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mercoledì 11 febbraio 2015

IL VIOLINO DEL NONNO





Christian entrò in casa e, con un gesto di stizza, appoggiò la custodia del violino per terra, si cambiò in fretta e uscì di nuovo. Stava andando al capannone dove la sua band  lo stava aspettando, quella sera dovevano suonare ad una festa di compleanno e, come facevano di solito, si riunivano per provare.
Diplomato al Conservatorio, il giovanotto a trent’anni non aveva ancora trovato nulla di stabile, l’unica fonte di guadagno erano le serate nelle balere di paese dove ancora si apprezzava la musica dal vivo, o negli alberghi cinque stelle per rallegrare le comitive di turisti giapponesi.  Sempre in conflitto con il pareggio del bilancio, erano rari i mesi in cui le entrate erano maggiori delle uscite, di solito era il contrario e si trovava alla terza settimana senza un soldo, con l’arretrato dell’affitto da pagare, senza contare le bollette di luce e gas inevase.


“Tienilo caro, il nonno prima di morire mi ha fatto giurare che l’avrei dato a te, e a nessun altro”, la donna aveva gli occhi umidi, ma Christian, era rimasto freddo, pur essendo addolorato, aveva sperato di ricevere un’eredità più sostanziosa.

“Quando morirò ti lascerò una cosa preziosa”, gli aveva detto il pover’uomo quando aveva saputo di essere ammalato gravemente. Quelle parole l’avevano ingannato e si aspettava qualcosa di meglio di un vecchio violino. Era pieno di debiti, e pensava di poterli pagare con quel qualcosa di prezioso che gli aveva promesso il nonno.

Dal giorno del funerale lo strumento rimase dimenticato in un angolo della sua camera per diverso tempo, finché in un pomeriggio di noia, in quei momenti in cui vedi tutto nero e la vita ti sembra un’enorme fregatura, aprì quella custodia e, finalmente diede un’occhiata alla sua eredità.
Era un violino come tanti, di vecchia fattura, lo estrasse delicatamente e se l’appoggiò alla spalla, nello stesso istante un fluido caldo lo percorse tutto, fin nelle fibre più nascoste del suo intimo. Prese l’archetto e lo passò sulle corde: ne uscì un suono armonioso, come se il violino fosse stato appena accordato, quasi senza accorgersene il  braccio leggero toccava tutte le note, una melodia dolcissima, struggente riempì l’aria. Come preso da un sacro fuoco Christian continuò a suonare, capiva che stava componendo qualcosa di speciale. Prese la carta da musica e sul pentagramma si affrettò a segnare le note della canzone sgorgata dal suo animo. Finì, stremato e svuotato ma felice: era bella la musica che aveva composto ed era stupito di se stesso: “Sono un genio”, si disse, “vado subito a farla sentire al gruppo, questa volta sfondiamo, ne sono certo”.
E aveva ragione! L’entusiasmo dei ragazzi lo convinse a portare avanti il suo progetto: si presentò alla casa discografica, dove altre volte aveva portato inutilmente i suoi lavori, ed ebbe la conferma che aveva scritto qualcosa che poteva fare successo. La melodia sfondò subito, con orchestrazione e parole adatte, interpretata da lui che era il cantante della band, divenne in breve tempo uno dei brani più richiesti e andò di colpo in cima alla classifica dei dischi più venduti. Capitò tutto in fretta e Christian arrivò alla fama quasi senza accorgersene, aprì un conto in banca: non gli pareva vero di poter disporre con facilità del denaro necessario a pagare tutto ciò che gli serviva, anche il superfluo. Con il violino del nonno, che gli aveva portato fortuna una prima volta, compose altri motivi e divenne un divo, osannato dalle folle di giovani, pieno di soldi che non sapeva più come investire, bei vestiti, belle macchine, e belle donne! Ma c’era anche il rovescio della medaglia: non aveva più un attimo di tempo libero, sempre in tournée da una città all’altra, da una nazione all’altra. Per reggere al quel ritmo cominciò ad assumere delle sostanze stimolanti:

“Come fai a resistere?”, chiedevano gli amici. Non poteva rispondere perché non lo sapeva nemmeno lui, doveva solamente ringraziare la cocaina che lo aiutava a reggere. Capiva che stava rovinandosi, ma non poteva farne a meno. Ormai era entrato nel vortice del possesso, non gli bastava più quello che guadagnava, ne voleva ancora, sempre di più.

Una notte, dopo lo spettacolo, sentì bussare in camerino. Entrò una ragazza con i capelli corti e gli occhi grandi:

“Ciao, sono Serena”, disse, “mi fai un autografo?”.

Lui restò perplesso, la guardò e sorrise:

“Come sei carina”, affermò guardandola da capo a piedi, “certo, vieni più vicina”.

La giovane avanzò di un passo intimidita: Christian la incoraggiò:

“Vieni qui, non avere paura, non sono solito mangiare le belle ragazze”, scherzò.

Aveva conosciuto tante donne ma non aveva mai provato quel piacere segreto di essere accanto ad una come quella che aveva davanti, era un’alchimia di fluidi che emanava da lei e che si fondeva con le emozioni che provava guardandola. Serena si accostò e il turbamento si fece più forte:

“Posso incontrarti ancora?”, le chiese improvvisamente, la giovane lo guardò stupita:

“Se vuoi, ne sarei felice”, sussurrò

 Da quel momento Serena gli entrò nel cuore e anche l’amore fece l’ingresso dalla porta principale della sua vita: tutto gli stava andando bene, i giorni neri di quando tirava la cinghia, erano lontani. Ogni tanto pensava a quando aveva imbracciato il violino del nonno: quel momento gli sembrava così lontano! Ormai si era abituato a essere ricco, ad avere tutto, senza nessuna difficoltà, nulla gli sembrava insormontabile. Aveva Serena ed era felice, il tempo passava e non si risparmiava mai, accettava tutti i contratti, era perennemente in viaggio. Cominciò anche a trascurare la sua donna, ormai era diventata un’abitudine, una cosa scontata, nessuno poteva portargliela via, era sicuro dell’amore della sua ragazza. 

Dopo gli spettacoli spesso riuniva gente nella sua villa in collina, e si lasciava andare al suo vizio segreto, sprofondando sempre più nel baratro profondo della droga. E i soldi non bastavano più, il conto in banca stava lentamente calando, cominciò a vendere le proprietà che aveva acquistato, continuando su quella strada stava dando un calcio alla fortuna, ben presto si sarebbe trovato al punto di partenza.

“Me li rifaccio subito”, pensava quando sperperava il denaro, “scrivo una canzone e guadagno un sacco di soldi, ormai sono celebre”.

Mai ipotecare il futuro! E’ un buco nero dove non si vede la via d’uscita. Quella notte c’era stata una specie di orgia in casa sua, si svegliò intontito, aveva un feroce mal di testa e la bocca impastata, si alzò barcollando e fece fatica ad arrivare alla doccia. Il getto violento di acqua calda gli sferzò il corpo, si svegliò definitivamente e si accinse a prepararsi per lo spettacolo della sera. Si accorse, prima di uscire che il violino del nonno non era nella custodia, cercò per tutta la casa, frenetico e ansioso. Il cellulare fece il suo verso: “Ti vuoi sbrigare? Siamo già in ritardo”, gracchiò la voce di Manuel, il batterista.

“Arrivo! …non trovo il violino, qualcuno stanotte deve avermelo portato via”, rispose affannato.

“Non fa niente, qui c’è quello che usavi prima, dai ti aspettiamo, corri!”.

“Ma sì, dopotutto quel violino era vecchio, ne comprerò un altro”, si disse calmandosi.

Però lo spettacolo fu un disastro, la band era scoordinata, il violino che Christian suonava non aveva l’accordatura, saltò anche il generatore che forniva corrente per gli amplificatori delle chitarre elettriche. La piazza gremita di giovani cominciò a rumoreggiare, dovettero interrompere fra i fischi. Alla fine si guardarono sconcertati, la jella li aveva perseguitati per tutta la serata, non era mai successa una cosa simile, un incidente dopo l’altro, come fossero preordinati da qualcuno che voleva far naufragare il loro spettacolo.

“Non capisco cosa stia accadendo”, disse Christian ai musicisti rimasti senza parole dopo la rappresentazione, “questa sera è andato tutto alla rovescia. Non avevamo la solita intesa, ognuno suonava per proprio conto”. Nelle sue parole c’era del risentimento, non riusciva a capire il perché del naufragio della serata.

“Forse dobbiamo rinnovarci”, affermò Alex che stava alle tastiere, “il nostro repertorio è ormai superato”, il ragazzo lanciò un’occhiata al cantautore: “dovresti pensare a qualcosa di nuovo”, azzardò.

“Hai ragione, bisogna dare al pubblico delle novità, altrimenti rischiamo di arenarci”, rispose Christian rabbuiandosi. Quella notte nessuno di loro dormì bene, durante la serata avevano avuto la sgradita sensazione che da un momento all’altro il successo avrebbe potuto voltar loro le spalle.

Christian si mise all’opera, usando il proprio violino, si isolò e cominciò a far vibrare le corde, dopo laboriosi  tentativi scrisse un motivo, lo suonò tante volte ma capì che aveva fatto una musica priva della scintilla che lo distanziava dalla banalità. Lo propose al gruppo, ma sui loro visi lesse ciò che aveva pensato, non c’era nulla di originale in quelle note.

Cercò in ogni modo di trovare un’ispirazione, ma nel suo animo c’era calma piatta, mancavano le vibrazioni necessarie per scrivere della buona musica. Il successo della band cominciò a declinare, andavano avanti sfruttando le canzoni che li avevano lanciati. Christian era demotivato, non  riusciva a reagire, anzi si stava isolando e dopo qualche mese lasciò il gruppo. E Serena lasciò lui, stanca di combattere con nemici invisibili. Il musicista sprofondò nell’abulia, e aumentò l’uso di stupefacenti, in  poco tempo era diventato una larva umana ai margini della società. Nessuno andava più a trovarlo, solo e disperato trascorreva le giornate sdraiato sul divano, intanto le bottiglie vuote di superalcolici ruzzolavano sul pavimento.

 Non aveva più la forza di alzarsi, una notte piombò in un sonno profondo, come in catalessi. Fece un sogno che pareva realtà: il nonno era lì, davanti a lui, con il violino fra le mani, aveva la faccia scura come quando da piccolo lo sgridava per qualche marachella:

 “Non hai saputo mantenere il tesoro che ti ho lasciato”, gli stava dicendo, “hai buttato via la fortuna, non sei stato in grado di condurre una vita onesta. Sei caduto nel fango e questo mi addolora, cerca di rialzarti, sei ancora in tempo…torneranno fortuna e successo se mi ascolterai”, dopo queste parole la voce del vecchio signore si allontanò e la sua figura scomparve.

Christian si svegliò madido di sudore, spossato, debole, a fatica cercò di reggersi in piedi, intorno a lui la stanza sembrava diventata una giostra, girava tutto. Si appoggiò a una sedia e cercò di ricordare, gli tornò davanti la figura del nonno arrabbiato e ricordò ciò che gli aveva detto. Si mise una mano sulla fronte che scottava, lo sguardo gli cadde sulla custodia del violino aperta. Si avvicinò cauto e confuso, con stupore vide che lo strumento era tornato al suo posto! Con le mani tremanti lo sollevò e lo appoggiò alla spalla, prese l’archetto; le dita come d’incanto cercarono le corde giuste, l’aria si riempì di note dolci e struggenti, una musica che entrava nell’anima e dava un’intensa emozione. Christian suonava trasferendo le sensazioni più toccanti e profonde del suo intimo in quel suono, era un’estasi senza fine.   

Qualcuno suonò alla porta, il giovanotto a fatica smise e andò ad aprire:

“E’ meravigliosa questa musica!”, Serena era lì davanti a lui, sorridente. Christian non ebbe la forza di dire nulla, si fece da parte e la lasciò entrare. La ragazza si guardò intorno: “Come ti sei ridotto!”, esclamò, la smorfia del suo viso era eloquente.

 Si precipitò ad aprire la finestra:

 “Qui dentro deve entrare aria pulita. E anche nella tua vita bisogna fare pulizia, io ti sarò vicina perché nonostante tutto ti amo e non posso stare lontana da te”, gli disse guardandolo dritto in viso. Christian era ancora frastornato dagli eventi: il sogno con il nonno, il violino ritrovato e l’arrivo di Serena che si era allontanata, dopo aver tentato inutilmente di salvarlo. Si avvicinò e l’abbracciò.

 Lei gli accarezzò il viso:

“Non ti lascerò più”, rispose, “devi tornare ad essere quello di prima, la melodia che ho sentito dietro la porta era stupenda…riprendi a suonare, ti prego”.

Dentro di sé Christian sentì una vampata attraversargli il corpo, la mente annebbiata si schiarì e capì tutto in un solo istante: il nonno gli aveva lasciato una grande eredità, in quel violino c’era tutta la sua vita: il talento, la fama, la ricchezza e l’amore…però doveva saperseli conservare.

Riprese a suonare con la sua band, tornò a essere l’idolo delle ragazzine e Serena l’aiutò a risalire la china

                                                                                                        FINE