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lunedì 29 agosto 2016

TUTTO COMINCIO' IN UN GIORNO D'ESTATE


 

 

   Il  ragazzo si scostò con un salto appena in tempo per evitare   la Ferrari che  saliva rombando sulla la strada che da Santa Margherita va  a Portofino: “ Acc… bello essere ricchi!”, brontolò seguendo con lo sguardo il bolide che si allontanava.

A  bordo c’erano Matteo e Nadia, rappresentanti di quell’universo dorato in cui avevano tutto: denaro, fortuna, lusso e anche l’amore.  Si conoscevano fin da piccoli, da grandi si erano innamorati e avevano deciso  sposarsi con la benedizione delle rispettive famiglie. Ricchi e belli formavano una coppia Vip, spesso in copertina dei rotocalchi come esempio di felicità.

 La  giornata era splendida: l’immensa distesa del mare punteggiata dalle vele bianche di una regata, brillava sotto i raggi del sole, il promontorio di Portofino apparve dietro la curva; Nadia si scostò una ciocca di capelli che  il vento aveva scompigliato.

“Siamo arrivati…restiamo qualche giorno in villa poi torniamo a casa, ci sono ancora un mucchio di cose da fare…pensa che non ho ancora spedito le partecipazioni e nemmeno gli inviti…”, disse.

Matteo guidava con il braccio fuori dal finestrino, si voltò verso di lei:
“Tutto quello che vuoi…per me non fa nessuna differenza…ho bisogno solo di fare una pausa dal lavoro…sono stressato”, rispose distratto. “ricordati di invitare anche i Rossini, mi servono per concludere un affare…e poi prendi accordi con la stampa”, continuò distratto imboccando un vialetto nascosto fra i pini marittimi.  Con una brusca frenata l’auto si fermò davanti alla villa: una splendida costruzione in stile neo-classico, circondata da un parco profumato dai fiori bianchi delle magnolie….. I due giovani scesero dalla vettura, il giardiniere si avvicinò:
“Ben arrivati…”, disse prendendo le valige dal portabagagli.

“Grazie Antonio…quando hai finito metti la macchina nel box”, ordinò Matteo, si stirò e prese la ventiquattrore dal sedile. Anche Nadia uscì indolenzita dall’abitacolo: avevano fatto tutta una tirata senza mai fermarsi, nemmeno a prendere un caffè al grill.

Salirono, mano nella mano, la scala che portava alla vetrata d’ingresso, insieme erano veramente un bella coppia. Lei bionda, alta, esile, con un viso dai lineamenti delicati, gli occhi chiarissimi e la bocca carnosa. Matteo bruno, atletico, con una bella faccia intrigante, di quelle che rimangono nella memoria. Anche il suo modo di fare attirava le donne: molto virile, brusco e sbrigativo, senza indulgenze verso tutto ciò che poteva essere scambiato per debolezza. 

La casa, di proprietà della famiglia di Matteo, era adiacente a quella dei Franchi, genitori di Nadia.

 I due ragazzi erano figli unici ed eredi di potenze industriali e finanziarie di enorme portata; per loro era naturale avere dimore principesche in ogni parte del mondo, yacht alla rada nei porti d’élite, un parco macchine a disposizione: dall’utilitaria per girare in città alla supersportiva di lusso per correre in autostrada, senza contare gli aerei privati che potevano portarli ovunque. Matteo si occupava dell’enorme capitale di famiglia diversificato in holding in vari settori; Nadia per hobby faceva la giornalista in un periodico femminile della  casa editrice di proprietà del padre, si  occupava di servizi di moda e tempo perso...il resto lo i piegava in viaggi e shopping.  


“Rimani qui stanotte o vai a villa Mimosa?”, chiese il giovane entrando nel salone arredato con mobili d’epoca, i  tendaggi alle finestre  rendevano l’ambiente fresco, molto gradevole nella giornata estiva.

“Preferirei rimanere….di là non c’è nessuno, mia madre è ai Caraibi e mio padre è rimasto in città”, rispose Nadia lasciandosi andare sulla poltrona di velluto blu, “Sono distrutta e…ho una sete terribile”.

Chiamarono Carlotta, e si fecero servire due drink ghiacciati:
“Che meraviglia!…ci voleva proprio”, esclamò la ragazza dopo aver trangugiato avidamente la bevanda.

“Vieni qui…”, disse Matteo passandole il braccio attorno alle spalle, “Ho voglia di fare l’amore con te…oggi sei divina…” concluse con la voce roca dal desiderio.

 Si alzarono avvinghiati per andare ad amarsi in una delle tante camere già pronte per la notte…

Nadia era innamorata di Matteo, aveva per lui un’attrazione fisica prepotente, ogni volta che facevano l’amore provava sensazioni bellissime.  Lui era stato il primo e ancora l’unico, con lui era diventata donna, lo considerava l’uomo della sua vita e sperava che nulla potesse cambiare: doveva essere così per sempre. Era bella e ricca, molti avrebbero fatto carte false pur di arrivare a conquistarla, ma lei non aveva occhi che per il suo Matteo.

 Si alzarono dal letto e  si affacciarono alla terrazza a picco sul mare, c’era tanto silenzio in quel momento, il sole era al tramonto  tingeva di rosso il mare:

“Andiamo a prendere l’aperitivo in piazzetta?”, domandò Nadia sottovoce, ancora turbata per gli attimi di passione vissuti poco prima.

Lui la guardò:

 “Va bene, cucciolo…così salutiamo la compagnia, ci saranno tutti sicuramente”, rispose rivestendosi. Arrivarono verso l’ora di cena; i tavolini all’aperto del bar sul porticciolo, erano quasi tutti occupati.

 La sera era dolce e lo sciabordio dell’acqua contro i motoscafi ancorati produceva un suono piacevole, rilassante… Molti turisti si godevano la pace di quell’angolo di paradiso.

“Guarda chi si vede”, disse un giovane alzandosi dalla sedia per andare incontro ai due ragazzi, un altro gruppo si mosse…..pacche sulle spalle, urla di benvenuto ed epiteti vari!

“Cosa facciamo stasera?”, chiese Paolo.

“Potremmo andare al Covo”, propose Patrizia

“Ma nooo…andiamo a Rapallo”, ribatté una voce ..

“Mettiamo ai voti”, disse qualcuno.

Per otto a dieci vinse il Covo. Dopo aver mangiato il pesce nel ristorante sotto i portici, la compagnia si mosse verso la mezzanotte per arrivare poco dopo al locale più “in” della Riviera di Levante.

 Entrarono nella caratteristica costruzione in pietra a picco sul mare con la voglia di divertirsi; era domenica e c’era la ressa dei giorni festivi, nella grande sala la musica suonava incessante: i ragazzi si lanciarono sulla pista a ballare.

Il dee-jey alla console, un tipo con i capelli lunghi e una fascia sulla fronte, incitava a scatenarsi: “Forza ragazzi…spassiamocela…la vita è breve…” Paolo, un altro dei ricchi e famosi, cercò Nadia nella confusione generale: quando la trovò la prese per un braccio e cominciò a dimenarsi a suon di musica davanti a lei. … Tum…tum…tum…il ritmo scandito dalla batteria spezzava l’aria greve della discoteca:
“E’ vero che ti sposi?”, urlò il ragazzo.

Nadia a sua volta rispose alzando la voce per farsi sentire: “Sì…perché?”.

Tum…tum…tum…il ritmo si faceva sempre più pressante.

   “Sei sicura di quello che fai?”, incalzò lui senza smettere di ballare.

“Certo…non sono mai stata così convinta…ma a te, cosa importa?”, ribatté la ragazza.

“Con questa confusione non sento niente…vieni, andiamo fuori”, propose Paolo.

 Nadia cercò invano Matteo per avvertirlo, in mezzo al caos l’aveva perso di vista.

Il cielo era punteggiato da miriadi di stelle e la notte era serena; la luce fredda della luna illuminava la terrazza sul mare. Paolo cinse con un braccio la vita di Nadia:

 “Posso parlarti un attimo?”, i suoi occhi brillavano come se avesse la febbre..

La ragazza lo guardò meravigliata, scostandosi:

“Si può sapere cosa devi dirmi di tanto importante?”.

Il giovane avvicinò il viso e la prese di sorpresa, la sua bocca si incollò su quella di Nadia.

Lei si divincolò con forza: “Sei diventato scemo?”, urlò, la mano partì e si fermò con violenza sulla guancia di Paolo.

 “Non ti sei mai accorta che mi sei sempre piaciuta?”, continuò il ragazzo strofinandosi la faccia; poi ricominciò a cercare di baciarla…

“Smettila…cosa ti prende… stasera hai bevuto troppo”, con uno strattone Nadia si divincolò dalla presa.

In quel momento una voce maschile uscì dal buio:
“Lasciala stare”, disse un ragazzo avanzando minacciosamente verso Paolo. Questi si girò come una furia:
“E tu chi sei?…non sono fatti tuoi, non impicciarti altrimenti…”.

“Altrimenti che cosa?”, si fece sotto lo sconosciuto: i visi dei due giovani erano vicinissimi, si guardavano con astio pronti ad accapigliarsi…

Nadia si precipitò fra di loro tentando di dividerli: “Basta!”, urlò…ma Paolo si era già lanciato sull’avversario buttandolo per terra. L’altro, di corporatura molto più forte, si rialzò e sferrò un pugno sulla spalla di Paolo… La ragazza non sapeva più cosa fare, cercò in tutti i modi di farli smettere, finché il nuovo arrivato, la fissò a lungo, sembrava volesse dirle qualcosa, ma se ne andò senza voltarsi.

Paolo non commentò…guardò Nadia con sufficienza:
“ Meno male che se l’è squagliata…ha capito che con me c’era poco da fare…Dai, torniamo dentro anche tu però…quante storie per un bacetto…hai trovato anche il paladino che ti ha salvata dal bruto…”, borbottò ricomponendosi “Ti pregherei di non spifferare in giro ciò che è successo questa sera”! aggiunse con un tono di voce tagliente.

“Me ne guardo bene! Ci faresti una magra figura…”, rispose risentita la ragazza.

 Quando raggiunsero gli amici, dalle loro bocche non uscì nulla sull’accaduto, ma Nadia aveva cambiato umore

“Torniamo a casa”, pregò, rivolgendosi a Matteo che la stava osservando preoccupato.

“E’ successo qualcosa ?”, chiese notando il viso della sua ragazza che aveva l’espressione alterata.

“No…questo baccano mi fa scoppiare la testa”, rispose la giovane stringendosi le tempie.

Mentre tornavano alla villa Nadia ripensò all’increscioso episodio: certamente era stato un bicchiere di troppo a far perdere il controllo a Paolo…non diede importanza alla cosa, altre volte, quando beveva si era comportato in modo strano… le venne in mente anche il ragazzo che aveva preso le sue difese: chissà chi era quel tipo, mica male però…la terrazza era poco illuminata ma aveva avuto modo di accorgersi che aveva un bel fisico…e dei bei muscoli.. anche la faccia era interessante, un po’ rude, forse, ma probabilmente erano le circostanze che avevano indurito l’espressione…prendersi a pugni con un altro non era piacevole…

Il giorno dopo, Matteo ricevette una telefonata che lo richiamava subito in città:

“Mi dispiace, ma dobbiamo tornare…volevo fare una pausa…ma non mi è permesso…ci sono grane in vista”, affermò rimettendo in tasca il cellulare con gesto nervoso.

 Guardò Nadia avvilito: “Non so proprio cosa fare…”, aggiunse allargando le braccia.
“Uffa…siamo appena arrivati… senti…perché non vai tu, io rimango, a villa Mimosa c’è il custode con la moglie, non ti devi preoccupare per me, starò benissimo, qualche volta è piacevole rimanere qualche giorno soli con se stessi…”, disse alzando lo sguardo verso lui

“Mi dispiace lasciarti, ma non posso proprio rifiutare, la mia presenza è indispensabile. Se vuoi rimanere, mi raccomando, stai attenta, non ti mettere nelle grane e….ricordati che dobbiamo sposarci!”, ribatté sorridendo.

 Matteo ripartì a bordo del suo bolide e Nadia si trasferì nella villa di famiglia, non era la prima volta che rimaneva da sola….sapeva come passare il tempo :  passeggiate rilassanti e qualche bagno in mare .

Decise quella stessa mattina di andare lungo il sentiero all’ombra di oliveti e pini marittimi che conduce a Portofino Vetta per ammirare ancora una volta lo stupendo panorama.

Con comode scarpe da jogging cominciò la camminata. La brezza marina mitigava il calore del sole, Nadia a passo svelto si inerpicava sulla salita godendo della limpida giornata, là in fondo l’azzurro dell’ampia distesa lucente le apriva il cuore, sentiva i polmoni aprirsi per respirare quell’aria che sapeva di salmastro e che le accarezzava i capelli. Era in un momento di beatitudine, stava gustando quegli attimi di felicità che capitano raramente; ogni tanto veniva superata da persone in vena di fare una bella sgambata in quella mattina serena. Più avanti notò un uomo, in bilico su un sasso ai bordi della strada, che stava fotografando il panorama. Mano a mano che le distanze si ravvicinavano le sembrò di riconoscere in lui il difensore della notte. Per paura di fare una gaffe non osò salutarlo, ma lui la vide e le sorrise:
“Ciao…guarda chi si vede…sei la ragazza di ieri sera?”, le chiese spostandosi dalla precaria posizione in cui si era andato a cacciare e venendole incontro. Nadia rimase un attimo perplessa, visto da vicino e alla luce del sole era molto diverso, aveva perso quell’aria da bullo che aveva sulla terrazza, anche il suo sguardo era cambiato, era molto più dolce.

“Sì…”, rispose titubante.

“Sono contento di vederti, avrei voluto salutarti, ma ero troppo arrabbiato, quel tale ti stava importunando e non sono stato capace di tacere…come è andata a finire?”, domandò.

“Ti ringrazio dell’intervento…ma quello era un mio amico che faceva lo stupido, era soltanto ubriaco ma…non pericoloso”, rispose lei.

“Allora vuol dire che ci siamo dati dei cazzotti per niente?”, obiettò il giovanotto.

“Mi dispiace, non avrei voluto che la cosa finisse in rissa…non ho fatto in tempo a fermarti, sei partito come un fulmine… io mi chiamo Nadia”, affermò allungando una mano.

“ E io sono Rudy”, ribatté lui.

Rimasero così a guardarsi per qualche secondo: “Non sei italiano?”, chiese la ragazza notando il suo accento straniero.

“No…sono americano, della California…però mio bisnonno era siciliano”, rispose lui sorridendo.

“Ho capito subito che non eri di qui…nessuno avrebbe preso le mie difese, anche se si fosse trattato di uno stupro in piena regola”, scherzò Nadia. “Che bella macchina fotografica!”, esclamò poi notando il vistoso apparecchio che Rudy teneva in mano.

“E’ professionale, sono fotografo”, rispose il giovane.

“Interessante…per chi lavori?”, chiese ancora lei.

“Veramente sto ancora cercando …tante promesse ma niente di serio, per il momento mi guadagno la vita facendo il barman nel locale dove mi hai incontrato ieri sera…ecco perché mi hai visto là…non ero un cliente, non me lo posso permettere, lì ci sono solo figli di papà pieni di soldi”, affermò lievemente sarcastico.

Nadia in quel momento si sentì quasi in colpa: lei era una di quelle. Guardò attentamente il ragazzo che aveva di fronte: indossava jeans stinti e stracciati, polo bianca, un cappellino con visiera e…le fece un’ottima impressione. Lui stava facendo la stessa cosa nei suoi riguardi, la stava osservando compiaciuto.

“E tu cosa fai?…”, domandò lui dopo l’attento esame.

Lei  ebbe un attimo di perplessità, non le veniva la risposta pronta.

“Sono stato indiscreto?, scusami”, disse Rudy vedendo la sua esitazione.

“No…anch’io lavoro…in un giornale”, rispose precipitosamente.

“Adesso sei in ferie?”, continuò lui.

“Sì…sì…sono qui in vacanza da mia zia”, mentì Nadia.

Rudy si avvicinò: “Dove stai andando?”, come un martello pneumatico la bombardava di domande, Nadia si sentì sotto processo e cercò di tergiversare, non aveva nessuna intenzione di passare la mattinata con quel tipo anche se le era simpatico.

“Vado a fare semplicemente una passeggiata”, rispose infastidita, “ ma ora…scusami sono in ritardo, mi aspetta un’amica”.

 Lesse la delusione negli occhi di lui: “Allora ti lascio andare…però sono contento di averti vista”, disse cercando le sue mani. Nadia si ritrasse, anche perché si era accorta di essere attratta da quel ragazzo con gli occhi verdi e il ciuffo rossiccio. Riprese il cammino seguita dallo sguardo di Rudy che stava ammirando le sue gambe abbronzate che uscivano dagli shorts.

Durante i giorni successivi Nadia trascorse le giornate con la solita compagnia, c’era sempre qualcuno che organizzava qualcosa: la gita in motoscafo, le immersioni sub fino al Cristo degli Abissi, poi la sera se ne andavano preferibilmente nelle discoteche dei paesi vicini, Paraggi, Santa Margherita, Rapallo erano le loro mete preferite.

 Nadia  non pensava più al giovane americano conosciuto in circostanze particolari finché un giorno lo vide seduto al bar dove andava di solito a  fare colazione.


(continua)