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venerdì 20 aprile 2012

FINE NOTTE TEMPESTOSA

FINE NOTTE TEMPESTOSA 

In silenzio tutti uscirono, ma prima di chiudere la porta il medico si rivolse al poliziotto:
«Mi fido di lei, non la stanchi troppo».
Il commissario Parisi replicò: «Dottore, ho fatto una promessa…può cominciare a cronometrare se vuole…», poi si avvicinò al letto di Lisa:
«Brava! vedo che  ce l’ha fatta, è stata fortunata, quel tale era venuto per ucciderla».
Gli occhi della donna erano fissi sul suo viso: lui capì che si stava chiedendo chi fosse quel tipo un po’ originale che era venuto a trovarla.
«Non si agiti, sono il commissario Parisi, e ho bisogno di lei. Non le farò perdere molto tempo», disse parlando con calma per non metterla in agitazione.
 Trasse dalla tasca della sua vistosa giacca un oggetto e lo mostrò a Lisa.
«Conosce questo?», chiese. Lei chinò il capo e sussurrò: «Sì, è di mio marito».
«Si ricorda se l’aveva con sé quando è partito?».
Parisi colse lo sguardo interrogativo della donna.
«E’ stato trovato nella doccia dove il suo aggressore si è lavato prima di fuggire».
Dentro Lisa si era scatenata la tempesta, ormai le ferite fisiche non contavano più, il suo cuore era a
pezzi. Rivide distintamente la scena della colazione, quando Manuel, fumata la prima sigaretta della giornata, si era rimesso in tasca l’accendino d’oro con le sue iniziali che lei gli aveva regalato per il compleanno: proprio quello che brillava fra le dita dell’uomo che le stava davanti.
Ormai il commissario non aveva più dubbi, la verità che cercava l’aveva trovata negli occhi disperati di Lisa.
Parisi mise una mano su quella di lei abbandonata sul lenzuolo:
«Non è facile accettare certa realtà, ma deve farsi forza…ha vinto la battaglia per la vita, questo è l’importante. Suo marito non vale le sue lacrime: è un cattivo soggetto, già schedato dalle polizie internazionali. Uccidendola ereditava il suo patrimonio, ma gli è andata male …non si disperi, ora pagherà le sue colpe», concluse amaramente.
Lisa volse il capo dall’altra parte, stava piangendo in silenzio.
«I tre minuti sono scaduti, devo tornare di là, adesso sono costretto a fare il mio dovere…mi dispiace», disse a bassa voce il commissario mentre stava uscendo. Chiuse lentamente la porta e il suo sguardo si posò sulla donna in lacrime. “Poveretta”, pensò, “non se lo meritava”.
 Qualche minuto dopo l’agente speciale Loredana Caputo faceva scattare le manette ai polsi di Manuel Garcia, mancato assassino e “inconsolabile” marito di Lisa.
FINE

giovedì 12 aprile 2012

Seconda parte notte tempestosa

Aspettava infatti i risultati delle indagini dei tre sospettati, voleva saperne di più, com’era sua abitudine, prima di prendere decisioni affrettate. Li aveva interrogati a lungo, ma non aveva ricavato un granché, brancolava sempre nel buio più fitto. Forse il più probabile poteva essere l’idraulico: un tipo con trascorsi di droga, già noto alla polizia per piccoli furti. Oppure Giorgia, l’amica disperata disposta a tutto per di uscire dalle grinfie degli usurai. Dal marito poi non aveva avuto nessun aiuto: troppo disperato per la sorte della moglie! Durante l’interrogatorio aveva risposto a monosillabi, distrutto dal dolore.
«Mi può dimostrare di avere preso quell’aereo quella mattina?», gli aveva chiesto Parisi.
«Commissario, sembra una fatalità ma l’ho perso, sono andato a Parigi con  la Porsche», si era interrotto e a vev a guardato il poliziotto meravigliato, «…cosa pensa, che sia stato io? Non ne sarei mai capace…», si era messo le mani sul viso ed era scoppiato a piangere.
«O.K. se ne può andare…», aveva risposto rassegnato Parisi ma, scrupoloso com’era, si riprometteva di approfondire le indagini per sincerarsi che il bel Manuel gli avesse detto la verità.
Si abbandonò sulla sedia girevole mentre la mente vagava, i pensieri si accavallavano, un dolore alla fronte preannunciava la solita emicrania che si presentava puntuale quando un caso era complicato.
Era passata da un pezzo l’ora di pranzo e lo stomaco reclamava. Decise di uscire, aveva bisogno d’aria…ma mentre s’ infilava la giacca l’agente speciale Loredana Caputo si fiondò nell’ufficio.
«Capo, ecco il dossier che aspettava», disse mettendo sulla scrivania una grossa busta.
«Proprio adesso dovevi venire? Sto morendo dalla fame, però devo guardare subito quei documenti, non posso resistere», poi rivolgendosi all’agente immobile accanto a lui . «Caputo…cosa fai qui impalata, vammi a prendere un panino!». La ragazza uscì a testa bassa brontolando, le sarebbe piaciuto assistere all’apertura del plico per vedere cosa conteneva.
Parisi si rimise a sedere e si immerse nella lettura delle carte, mano a mano  che passava i fogli si poteva leggere sul suo viso stupore misto a soddisfazione.«Guarda… guarda…questa sì che è una sorpresa! », mormorò.
Nel frattempo Loredana tornò con il panino:
«Ecco commissario, il suo pranzo e questo pacchetto arrivato adesso dalla villa, l’hanno trovato poco fa nella doccia», la ragazza consegnò il tutto a Parisi che, mentre addentava la pagnottella al prosciutto apriva il piccolo involucro per vedere cosa c’era dentro.
ʺAh, questa sì che è una cosa interessante», esclamò rigirando fra le mani l’oggetto trovato.
Non restò molto tempo a pensare, si alzò di scatto: «Andiamo Caputo, non c’è un minuto da perdere», esclamò. Poco dopo la sirena della polizia squarciò il silenzio pomeridiano della tranquilla cittadina.
Tre minuti per la verità
La prima cosa che colpì Lisa svegliandosi, fu l’odore acre dei medicinali, socchiuse gli occhi e si trovò in un ambiente estraneo, un mormorio sommesso le giungeva all’orecchio: “…è un miracolo se è ancora viva…sette ore di intervento…hanno rubato tutto, gioielli, pellicce, quadri d’autore…anche la cassaforte è stata svuotata…”.
Con uno sforzo la donna sollevò le palpebre e si accorse che suo marito era seduto accanto al letto.
«Manuel!», riuscì a mormorare. Lui si avvicinò.
«Si svegliata!», esclamò rivolto ai presenti.
Mentre tutti si accostavano al letto di Lisa, entrò un tizio di media statura con un’incolta barbetta fulva, che indossava un’incredibile giacca a quadri su dei jeans slavati.
«Posso? », chiese inoltrandosi nella stanza.
Manuel lo vide e l’apostrofò:
«Commissario, le sembra il momento ? Ci lasci in pace!».
Parisi stava ribattendo quando un medico cercò di ricondurlo alla porta.
«La paziente non può essere disturbata…la prego se ne vada», gli mise una mano su un braccio, ma il commissario si liberò con uno strattone:
«Devo parlare alla signora, le dò la mia parola che non rimarrò con lei più di tre minuti, però…», si interruppe il suo sguardo percorse tutti i presenti, «da solo, per favore».
Continua

giovedì 5 aprile 2012

IN UNA NOTTE TEMPESTOSA

IN UNA NOTTE TEMPESTOSA

Manuel entrò in camera frizionandosi i capelli con un asciugamano:
«Quella doccia non funziona, devi chiamare l’idraulico», disse contrariato.
Lisa era ancora a letto, si stirò mollemente godendo del tepore delle lenzuola.
«Va bene, amore, cercherò di trovarne uno », rispose,  e il suo sguardo si posò sul suo bel marito incontrato per  caso sulla spiaggia di Miami. Ricordò quel momento felice quando lui, uscendo dal mare di corsa si scontrò con lei. Rotolarono insieme sulla sabbia bagnata in un abbraccio casuale e fu in quel momento che si costruì il loro destino.
«Non partire», gli sussurrò.
«Non posso, mi aspettano a Parigi per un contratto importantissimo, è determinante la mia presenza». Rispose lui accarezzandole i capelli.
Lisa si alzò pigramente e andò in cucina a preparare il caffè, poco dopo l’aroma forte  si diffuse nell’ambiente, Manuel si sedette al tavolo:
«Questo è il momento che preferisco», disse prendendo in mano la tazzina fumante.
La donna  guardò oltre i vetri:
«Che tempo tremendo», osservò preoccupata, «a che ora prendi l’aereo?».
«Fra tre ore, ma non ti preoccupare tesoro, la pioggia non impedisce di volare. Andrà tutto bene»
Si accese la prima sigaretta della giornata e si andò in veranda a fumare.
Poco dopo ricomparve: «Allora vado, ci vediamo fra due giorni, fai la brava!», scherzò.
Prese l’accendino che aveva lasciato sulla tovaglia e lo mise in tasca.
Lisa lo guardò innamorata: era sempre affascinante il suo Manuel.
«Pensami», gli sussurrò prima di salutarlo con un bacio.
Rimase ancora sulla porta per vederlo entrare nel taxi e partire. Tornò in casa e solo sotto la doccia  riprese il controllo di sé. Rabbrividì sotto il getto dell’acqua quasi fredda.
«Ha ragione Manuel, devo proprio farla aggiustare», borbottò osservando lo scarso sgocciolìo .
S’infilò l’accappatoio tremando e consultò l’elenco telefonico, dopo vari tentativi avvenne il miracolo: trovò un idraulico disposto ad arrivare in giornata!
Mentre si stava vestendo, sentì suonare il campanello dell’ingresso, scese le scale di corsa e aprì. 
Giorgia, la sua vicina entrò come un fulmine:
«Aiutami Lisa!», esclamò tra i singhiozzi, «solo tu mi puoi salvare».
«Calmati e raccontami tutto», accompagnò dolcemente l’amica sul divano, «siediti, ti preparo una camomilla».
«Non ho bisogno di calmanti…ho bisogno di soldi».
«Cosa hai detto?», chiese Lisa stupita.
«Sì, hai capito bene, se non trovo trecentomila euro per dopodomani mio marito è rovinato. Tutto andrà in fumo: la ditta, la casa e probabilmente anche il nostro matrimonio». Concluse Giorgia disperata.
«Come è successo?», Lisa non riusciva a capire.
L’amica si portò le mani al viso: «Giuseppe è in mano agli strozzini, gli affari ultimamente sono andati male, c’è una crisi pazzesca e ha dovuto chiedere un prestito ma…non può restituire i soldi e quelli non scherzano!», alzò lo sguardo e implorò, «ho pensato a te…la tua è una famiglia ricca! Per tuo padre quella somma non è niente, mentre per noi è la vita».
Lisa la guardava commossa: povera Giorgia, l’aveva sempre giudicata frivola e superficiale, invece era tutto un paravento per nascondere il dramma che stava vivendo.
In quel momento il campanello dell’entrata suonò ancora una volta.
«Penso che sia l’idraulico», disse precipitandosi ad aprire; un uomo massiccio, bruno, viso dai lineamenti marcati, carnagione scura, la guardava con aria interrogativa. Indossava una tuta da lavoro e aveva la cassetta dei ferri. Istintivamente Lisa si ritrasse.
«Posso entrare?», chiese l’uomo inoltrandosi nell’ingresso. La sua voce era rauca e sgradevole.
Lisa intimorita l’accompagnò al piano superiore: «Ecco, la doccia non funziona, l’acqua scende quasi fredda», disse mostrandogli la stanza da bagno, «se ha bisogno di me sono giù, in soggiorno», concluse in  fretta. L’uomo si voltò, il suo sguardo la percorse da capo a piedi. Lisa arrossì, aveva ancora addosso l’accappatoio; tornò da Giorgia stringendosi nervosamente il bavero sotto la gola.
L’amica chiese, vedendola perplessa: «Ci sono problemi?».
Lisa si affrettò a rassicurarla, ma l’arrivo di quell’operaio l’aveva sconcertata, era un tipo un po’ strano e poco rassicurante.
«A proposito di quel prestito…», timidamente Giorgia riprese l’argomento.
«Ah…sì, facciamo così andiamo da mio padre domani e vediamo cosa si può fare».
Il viso della donna s’illuminò, ma Lisa aggiunse:
 «Non posso prometterti niente, non dipende da me, cercherò di convincerlo».
Giorgia non replicò, poi cercò di mascherare la sua delusione e si guardò intorno:
«Manuel non c’è?», chiese.
«E’ partito per Parigi, starà via tre giorni. Ti confesso che rimanere sola in  questa casa mi fa un po’ paura».
Non si accorse che dietro lei c’era l’uomo in tuta. In silenzio stava ascoltando le due donne.
Lisa si voltò di scatto: ʺC’è qualcosa che non va?», domandò ansiosa.
«Mi dice dov’è il rubinetto centrale dell’acqua?», poi le piantò gli occhi addosso sfacciatamente.
Infastidita lei lo portò in cucina. Quel tipo non le piaceva, non ne poteva più di vederselo in casa, la seguiva per le stanze sbirciando dappertutto.
Dopo circa un’ora la doccia funzionava e quando l’idraulico se ne andò tirò un sospiro di sollievo.
Si vestì con calma mentre parlava con Giorgia, indossò gli orecchini di diamanti sotto lo sguardo ammirato dell’amica: «Sono stupendi!», infatti disse fissando incantata il bagliore delle pietre.
«E’ un regalo di mia madre quando mi sono sposata», rispose Lisa leggermente in imbarazzo.
 Poco dopo anche Giorgia uscì e lei restò sola. Avrebbe voluto uscire, ma il tempo era pessimo, “andrò fuori quando spiove”, si disse. Ma la richiesta dell’amica le aveva messo addosso una certa tristezza. L’aveva vista andar via angosciata, sperava proprio di poterla aiutare!
Intanto la pioggia continuava a scendere senza tregua, con il passare delle ore il tempo peggiorò. A fine giornata si preannunciava una nottata infernale.
Ormai era diventato buio, Lisa cenò davanti alla televisione e verso le ventitré si preparò ad andare a letto.
Manuel le telefonò proprio in quel momento:
«Come va, tesoro? Sei sola?  Non avere paura … ficcati sotto le coperte,
e sogni d’oro». La sua voce la tranquillizzò, cominciò a leggere un libro sperando di addormentarsi. Ma il sonno tardava a venire, tendeva l’orecchio ad ogni rumore sospetto.
Fuori era scoppiato un temporale, un lampo squarciò il cielo e  la lampada del comodino si spense. «Ci voleva anche questa…è andata via la corrente…», borbottò Lisa.
Al buio cercò nervosamente la torcia, il rumore di un uscio che sbatteva la fece sobbalzare, pensò che fosse la porta-finestra  del soggiorno e si accinse ad andare a chiuderla per non fare entrare l’acqua. Cercò di orientarsi al buio tastando i muri, raggiunse le scale per scendere in salotto a chiudere. Un’ombra passò contro i vetri, Lisa si fermò impietrita, con gli occhi sbarrati fissava la poca luce che filtrava dall’esterno. Si fece coraggio…forse il vento aveva fatto ondeggiare  il pino in giardino.  Scese ancora di qualche gradino: una mano le chiuse la bocca e un dolore lancinante le scoppiò dentro. Cadde sulle scale in una pozza  sangue.

Seduto alla scrivania, con lo sguardo fisso nel vuoto, il commissario Parisi tormentava la sua barbetta rossiccia: quel caso non lo faceva dormire. “Dunque”, si disse, “c’è una donna accoltellata nel cuore della notte in una villetta isolata. Un’amica piena di debiti. Un idraulico ex tossicodipendente…e un marito a mille chilometri di distanza. Tutti e tre senza uno straccio di alibi. Senza contare i soliti ignoti.”