Christian entrò in casa e, con un gesto di stizza, appoggiò la custodia
del violino per terra, si cambiò in fretta e uscì di nuovo. Stava andando al capannone dove la sua
band lo stava aspettando, quella sera
dovevano suonare ad una festa di compleanno e, come facevano di solito, si
riunivano per provare.
Diplomato al Conservatorio, il giovanotto a trent’anni
non aveva ancora trovato nulla di stabile, l’unica fonte di guadagno erano le
serate nelle balere di paese dove ancora si apprezzava la musica dal vivo, o
negli alberghi cinque stelle per rallegrare le comitive di turisti
giapponesi. Sempre in conflitto con il
pareggio del bilancio, erano rari i mesi in cui le entrate erano maggiori delle
uscite, di solito era il contrario e si trovava alla terza settimana senza un
soldo, con l’arretrato dell’affitto da pagare, senza contare le bollette di
luce e gas inevase.
Christian, mentre camminava, riviveva la triste
giornata trascorsa: il funerale, i parenti , la nonna in lacrime e il dolore
dentro di sé per la scomparsa di quel nonno che l’aveva sempre considerato il
suo più caro nipote, a quel dolore si era poi aggiunta la delusione, quando
nonna Adele, abbracciandolo, gli aveva consegnato quel vecchio violino
dicendogli:
“Tienilo caro, il nonno prima di
morire mi ha fatto giurare che l’avrei dato a te, e a nessun altro”, la donna
aveva gli occhi umidi, ma Christian, era rimasto freddo, pur essendo
addolorato, aveva sperato di ricevere un’eredità più sostanziosa.
“Quando morirò ti lascerò una cosa
preziosa”, gli aveva detto il pover’uomo quando aveva saputo di essere ammalato
gravemente. Quelle parole l’avevano ingannato e si aspettava qualcosa di meglio
di un vecchio violino. Era pieno di debiti, e pensava di poterli pagare con
quel qualcosa di prezioso che gli
aveva promesso il nonno.
Dal giorno del funerale lo strumento
rimase dimenticato in un angolo della sua camera per diverso tempo, finché in
un pomeriggio di noia, in quei momenti in cui vedi tutto nero e la vita ti
sembra un’enorme fregatura, aprì quella custodia e, finalmente diede
un’occhiata alla sua eredità.
Era un violino come tanti, di vecchia fattura, lo
estrasse delicatamente e se l’appoggiò alla spalla, nello stesso istante un
fluido caldo lo percorse tutto, fin nelle fibre più nascoste del suo intimo.
Prese l’archetto e lo passò sulle corde: ne uscì un suono armonioso, come se il
violino fosse stato appena accordato, quasi senza accorgersene il braccio leggero toccava tutte le note, una
melodia dolcissima, struggente riempì l’aria. Come preso da un sacro fuoco
Christian continuò a suonare, capiva che stava componendo qualcosa di speciale.
Prese la carta da musica e sul pentagramma si affrettò a segnare le note della
canzone sgorgata dal suo animo. Finì, stremato e svuotato ma felice: era bella
la musica che aveva composto ed era stupito di se stesso: “Sono un genio”, si
disse, “vado subito a farla sentire al gruppo, questa volta sfondiamo, ne sono
certo”.
E aveva ragione! L’entusiasmo dei ragazzi lo convinse a portare avanti
il suo progetto: si presentò alla casa discografica, dove altre volte aveva
portato inutilmente i suoi lavori, ed ebbe la conferma che aveva scritto
qualcosa che poteva fare successo. La melodia sfondò subito, con orchestrazione
e parole adatte, interpretata da lui che era il cantante della band, divenne in
breve tempo uno dei brani più richiesti e andò di colpo in cima alla classifica
dei dischi più venduti. Capitò tutto in fretta e Christian arrivò alla fama
quasi senza accorgersene, aprì un conto in banca: non gli pareva vero di poter
disporre con facilità del denaro necessario a pagare tutto ciò che gli serviva,
anche il superfluo. Con il violino del nonno, che gli aveva portato fortuna una
prima volta, compose altri motivi e divenne un divo, osannato dalle folle di
giovani, pieno di soldi che non sapeva più come investire, bei vestiti, belle
macchine, e belle donne! Ma c’era anche il rovescio della medaglia: non aveva
più un attimo di tempo libero, sempre in tournée da una città all’altra, da una
nazione all’altra. Per reggere al quel ritmo cominciò ad assumere delle
sostanze stimolanti:
“Come fai a resistere?”, chiedevano
gli amici. Non poteva rispondere perché non lo sapeva nemmeno lui, doveva
solamente ringraziare la cocaina che lo aiutava a reggere. Capiva che stava
rovinandosi, ma non poteva farne a meno. Ormai era entrato nel vortice del
possesso, non gli bastava più quello che guadagnava, ne voleva ancora, sempre
di più.
Una notte, dopo lo spettacolo, sentì
bussare in camerino. Entrò una ragazza con i capelli corti e gli occhi grandi:
“Ciao, sono Serena”, disse, “mi fai
un autografo?”.
Lui restò perplesso, la guardò e
sorrise:
“Come sei carina”, affermò
guardandola da capo a piedi, “certo, vieni più vicina”.
La giovane avanzò di un passo
intimidita: Christian la incoraggiò:
“Vieni qui, non avere paura, non sono
solito mangiare le belle ragazze”, scherzò.
Aveva conosciuto tante donne ma non
aveva mai provato quel piacere segreto di essere accanto ad una come quella che
aveva davanti, era un’alchimia di fluidi che emanava da lei e che si fondeva
con le emozioni che provava guardandola. Serena si accostò e il turbamento si
fece più forte:
“Posso incontrarti ancora?”, le
chiese improvvisamente, la giovane lo guardò stupita:
“Se vuoi, ne sarei felice”, sussurrò
Da quel momento Serena gli entrò nel cuore e
anche l’amore fece l’ingresso dalla porta principale della sua vita: tutto gli
stava andando bene, i giorni neri di quando tirava la cinghia, erano lontani.
Ogni tanto pensava a quando aveva imbracciato il violino del nonno: quel
momento gli sembrava così lontano! Ormai si era abituato a essere ricco, ad
avere tutto, senza nessuna difficoltà, nulla gli sembrava insormontabile. Aveva
Serena ed era felice, il tempo passava e non si risparmiava mai, accettava
tutti i contratti, era perennemente in viaggio. Cominciò anche a trascurare la
sua donna, ormai era diventata un’abitudine, una cosa scontata, nessuno poteva
portargliela via, era sicuro dell’amore della sua ragazza.
Dopo gli spettacoli spesso riuniva
gente nella sua villa in collina, e si lasciava andare al suo vizio segreto,
sprofondando sempre più nel baratro profondo della droga. E i soldi non
bastavano più, il conto in banca stava lentamente calando, cominciò a vendere
le proprietà che aveva acquistato, continuando su quella strada stava dando un
calcio alla fortuna, ben presto si sarebbe trovato al punto di partenza.
“Me li rifaccio subito”, pensava
quando sperperava il denaro, “scrivo una canzone e guadagno un sacco di soldi,
ormai sono celebre”.
Mai ipotecare il futuro! E’ un buco
nero dove non si vede la via d’uscita. Quella notte c’era stata una specie di
orgia in casa sua, si svegliò intontito, aveva un feroce mal di testa e la
bocca impastata, si alzò barcollando e fece fatica ad arrivare alla doccia. Il
getto violento di acqua calda gli sferzò il corpo, si svegliò definitivamente e
si accinse a prepararsi per lo spettacolo della sera. Si accorse, prima di
uscire che il violino del nonno non era nella custodia, cercò per tutta la
casa, frenetico e ansioso. Il cellulare fece il suo verso: “Ti vuoi sbrigare?
Siamo già in ritardo”, gracchiò la voce di Manuel, il batterista.
“Arrivo! …non trovo il violino,
qualcuno stanotte deve avermelo portato via”, rispose affannato.
“Non fa niente, qui c’è quello che
usavi prima, dai ti aspettiamo, corri!”.
“Ma sì, dopotutto quel violino era
vecchio, ne comprerò un altro”, si disse calmandosi.
Però lo spettacolo fu un disastro, la
band era scoordinata, il violino che Christian suonava non aveva l’accordatura,
saltò anche il generatore che forniva corrente per gli amplificatori delle
chitarre elettriche. La piazza gremita di giovani cominciò a rumoreggiare,
dovettero interrompere fra i fischi. Alla fine si guardarono sconcertati, la
jella li aveva perseguitati per tutta la serata, non era mai successa una cosa
simile, un incidente dopo l’altro, come fossero preordinati da qualcuno che
voleva far naufragare il loro spettacolo.
“Non capisco cosa stia accadendo”,
disse Christian ai musicisti rimasti senza parole dopo la rappresentazione,
“questa sera è andato tutto alla rovescia. Non avevamo la solita intesa, ognuno
suonava per proprio conto”. Nelle sue parole c’era del risentimento, non
riusciva a capire il perché del naufragio della serata.
“Forse dobbiamo rinnovarci”, affermò
Alex che stava alle tastiere, “il nostro repertorio è ormai superato”, il
ragazzo lanciò un’occhiata al cantautore: “dovresti pensare a qualcosa di
nuovo”, azzardò.
“Hai ragione, bisogna dare al
pubblico delle novità, altrimenti rischiamo di arenarci”, rispose Christian
rabbuiandosi. Quella notte nessuno di loro dormì bene, durante la serata
avevano avuto la sgradita sensazione che da un momento all’altro il successo
avrebbe potuto voltar loro le spalle.
Christian si mise all’opera, usando
il proprio violino, si isolò e cominciò a far vibrare le corde, dopo
laboriosi tentativi scrisse un motivo,
lo suonò tante volte ma capì che aveva fatto una musica priva della scintilla
che lo distanziava dalla banalità. Lo propose al gruppo, ma sui loro visi lesse
ciò che aveva pensato, non c’era nulla di originale in quelle note.
Cercò in ogni modo di trovare
un’ispirazione, ma nel suo animo c’era calma piatta, mancavano le vibrazioni
necessarie per scrivere della buona musica. Il successo della band cominciò a
declinare, andavano avanti sfruttando le canzoni che li avevano lanciati.
Christian era demotivato, non riusciva a
reagire, anzi si stava isolando e dopo qualche mese lasciò il gruppo. E Serena
lasciò lui, stanca di combattere con nemici invisibili. Il musicista sprofondò
nell’abulia, e aumentò l’uso di stupefacenti, in poco tempo era diventato una larva umana ai
margini della società. Nessuno andava più a trovarlo, solo e disperato
trascorreva le giornate sdraiato sul divano, intanto le bottiglie vuote di
superalcolici ruzzolavano sul pavimento.
Non aveva più la forza di alzarsi, una notte
piombò in un sonno profondo, come in catalessi. Fece un sogno che pareva
realtà: il nonno era lì, davanti a lui, con il violino fra le mani, aveva la
faccia scura come quando da piccolo lo sgridava per qualche marachella:
“Non hai saputo mantenere il tesoro che ti ho
lasciato”, gli stava dicendo, “hai buttato via la fortuna, non sei stato in
grado di condurre una vita onesta. Sei caduto nel fango e questo mi addolora,
cerca di rialzarti, sei ancora in tempo…torneranno fortuna e successo se mi
ascolterai”, dopo queste parole la voce del vecchio signore si allontanò e la
sua figura scomparve.
Christian si svegliò madido di sudore,
spossato, debole, a fatica cercò di reggersi in piedi, intorno a lui la stanza
sembrava diventata una giostra, girava tutto. Si appoggiò a una sedia e cercò
di ricordare, gli tornò davanti la figura del nonno arrabbiato e ricordò ciò
che gli aveva detto. Si mise una mano sulla fronte che scottava, lo sguardo gli
cadde sulla custodia del violino aperta. Si avvicinò cauto e confuso, con
stupore vide che lo strumento era tornato al suo posto! Con le mani tremanti lo
sollevò e lo appoggiò alla spalla, prese l’archetto; le dita come d’incanto
cercarono le corde giuste, l’aria si riempì di note dolci e struggenti, una
musica che entrava nell’anima e dava un’intensa emozione. Christian suonava
trasferendo le sensazioni più toccanti e profonde del suo intimo in quel suono,
era un’estasi senza fine.
Qualcuno suonò alla porta, il
giovanotto a fatica smise e andò ad aprire:
“E’ meravigliosa questa musica!”,
Serena era lì davanti a lui, sorridente. Christian non ebbe la forza di dire
nulla, si fece da parte e la lasciò entrare. La ragazza si guardò intorno:
“Come ti sei ridotto!”, esclamò, la smorfia del suo viso era eloquente.
Si precipitò ad aprire la finestra:
“Qui dentro deve entrare aria pulita. E anche
nella tua vita bisogna fare pulizia, io ti sarò vicina perché nonostante tutto
ti amo e non posso stare lontana da te”, gli disse guardandolo dritto in viso.
Christian era ancora frastornato dagli eventi: il sogno con il nonno, il
violino ritrovato e l’arrivo di Serena che si era allontanata, dopo aver tentato
inutilmente di salvarlo. Si avvicinò e l’abbracciò.
Lei gli accarezzò il viso:
“Non ti lascerò più”, rispose, “devi
tornare ad essere quello di prima, la melodia che ho sentito dietro la porta
era stupenda…riprendi a suonare, ti prego”.
Dentro di sé Christian sentì una
vampata attraversargli il corpo, la mente annebbiata si schiarì e capì tutto in
un solo istante: il nonno gli aveva lasciato una grande eredità, in quel
violino c’era tutta la sua vita: il talento, la fama, la ricchezza e
l’amore…però doveva saperseli conservare.
Riprese a suonare con la sua band,
tornò a essere l’idolo delle ragazzine e Serena l’aiutò a risalire la china
FINE