ragazzo posò sul tavolo un astuccio. Sempre più
meravigliati i signori Adami stavano osservando la scenetta senza dire una
parola.
«Ecco cosa ci vuole per la signora!»,
disse Benhari aprendo la scatola: sul velluto blu scintillava uno stupendo
collièr di rubini. Gli occhi di Valentina si spalancarono per lo stupore.
«Che meraviglia!», esclamò attratta
dallo splendore delle pietre.
«Ormai siamo diventati amici e nel mio paese
un amico è sacro. Per rendere più stretto il nostro legame vi prego di accettare
questo modesto omaggio», disse galantemente il principe.
«No», il tono del signor Adami non
ammetteva replica, «mi dispiace, non possiamo…non ne vedo il motivo, lei è
stato fin troppo gentile a inviare l’abito che indossa mia moglie», concluse
freddamente.
Sul viso di Alì Benhari passò
un’ombra di disappunto, la sua bocca si strinse in una smorfia.
«Se non accetta vuol dire che mi è
nemico!», pronunciò queste parole con un tono di voce gelido e fece l’atto di
alzarsi dal tavolo. Valentina e il marito si lanciarono un’occhiata attonita,
non sapevano come comportarsi davanti a quell’uomo in piedi che li guardava con
occhi di sfida.
«Se la mettiamo su questo tono»,
farfugliò Adami, «non ci resta che accettare», disse allargando le braccia in
un gesto di resa.
«Molto bene, ma non dovete sentirvi
obbligati…ora possiamo continuare la serata in allegria. Brindiamo alla nostra
amicizia!», concluse Alì, risiedendosi.
In camera, prima di coricarsi
Valentina non resistette alla tentazione di indossare il gioiello, si mise
davanti allo specchio rimirandosi compiaciuta.
«Vale una fortuna! Mi sembra di
vivere una favola; ho sentito tanto parlare di questi ricchissimi nababbi che distribuiscono denaro
e gioielli come noccioline…ma non ne aveva mai conosciuto uno», sussurrò.
Il marito la stava osservando, ma non profferì
parola, si ficcò sotto le coperte:
«Buona notte», disse voltandosi dalla parte
opposta a quella di lei.
La sera dopo Valentina sfoggiava il
collier di rubini che le donava luce al
viso dandole un tocco di raffinata eleganza. Mentre si recavano a cena
incontrarono lo sceicco nella hall:
«Le sta molto bene», le disse
ammirato alludendo al collièr, «purtroppo questa è l’ultima sera che ci
vediamo, domani parto e sono felice che le resti un mio ricordo», disse
fissandola negli occhi, «non mi dimenticherò mai di lei, Valentina», aggiunse a
voce bassa. In quel momento Adami aveva la sensazione di essere di troppo.
«Anche per noi lei sarà
indimenticabile…anzi, per ricambiare le sue gentilezze, proporrei di andare al
night a terminare la serata», rispose lei turbata dai modi del giovane arabo.
Il marito la guardò meravigliato, ma accettò per non contraddirla.
Nel locale notturno aleggiava
un’atmosfera coinvolgente, un cantante al pianoforte sussurrava motivi soft, si sedettero a un
tavolo e ordinarono da bere. Fra un bicchiere di champagne e uno di whishy, ad
una certa ora della notte erano molto allegri e continuarono così finché
arrivarono all’alba quasi senza accorgersene. Ritornarono all’hotel e salirono
nelle loro camere salutandosi un’ultima volta davanti all’ascensore: sul viso
di Alì c’era un’ombra di malinconia.
Ma, la sorpresa che aspettava i
signori Adami quando aprirono la porta della camera 215 non fu molto piacevole:
la cassaforte era aperta e…vuota. Tutti i gioielli della signora erano spariti
e fra questi naturalmente la rarissima “Regina nera”.
Poco dopo nella stanza regnava la
confusione più totale, c’erano almeno una decina di persone che si guardavano
intorno incredule : il direttore dell’hotel, i camerieri ai piani, l’addetto
alla reception, e qualche cliente curioso.
Valentina seduta sul letto era in
preda alla disperazione, suo marito sbraitava con il povero direttore:
«In che razza di albergo sono finito!
Mi avevate assicurato che le casseforti erano impenetrabili, che non era mai
successo niente, invece…ci hanno rubato tutto….tutto…compresa la “Regina nera”!
«Che cosa?», chiese spalancando gli
occhi il suo interlocutore.
«Sì, una perla rarissima, di un
valore inestimabile!», si diresse verso la moglie, «cara, non fare così sapessi
quanto mi dispiace, vedrai che la ritroveremo, è quasi impossibile smerciare un
gioiello di quel valore. E poi è assicurata», accarezzò la donna cercando di
consolarla.
Il suo sguardo si diresse verso il
collièr di rubini che Valentina indossava:
«Questo forse ci ripagherà in parte del danno
subìto, non sarà lontano dal valore della collana rubata».
La luce dell’alba filtrava dalle persiane
ancora chiuse, il commissario Alex Parisi si era addormentato da poco, da
qualche giorno soffriva d’insonnia, le ragioni erano tante: il suo mestiere che
lo obbligava sempre a essere al massimo e le cene solitarie in pizzeria dove
cucinavano pesante. Stava sognando che il telefono squillava e lui non poteva
rispondere…cercava di svegliarsi ma le palpebre erano dei macigni.
Improvvisamente aprì gli occhi e si rese conto che il telefono che suonava non
era un sogno ma una realtà. Guardò l’orologio sul comodino, erano le cinque e
trenta : «Chi è quel rompiscatole che mi sveglia a quest’ora», brontolò .
La voce concitata dell’agente scelto
Loredana Caputo uscì dal microfono:
«Commissario un furto colossale al
Grand Hotel!!! Stanotte hanno svuotato
la cassaforte del petroliere Adami e hanno rubato la Regina Nera!!!».
«Quale regina? Cosa stai dicendo
e…dove sei in questo momento?», ribatté Parisi ancora con le idee confuse.
«Sono al Majestic e la regina è una
perla rarissima che vale una fortuna, scusi se l’ho disturbata a quest’ora, ma
qui non si capisce più niente, ».
«Senti Caputo, non è morto nessuno…in
fin dei conti anche se preziosissimo hanno rubato un gioiello! Troveremo il
colpevole. Adesso fai quello che devi fare, interroga, chiama la scientifica,
ma lasciami dormire…ci vediamo in ufficio alle otto», rispose lui interrompendo
la conversazione.
Non riuscì più a prendere sonno ma
alle otto in punto era seduto dietro la scrivania al commissariato.
Loredana Caputo entrò nell’ufficio
del capo con il viso stravolto, era stanchissima, il commissario Parisi si
fermò un attimo a osservarla:
«Cosa hai Caputo? Sei un po’
pallida…ma adesso raccontami tutto», disse sbrigativo.
La giovane poliziotta gli spiegò come
era avvenuto il furto , senza tralasciare nessun particolare: disse dello
sceicco che aveva stretto amicizia con i coniugi e del collier di rubini
regalato alla signora.
«Vorrei conoscere questo tale così
magnanimo. Vieni con me, andiamo al Majestic a interrogarlo…».
Loredana rimase un attimo interdetta,
ma era abituata alla stravaganze del
commissario, e poco dopo erano in hotel. Il direttore appena se li vide davanti
si confuse:
«In che cosa posso essere utile?»,
chiese con la voce tremante.
«Vorrei solo parlare con il signor
Alì Behari», affermò il commissario.
«Ma non posso disturbarlo, starà ancora riposando… è una persona molto importante…non so come
comportarmi», balbettò il poveretto.
Ma Parisi non accettò scuse, e il
direttore diede ordine a un cameriere di avvisare il signor principe che
avrebbe avuto visite.
Poco dopo il ragazzo tornò: «Il
signor Behari non è in camera…è partito».
Il commissario scosse la testa e
rimase in silenzio per qualche secondo, poi:
«Come mai questa fretta?», chiese.
In quel momento Adami e la moglie, si avvicinarono e si
presentarono.
"Grazie di essere venuto commissario, siamo veramente sbalorditi ...hanno rubato tutti i gioielli mentre eravamo al night in compagnia del principe Benhari, a proposito vedo che è sorpreso dalla sua partenza ma aveva affari importanti da sbrigare nel suo paese, così ci ha
detto», affermò il petroliere, «e poi credo sia assurdo sospettare di lui, è
ricchissimo…il gioiello che ha donato a mia moglie vale quanto tutti quelli
rubati, io me ne intendo, sono rubini meravigliosi».
Parisi si avvicinò e lo toccò su una
spalla:
«Dia retta a me che sono vecchio di
questo mestiere…lo faccia valutare, non si sa mai!».
I due coniugi si scambiarono un’occhiata
di terrore.
«Lei si sbaglia commissario! …non
credo che Alì ci abbia ingannati, sono certo che quelle pietre sono autentiche»,
esclamò Adami con voce stridula.
ʺMi permetto di insistere, anzi, li
facciamo valutare da un nostro esperto, qualunque sia il risultato è necessario
per le indagini del caso», ribatté Parisi deciso.
Adami salì in camera a prendere il
collièr di rubini e lo consegnò al commissario che sgranò gli occhi davanti a
tanto splendore.
«Caputo, chiama la scientifica e fai
valutare questa collana», disse poi alla sua aiutante rigirando il gioiello fra
le mani, «per essere sincero trovo stupende queste pietre», si volse verso
Adami e aggiunse, « forse la mia professione mi porta sempre a essere troppo sospettoso».
Sentì su di sé lo sguardo cupo di
Valentina:
«Mi dispiace, signora, ma questo è il
mio mestiere…», affermò, «se non è come penso, le anticipo le mie scuse. Ora
devo andare, ci vediamo domani alle nove in commissariato per il responso della
perizia», tagliò corto, salutò e se ne andò seguito dagli sguardi preoccupati
di Valentina e il marito.
Il giorno dopo il dossier della
perizia sui rubini dello sceicco era in evidenza sulla scrivania di Parisi che continuava
a guardare l’orologio in attesa dei coniugi Adami, le sue dita tamburellavano ritmando il tempo nervosamente.
«Avevamo l’appuntamento alle
nove…sono le dieci!», sbuffò guardando di traverso il suo braccio destro.
Loredana si limitò ad alzare le spalle senza rispondere.
Poco dopo il commissario si calmò:
«Gli Adami sono arrivatiʺ, annunciò
finalmente la Caputo tirando un sospiro
di sollievo, non sopportava l’impazienza del commissario e il suo
nervosismo….le veniva un cerchio alla testa!
Marito e moglie entrarono, Parisi li
invitò a sedersi ed entrò subito in argomento:
«Ecco il responso: il nostro esperto
ha sentenziato che…», prese la cartella della scientifica e, lentamente,
scandendo le parole continuò, «queste pietre sono degli stupendi…», e qui si
fermò guardando in faccia i due che sorrisero:
«…fondi di bicchiere», concluse. Il
sorriso si spense sulla bocca dei suoi interlocutori.
Adami si mise una mano al petto:
«Presto, Valentina…le pillole, mi sento male…», mormorò con un filo di voce.
Il commissario era a disagio:
«Mi
dispiace, ma sono soltanto delle meravigliose imitazioni….l’avevo previsto, la
verità è come pensavo», concluse restituendo la collana.
Valentina lo guardò mestamente:
«Allora, commissario è stato il principe…cioè
il falso principe, praticamente un ladro d’alto bordo», continuò, nei suoi
occhi si leggeva una grande delusione.
«Purtroppo i miei sospetti erano
veri, ora continueremo le ricerche di quel tale, però non sarà facile rintracciarlo, non
sappiamo nulla di lui…non ha lasciato sul posto nemmeno le impronte».
«Ma, come ha potuto rubare i gioielli
se era con noi al night! …probabilmente aveva un complice», aggiunse Adami che
si era faticosamente ripreso dal malore.
«Certamente….», rispose Parisi,
«continueremo a cercare ma, mi creda, non si disperi, si calmi e pensi alla sua
salute…non ne vale la pena per un mucchietto di gioielli, molto preziosi, ma sono soltanto degli oggetti», cercò di consolarlo ma l’altro gli lanciò un’occhiata
di fuoco e uscì con la moglie dall’ufficio quasi senza
salutare.
Il commissario non reagì:
«Si sono offesi, volevo soltanto dire
che è meglio un furto di una malattia…bah!», e allungò le gambe sotto la
scrivania. Loredana Caputo chiese il permesso di uscire.
Qualche mese dopo Valentina stava
imbarcandosi su un aereo diretto in Brasile accompagnata da un bel giovane
bruno. Sedettero vicini e lei si strinse al suo braccio:
«Sono felice James…o ti devo chiamare
Alì», sussurrò, «finalmente è tutto finito…ho riscosso anche i soldi
dell’assicurazione e qui dentro…», la sua mano batté sulla borsa
di coccodrillo, «c’è la Regina Nera…e gli
altri gioielli, non poteva andare meglio!!».
«Sei stata fantastica», rispose lui
accarezzandole i capelli biondi ,« il direttore aveva ragione: quella
cassaforte era a prova di ladro…ma conoscendo la combinazione, tutto è stato
più facile. Il nostro complice non ci sarebbe mai riuscito senza il tuo aiuto».
Il grande aereo decollò, Valentina
guardò fuori dal finestrino mentre la terra si allontanava:
ʺAddio signor Adami», disse alzando
una mano, «poveretto, mi dispiace avergli dato questo dolore, ma in fin dei
conti è pieno di soldi fino alle orecchie!...è una brava persona ma non l’ho
mai amato, l’ho sposato appunto per la sua ricchezza…lo sai che amo soltanto
te».
Appoggiò la testa sulla spalla di
James e chiuse gli occhi: cominciava il suo viaggio verso la felicità.
Tutto questo il commissario Alex
Parisi questa volta non l’aveva previsto, forse affascinato come tutti dalla
bellezza di Valentina che aveva bene interpretato la parte della vittima.
FINE